I dati GSE del 2019 smentiscono una volta di più le previsione contenute nella Strategia Energetica Nazionale, redatta nel 2017. Obiettivi 2030 per le Fer elettriche impossibili da raggiungere, senza nuovi enormi incentivi, già prima dell'apocalisse Coronavirus. Il lockdown, poi, ha svelato sia la bufala della parità di mercato delle Fer dal 2020 che quella dell'adozione di massa dei contratti PPA senza garanzie statali.
Pubblicato dal GSE il Rapporto delle attività 2019. Per una sintesi della presentazione pubblica del documento si può leggere l'articolo del Sole 24 Ore.
Per chi fosse interessato ad andare al nocciolo dei problemi e non avesse voglia di leggersi le 240 pagine del rapporto GSE, sarebbe però molto più utile affidarsi all’articolo del Quotidiano Energia, che è stato il più esaustivo tra tutti quelli usciti sulla stampa specializzata.
Nel mio piccolo faccio notare solo qualche cosetta antipatica, sfuggita ai giornali, che si ricava dal rapporto: poca roba ma sufficiente a dimostrare la totale distonìa tra la percezione del problema della lotta al cambiamento climatico - basata in Italia in gran parte sulle rinnovabili (FER) elettriche - che si ricava dalla lettura della Strategia Energetica Nazionale (SEN), redatta nel 2017, e del conseguente Piano Nazionale integrato Energia Clima (PNIEC) al 2030 e la ben più complessa realtà che si desume (anche) da alcuni dati di questo rapporto. Tale distonìa non è una novità ma piuttosto una conferma: era stata rilevata già due anni fa da autorevoli analisti.
Vediamo un po' i nuovi dati che smentiscono a maggior ragione le previsioni degli strateghi filogovernativi:
- In Italia nel 2019 solo 350 MW di FER elettriche installati in un anno senza incentivi (gli strateghi della SEN li chiamano “in grid parity”). Tutto fotovoltaico, di fatto. Numeri risibili. Ma, per chi lo scorso anno ha installato grandi impianti FER senza godere di incentivi, c’è poco da ridere, visto che negli ultimi mesi, dopo il crollo della domanda dell'industria e del terziario, l’energia elettrica si vende di giorno ad un prezzo all’ingrosso prossimo allo zero. Cioè con ZERO ricavi di vendita. I campi pieni di pannelli verranno presto abbandonati, se non arriveranno prima i nuovi incentivi statali (finora sempre negati con sdegno dal governo) per raggiungere gli obiettivi al 2030.
- La prevista “parità di mercato” dal 2020 promessa come puro articolo di fede sia dalla SEN che dal PNIEC è la prima vittima del Coronavirus, che ha anticipato lo smascheramento di tante promesse farlocche.
La seconda vittima sono i PPA, deus ex machina di Strategie e Piani del governo che aborriscono la parola "incentivi", senza garanzia statale. Chi ha sottoscritto l’anno scorso questi contratti come acquirente all’ingrosso ed a prezzo fisso dell’energia elettrica, in questo periodo sta probabilmente meditando il suicidio.
- Anche se il GSE prevede un aumento a “solo” 11,8 miliardi, nel 2020 il fabbisogno netto per incentivi alle FER elettriche per la componente Asos (la vecchia A3) sfonderà certamente di nuovo quota 12 miliardi (secondo me sfonderà quota 12,5 miliardi, anche ipotizzando un PUN medio non inferiore a 32 euro al MWh. Basta fare un rapido conto, considerando che nel 2019 il PUN medio è stato di 52 euro al MWh). Non che la sostanza cambi molto. Nel 2016 avevamo speso oltre 14 miliardi (record mondiale assoluto che non sarà mai battuto da nessuno) e neppure allora nessuno, nè sulla stampa nè in Parlamento, aveva detto bao. Dimenticavo di aggiungere, tra chi allora avrebbe dovuto stracciarsi le vesti e non lo ha fatto: nè i tanti, troppi tecnocrati dello Stato, nè i sindacati, nè i consumatori, nè gli economisti, nè i pubblici amministratori di qualsiasi livello eccetera eccetera. Nessuno, tranne qualche sfigato sui social.
Difficile pensare che si sia trattato di un caso sfortunato. Facile invece pensare che l'omertà su questo enorme fardello annuale - a vantaggio esclusivo di onnipotenti ed intoccabili boiardi - abbia contribuito in larga misura ad impedire che l'Italia (unico tra i grandi Paesi OCSE) recuperasse i livelli di produzione precedenti alla Grande Recessione. Del pari, questa assurda emorragia di risorse pubbliche ha indebolito il sistema economico italiano, divenuto ormai incapace di reggere ad un qualsivoglia stormire di fronde nel mondo globalizzato, che è perciò collassato come nessun altro al mondo di fronte all'imprevista emergenza Coronavirus.
- L’aumento del potenziale “rinnovabile” installato (che si deve presumere AL NETTO del potenziale FER non più attivo, in particolare l’eolico che sempre più di frequente viene abbandonato dopo avere esaurito il ciclo degli incentivi) è stato di 1,2 GW (di cui 400 MW eolici), che ha fatto giungere il totale del potenziale FER elettrico a 55,5 GW (ricordo che il massimo storico impegnato in Italia è stato 61 GW), in attesa di aggiungere almeno altri 15 GW di eolico e 45 (!) GW di FV (oltre tutto in assenza di possibilità concrete di adeguati accumuli) per garantirsi gli obiettivi di produzione PNIEC per il 2030. L’aumento 2019 non è stato dunque irrilevante, sebbene del tutto insufficiente per i desiderata di Lorsignori.
- Nonostante l’aumento del potenziale rinnovabile installato comunque consistente (anche se quasi irrilevante per gli obiettivi al 2030), la relativa produzione non è aumentata. Stiamo infatti parlando di un aumento annuo percentuale del potenziale rinnovabile prossimo al 2,5%. Dovrebbe perciò suscitare molta apprensione nel GSE il fatto che tale aumento non sia stato accompagnato da un analogo aumento della produzione, che viene stimata “nel 2019 circa 115 TWh, non dissimile da quella del 2018”.
In realtà al GSE non nutrono nessuna apprensione perchè sanno perfettamente che una diminuzione annua della produttività di oltre due punti è nell’ordine delle cose per l’usura naturale di pale e pannelli. Anzi: tale diminuzione è destinata ad accentuarsi notevolmente negli anni a venire, anche se di ciò non viene fatta menzione nè nella SEN nè tanto meno nel PNIEC quando si quantifica il nuovo potenziale da installare al 2030 per il conseguimento degli irrealistici obiettivi di produzione FER. Il potenziale aggiuntivo per il 2030 previsto dal PNIEC è già abnorme in sè, ma viene artatamente sottostimato, trascurando l’obsolescenza ed il naturale degrado degli impianti oggi esistenti.
Aggiungo a questi dati tratti dal rapporto GSE, per completezza d'analisi, un altro dato significativo reso pubblico in questi giorni, ricavato questa volta dalla relazione annuale GME, sempre per l’anno 2019.
La relazione GME evidenzia un PUN 2019 in calo a 52 euro al MWh “seguendo un trend in linea con la contrazione dei costi del gas e con le principali quotazioni europee, rispetto alle quali mantiene uno spread strutturale di circa 12 euro al MWh”.
Se il PUN annuo 2020 dovesse confermarsi in ulteriore (ed accelerato) calo (come avvenuto in questi primi mesi dell’anno) attorno – ipotizziamo per essere ottimisti – ai 35 euro al MWh, in costanza di questo “spread strutturale” denunciato dal GME di circa 12 euro al MWh, ciò vorrebbe significare che l’energia elettrica all’ingrosso in Italia, nel 2020, costerà il 50% in più rispetto agli altri partner europei. A tacere delle differenze percentualmente ancora più accentuate rispetto alla concorrenza extra UE.
I rintocchi a morto delle campane delle vittime del Coronavirus in Italia sono oggi coperti dai ben più assordanti e ferali rintocchi a morto dei recentissimi dati di marzo dell’industria - e perciò dell’economia - italiana, assassinata (anche) dalla politica facilona delle rinnovabili elettriche.
Il sempre più probabile immiserimento della popolazione italiana, che precipiterà in breve alle condizioni di vita oggi riscontrabili in America Latina, sarà accompagnato, in sovrappiù, dalla necessità di reperire nuove ingentissime risorse per "incentivare" altre inutili pale e pannelli entro il 2030 perchè "ce lo chiede l'Europa".
L'unica soluzione per interrompere questa sequenza senza fine di disastri sta nella politica. E' necessario un salto paradigmatico. La politica (la nuova, ineluttabile politica post-Covid 19) dovrà assumersi non solo la responsabilità di negare ulteriori incentivi a pioggia ai soliti noti, ma dovrà, per prima cosa, sostituire i vertici delle tecnostrutture (gli apprendisti stregoni che, elaborando questa SEN, hanno avallato la scelta demagogica e sconsiderata di un futuro energetico basato sulle Fer non programmabili) con uomini nuovi, pragmatici e coraggiosi, disposti ad impegnarsi per reindirizzare - con la massima determinazione - la lotta europea ai cambiamenti climatici, oggi spudoratamente condizionata dai lobbysti delle rinnovabili che imperversano a Bruxelles e a Strasburgo.
Alberto Cuppini