Francia: esplodono i costi eolici.

 

 

Nonostante l'impennata dei prezzi degli idrocarburi di cui il settore dovrebbe beneficiare, i produttori europei di turbine eoliche lanciano l'allarme: di fronte all'esplosione dei costi dell'energia e delle materie prime, il loro modello non regge più, a beneficio dei produttori stranieri non sottoposti ai vincoli imposti dalla UE.

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

Come al solito, le cattive notizie per la lobby eolica le dobbiamo andare a trovare sulla stampa estera. Dall'articolo di Marine Godelier apparso mercoledì scorso su La Tribune, quotidiano economico francese, "Eolico: esplodono i costi di costruzione, il modello europeo non regge più alla concorrenza cinese":

 

"Nel momento in cui Bruxelles intende raddoppiare la diffusione delle energie rinnovabili, per consentire ai Ventisette di liberarsi dagli idrocarburi russi e rendere sicuri i propri rifornimenti, i produttori europei di turbine eoliche lanciano l'allarme: di fronte agli sconvolgimenti della catena logistica e all'esplosione dei costi delle materie prime, il loro modello non regge più...

E per una buona ragione, tra vendite in perdita e distruzione di posti di lavoro, tutti sono in grande difficoltà. Il numero uno del settore, il colosso danese Vestas, ha così perso 765 milioni di euro nel primo trimestre del 2022, e ha annunciato l'intenzione di chiudere tre stabilimenti e tagliare 275 posti di lavoro. Da parte sua, Siemens Energy in maggio ha dovuto lanciare un'offerta pubblica di acquisto per salvare da un'emorragia finanziaria la sua controllata spagnola Gamesa, specializzata nella produzione di turbine eoliche.

Tante le battute d'arresto che rischiano di minare gli ambiziosi obiettivi dell'UE in questo ambito: per ridurre la sua dipendenza dalla Russia, la Commissione intende aumentare la capacità eolica installata nei Ventisette da 190 GW a 480 GW entro il 2030. Quasi il triplo, che l'industria europea in perdita non poteva permettersi... a beneficio dei produttori stranieri che cercano di svilupparsi al di fuori del loro mercato interno. E questo nonostante la volontà mostrata da Bruxelles di aumentare la propria sovranità energetica.

Poiché l'aumento del prezzo dell'acciaio (usato per le torri e le pale) e di altri materiali critici, come il rame, hanno fatto salire alle stelle il costo delle infrastrutture, i produttori europei si sono allarmati. Senza contare gli sconvolgimenti legati alla catena logistica, tra i quali la mancanza di navi porta container, con strozzature ulteriormente accentuate dall'esplosione della domanda mondiale legata alla guerra in Ucraina e alla corsa verso alternative "pulite" a carbone, petrolio e gas.

Abbastanza per fermare il calo del costo dell'energia eolica osservato da quasi un decennio, nonostante l'impennata dei prezzi degli idrocarburi di cui il settore “beneficia”. Stiamo assistendo a un vero cambiamento nella dinamica dei prezzi, che hanno ripreso a salire dopo essere scesi di quasi il 40% rispetto al 2010.

A livello globale, "dalle batterie ai pannelli solari e alle turbine eoliche, le tendenze di rapida riduzione dei costi osservate nell'ultimo decennio si sono per lo più invertite nel 2021, con prezzi delle turbine eoliche in aumento del 9%", ha sottolineato da parte sua l'Agenzia internazionale per l'energia (AIE) il 18 maggio in una nota dal titolo “I minerali critici minacciano una tendenza decennale all'abbassamento dei costi delle tecnologie energetiche pulite”."

 

E dunque, la costruzione di nuovi impianti eolici "si sta rivelando ben al di sotto delle previsioni e degli obiettivi dell'UE", in particolare in Francia (come nota La Tribune), non solo "a causa delle resistenze locali e dei ripetuti ricorsi amministrativi", ma anche e soprattutto per ragioni strutturali. La geniale idea dei vertici della politica dell'UE, proni ai voleri della lobby dei rinnovabilisti, di rendere competitiva l'energia eolica con l'aumento indotto dei costi dell'energia "sporca" attraverso la tassazione delle emissione carboniche ed indirettamente attraverso la penalizzazione amministrativa di chi finanzia i progetti "non green" cade miserevolmente vittima della dura legge del contrappasso. La greenflazione scientemente perseguita fa esplodere i costi anche per i produttori europei degli aerogeneratori e li sbatte tutti fuori dal mercato globale. Chi lo avrebbe mai detto?.

Di sicuro non i lobbysti ed i loro reggicoda. Provate a trovare traccia del perchè della scomparsa dell'eolico nell'ultima asta competitiva organizzata del GSE nella dottissima analisi "Aste Fer: i perché della bassa partecipazione".

Non si trova niente di meglio di continuare a chiedere altri soldi pubblici tramite le aste anche per i progetti fotovoltaici in area agricola, settore dove si concentrano le tantissime autorizzazioni concesse negli ultimi mesi, che sono esclusi dagli incentivi statali ormai da una decina d'anni. Adesso gli speculatori del fotovoltaico, allettati dagli altissimi prezzi all'ingrosso dell'elettricità degli ultimi mesi, sono disposti a piantare pannelli ovunque anche senza sussidi pubblici. Finiranno anch'essi rovinati, come i produttori delle pale eoliche, quando la depressione economica che attende l'economia europea farà crollare i costi dell'energia. Proveremo per loro la stessa empatia da essi fin qui dimostrata per chi è finito in povertà - non solo "povertà energetica" - a causa di una folle e spregiudicata azione lobbystica di entità senza pari nella storia.

 

Alberto Cuppini