Errare è umano. Ma perseverare? Continua l’inchiesta sulle malefatte dell’eolico sui crinali dell’Appennino tra le province di Bologna e Firenze, che al Giogo di Villore sta per compiere un irreversibile, devastante salto di qualità.
La stampa americana ci ha appena sottolineato i... lusinghieri risultati di una politica che privilegia acriticamente la copertura del fabbisogno elettrico con fonti non programmabili e intermittenti, come eolico e fotovoltaico. Ne deriva la necessità, paradossale, di razionare l'erogazione dell'energia elettrica: e non in una remota plaga del Terzo Mondo o nell'Italia postbellica, ma nella California del terzo millennio. Tutto ciò grazie alla spasmodica corsa verso la decarbonizzazione e la... “defossilizzazione”, obbiettivi che solo per demagogia, faciloneria (e, spesso, malafede), possono prospettarsi indolori e a portata di mano, con tragicomiche ventole piantate qua e là.
La scena italiana vede in questi mesi il fervido contributo di AGSM Verona Spa, società al 100% di proprietà del Comune di Verona, a queste belle prospettive... californiane, attraverso il suo pregevole progetto di centrale eolica industriale “Monte Giogo di Villore”, attualmente sottoposto a Procedimento Unico di Autorizzazione presso la Regione Toscana.
Riprendiamo la rassegna, molto istruttiva, su alcuni dei punti salienti di tale progetto, espressi o NON espressi. Per chi si collegasse ora, ricordiamo che esso prevede l'installazione di otto aerogeneratori di altezza complessiva (eliche comprese) pari a 168 metri, lungo il crinale appenninico principale, nel suo tratto intercettato dai territori comunali di Vicchio e Dicomano, in provincia di Firenze. Saranno ovviamente necessarie cospicue opere funzionali all'accesso al sito per i mezzi d'opera e per le componenti dell'impianto, e per l'allestimento della connessione elettrica alla rete di distribuzione nazionale. Gli impatti dell'intervento, paesaggistici, di viabilità o di cantiere riguardano però un territorio assai più esteso.
Nella fase di pubblicazione e consultazione del progetto sono emersi molti spunti, a volte inquietanti, a volte... curiosi, dai pareri degli Enti e delle Autorità coinvolte nel relativo procedimento, nonché dalle numerose osservazioni, formulate da associazioni (di rilevanza locale e nazionale), da cittadini (singoli o in gruppi), da tecnici e imprenditori, nonché da alcuni rappresentanti delle amministrazioni comunali, fra i quali due sindaci (San Godenzo e Marradi), un consigliere della Città Metropolitana di Firenze e uno dell'Unione Montana dei Comuni del Mugello.
Ci sarebbe impossibile, né intendiamo tentarla, una rassegna esaustiva di tali pareri (o “contributi”) e di tali osservazioni, che però la Regione Toscana ha reso agevolmente disponibili all'esame di chiunque.
Facciamo intanto un istruttivo piccolo passo indietro.
Cattivi esempi
Come forse avrete capito dalle immagini, oggi c'è poco da ridere.
La frana vista in apertura, di cui vi diamo un dettaglio - carino - qui sotto,
si è generata su una formazione geologica una volta chiamata delle “argille scagliose”: NON è quindi analoga a quelle interessate dal progetto (attuale) di AGSM: su questo vogliamo essere sinceri (noi). Di progetti del passato... parleremo poi. Intanto abbiamo un primo esempio delle possibili conseguenze di una scarsa attenzione ai risvolti geologici, idrogeologici e geotecnici del progetto di un qualsiasi intervento che riguardi il nostro Appennino.
Limitiamoci a qualche breve considerazione sull'intervento che fa bella mostra di sé in queste due immagini, da noi riprese il 1° gennaio di questo 2020, visto che non siamo ai Caraibi o nel terzo mondo, ma in uno stato europeo, anzi in un comune italiano, anzi toscano, anzi mugellano.
In tale comune, l'installazione delle turbine che vedete (avvenuta progressivamente nel tempo, ma attualmente interrotta dalle autorità giudiziarie, per motivi vari che qui non è il caso di meglio definire) ha avuto l'assenso, ed è materialmente avvenuta, “regnante” un simpatico sindaco (ora non più tale, dopo il suo secondo mandato) noto per il suo assoluto e dichiarato favore all'installazione di quanti più impianti eolici possibili, forte anche del fatto che, ogni anno che Dio mette in terra, il comune di cui trattasi ne ricavava e ricava, da AGSM, cospicue royalties, legittime o meno che siano. Pochi giorni fa questo simpatico ex-sindaco (simpatico davvero, senza sarcasmo, e certo più sincero di altri, sull'argomento...) è prepotentemente tornato alle ribalte della locale cronaca politica, non per motivi giudiziari, intendiamoci, bensì elettorali. Ma non ve ne faremo il nome: ci piace l'enigmistica, e sarebbe davvero enigmatico il dilemma per cui un politico mugellano aprioristicamente e notoriamente favorevole all'installazione di centrali eoliche, ovunque possibile, decide di scendere in campo nelle liste di una formazione politica che, in Mugello, si è già dichiarata contraria al progetto di AGSM. Noi un'ideina ce l'avremmo, ma chissà... non è ancora un po' presto per parlare di politica, e di elezioni regionali?
Una digressione... naturalistico-giudiziaria
La strada che si intravede al margine inferiore della prima immagine, su cui si sta riversando il corpo di frana, è la Provinciale n. 117, che qui costituisce il confine della Zona Speciale di Conservazione (ZSC - ex Sito di Importanza Comunitaria - SIC) IT5140001 - “Passo della Raticosa, Sassi di San Zanobi e della Mantesca” (dal cui interno è ripresa l'immagine stessa) equivalente all'omonimo SIR (Sito di Importanza Regionale) n. 35, a suo tempo istituito anche per il patrimonio avifaunistico ivi riscontrato. Di tale area, sul sito della Città Metropolitana di Firenze, troviamo una specifica scheda, che la descrive come “parte fondamentale di una delle principali roccaforti, a scala regionale, per varie specie ornitiche minacciate legate a praterie secondarie e pascoli, attualmente in regressione o con trend sconosciuto. Tra le specie di avifauna di maggiore interesse si segnalano il biancone, forse nidificante in modo irregolare, e l’ortolano, con una delle principali popolazioni toscane”.
La stessa scheda, fra i “principali elementi di criticità” esterni al sito, cita espressamente le “ipotesi di realizzazione di impianti eolici ai confini settentrionali del sito”, mentre fra le “indicazioni per le misure di conservazione” raccomanda “accorgimenti per la tutela della fauna (a esempio la protezione dei nidi di albanella minore)” e “poiché alcune cause di degrado/disturbo dipendono da pressioni ambientali originate nel contesto esterno al sito, per queste dovrà essere opportunamente applicato lo strumento della valutazione di incidenza”.
Lasciando da parte avifauna e biocenosi, siamo mortificati nel dover evidenziare che il movimento franoso si è originato dopo i lavori per l'installazione delle turbine e l'allestimento della viabilità di cantiere (che ben si vede nella seconda immagine).
Questo era l'aspetto del luogo antecedente la prima installazione:
Per il gossip: la sommità che si intravede sulla sinistra è Monte La Fine al tempo interessato per un progetto di centrale eolica da 20 MW, ma in territorio emiliano romagnolo. Si fece fatica a dimostrarne impatti e dilettantismo, ma ci si riuscì.
Mentre il Nostro era a capo del Comune interessato, le istanze ad esso formulate per l'installazione delle turbine immortalate nelle prime due foto si susseguivano nel tempo, secondo il più classico esempio degli spezzatini utili ad aggirare scomodi limiti normativi (evidentemente, con successo): in questo caso i limiti erano quelli della potenza installata, roba simile a quella di cui abbiamo parlato nel nostro post precedente.
Almeno per la prima turbina, ci risulta che il proponente NON abbia presentato uno Studio di Incidenza sulla ZSC distante poche decine di metri, ma neppure ci risulta che l'amministrazione comunale, appunto a suo tempo guidata dal Nostro, gliel'abbia chiesta. Questo fu il primo risultato: la strada di accesso della prima turbina è sulla destra dell'immagine.
Se poi sia stato chiesto uno Studio di Incidenza per le turbine successive è cosa che non sappiamo: ci si perdoni, siamo volontari, erano periodi difficili, e la nostra debolezza, ma insieme la nostra forza, è di fare ciò che si può e ciò che si sa, ma di essere al soldo esclusivo della nostra coscienza. Abbiamo però intanto appreso che qualcuno della famiglia del primo installatore di quelle turbine è tornato a scontare le antipatiche conseguenze di guai giudiziari analoghi (e per motivi analoghi), a quelli che, già al tempo, erano noti di qua e di là dal confine regionale.
E, tornando a frane e dintorni, abbiamo visto (e mostrato oggi) le conseguenze di quella... pregevole serie di interventi.
Non era forse prevedibile uno smottamento del genere?
Beh, il cedimento franoso di cui vi mostriamo un'immagine, qua sotto, e che colpisce sempre la Provinciale 117, poche decine di metri più a valle, si era già innescato prima di quello visto sopra. Pare comunque che anche la Provinciale 117 abbia dovuto sopportare il carico di convogli di mezzi funzionali all'edificazione di centrali eoliche. Ma ci sarà tempo per acquisire certezze del genere.
Verso il crinale di Giotto e del Beato Angelico
Lasciamo da parte le cosiddette “argille scagliose” e, per il momento, anche il Nostro ex sindaco, che ci dicono sia stato di recente contattato da AGSM per testimoniare ai mugellani di come, alla fine, la popolazione sia contenta di farsi sovrastare dalle pale eoliche.
Si vede che conosciamo popolazioni diverse. Se poi questi sono i risultati...
Torniamo quindi al “nostro” progetto e alle virtù del buon progettare, celebrate da AGSM nella sua Relazione Generale.
Bene, per consentire il trasporto delle eliche, dei segmenti di torre, e di tutto quanto sia necessario all'installazione della centrale eolica fino al crinale del Monte Giogo di Villore, AGSM ha ipotizzato molte rettifiche, più o meno dettagliate, della viabilità. Quella detta “di avvicinamento” parte dal casello di Barberino di Mugello e attraversa i territori (e i capoluoghi comunali) di San Piero a Sieve, Borgo San Lorenzo, Vicchio e Dicomano, fino all'imbocco della strada comunale per la frazione di Corella, dalla “statale” del Muraglione.
E fino a qui la qualità del progetto è, come dire, “fuori questione”. Ma... nel senso materiale del termine, sostanzialmente perché gli elaborati tali da poter definire questi interventi puntuali come parte di un “progetto”, mancano proprio. E non lo diciamo noi, ma lo dettaglia anche la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Firenze e per le Province di Pistoia e Prato.
Qualcuno si chiederà: ma che c'entra la Soprintendenza con le strade che attraversano il Mugello e la Val di Sieve? Semplice: AGSM, per aprire la strada ai suoi giganteschi mezzi d'opera, dovrebbe intervenire anche su immobili sottoposti a tutela in quanto classificati come beni culturali. E in casi come questi non basterebbero immaginette con didascalie del tipo “noi più o meno qui pensiamo di fare 'ste due o tre cosucce ma state tranquilli che poi sistemiamo tutto”. Quindi la Soprintendenza ha dovuto anche preoccuparsi di scongiurare difetti di tutela di tali immobili, oltre a evidenziare, come altri enti e commissioni comunali, le criticità dell'intervento sotto il profilo della tutela dei beni paesaggistici, com'è logico attendersi, dicevamo, in terre come quelle in cui è nata l'arte di Giotto e del Beato Angelico.
Beato Angelico, Pietà – tempera su tavola - conservato nella Alte Pinakothek - Monaco di Baviera –
rivisitazione conforme agli intenti di trasformazione del paesaggio espressi da AGSM Verona Spa
Dal bivio di San Bavello, lasciata la strada del Muraglione, inizia quella definita da AGSM come viabilità di accesso (al sito di progetto). Non conoscevamo questa strada, e non avevamo ben chiaro cosa comportasse la previsione, in questo tratto, di 24 interventi, fino alla cosiddetta “valvola SNAM”, punto di affiancamento al tracciato dei relativi metanodotti (due, più o meno paralleli fra loro). Alcuni di questi 24 interventi, nel progetto definiti, eufemisticamente, “arretramenti di versante”, riguardano decine o centinaia di metri cubi di roccia ciascuno. (Con tanto di “sfrondamenti”, o “sfrondi” della vegetazione, anche arborea, che su tali versanti si trova, o che ostacola le manovre dei mezzi d'opera: il progetto non li chiama però “abbattimenti”, pareva brutto...)
Sono previsti sbancamenti e riporti ovviamente anche nell'area di crinale, per la cosiddetta viabilità di sito, e per piazzole e fondazioni e delle turbine.
Parliamo quindi, oggi, di terreni, di rocce, cioè di pezzi, strutture e superfici di montagna.
Campanelli d'allarme
Un primo allarme arriva dalle circostanziate osservazioni sottoscritte dalle sezioni del Club Alpino Italiano (CAI) di entrambi i versanti, focalizzate su più argomenti. Vi si trova, fra l'altro, un corposo allegato geologico, di stesura appassionata e lettura appassionante, redatto e sottoscritto non da un allegro e rispettabile escursionista domenicale, ma da un professionista del settore di lunga esperienza, a suo tempo contattato da un amico del Comitato per la Tutela del Crinale Mugellano residente in una delle due frazioni (Villore e Corella) più impattate dal progetto. Ci volevamo cimentare in una sintesi del documento di tale professionista del CAI (che non ringrazieremo mai abbastanza), ma avremmo trovato ben poche considerazioni da omettere, o sulle quali sorvolare: ma il testo è discorsivo e con un linguaggio non eccessivamente oscuro, e ne raccomandiamo quindi la lettura, magari saltando le righe di argomento un po' più ostico. Lo si trova agevolmente, insieme a tutte le osservazioni e i contributi degli Enti coinvolti nella procedura, fra i procedimenti a “Consultazioni concluse”.
Vogliamo però evidenziare che il geologo incaricato dal CAI trovi assolutamente NON idoneo il metodo di calcolo adottato nel progetto di AGSM per le verifiche di stabilità. Tale metodo (individuato come “di Bishop”, o “delle strisce”) presuppone infatti che i carichi sui versanti possano provocare distacchi con superfici di scorrimento circolari.
Ora, potremmo parlarne con chiunque, per funghi, in bici, a piedi o a cavallo, o lo attraversi in auto, frequenti anche un minimo questi tratti di Appennino. E chiunque vede, semplicemente guardando le superfici di roccia che emergono dal suolo, che è strutturata in strati, di norma NON in assetto orizzontale, di arenaria (più “compatta”) che si alterna a interstrati marnosi e argillitici (di minor “tenuta”): un eventuale sollecitazione di carico su tale substrato genererà assai più facilmente movimenti (e, ahinoi, distacchi) di scivolamento planare, lungo le discontinuità fra strati e interstrati, piuttosto che... ribaltamenti circolari. Se ci arriviamo a capirlo noi...
Ed è esattamente lo stessa critica che emerge dalle competenze geotecniche dell'ingegnere incaricato non dal Club Alpino Italiano, ma direttamente dal Comitato per la Tutela del Crinale Mugellano, secondo cui tale “metodo di calcolo (Bishop - ndr), usato impropriamente non può che dare risultati poco vicini alla realtà della situazione.”
Concludono entrambi (geologo “del CAI” e ingegnere “del CTCM”) che l'approccio progettuale con cui sono state condotte tali verifiche di stabilità non è conforme alle vigenti Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC 2018). Bello, vero?
Da come l'abbiamo capita noi, applicare il “metodo di Bishop” alla formazione marnoso-arenacea dell'Appennino mugellano è come presupporre che un millefoglie reagisca al cucchiaio (o alla forchetta?) esattamente come un budino. All'esame da cuochi saremmo cacciati.
Ah, a proposito: chi era che osannava la qualità del progetto?
Terre, rocce e acque secondo l'interpretazione di AGSM e le... perplessità degli Enti
Per dare un'idea della situazione, così com'è apparsa ai vari Enti coinvolti nell'argomento, ci soffermiamo un attimo sulla sintesi di un paio di contributi in materia. Siccome NON vogliamo fare un torto agli sforzi dei tecnici degli altri Enti, anche di questi ultimi riportiamo una sintesi, in appendice a questo post. Riteniamo tali contributi molto significativi: non vogliamo... obbligarvi a soffermarvi su di essi, ma lo suggeriamo caldamente.
I tecnici dell'Unione Montana dei Comuni del Mugello (“UMCM”, di cui fanno parte Vicchio e Dicomano), in un paziente e dettagliato documento di 39 pagine (con tanto di sommario), di cui ben 6 con l'elenco delle integrazioni necessarie, hanno dovuto rilevare nel progetto numerose omissioni, carenze, incongruenze, imprecisioni ed errori (anche di redazione stessa), per gli aspetti geologici, geotecnici e strutturali, ma non solo. (Si vedano per esempio le logiche considerazioni sugli impatti acustici dell'impianto in fase di esercizio).
Come quelli di altri Enti, i tecnici dell'UMCM manifestano preoccupazione (non solo) per i 24 interventi previsti nel tratto fra San Bavello e la “valvola SNAM”, per i quali il progetto contiene rappresentazioni in sezione “mancanti di dati necessari a valutare nel dettaglio l'intervento (quote, progressive etc...)”. E poi “gli interventi in parete sono generici e non riferiti all'effettiva situazione geologica dell'area (fratturazioni etc...)”, e molti di essi “ricadono in pericolosità geologica molto elevata ed in aree nelle quali (…) sono presenti frane considerate attive.”
Ad AGSM, secondo cui “il contesto geologico strutturale e litologico dell’area oltre che alle peculiarità proprie del progetto è tale da non determinare nessuna interferenza con le sorgenti più prossime al sito”, la risposta di UMCM è lapidaria:
“Non è stata predisposta una tavola che indichi dove sono queste sorgenti.” Punto.
Quindi, diciamo noi, liberi dalla diplomazia del linguaggio formale... di che cosa stiamo parlando?
Il documento prosegue circostanziando con pazienza i numerosi punti in cui si palesa la genericità della relazione geologica. Ma in un passaggio i tecnici dell'Unione Montana sembrano davvero perdere l'aplomb: visto che, sovrapponendo la Carta Geomorfologica della Regione Toscana alle planimetrie di progetto, un aerogeneratore risulterebbe “proprio in testa alla frana di tipo quiescente' con codice IFFI 0487332700” (una frana quindi già rilevata e codificata...), si vedono costretti a rammentare, con la stessa sintesi di prima, che “Una frana quiescente è una frana inattiva che si può riattivare”. Punto, di nuovo. Lo capiremmo anche noi...
Il consulente geologo incaricato dal comune di Dicomano, si è concentrato sui 24 interventi previsti nel tratto della viabilità di accesso esistente. Ma, già alle prime righe della propria relazione ha dovuto premettere, per essi, di non avere a disposizione:
“- progetti particolareggiati degli interventi;
- rilievo geomorfologico, geologico-geomeccanico e idrogeologico;
- prove in situ;
- relazione geologica;
- relazione geotecnica.”
Dunque saremmo già arrivati: come sopra “di che cosa stiamo parlando”?
Nella sua relazione studia però, e dettaglia, i vari gradi di pericolosità assegnati all'area di esecuzione di ognuno di tali 24 interventi, integrando le sommarie descrizioni di AGSM, e producendo un documento di oltre 40 pagine corredate di analisi ed elaborati planimetrici: in pratica, ciò che NON ha fatto AGSM, o chi per essa.
Quindi la cittadinanza (nella fattispecie quella del Comune di Dicomano, ma non solo), si è GIA' trovata a dover ovviare alle (gravissime) carenze del progetto, facendone materialmente le spese: siano quelle degli onorari di professionisti (giusti e dovuti, ma sostenuti con finanze pubbliche), o siano l'attività, il tempo, gli sforzi e l'energia di funzionari dipendenti dalle amministrazioni pubbliche. Della cui funzione, che dovrebbe essere di mero controllo, NON è bello abusare...
Eppure ogni politico, amministratore pubblico, anchorman o opinion leader che sia, quando è davanti a una telecamera o a un microfono, non manca di stracciarsi le vesti su guai e costi del dissesto idrogeologico.
Intendiamoci, è davvero rassicurante l'attenzione dedicato dai tecnici e dirigenti dei vari Enti coinvolti alle conseguenze dell'intervento di AGS. Ma, nel merito, sarebbe interessante chiedere l'opinione di quei politici locali che, dopo aver accettato i suoi inviti alle gite delle pentole, cantano le laudi di AGSM per provare a convincerci di quanto siano belle, e salutari, e risolutive le sue... centrali eoliche.
Che farà adesso AGSM di tali osservazioni e pareri, compresi quelli che abbiamo richiamato in Appendice? Revisionerà il progetto dandogli la forma che avrebbe dovuto avere sin dalla sua presentazione? Approfitterà del contributo di funzionari pubblici, di professionisti pagati dalla Pubblica Amministrazione, o di volontari che hanno scritto paginate di osservazioni, per redigere un progetto meno lacunoso (o tentare di farlo), scaricandone quindi altrove i costi, cioè spendendo tempo e risorse altrui, anche pubbliche?
E quando questo progetto avrà raggiunto una forma passabile e un approfondimento adeguato, trovandosi quindi, forzatamente, ad essere UN ALTRO progetto, come potrà la cittadinanza riesaminarlo, o eccepire?
E gli enti pubblici che faranno? Lo ri-studieranno daccapo, sottraendo altri soldi e altro tempo alla funzione pubblica, dedicandoli all'investimento di un privato?
Tutto ciò, ricordiamolo, per un'ipotetica quantità di energia elettrica che, se solo fosse fornita con regolarità, sarebbe appena sufficiente al fabbisogno di una comunità paragonabile a quella di un comune di medio-piccole dimensioni. Ma nemmeno per quello sarebbe davvero sufficiente, perché la fornitura non sarebbe programmabile, ma intermittente a seconda delle condizioni meteorologiche.
E' con queste premesse che gli industriali eolici corrono a cercare (e, sembra, a trovare!) l'indulgenza di qualche ministro, o ministra, di questo stesso governo?
E' per questo che l'industria eolica frigna e si lamenta di funzionari pubblici che insistono a far valere le regole davanti a tutti (e sono per questo bollati come crudeli “burocrati”), e batte i piedi contro le... vessatorie Soprintendenze che tentano di difendere l'articolo 9 della Costituzione della Repubblica?
E' questa la contropartita che offre l'industria eolica, quando dileggia i cittadini che non si rassegnano allo stravolgimento dei propri luoghi con la proliferazione di colossali corone di spine, la cui presunta bellezza tanto viene decantata dai suoi stessi incaricati?
Tutto per il... nobile intento di salvare il pianeta piazzando ovunque, nelle campagne italiane, torri eoliche e distese di pannelli fotovoltaici, col solo risultato di compromettere la continuità del sistema di distribuzione elettrica, mandandone al collasso la tenuta?
Verrà anche il momento di parlare di soldi. Già qualcuno, nelle osservazioni, ha espresso un concetto non banale.
Ora torniamo a vedere, letteralmente... terra-terra, “di che cosa stiamo parlando”.
Un esempio
Nel tratto di viabilità fra San Bavello e la “valvola SNAM” (quello dei 24 interventi), la strada si sviluppa per lo più a mezza costa, a volte anche su versanti a forte pendenza, con punti di contatto fra diverse Unità geologiche: la situazione di base potrebbe essere paragonabile a questa...
...che si è evoluta così...
...e poi così...
Siamo al km 13 della Strada Provinciale 325 (nel territorio metropolitano di Bologna), il cui attuale “panorama”, è quello dell'immagine con cui abbiamo introdotto i “campanelli d'allarme”.
Come dicevamo, la situazione da cui si è originata è abbastanza simile a quella della strada comunale di Corella: questo tratto di Strada Provinciale 325 era “tranquillo” da almeno 50 anni: c'era stata, sì, una frana nel 1985, ma non fu “di crollo”, e ne colpì un tratto di poche centinaia di metri più a nord.
Ci è preso un sospetto. Pochi anni fa, in zona, venne sottoposta a “revamping” (cioè a rifacimento) la prima centrale eolica dell'Appennino Settentrionale, sul Monte del Galletto, originariamente costruita, nel lontano 1999, in comune di San Benedetto Val di Sambro con l'installazione di 10 turbine monopala alte al mozzo 42 metri,, che passarono nel 2012 a un totale di 4 turbine tripala alte 55 metri.
E ci siamo chiesti: da dove sono passati i mezzi per questo “revamping”? Forse non da questo km 13, ma, conoscendo la zona, davvero non riusciamo a individuare un'alternativa...
Ok, ammettiamo di pensare davvero male: parliamo però di una strada (la 325) su cui normalmente non transita il traffico pesante, che predilige invece la parallela autostrada A1.
Il traffico su cui la Comunale di Corella ha finora dato prova di sé, che traffico è?
Intanto, il versante su cui viaggia la Provinciale 325, otto mesi dopo la frana, non è ancora fermo.
Eh, però AGSM...
...avrà tutt'altra stoffa, che diamine!
Mah, a dire la verità qualche dubbio ci è sorto quando ci siamo imbattuti, casualmente, nel curriculum
(di tutto rispetto), del consulente geologo di AGSM, da cui emerge che nel 2015, dopo pochissimi anni dalle rispettive installazioni,
- per l'area dell'impianto di Casoni di Romagna (in provincia di Bologna, subito oltre il confine settentrionale del Comune di Firenzuola) AGSM stessa ha dovuto commissionargli un progetto di un sistema di bonifica per l’allontanamento delle acque,
- mentre altri due progetti si sono resi necessari per opere di manutenzione di carattere idrogeologico, sia all’interno dell’Impianto Eolico Riparbella, che dell’Impianto Parco Eolico Carpinaccio.
Occhio, quando si parla di “progetti” e “opere”, non siamo nell'ambito dell'ordinaria manutenzione.
Poi, mumble mumble, altri dubbi ci sono venuti, e vaghi ricordi sopravvenuti. E siamo andati a vedere.
Allora, premettiamo che l'impianto eolico del Carpinaccio, in comune di Firenzuola (FI), costruito nel 2011 (già regnante il Sindaco di cui dicevamo all'inizio del post), è gestito dalla Carpinaccio Eolico srl, società di cui AGSM detiene la maggioranza.
E ci era stato incidentalmente riferito di un ammontare insolitamente ridotto per gli utili di esercizio degli ultimissimi anni della Carpinaccio Eolico srl.
Fine delle premesse, andiamo sul campo.
Questa è la strada di accesso all'impianto del Carpinaccio, fotografata quest'anno 2020, verso sud, con l'impianto alle spalle. In primo piano, evidenti tratti di pavimentazione in calcestruzzo.
Tipo quelli previsti al Giogo di Villore?
Qui sotto, al centro, vediamo la stessa strada di cui sopra, nel 2011, quando iniziò l'installazione dell'impianto del Carpinaccio. Il fondo non è pavimentato in calcestruzzo. La foto è ripresa in direzione nord. A sinistra, asfaltata, si intravede via Poggio Tignoso, cioè la prosecuzione della strada comunale che dalla frazione Peglio conduce a Pietramala e alla Strada Statale della Futa. Stando con i piedi per terra, questa inquadratura fotografica, oggi, non sarebbe più possibile.
(Per eccesso di zelo, qui potremmo vedere, in più punti, la stessa strada durante i lavori di installazione dell'impianto eolico del Carpinaccio. )
Questo, nell'anno di grazia 2020, è l'imbocco della strada di accesso all'impianto del Carpinaccio, i cui aerogeneratori si vedono sullo sfondo.
Abbiamo buoni motivi per ritenere che il tratto di colore scuro, in diagonale, più o meno al centro della foto, sia quanto rimane della connessione elettrica alla rete di distribuzione nazionale. La staccionata in stile prealpino è un'opera di compensazione apprezzabile quanto inutile, magari un po' fuori contesto. La pavimentazione in cemento, forse, diciamo forse, non è stata quella che si può definire una genialata.
Lo si capisce meglio dall'immagine zenitale che se ne può ricavare (a oggi, agosto 2020), su Google Maps. Eccola, il nord è a sinistra. La frana è del gennaio 2018.
Il tratto di viabilità usato come accesso al cantiere dell'impianto (forse identificabile con la strada comunale “Peglio-Sasso”), era lì da decenni. Dal “geoscopio” regionale lo vediamo già nel volo del 1963: è l'asse verticale al centro dell'immagine, in cui il nord è in alto.
Sembra quasi (ma noi siamo dei dilettanti) che quel tratto di strada, una volta pavimentato, sia diventato una sorta di via di deflusso delle acque meteoriche, che si sono così trovate a scorrere in direzione del... “calanco quiescente” a sudovest del suo innesto sulla comunale Peglio-Pietramala. Tanto quiescente forse non era, visto che già nel volo del 1963 le argille dell'area non sembravano stabilissime. L'immagine suggerisce anzi la “storia” di una “fuga” verso monte del tracciato della strada comunale, nel tentativo di aggirare il progressivo avanzare del cedimento della pendice argillosa.
Non è che, anche qui, piuttosto che concentrarle su una linea di massima pendenza, le acque fossero da allontanare? Lo chiediamo, sia chiaro. Anche perché, argille o meno, pensandoci bene i 3 km di pavimentazioni in calcestruzzo, per quanto “drenanti”, previsti lungo i metanodotti SNAM e lungo la viabilità stessa del crinale del Monte Giogo di Villore, non ci fanno proprio impazzire.
Abbiamo poi trovato due riscontri mediatici dell'evento franoso: qui e qui.
Anche se il bypass che si frappone fra la frazione del Peglio e la strada della Futa non è quanto di più affidabile si possa teoricamente pensare, soprattutto d'inverno, vediamo quindi che la Carpinaccio Eolico srl (cioè, in definitiva, AGSM) si è fatta carico di buona parte dell'onere di ripristino.
Vorremmo anche vedere... Sembra quando uno ti investe sulle strisce e scende poi dalla macchina a rassicurarti, te cionco sull'asfalto, che lui tanto è assicurato.
Vediamo però anche che in questo scherzetto è costato al comune di Firenzuola 43.000 euro. Probabile quindi che AGSM abbia... una buona assicurazione.
Ma tanto, si dirà, con tutte le royalties che il comune di Firenzuola ne riceve ogni anno...
Intanto chiediamoci in che mani stiano andando il Mugello e le sue montagne.
Poi vedremo altre curiosità.
Andrea Benati
Ringraziamo ancora Anna e Massimo del Comitato Salviamo Poggio Tre Vescovi per l'elaborazione dell'opera del Beato Angelico, che non sappiamo quanto sia contento.
APPENDICE – STRALCI DALLE VALUTAZIONI DI RILEVANZA GEOLOGICA, IDROGEOLOGICA E GEOTECNICA ESPRESSE, IN SEDE DI ISTRUTTORIA DEL “PROGETTO EOLICO MONTE GIOGO DI VILLORE”, DAGLI ENTI DI RISPETTIVA COMPETENZA
Riportiamo alcuni spunti dai contributi degli Enti che non abbiamo citato nel testo principale.
In un parere schematico ma incisivo, del Settore Genio Civile Valdarno Superiore della Regione Toscana, focalizzato sulla funzionalità del “reticolo idrografico” (cioè dei corsi d'acqua). Ne riportiamo di seguito alcuni stralci di testo.
Per il tratto di viabilità di accesso fra San Bavello e la “valvola Snam” (tratto che... preoccupa molto parecchi soggetti, noi compresi, a questo punto, il Settore Genio Civile rileva che AGSM non ha progettato “manufatti idonei a garantire la corretta regimazione delle acque superficiali e la continuità idraulica” di tre corsi d’acqua, ponendo fra l'altro l'accento sul fatto che uno di questi tre casi è la previsione progettuale di un “allargo” che “risulta in prossimità di area di frana”.
Ma anche per la viabilità di sito, sul crinale o intorno ad esso, i tecnici del Settore hanno dovuto, in almeno dieci casi (abbiamo perso il conto), raccomandare la “progettazione e posa in opera di manufatti idonei a garantire la corretta regimazione delle acque superficiali e/o la continuità idraulica dei corsi d’acqua.”
Tale raccomandazione vale anche per le attività di cantiere, ma forse addirittura per la stessa la viabilità di avvicinamento, più precisamente per l'area di trasbordo. Il nostro “forse” non è colpa dei tecnici del Genio Civile, i quali hanno dovuto premettere una frase del tipo “qualora la sistemazione dell’area si estendesse a tutta la particella 88 del Foglio 26 del Comune di Dicomano”, perché... non hanno avuto modo di capirlo.
I tecnici del Genio Civile si trovano così costretti a esplicitare che sarebbe gentile che “per tutti gli interventi interferenti con corsi d’acqua inseriti nel reticolo idrografico”, fossero progettati “particolari a livello di dettaglio e verifiche di stabilità dei manufatti e dei pendii, anche in considerazione dei notevoli spessori di materiale di riporto previsti.”
Perchè, nel progetto, quei dettagli semplicemente non ci sono.
Ci sia perdonata la chiosa dell'argomentazione: “Signori, se c'è una linea di deflusso idrico, non è geniale riempirla di roba e poi andarsene a dormire sonni tranquilli, perché l'acqua va implacabilmente in basso. E, se non trova più la sua linea di deflusso, se ne fa una nuova, magari prima saturando i terreni di riporto buttati lì sopra: l'acqua non ha tanti riguardi per il fatto che magari di lì ci passi o no una strada, o magari anche... la linea elettrica interrata a media tensione che vi è necessaria per la connessione alla rete di distribuzione. Fate un po' voi...”
L'Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Settentrionale, ha formulato un sintetico ma significativo contributo all'analisi del progetto di AGSM: ancora, in carattere corsivo riportiamo letteralmente alcuni stralci del rispettivo documento.
“(...) L'adeguamento della viabilità esistente, la realizzazione della nuova viabilità e la realizzazione di uno degli aereogeneratori interferiscono con aree PF3 e PF4 del PAI.
(Per capirsi: il “PAI” è il Piano di Assetto Idrogeologico, e le sigle PF3 e PF4 indicano, rispettivamente, aree a pericolosità di frana elevata e molto elevata: il 4 rappresenta il massimo grado di pericolosità)
(…) Per tali aree deve essere dimostrata, tramite una valutazione sito-specifica, la stabilità globale del versante allo stato di progetto secondo una sezione geomorfologicamente significativa (…).
Si segnala che gli elaborati PAI allegati alla relazione geologica (quella del progetto – ndr) mancano del tutto delle aree PF3 derivate dalla cartografia di sintesi in scala 1:25.000 e da ottobre 2019 integrata nella banca dati in scala 1:10.000 di dettaglio.
(Nota nostra: l'Autorità di Bacino, sommessamente, evidenzia cioè che AGSM non ha preso atto di strumenti di indagine, e quindi di progettazione, già redatti – onerosamente per le finanze pubbliche - e resi pubblicamente disponibili.)
(…) Si segnala che i tratti in PF4 interessati dall'adeguamento stradale sono stati oggetto nel passato di più interventi di sistemazione di versante a causa di frane e smottamenti ripetuti.(...)
Il quadro conoscitivo geologico e geotecnico ad oggi elaborato (...) risulta carente nei tratti interessati da scavi per l'adeguamento della viabilità (…).
Le verifiche di stabilità "tipologiche" proposte (…) non sono sufficienti (...), considerando la particolare criticità dei territori attraversati. Nel dettaglio è necessario definire sempre una sezione sito-specifica con un modello geologico-tecnico dedicato (...).
La nuova viabilità nel tratto da Corella al Crinale interferisce con aree a forte instabilità che nel futuro PAI saranno classificate a pericolosità molto elevata PF4/P4, così come indicato dal nuovo piano strutturale. Tali tratti di viabilità necessitano sicuramente di importanti opere di regimazione delle acque e di diffuse opere di sostegno dato che si sviluppano a mezza costa in un tratto a fortissima pendenza. Le maggiori criticità sono individuabili nel tratto A4 e A5 della nuova viabilità in cui si hanno ampi tratti (ca 1,5 km) in forte pendenza con estesi scavi e riporti in un contesto geomorfologico a pericolosità molto elevata. Problematiche simili sono rilevabili anche nella viabilità a servizio degli impianti che ricadono sul crinale e sul versante del bacino della Sieve. Gli interventi previsti richiedono la massima attenzione nell’applicazione rigorosa della normativa tecnica delle costruzioni in materia di scavi, rilevati e opere di sostegno (...).
Il geologo incaricato dall'Unione dei Comuni “Valdarno e Valdisieve” (in cui rientra il comune di San Godenzo), chiamato a vagliare gli aspetti legati al Vincolo Idrogeologico, concorda sostanzialmente con i contenuti che abbiamo sintetizzato. Premette, anche lui, che “l'area interessata dalle modifiche alla Strada Comunale di Corella è caratterizzata da una notevole variabilità geologica, (…) da criticità sotto il profilo morfologico e risulta inserita quasi totalmente in classe di pericolosità geomorfologica elevata (G3) e molto elevata (G4).”
Più avanti specifica che su “buona parte del tracciato (…) sono visibili numerosi interventi di ripristino già eseguiti per la stabilizzazione di movimenti franosi. Alcuni di questi sono in corrispondenza dei siti di intervento proposti” (i 24 di cui dicevamo sopra). Specifica poi che gli interventi di ripristino riscontrati sono “numerose opere di sostegno quali, muri, gabbionate, palificate tirantate” (cioè, che siamo in una situazione ben critica, lo si vedeva!)
Richiede quindi ovviamente (anche per il tratto a monte della “valvola SNAM”), tutta una serie di analisi, rilievi e soluzioni progettuali che difficilmente potremmo sintetizzare: rilievi geologici e geomorfologici, geomeccanici, rilievi di assetto, spessore e caratterizzazione geotecnica delle “coltri di copertura” ma anche dei materiali utilizzati per i riporti, progetti e verifiche di stabilità sito-specifici, con rappresentazione di stato attuale, fine e sovrapposto. Chiede infine di “indicare le interferenze con le linee di drenaggio delle acque”, e le soluzioni per garantirne il regolare deflusso evitando “l'innesco di fenomeni erosivi”.