Con il coronavirus si è innescata una accelerazione del processo di deterioramento del sistema elettrico nazionale destinato, a causa di sciagurate decisioni di una politica facilona ed anti-industriale, a basarsi sempre più sulle inaffidabili e costosissime Fer non programmabili.
Il Sole: "Per la rete c'è il rischio di black out".
Ci mancava solo questa, con tutte le sciagure che aveva già portato con sè il coronavirus. Sabato, sulla prima pagina dell'autorevole Sole 24 Ore, veniva esplicitamente evocato il "rischio di black out".
A pagina 4 del quotidiano confindustriale si poteva leggere un articolo di Jacopo Giliberto dall'inquietante titolo "Crolla la domanda di energia (-20%) Per la rete c’è il rischio di black out".
L'articolo era così sottotitolato:
"Le cause. Con il blocco delle attività non essenziali e la conseguente flessione dei consumi di elettricità e di gas molte centrali termoelettriche preferiscono rimanere spente aumentando la possibilità d’interruzioni".
Leggiamone qualche breve passaggio:
"Dietro ai numeri della crisi prodotti dalla reclusione sanitaria c’è un secondo aspetto. L’aspetto della debolezza del sistema elettrico, che in queste settimane è molto esposto ai rischi di un blackout generale."
"La domanda è bassissima, ma invece di grandi centrali poco flessibili ci sono migliaia di minicentrali alimentate dalle fonti rinnovabili, incostanti e dalla produzione volatile. E volatile non è una metafora figurata: è l’incostanza del vento che muove le pale eoliche. Con i prezzi bassissimi alla Borsa elettrica rilevati dal Gestore del mercato elettrico, gran parte delle centrali termoelettriche preferiscono rimanere spente e con il freno a mano alzato".
La Confindustria si deve essere finalmente resa conto che con le Fer elettriche non programmabili ci siamo suicidati. E che non conviene installare altro potenziale "incostante e dalla produzione volatile", come invece previsto nel Piano Nazionale Integrato Energia Clima (PNIEC) per il 2030.
Se continuerà il (pazzesco) blocco dell'economia e la conseguente contrazione massiccia della domanda di energia elettrica, quando cominceranno a produrre al massimo i pannelli fotovoltaici, il prezzo dell'elettricità all'ingrosso tenderà a zero mentre esploderanno gli oneri in bolletta. Il FV riceve mediamente 300 euro al MWh di incentivo, cioè oltre dieci volte il prezzo che si ottiene oggi vendendo l'energia sul mercato del giorno prima. In breve tempo tutti gli impianti termoelettrici, che devono subire il privilegio della priorità di dispacciamento concesso alle Fer (Fonti ad energia rinnovabile), chiuderanno inevitabilmente, a meno di non sussidiare da subito anche TUTTI gli impianti termoelettrici per NON produrre ma rimanere di riserva. Se non si farà così, ovvero se non si scialacqueranno ulteriori immani risorse finanziarie, questa estate di notte si verificheranno inevitabilmente i black out, ed i condizionatori degli italiani rimarranno spenti.
Nelle ultime settimane si è dunque confermata l'avvenuta distruzione del mercato elettrico nazionale e della libera concorrenza. In particolare si è dimostrato, semmai ce ne fosse stato bisogno, che le Fer non programmabili dovranno essere interamente tamponate da centrali termoelettriche o idroelettriche a bacino di potenza equivalente a quella massima richiesta in Italia (vale a dire, fino ad oggi, oltre 60 GW). Si renderà necessaria una ineluttabile duplicazione del sistema elettrico nazionale: da una parte un assurdo sistema di rinnovabili in larga parte non programmabili, ma che gode di priorità di dispacciamento, dall'altra un sistema "tradizionale" di riserva pronto a subentrare quando non brilla il sole e non soffia il vento. Entrambi i sistemi dovranno essere sussidiati dallo Stato perchè il prezzo di mercato dell'elettricità all'ingrosso, con l'aumento, previsto per il 2030, del potenziale installato pur a parità di consumi tenderà sempre più a zero e nessuno sarebbe tanto folle da investire denari, per quanto bassi possano essere i costi industriali, per non ottenere poi ricavi di vendita. Inoltre, ambedue i sistemi, anche presi singolarmente, saranno più costosi di quelli della concorrenza extra UE, basati sui principi del libero mercato. In costanza di un regime di libera circolazione delle merci e dei capitali, il suicidio economico del Paese sarebbe assicurato.
Il coronavirus ha solo anticipato il disastro che ci aspettava per i prossimi anni, con l'enorme aumento del potenziale eolico e FV previsto dalla Strategia Energetica Nazionale (SEN) di Gentiloni e Calenda e dal PNIEC al 2030 di Conte e Di Maio.
Si dice con frase fatta che non tutti i mali vengono per nuocere. Ma, intanto, questo dell'energia elettrica rinnovabile rischia di essere un male mortale, più ancora del coronavirus in sè. Per l'economia e quindi per l'Italia e gli italiani, molti dei quali, a causa della deindustrializzazione esplosiva del Paese, rischieranno presto di morire di inedia.
Vediamo di spiegare meglio le cose riepilogando quanto successo in questo incredibile mese di marzo.
Cominciano ad arrivare i segnali di crollo dal mercato elettrico.
In febbraio, anche per il giorno in più, non c'erano stati segnali di crollo della domanda elettrica.
Questi segnali sono cominciati ad arrivare, sia dal punto di vista delle quantità fisiche che dei prezzi, nella seconda settimana di marzo, in coincidenza dei primi sconcertanti provvedimenti governativi di serrata su tutto il territorio nazionale.
All'inizio lo si poteva apprendere solo dalla stampa specializzata. Così, ad esempio, sulla Staffetta Quotidiana del 17 marzo nell'articolo "Borsa elettrica, gli effetti dell'emergenza", leggevamo che:
"Nella settimana n. 11 il Pun scende ancora e stavolta a pesare è la domanda: volumi scambiati -4,6% (-5,4% la Borsa). Secondo i dati Terna venerdì domanda -10% rispetto alla media dei cinque anni precedenti. E nella nuova settimana il prezzo unico scende a 29,35 €".
Inizialmente la diminuzione delle quantità di energia elettrica richiesta non era stata drammatica, ma quella dei prezzi sì (sotto i 30 euro al MWh! Con buona pace della market parity delle Fer elettriche nel 2020 prevista dai geniali redattori della SEN e del PNIEC), ad anticipare che cosa potrebbe succedere ai produttori elettrici in caso di una crisi prolungata. Ovviamente quelli privi dei sussidi di tipo feed-in di cui gode l'eolico, che si disinteressano bellamente dei segnali di mercato.
Già all'inizio del mese, pur senza gli ulteriori autolesionistici provvedimenti governativi, era ragionevole prevedere, anche prescindendo da crolli catastrofici (peraltro possibilissimi), che nel 2020 i consumi elettrici nazionali scenderanno sotto le 300 TWh, avvicinando sensibilmente il raggiungimento degli obiettivi del PNIEC al 2030 ancor prima di installare altre pale e pannelli.
La "Piccola Greta" sarà contenta, specie se tutta l'Europa seguirà il percorso italiano di decrescita deflagrante. Così potrà tornare (finalmente) a scuola. Molti degli altri boriosi e saccenti ragazzini che abbiamo ammirato di venerdì mattina nelle piazze italiane, invece, a scuola - e poi all'università - rischiano di non poterci mai più tornare perchè le loro famiglie non potranno più permettersi di mantenerli agli studi.
Verso l'abisso
Ma il guazzabuglio non era terminato a metà mese. La raffica di DPCM (strumento del tutto sconosciuto alla Costituzione italiana. A proposito: il Parlamento della Repubblica esiste ancora? E, in caso affermativo, che ne pensa?) ha provocato ulteriori danni e letteralmente affondato anche la Borsa elettrica. Eppure, fino a quel momento, le ferali notizie continuavano ad essere riportate solo dalla stampa specializzata. Ricorriamo ancora alla Staffetta Quotidiana ed all'articolo del 23 marzo dal titolo "Borsa elettrica al minimo storico":
"Nella settimana dal 15 al 22 marzo -17,7% a 29,84 €/MWh. E in apertura della nuova Pun scende sotto i 17 €".
Sotto i 17 euro al MWh! Continuiamo a leggere:
"Nella settimana n. 12 dal 16 al 22 marzo 2020, in cui più forti si sono sentiti gli effetti dell'emergenza coronavirus su domanda e prezzi, il prezzo medio di acquisto (Pun) sulla Borsa elettrica ha toccato il minimo dall'avvio del mercato nel 2004".
Vediamo di spiegare che cosa sta succedendo. Osserviamo il grafico del GME qui sotto, che ben sintetizza l'andamento dei prezzi all'ingrosso (PUN) e dei volumi scambiati negli ultimi 30 giorni sul mercato del giorno prima, il principale punto di riferimento del mercato elettrico in Italia.
Il grafico dice che i volumi scambiati (le barre verdi) stanno crollando. In particolare lunedì 23, in seguito al "decreto Conte" sulla chiusura delle industrie "non essenziali", non c'è stato neppure il consueto rimbalzo dei prezzi (i punti collegati dalla linea rossa) rispetto alla domenica, come sempre avveniva in precedenza (si notino le "V" della linea rossa del grafico nelle settimane precedenti tra le domeniche e i lunedì). Il prezzo all'ingrosso (il prezzo fissato il giorno prima, cioè il PUN) dell'energia elettrica era di 17 euro al MWh, ben al di sotto dei minimi storici. Per un giorno si è temuta la "fusione del nocciolo" del mercato.
Nel frattempo i produttori da Fer incentivate se ne disinteressavano e continuavano a prosperare, pur vendendo elettricità a prezzi stracciati, perchè hanno la priorità di dispacciamento e perchè godono di una tariffa di tipo feed-in garantita dallo Stato: la tariffa è fissa indipendentemente dal prezzo di mercato, la qual cosa significa che se i prezzi - come in questo caso - sono in brusco calo, gli incentivi, calcolati come differenza tra tariffa feed-in e prezzo di mercato, aumentano in modo speculare. E' per questo, ad esempio, che l'eolico incassa le stesse immense rendite a suo tempo garantite dai Certificati Verdi e che il FV incentivato dai conti energia continua a ricevere mediamente ben oltre 300 euro al MWh.
Invece gli impianti termoelettrici stanno lavorando ormai solo su volumi marginali, ed in più a prezzi all'ingrosso molto inferiori persino ai costi industriali. Presto cominceranno a licenziare, pur non potendo chiudere bottega senza pubblica autorizzazione.
Anche per i consumatori tutto questo rappresenta un danno, perchè la media del costo del MWh in bolletta esplode, contrariamente a quello che accadrebbe su un libero mercato (senza sussidi alle Fer) per la legge della domanda e dell'offerta. Si consuma infatti, in proporzione, molta più elettricità da Fer, ben più costosa, a causa degli incentivi "con tassi di ritorno che non sono umani e che non hanno niente da vedere con la realtà". Questa definizione è dell'allora ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, che però poi, come abbiamo visto, ha avallato con entusiasmo la nuova SEN, con tutti gli incentivi che si renderanno necessari al raggiungimento degli obiettivi di produzione da rinnovabili elettriche ivi previsti per il 2030.
La situazione è diventata ancor più grottesca con la richiesta di Elettricità Futura (già Assoelettrica) di ulteriori sussidi aggiuntivi per le Fer incentivate. Lo abbiamo appreso nell'articolo della Staffetta Quotidiana, sempre del 23 marzo, dal titolo "Elettricità Futura scrive a Mise, Arera, Terna e Gse", in cui leggiamo che "l'associazione chiede indennizzi adeguati per la mancata produzione da rinnovabile che verosimilmente aumenterà per la bassa domanda elettrica dovuta all'emergenza".
Abbiamo ritrovato il passaggio che ci interessa nella lettera di Elettricità Futura:
"Il protrarsi dell'emergenza con la conseguente riduzione dei consumi potrebbe comportare un eccesso della produzione rispetto alla domanda con il rischio di un più frequente taglio della produzione da fonti rinnovabili". Perciò è "opportuno prevedere adeguati indennizzi per le mancate produzioni che deriveranno dalle richieste di modulazione da parte del gestore di rete".
Incredibile. Questo fa capire che cosa succederà quando l'eccesso di offerta di energia elettrica da rinnovabili sarà all'ordine del giorno per l'aumento smisurato dei pannelli e delle pale eoliche da installare entro il 2030, secondo quel PNIEC da noi duramente criticato in sede di audizione alla Camera: tutti gli inevitabili, enormi eccessi di produzione da Fer (specie quelli da FV nei mesi estivi che ovviamente non si potranno accumulare) dovranno essere indennizzati.
Una fuga dalla realtà.
La spensieratezza di Elettricità Futura, accanita sostenitrice di un sistema elettrico basato sulle rinnovabili non programmabili, non ha più contatti con la realtà. Si legga a questo proposito l'infausto articolo di Enrico Quintavalle, responsabile dell'ufficio studi della Confartigianato, pubblicato sul Quotidiano Energia dello stesso giorno, dal titolo "La guerra al Covid-19 e le sofferenze dell’economia":
"I segnali dalla Cina sugli effetti del lockdown: nel primo bimestre -8,2% produzione elettrica, -13% produzione industriale, -20,5% vendite retail. Dalla Germania: a marzo il peggiore calo dell’indice ZEW sul sentiment economia tedesca".
E ancora:
"In successive ondate, la crisi si estende dall'economia reale al sistema finanziario e, infine, ai bilanci pubblici".
Stiamo correndo rapidi verso un abisso da cui sarà difficile risalire, ed al timone della nave Italia abbiamo nei ministeri un coacervo di chavisti anti-industriali che credono ancora alle rinnovabili salvifiche ed ancora farneticano di "European green deal".
A proposito di fuga dalla realtà: è ricomparsa sui giornali la "Piccola Greta". Purtroppo pare che anche lei sia stata contagiata, verosimilmente in occasione dell'indecente sceneggiata ordita dalla Von der Leyen a Bruxelles un mese fa.
Speriamo che guarisca presto e bene. Non abbiamo certo bisogno di una martire. Prego però notare che ancora il 24 febbraio il ministero dell'Ambiente (il ministro è il grillino Sergio Costa) parlava in termini entusiastici della pre COP 26 (o COP dei giovani) da realizzare in settembre a... Milano! Ricordo che già il 7 marzo, con un DPCM, l'intera Lombardia è stata messa, di fatto, sotto sequestro sine die.
Se non altro ci siamo evitati questa ennesima, inaccettabile carnevalata.
Youth COP26.
Eppure, anche se è incredibile, qualcuno insiste ancor oggi con questa idea bislacca. Anche qualcuno insospettabile come eco-integralista, come il quotidiano Milano Finanza, che giovedì scorso ha pubblicato un articolo senza firma (la qual cosa ci fa sospettare che sia stato preconfezionato altrove e pubblicato senza che nessuno, per una svista del caporedattore, lo leggesse) dal titolo "COP26, il destino della conferenza si decide a Milano (alla presenza di Greta)". Vi leggiamo:
"le somme che si tireranno a Glasgow a novembre dipenderanno, in gran parte, dai lavori che si svolgeranno a Milano... Tra il 28 settembre e il 2 ottobre infatti, la città ospiterà i lavori preparatori della Conferenza - la Pre-COP26 - ma soprattutto la prima Youth COP, edizione interamente dedicata ai giovani che, come ha annunciato il nostro Ministro per l'Ambiente Sergio Costa (nella foto qui sotto), è nata da una intuizione tutta italiana".
Divertentissimo in particolare l'incredibile lapsus (che, come tutti i lapsus, è rivelatore):
"sebbene le azioni prese per fronteggiare la pandemia abbiano ridotto le emissioni globali... gli effetti rischiano di essere solo temporanei".
Avete letto bene: gli effetti RISCHIANO di essere solo temporanei.
In questo milieu globalizzato ormai del tutto irrazionale, l'avvento della pandemia potrebbe avere impatti - e comportare conseguenze - del tutto imprevedibili e comunque ben superiori a quanto ci si potrebbe immaginare.
Incubo dell'overcapacity.
In Italia, pur in un clima di totale, puerile disinteresse politico e mediatico al problema energetico ("La cosa più importante è la salute"), negli ultimi giorni sono aumentati coloro che cominciano ad individuare i contorni del problema nelle sue concrete, apocalittiche dimensioni. Tra questi, ad esempio, il Quotidiano Energia di giovedì, in un articolo a cura di Energy Advisors dal titolo "Borse elettriche Ue, domanda e prezzi in caduta libera".
Leggiamo nel sottotitolo: "Il crollo dei consumi europei per effetto del lockdown si può stimare intorno al 17%. Lo spark spread rimane positivo, ma torna ad affacciarsi l’incubo dell’overcapacity". Ripeto: "L'incubo dell'overcapacity", che è un problema che NON si risolve, ed anzi si aggrava, con l'installazione di quantità colossali di pannelli e pale eoliche da oggi fino al 2030.
Così proseguiva il Quotidiano Energia:
"è facile previsione una ulteriore diminuzione nei prossimi giorni, portandoci verso un -30% a fine mese. Non è soltanto la chiusura di larga parte della manifattura a determinare questo risultato, ma anzitutto la fermata del terziario che negli anni ha acquisito un ruolo crescente nella composizione dei consumi elettrici. Finora abbiamo scontato appunto la riduzione di domanda del terziario ed in misura limitata dell'industria, ora vengono a sommarsi le cadute di entrambi i settori".
Anche giovedì non sono mancati i risvolti grotteschi: i grillini hanno chiesto in Parlamento di ridurre gli oneri in bolletta che loro stessi hanno contribuito e contribuiscono a fare aumentare smisuratamente, alzando continuamente i valori obiettivo delle Fer elettriche che necessitano, oltre che di incentivi, anche di enormi somme per reti, accumuli, dispacciamento e bilanciamento del sistema. Abbiamo appreso di questa ennesima contorsione logica dei grillini dall'articolo, sempre dello stesso Quotidiano Energia, dal titolo "Bollette, M5S preme per ridurre oneri":
"Prosegue il pressing M5S per intervenire sugli oneri di sistema al fine di sostenere in particolare le imprese nel far fronte all’emergenza Coronavirus... Daniele Pesco (M5S) ha esortato a "valutare la riduzione degli oneri di sistema e delle spese di potenziamento in materia energetica"... anche l'ex sottosegretario Mise e oggi capogruppo M5S alla camera Davide Crippa ha sottolineato che "sul fronte energia serve una svolta... serve una liquidità complessivamente magari anche importante, di 3 miliardi, ma serve per abbassare gli oneri generali di sistema... le imprese avranno un calo soprattutto dei consumi e, quindi, l'incidenza di quelli nelle bollette avrà un peso ancor più rilevante". Il viceministro dell'Economia Antonio Misiani ha però ribadito che "tutte le risorse previste con lo scostamento autorizzato dal Parlamento sono state impegnate"..."
Ma guarda un po' che strano! Non ci sono i soldi. E i grillini non lo sapevano...
Intanto, però, buttiamo nella fornace un altro miliardo e mezzo per ridurre il costo dell'elettricità in bolletta, come opportunamente strombazzato da tutti i media nazionali. Ma, come al solito, la cosa sarà tutta da dimostrare: il costo dell'elettricità si ridurrà, ma verosimilmente, in proporzione ai consumi, quello delle bollette nei prossimi mesi schizzerà in alto.
Già lo sapevamo in febbraio, prima del diluvio. Ne abbiamo ora la conferma dall'articolo del Quotidiano Energia del 27 marzo dal titolo "Oneri, il Covid-19 pesa già per 200 mln € (e impatterà anche sul 2021)", che così sottotitolava: "L’Arera: conto A3 penalizzato da calo del Pun di fine febbraio, in prospettiva avrà effetto sugli incentivi che hanno sostituito i CV".
Spieghiamo l'arcano ai nostri lettori: per "conto A3" della bolletta si intende la componente A3, che raccoglie gli incentivi alle Fer. "Penalizzato" va inteso nel senso che la componente A3 aumenta. Ovvio che, come abbiamo già detto, al diminuire del Pun, per differenza, aumentano gli incentivi all'eolico, che sono di tipo feed-in, tali cioè da garantire ai beneficiari sempre lo stesso (esagerato) ricavo, indipendentemente dalle condizioni di mercato.
Ecco perchè l'Autorità per l'energia ci dice che "la riduzione del PUN ha un effetto negativo sugli oneri... per nuovi impianti da fonti rinnovabili... e la flessione registrata a febbraio ha già comportato un aumento degli oneri posti in capo al conto A3 stimabile in oltre 200 milioni di euro... in prospettiva (tale riduzione del PUN) avrà un effetto significativo sugli oneri di competenza 2021 in capo al conto A3 in conseguenza del meccanismo di aggiornamento degli incentivi che hanno sostituito i certificati verdi, che dipende dal Pun medio registrato nell'anno precedente".
Ed eravamo solo a febbraio, prima del crollo di marzo del PUN!
Mentre tutto sta andando alla malora si conferma che gli eolici sono tra i pochi in Italia che continuano a fare "business as usual" (e che business!) alla faccia degli altri italiani. Molti dei quali sono già alla disperazione. Ed i disperati stanno aumentando ogni giorno che passa.
Nel problema la sua ovvia soluzione.
Facciamo nostre le conclusioni di Paolo Annoni sul Sussidiario del 24 marzo nell'articolo intitolato "Patuanelli e la mossa che ci lascerà senza imprese e lavoro":
"L’operazione di “chiudere tutto” nella sostanza produrrà questo effetto: l’operazione è riuscita perfettamente, ma il paziente è morto... La sfida è produrre in sicurezza e non chiudere aprendo un frangente che rischia di far collassare il Paese con un botto economico e sociale senza precedenti. O meglio proprio con precedenti che la storia ci propone gestiti da dilettanti con effetti rovinosi su distribuzione e approvvigionamenti".
Quegli stessi dilettanti, per intenderci, che vogliono far funzionare un'economia industriale evoluta con pale eoliche e pannelli fotovoltaici.
Alberto Cuppini