Caporetto dell'eolico italiano: aumenta il potenziale installato ma diminuisce la produzione

Grazie alle "semplificazioni" imposte dal governo Draghi (ovvero lo smantellamento del sistema di tutele ambientali e paesaggistiche faticosamente costruito in Italia nel corso di intere generazioni) per permettere di piantare pale ovunque, aumenta il potenziale eolico installato in Italia ma diminuisce la produzione. E il vento, come accaduto in dicembre al culmine della crisi energetica, non soffia quando serve.

 

 

Un paio di settimane fa l'Anev ("l'associazione nazionale energia del vento e di protezione ambientale che vede riunite circa 70 aziende che operano nel settore eolico") aveva diffuso presso i giornaloni (tutti apoditticamente favorevoli ad eolico e fotovoltaico) e presso la stampa specializzata (a cui gli eolici garantiscono un'imprescindibile raccolta pubblicitaria) una trionfale infografica sull'attività del settore nel 2022 (si veda qui sotto).

 

 

Agli osservatori più attenti e smaliziati (che conoscono i loro polli da oltre una quindicina d'anni) non era sfuggito che, nella pletora di dati forniti in tale documento, l'Anev aveva riportato la produzione mondiale del settore (definita sgangheratamente "potenza eolica prodotta") ma aveva dimenticato di riportare il dato più rilevante, ovvero la produzione degli impianti eolici realizzata lo scorso anno in Italia.

La cosa ci aveva insospettito e lasciava intuire che qualcosa non era andato come avrebbe dovuto, almeno secondo i piani dell'Anev.

La conferma è arrivata ieri, quando la Terna ha pubblicato il suo rapporto sul sistema elettrico italiano di dicembre.

Nel suo documento l'Anev annunciava che la nuova potenza installata in Italia lo scorso anno era stata di 456 MW, in aumento di circa il 4% rispetto al potenziale già esistente. Il potenziale eolico installato in un anno è aumentato nel 2022 in misura superiore a quella degli anni precedenti grazie alle "semplificazioni" imposte dal governo Draghi (ovvero lo smantellamento del sistema di tutele ambientali e paesaggistiche faticosamente costruito in Italia nel corso di intere generazioni) per permettere di piantare pale ovunque. I nuovi aerogeneratori, che avrebbero dovuto anche assicurare un maggior rendimento grazie alle loro altezze sempre più ciclopiche, sono stati perciò piantati a tutti i costi, come preteso a gran voce dall'Anev e dai suoi corifei sui media, ma...

Ma, come abbiamo appreso dal rapporto Terna di dicembre, nonostante il nuovo installato eolico (si veda a pag.14 del rapporto Terna) sia stato persino superiore (526 MW) a quello annunciato dall'Anev, la produzione dell'energia eolica non solo non è aumentata di almeno il 5% come ci si sarebbe dovuti attendere in proporzione, ma è diminuita ( ! ) dell'1,8% (si veda nella tabella a pag. 5 del rapporto Terna, che abbiamo riproposto per comodità sotto il nostro titolo).

Le ore equivalenti alla produzione alla massima potenza teorica, perciò, sono scese a 1730 all'anno (20358 GWh prodotti secondo la Terna diviso 11764 MW installati secondo l'Anev). Un anno è composto da 8760 ore. L'indice di efficienza ingegneristica, di conseguenza, non è arrivato neppure al 20% (1730 / 8760 = 19,75%).

Niente da fare: il vento in Italia soffia poco, gli aerogeneratori si usurano più rapidamente del previsto e il poco vento che c'è, guarda un po', non soffia quando serve. Come nello scorso dicembre, quando il costo dell'elettricità era alle stelle. Quando in dicembre l'elettricità non si trovava (si sono dovute persino rimettere in funzione le vecchie centrali a carbone già dismesse: la produzione elettrica da carbone lo scorso anno è aumentata in Italia del 61,4%!) Eolo è entrato in sciopero. La produzione eolica di dicembre è diminuita del 39,4% rispetto al dicembre 2021.

Una Caporetto eolica.

Ma soprattutto una Caporetto per le tasche degli italiani, che dopo avere speso in pochi anni quasi 200 miliardi di euro per incentivare eolico e fotovoltaico, si sono resi conto che non si può fare a meno degli idrocarburi fossili per avere l'energia elettrica quando serve. L'extra spesa di utenti e contribuenti italiani nel solo 2022 per gas e luce, a causa degli errori della politica energetica europea e nazionale negli ultimi anni, è ammontata ad una cifra che complessivamente, in attesa dei dati ufficiali e definitivi, dovrebbe essere stata prossima ai 150 miliardi (un'apocalisse: 8 punti percentuali del PIL) rispetto ai costi sostenuti negli anni pre-crisi energetica. Ovvero negli anni in cui i 12 miliardi annui mediamente pagati dagli italiani per incentivi alle rinnovabili venivano occultati in bolletta senza che le bollette stesse aumentassero, in virtù della simultanea diminuzione del prezzo del gas sul mercato all'ingrosso garantito dai contratti a lungo termine, progressivamente abbandonati perchè diventati inutili in una prospettiva di "decarbonizzazione integrale" al 2050.

L'elettricità è diventata un lusso. Gli unici italiani felici sono i produttori di energia, non importa se fossile o rinnovabile, tra cui i nostri "amici" dell'Anev, ed i loro lacchè, che raccolgono le (grosse) briciole di questa immane torta.

I politici, i tecnici, gli accademici ed i giornalisti che hanno creduto (meglio: finto di credere) di poter fare affidamento solo su vento e sole per produrre l'energia necessaria all'Italia ed hanno perciò trascurato gli investimenti nelle altre fonti (compreso l'idroelettrico) devono essere cacciati. Per quanto riguarda i politici si è già cominciato. Adesso iniziano ad apparire le prime crepe anche sui giornaloni.

Stamattina in edicola, sulla prima pagina del Messaggero, campeggiava il titolo "Chi pagherà il conto salato delle politiche sul clima". Fino a poche settimane fa un titolo del genere sarebbe stato impensabile, ed ancora più impensabili i contenuti (leggete tutto l'articolo di Paolo Balduzzi in linea):

"A volte viene da pensare che alcune chiacchiere al bar non siano poi così sbagliate: che, cioè, la percezione della realtà di chi fa politica ad alti livelli sia pari a quella di chi vive su un altro pianeta, dove pagare le bollette a fine mese non è mai motivo di preoccupazione".

 

I giornaloni si stanno rendendo conto del disastro che hanno contribuito a realizzare e cominciano a prendere le distanze?

L'anno prossimo ci saranno le elezioni europee.

 

 

Si spera di non rivedere mai più a Bruxelles gli apprendisti stregoni delle "rinnovabili" intermittenti, i principali responsabili del disastro energetico continentale. Sono in ballo non solo l'economia e il nostro benessere ma è in gioco anche la nostra stessa civiltà.

 

Alberto Cuppini