Tabarelli (Nomisma): "Se domani dovessimo mettere in pratica l'embargo totale al gas russo ci attende un razionamento forte: bisogna far lavorare meno le fabbriche, utilizzare più carbone, usare tutti i prodotti petroliferi al posto del gas e la legna nelle aree rurali".
L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.
Per la prima volta segnaliamo, per la nostra edicola quotidiana, un articolo non per quello che c'è scritto, ma per quello che non c'è scritto.
Si tratta dell'ennesima intervista a Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia. La parola che manca, nell'articolo realizzato da Luca Monticelli per La Stampa di oggi, è "rinnovabili".
Tabarelli nell'intervista ci dice che
"...se domani dovessimo mettere in pratica l'embargo totale al gas russo ci attende un razionamento forte."
Non è sufficiente l'accordo di ieri con l'Algeria per avere 9 miliardi di metri cubi di gas in più da loro (dalla Russia ne arrivano 29), anche perchè "ci vogliono tre anni per ottenerli"; non sarà sufficiente abbassare di un grado le temperature di abitazioni e luoghi di lavoro, che garantirebbero, nella migliore delle ipotesi, un risparmio di un miliardo di metri cubi; una manciata di miliardi in più arriveranno da Libia, Azerbaijan e con il gas liquefatto (pericolosissimo e costosissimo, aggiungo io), per il quale bisognerebbe però prima costruire i rigassificatori. "Non resta che il razionamento" conclude l'intervista Tabarelli.
Niente da fare: senza il gas russo
"bisogna far lavorare meno le fabbriche, utilizzare più carbone se i sindaci delle città dove ci sono le centrali ce lo lasciano fare. Quindi cercare di usare tutti i prodotti petroliferi al posto del gas e la legna nelle aree rurali, ma vanno tolti subito i vincoli ambientali sulle polveri sottili".
E bravi i nostri ecologisti talebani delle "energie verdi": grazie alla loro politica sconsiderata per l'abbandono totale e subitaneo delle fonti tradizionali di energia, in un colpo solo (per evitare di finire tutti nella miseria più nera), viene spazzato via l'oscuro e instancabile lavoro di decenni degli ambientalisti seri.
Ma la cosa che più ci interessa è che, per la prima volta su un quotidiano mainstream che tratta di energia, è scomparsa la parola "rinnovabili". Fortissima è la valenza simbolica di questa assenza. Tabarelli, primo tra i suoi colleghi, ha la serietà intellettuale di non nominare nemmeno pale e pannelli, che pure tutti i giornaloni italiani in questi giorni invocano col fine specifico di eliminare i residui vincoli amministrativa di tutela ambientale e paesaggistica.
Il professore bolognese sa benissimo che nonostante il mare di pannelli e le file senza fine di pale su tutti i crinali dell'Appennino che si vorrebbero installare immediatamente, con l'embargo al gas russo si rimarrebbe comunque al caldo d'estate e al freddo d'inverno e, quel che è peggio, con le fabbriche chiuse e i servizi pubblici sospesi. Tabarelli mette quindi le mani avanti per evitare di essere tra quelli che presto verranno inseguiti con i forconi dal popolo inferocito.
Altrettanto significative di una svolta epocale, dopo l'ubriacatura ideologica green di questi ultimi anni, sono le decine, centinaia, migliaia di foto del professor Tabarelli apparse in questi ultimi mesi di crisi energetica su tutti giornali, che hanno superato quelle della "Piccola Greta".
Qualcosa vorrà pur dire.