Una pietra tombale sul minieolico ?

Sembrava una dimenticanza invece è confermato : il nuovo decreto FER 1, che ha appena avuto il via libera della Commissione UE, ha di fatto cancellato gli scaglioni a 20 e 60 kW introducendone uno da 1 a 100 kW al di sotto del quale la tariffa è indifferenziata ma soprattutto esclude ogni possibilità di accesso diretto agli incentivi per i piccoli impianti.

La situazione che si è venuta a creare si può riassumere nelle due immagini sottostanti, la prima tratta dalle “PROCEDURE APPLICATIVE DEL D.M. 23 giugno 2016” fonte Gse  si riferisce alla modalità di accesso agli incentivi fino al 31/12/2017.



Quella sottostante invece è la modalità prevista dal nuove decreto FER 1.



E' da considerare inoltre che proprio sulla spinta degli incentivi esistenti, gli investimenti in questi anni si sono concentrati su impianti di taglia coincidente con gli scaglioni previsti dalle norme sugli incentivi e dalle procedure autorizzative semplificate (PAS) . Il nuovo decreto, cancellando gli scaglioni di 20kW e 60kW, di fatto rende anche poco significativa l’attuale normativa basata proprio sul limite dei 60 kW quale soglia per utilizzare la procedura autorizzativa semplificata ( PAS ) in luogo della autorizzazione unica ( AU ).

C’è anche da dire che a questo problema potrebbero ovviare le singole regioni, infatti Decreto Legislativo 28 del 3 marzo 2011 al punto 9 dell’Art. 6 recita :

“Le Regioni e le Province autonome possono estendere la soglia di applicazione della procedura di cui al comma 1 agli impianti di potenza nominale fino ad 1 MW elettrico,…”

Pertanto in qualche regione il minieolico uscito dalla porta potrebbe rientrare dalla finestra usufruendo inoltre di turbine di maggior potenza.

Rimane ancora da spiegare compiutamente il cambio degli scaglioni legati agli incentivi.

Il primo segnale si era avuto già nella bozza della SEN del Ministro Calenda nel 2017 dove si leggeva:

“la frammentazione tariffaria ha avuto come conseguenza uno scarso stimolo alla riduzione dei costi e ha dato luogo a volte a comportamenti inefficienti, basati sulla ricerca della miglior tariffa anche a scapito dell’efficienza complessiva (es.: proliferazione minieolico anche in localizzazioni scarsamente produttive)”.

Nel merito di queste affermazioni si apprende dal CPEM, Consorzio Produttori Energia Minieolico, che :

Per il minieolico, in particolare, la bozza sembra essere stata scritta dalle lobby della rigenerazione sull’onda di un’irrazionale campagna di rottamazione del nuovo a favore dell’usato che sentenzierebbe la fine di uno dei pochi settori che in Italia si è caratterizzato per un reale radicamento industriale nel nostro paese. Già i precedenti due decreti sulle FER elettriche non fotovoltaiche, nonostante le denunce del CPEM sfociate anche in una sterile interrogazione parlamentare, hanno elargito al minieolico incentivi indifferenziati per turbine nuove e rigenerate provocando l’incontrollata proliferazione di impianti usati, spesso inefficienti e di scarsa affidabilità, che oggi si stima coprano quasi due terzi dell’installato totale. La concorrenza sleale di queste macchine a basso costo ha eroso progressivamente il mercato del nuovo aggravandosi a partire da luglio del 2017 per il taglio degli incentivi da 268 €/MWh a 190 €/MWh previsti dal DM 2016 previsti per la taglia di 60 kW, modello più diffuso in Italia.”

Ulteriore spiegazione viene dalla considerazione che fino alla chiusura dell’ultimo registro del precedente decreto, DM 2016, gli investitori professionali avevano concentrato il proprio interesse sugli impianti di taglia medio-grande da iscrivere a registro. Successivamente hanno spostato il proprio interesse sui piccoli impianti facendo lievitare il numero delle richieste per impianti ad accesso diretto. Come risulta dalla tabella qui sotto prelevata dal “Rapporto Statistico FER 2017” del Gse da cui si evince che il numero di impianti del segmento che comprende i minieolici è cresciuto del 61.6%.

L’elevato numero di domande è stato anche conseguenza della proliferazione di impianti realizzati con materiali ricondizionati che hanno goduto degli stessi incentivi degli aerogeneratori nuovi di fabbrica.

Turbine che dopo 20 o 30 anni di vita all’estero, spesso nel mare del Nord, vengono importate in Italia rimesse a nuovo meccanicamente, riclassificate con marchio UE, se necessario, e reinstallate. L’Italia si sta riempiendo di torri con trent’anni di vita estremamente pericolose perché parliamo di impianti con cicli di fatica mille volte superiori a quelli dei motori per aeroplani. Alcuni degli stessi operatori della rigenerazione denunciano il malaffare fatto di bulloni arrugginiti,quadri elettrici e freni datati causa principale delle avarie e degli incidenti di questi impianti.

Positivamente andrebbe accolta l’idea circa la riduzione percentuale  degli incentivi per gli impianti rigenerati o comunque una riduzione degli incentivi concessi a questi impianti a favore di quelli di nuova produzione per cercare di arginare il fenomeno.

Interessante l’inchiesta sul tema, realizzata proprio nel 2017, da Francesco Bellizzi del Fatto Quotidiano ( immagine con l’articolo ) dove si parla di 13 pale crollate.

Ad alimentare qualche speranza di un cambio di marcia a favore della micro-generazione, riferisce sempre il CPEM, sono le parole del ministro Di Maio del novembre scorso.

Sollecitato da un imprenditore del settore del minieolico che denunciava il ritardo di oltre un anno del Decreto e il rischio di azzeramento del settore delle piccole energie rinnovabili il Ministro, difendendo l’attuale impostazione del decreto, chiariva che :

“con la procedura della commissione europea saremmo andati oltre dicembre e tante aziende non avrebbero avuto nessuna chiarezza, né soldi. Ho fatto questa scelta: cercare di migliorare un decreto che era osceno perchè finanziava soltanto i grandi gruppi e indeboliva i piccoli”.

Poi a proposito di voler lavorare, dal prossimo gennaio, su un nuovo modello di incentivi per le piccole imprese, aggiungeva:

”sto riparametrando gli strumenti come fondo di garanzia, super e iper ammortamento, industria 4.0 per le piccole imprese e lo stesso voglio fare con gli incentivi per le rinnovabili, prima possibile, con modifiche normative e con altre linee di intervento”.

Questa affermazione sembra il linea con quanto affermato dal senatore Siri davanti ai magistrati sia nel merito del CPEM, ente “accreditato” al registro Trasparenza istituito presso il MISE, sia perché coerente con il “Contratto” M5S-Lega tutto orientato ad imprimere una fortissima accelerazione al mercato delle piccole installazioni che producono energia da fonte eolica. Ed in effetti proprio dal programma del M5S al capitolo Energia leggiamo :

“A tal fine potranno essere previste sia centrali eoliche on-shore che off-shore, definendo meglio i vincoli paesaggistici, ma è al mercato delle piccole e micro installazioni che si richiede una fortissima accelerazione.”

Pertanto a ben vedere il senatore Siri stava, con il suo emendamento, e con i nostri soldi, fornendo quegli strumenti economici necessari al settore per riprendere impulso dopo il periodo di stallo.

Da ultimo ricordiamo che le istanze del CPEM, rappresentate dall’imprenditore Paolo Arata al senatore Siri affinchè le veicolasse in sede politica e presso gli uffici ministeriali competenti sono state anch’esse oggetto di indagine visto che l'Ing. Buonfrate, presidente del CPEM, è apparso in alcune intercettazioni di Vito Nicastri come riportato dal sito Affari Italiani dove leggiamo :

"La Dda di Palermo e la Dia di Trapani indagano sui finanziamenti statali e di società del Mef ma anche sui presunti contatti che Vito Nicastri, il prestanome di Matteo Messina Denaro, al centro dell'inchiesta che  vede indagati anche il faccendiere Paolo Arata e il sottosegretario leghista Armando Siri, avrebbe avuto col presidente del Cpem, Carlo Buonfrate, al vertice del Consorzio dei produttori di energia da mini-eolico.

In alcune intercettazioni, Nicastri, che si trovava agli arresti domiciliari, fa infatti riferimenti a presunti rapporti diretti: "Io ho preparato tutti i contatti per Carlo Buonfrate... glieli mando stasera". Il dialogo, il 30 ottobre 2018, era tra l'imprenditore del settore eolico e il figlio del professore ex deputato di Forza Italia, Francesco Arata. Quest'ultimo rispondeva: "Ah, ottimo, ottimo, che gia' me li ha chiesti un po' di volte". "Lo so, tutto pronto. Li ho corretti, li ho aggiustati", ribadiva Nicastri, tornato in carcere, la settimana scorsa, proprio per avere ripetutamente violato i divieti di comunicare con persone diverse dai familiari conviventi, cosi' come gli era stato imposto dal tribunale del riesame un anno fa. Da altre intercettazioni emerge che c'era una situazione da sbloccare "con Carlo", senza ulteriori riferimenti."

Sicuramente qualcosa o qualcuno è intervenuto per interrompere un sistema che stava degenerando, in considerazione del fatto che le semplificazioni autorizzative ( PAS ) e l’accesso diretto agli incentive costituivano un binomio difficile da gestire e controllare. Anzi per dirla come Paolo Arata «Sono milioni per noi l’emendamento, che cazzo», si legge su Repubblica. 

Finita così ? Visti gli attori in campo risulta più facile pensare ad una battaglia vinta in attesa della prossima.

 

Giovanni Brussato

Comitato "Via le pale dall'Acqua Fresca"

@vialepaledallacquafresca