Eolico in crisi e European Green Deal al capolinea

Rassegna stampa (e solo quella di martedì e mercoledì!) dei disastri, che si stanno concretizzando e accumulando, provocati dalla balzana idea di far funzionare l'Europa con pale eoliche e pannelli fotovoltaici.

 

 

"Eolico in crisi".  Questo ormai si legge da tutte le parti. Ma non sui giornaloni. Come se tacendo si risolvesse il problema. Il terribile e innominabile problema è: "Numerose giornate senza vento" in Germania. Niente vento e niente sole (come è abbastanza comune d'inverno, specie di notte) significa che l'enorme potenziale eolico e fotovoltaico tedesco diventa inutile e periodicamente si scatena la caccia disperata, costi quel che costi, all'energia elettrica prodotta dagli impianti tradizionali di tutt'Europa, che in questo modo recuperano i ricavi compromessi dalla concorrenza sleale delle rinnovabili non programmabili (ma sussidiate in tutti i modi possibili).

Il Sole 24 Ore è terrorizzato dai costi dell'energia e riporta "le difficoltà dei settori produttivi":

Chimica ("Verso fermata produttiva a questi prezzi"), Cemento ("Costi annui in crescita di 80 milioni"), Ceramica ("Senza interventi la crisi sarà irreversibile"), Fonderie ("Competitività a rischio. Subito nuove misure"), Carta ("Proteggere l'industria dalle speculazioni"), Vetro ("Si perdono produzione e posti di lavoro").

Ciò nonostante il Sole conferma, con tutte le sue super allineate giornaliste (ormai bisogna dire così, perchè gli uomini al Sole sono diventati come i panda nelle foreste della Cina), la linea di Aurelio Regina, da lui continuamente reclamata nelle audizioni in Parlamento, a favore degli aiuti statali per tutti (ovvero per tutti i rinnovabilisti e le grandi imprese energivore) a spese, ça va sans dire, di Pantalone. Forse in tutto questo c'è una (parziale) spiegazione del crollo nelle edicole dell'autorevole Sole 24 Ore, sceso ad appena 18 mila copie giornaliere vendute.

Il presidente di Nomisma Energia professor Davide Tabarelli (che si rende conto che, se si continua così, potrebbe finire male, molto male) è meno politicamente corretto. Sempre sul Sole 24 Ore di martedì, nella sua analisi annunciata in prima pagina col titolo "Rompere il tabù del carbone", ci ricorda che "nel Nord Europa la bassa produzione da vento conferma il grosso problema della sua intermittenza" (ma guarda un po'... Forse il Prof si sarebbe dovuto ricordare prima del "grosso problema dell'intermittenza" del vento) e chiede, oltre alla riattivazione delle centrali a carbone, lo smantellamento di uno dei cardini (pre-gretini...) della "lotta al cambiamento climatico": l'obbligo di acquisto dei permessi di emissione della CO2. Se Tabarelli dimostra di capire qualcosa di economia, appare invece di un'ingenuità totale in politica quando scrive:

"Sarebbe sufficiente che la Commissione, ovviamente con enorme imbarazzo, annunciasse che, in caso eccezionale di carenza di gas per la prossima estate, i vincoli ambientali su alcuni combustibili potranno essere momentaneamente tolti".

Suggerendo così alla Commissione di suicidarsi politicamente (ipotesi davvero non molto verosimile, con o senza enorme imbarazzo) per il bene dei popoli europei.

La Germania della sconsiderata Merkel è stata la capofila in Europa dell'Energiewende - modello per l'European Green Deal della sua delfina Ursula Von der Leyen - e l'ispiratrice delle politiche delle porte aperte agli immigrati. La soluzione ai nostri problemi, dunque, arriverà dalle elezioni politiche tedesche. Magari non questa volta (ossia tra dieci giorni), ma entro breve, considerando che ogni euro in più speso (sprecato) in rinnovabili non programmabili fa aumentare di altrettanto il costo dell'energia. Proprio come ogni immigrato clandestino in più fa aumentare "il razzismo degli europei"... E così gli industriali tedeschi già fin d'ora annunciano senza più infingimenti che lasceranno la Germania anche in caso di vittoria di Merz "se il Paese non diventerà più favorevole alle imprese". Ovvero se, tanto per cominciare, non getterà al macero i criteri ESG. Da cui si deduce (nella migliore delle ipotesi): ingenti fondi in arrivo per AfD in occasione delle future elezioni tedesche. A questo proposito leggete - e meditate - sul sito web di Affari italiani tutto l'articolo di Francesco Crippa dal titolo "Il green manda la Germania in crisi nera. Ma la minaccia più grande arriva dagli industriali".

Intanto, "i prezzi dell'elettricità continuano a salire in Italia, mettendo seriamente a rischio la sopravvivenza dell'industria". Il processo in corso viene ben analizzato da Paolo Annoni sul Sussidiario di mercoledì, dove leggiamo tra l'altro (ma vi consiglio tutto l'articolo):

"Lo squilibrio che comporta un sistema basato sulle rinnovabili è visibile nel caso tedesco. Quando eolico e solare sono fermi tutto il sistema europeo entra in crisi al punto che gli stati limitrofi propongono di tagliare i cavi per evitare di esporsi alle turbolenze del mercato energetico tedesco... In Italia non si parla d’altro che di elettrificazione dei consumi, dal riscaldamento ai fornelli passando per il parco auto, in una situazione di drammatica scarsità di offerta... Questo (il nucleare) però non risolve il problema dell’oggi e nemmeno della sopravvivenza del sistema industriale italiano. Per questo bisognerebbe avere il coraggio di pescare negli extraprofitti finiti, senza merito, nei bilanci delle principali utility italiane. Impianti completamente ammortizzati, idroelettrico in primis e poi eolico, si sono trovati a vendere energia a quattro volte il prezzo di cinque anni fa".

Questi "extraprofitti" dell'eolico, con l'enorme liquidità che viene generata, spiegano anche l'attuale "extra-attivismo" degli sviluppatori dell'eolico su tutto il territorio nazionale, fenomeno che gli amici dei comitati non riescono a capire quando si dicono favorevolissimi all'European Green Deal ed alla soluzione del "tutto rinnovabili" (destinata inevitabilmente a ricoprire tutti i crinali appenninici di pale)... ma non a casa loro! Peccato che, così facendo, si diano la zappa sui piedi (a dire il vero la parte anatomica interessata da questo incondizionato e tafazziano sostegno al green non sono i piedi).

Ma, a proposito di "Energia, il nodo prezzi. soluzioni per le imprese", come titolava mercoledì in prima pagina il Resto del Carlino, la presa di posizione di peso specifico più rilevante, espressa in un convegno a Ravenna promosso dal Quotidiano Nazionale, è quella dell'amministratore dell'Eni Claudio Descalzi, che parla di necessità di "inversione a U", "difficile" con questa Commissione:

"In Europa la guida delle istituzioni comunitarie è da anni più o meno la stessa, nel senso che ci sono stessi partiti, stesse persone, stessa presidente della Commissione. Quindi diventa difficile, avendo portato avanti con grande determinazione un certo tipo di politica, poter fare un'inversione a U".

Della serie: Chi vuol capire, capisca...

Anche Chicco Testa, nel suo piccolo, mercoledì chiede (come Tabarelli il giorno prima) - nel suo articolo sul Foglio (anche se il titolo è più da Rete della Resistenza sui Crinali che da Foglio...) "Perché è una balla dire che sulle bollette alte non si può fare nulla"  il "coraggio politico dell'Europa e dell'Italia di cambiare strada" con "decisioni rapide e controcorrente" ed in particolare di "sospendere temporalmente" la tassa sulle emissioni di CO2. Critica poi la politica di incentivi alle rinnovabili e parla delle "decisioni già prese e forse da rivedere". Scrive Testa:

"Nonostante il basso costo di produzione le rinnovabili continuano a essere costose, in parte per il meccanismo trainante del gas, ma in parte per incentivi elargiti abbondantemente... andrebbe prestata maggiore attenzione alla crescita continua di quella parte della bolletta che non remunera il costo dell'energia , ma i cosiddetti oneri di sistema. Ormai sopra il 50% del costo totale. Fra investimenti sulle reti ben remunerati, accumuli per compensare l'intermittenza delle rinnovabili, nuovi incentivi per altre rinnovabili la bolletta totale è destinata a crescere di svariate decine di miliardi nei prossimi anni".

Anche qui, come per Tabarelli ieri: se lo avesse detto prima, visto che Testa sapeva perfettamente fin dall'inizio, al contrario delle gretine, che con le rinnovabili non programmabili a gogò sarebbe successo un disastro.

Un altro che ha all'improvviso cambiato idea sulle virtù salvifiche della rivoluzione green è Antonio Galdo, che nell'ultimo paragrafo dell'articolo su Panorama di questa settimana, intitolato "La finta lotta alla crisi climatica", chiede di sospendere le "famigerate Cop" dell'Onu fino a data da destinarsi per "liberarsi dei lobbisti" che le hanno "sequestrate". Anche se sbaglia nell'identificazione dei lobbisti...

Come Galdo nel suo nuovo libro, anche Carlo Lottieri, nell'articolo su Il Giornale di ieri "La ricetta liberale non può attendere", conclude:

"Quando l'economia va male, il prezzo più alto è pagato soprattutto dai poveri. In fondo, così come nei loro comportamenti privati quanti hanno molti soldi sono disposti a spendere il doppio per lo stesso prodotto se ha un bollino «bio», nelle stesse scelte istituzionali essi sono ben disposti a sacrificare qualche percentuale del Pil per ridurre di 0,01 gradi la temperatura media. La gerarchia delle preferenze di chi è povero è un'altra. Per lo stesso motivo per cui in Cina o in India ci si preoccupa molto meno del cambiamento climatico, quanti faticano a tirare avanti hanno altre priorità. E ormai non si può più negare che le politiche europee dettate dall'ecologismo penalizzino i più deboli."

Apre il cuore alla speranza una notizia che (in circostanze normali) sarebbe dovuta apparire una ovvietà: il Parlamento europeo rialza improvvisamente la testa e, in uno scatto di orgoglio, per la prima volta critica (a giustissima ragione) la Bce guidata dalla sciagurata e incompetente Lagarde. Leggiamo dal lancio dell'ANSA di martedì (ripreso da pochi quotidiani italiani) intitolato "Il Parlamento europeo: "La Bce ha sbagliato la stima sull'inflazione":

"Gli eurodeputati sostengono che la Banca centrale europea abbia sbagliato la sua valutazione secondo cui l'inflazione avrebbe dovuto essere solo transitoria e chiedono di migliorare i modelli di previsione economica per consentire una migliore definizione delle politiche. Lo affermano in una risoluzione non legislativa adottata con 378 voti a favore, 233 contrari e 26 astensioni, all'indomani del dibattito con la presidente della Bce Christine Lagarde".

Per inciso: il Parlamento si è dichiarato contrario anche all'introduzione dell'euro digitale prospettato dalla Lagarde, che priverebbe i cittadini europei di quel poco di libertà che è loro rimasta.

Ma neppure l'ANSA non ci racconta tutto. Leggiamo, sempre a proposito di quella stessa risoluzione del Parlamento europeo, la conclusione del lancio dell'AISE di mercoledì:

"Gli eurodeputati insistono infine sul fatto che la stabilità dei prezzi rimane l'obiettivo primario della Banca centrale europea e avvertono che il perseguimento degli obiettivi secondari "compromette l'indipendenza della BCE".

Si tratta di un ritorno della politica europea sulla Terra. In questi ultimi anni (noi lo denunciavamo già tre anni fa)  la Banca centrale europea, anzichè fare il proprio mestiere di cane da guardia contro l'inflazione, gettava essa stessa benzina sul fuoco dell'inflazione perchè la Lagarde (d'accordo con l'altrettanto sciagurata Ursula Von der Leyen) ha pensato di fare la "rivoluzione verde" con un occhiuto controllo dirigistico dell'economia attraverso il credito bancario concesso solo... ai più buoni. Neppure Mao al tempo del Grande Balzo in Avanti era arrivato a simili livelli di ideologica stupidità. Il forte richiamo dell'Europarlamento è un altro segnale di prossima "inversione a U", che però comporterà inevitabilmente il sacrificio di qualche capro espiatorio (capra, in questo caso). E' assolutamente impensabile che l'Unione europea venga "riportata in carreggiata"  da chi, sia pure implicitamente, ammette di averla fatta finire nel fosso.

 

Alberto Cuppini