Il Primo Ministro britannico Rishi Sunak ha deciso di fare marcia indietro sulla lotta al cambiamento climatico, che sarà rallentata di almeno qualche anno a causa della crisi, ma soprattutto per ragioni politiche a meno di un anno dalle elezioni. Si è materializzato ciò che i critici più lucidi dell'integralismo verde avevano preconizzato: l'ira dei miti, la mobilitazione dei ceti medi, un'ondata di rabbia che ha investito anche molti britannici non politicizzati. Oltremanica si stanno anche rendendo conto che non possono ricavare dall’eolico la stessa energia che arriva dal fossile, come era stato loro promesso in passato. L’Ue forse ci arriverà dopo le elezioni dell’anno prossimo oppure a seguito di un’altra crisi energetica. L'élite europea non ha la minima consapevolezza di quale sia la devastante portata della "transizione energetica" basata sulle "rinnovabili" non programmabili.
"Crisi climatica. Londra tira il freno a mano" titola oggi l'articolo di Antonello Guerrera su La Repubblica:
"Rishi Sunak ha deciso di fare marcia indietro sulla lotta al cambiamento climatico, che sarà rallentata di almeno qualche anno. Un cambio di rotta notevole, se solo si pensa alle strategie di un predecessore come Boris Johnson. A causa della crisi ma soprattutto per ragioni politiche a meno di un anno dalle elezioni generali del 2024, Sunak tira il freno a mano".
"Londra si risveglia: stop alle politiche green" è il titolo dell'articolo di Francesco Bonazzi su La Verità di oggi, che sottotitola:
"Sunak annuncia la retromarcia sulla transizione ecologista: "Costi troppo elevati, ora tocca ad altri". Previsto il rinvio della messa al bando delle auto a benzina e diesel e delle caldaie a gas, oltre all'allentamento degli obblighi di efficienza energetica per le case."
Così spiega Bonazzi:
"Sulla transizione green è arrivato il momento del realismo. Almeno in Gran Bretagna, che non fa più parte dell'Unione europea e se lo può permettere. "Per troppi anni politici in governi di ogni colore non sono stati onesti sui costi e sui cambiamenti. Hanno preso la strada più semplice, raccontando che possiamo avere tutto", dice Rishi Sunak."
Libero annuncia la svolta britannica in prima pagina, con un articolo del direttore editoriale Daniele Capezzone. Il titolo è tutto un programma: "Sunak schiaffeggia i talebani green. Il Regno Unito rinvia lo stop ai diesel", che sottotitola:
"Il primo ministro inglese non cede alle rivolte degli ecointegralisti. "Serve una politica climatica più realistica e pragmatica". Un modo per evitare la bancarotta dei cittadini":
L'articolo mantiene le promesse. Leggiamone qualche passaggio:
"Nessuno finora ha avuto il coraggio di guardare le persone negli occhi e di spiegare cosa sia davvero in gioco. Ciò è sbagliato" ha detto Sunak... Sunak potrebbe persino essere criticato per un'eccessiva dose di cautela e timidezza nell'inversione di rotta: gli si potrebbe cioè rimproverare di non aver trovato il coraggio per rovesciare del tutto il tavolo. Tavolo - va detto - che era stato purtroppo apparecchiato, ormai diversi anni fa, da Boris Johnson... è stato proprio lui a far impiccare la Gran Bretagna a impegni impossibili e scadenze serrate in nome del totem green... Si è materializzato ciò che i critici più lucidi dell'integralismo verde avevano preconizzato: l'ira dei miti, la mobilitazione dei ceti medi, un'ondata di rabbia che ha investito anche molti britannici non politicizzati... c'è da sperare che la sua scelta produca un sussulto di consapevolezza anche al di qua della Manica, e che a Bruxelles siano in molti a muoversi per frenare la raffica di direttive e regolamenti green i cui effetti rischiano di essere letteralmente devastanti."
Così ha commentato l'inversione di rotta britannica il professor Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, nell'intervista concessa oggi al Sussidiario sotto il titolo Tabarelli: rivoluzione green al palo, l’Ue faccia emergere la verità:
"Il Regno Unito ha sposato in maniera entusiastica la lotta ai cambiamenti climatici e adesso i nodi vengono al pettine. Oltremanica si stanno anche rendendo conto che non possono dall’eolico offshore ricavare la stessa energia che arriva dal fossile. L’Ue forse ci arriverà dopo le elezioni dell’anno prossimo oppure a seguito di un’altra crisi energetica. Nel frattempo sta pagando molto cara l’energia, sta perdendo di competitività, si sta deindustrializzando per raggiungere al suo interno un obiettivo importante sul piano ambientale, ma che a livello globale non conta nulla o quasi."
Sempre sul Sussidiario di oggi, Paolo Annoni riferisce la reazione contro gli eccessi green in Gran Bretagna comparandola ad una crisi di inerzia dell'élite europea nell'articolo "Le scelte di Powell sui tassi lasciano l’Europa senza aiuti":
"Il problema vero è che più passano le settimane, più diventa chiaro che l’élite europea non ha consapevolezza di quale sia la portata delle sfide. L’Europa litiga con il suo principale mercato di esportazione, la Cina, e spinge, unica nel globo, su una rivoluzione green che appare un lusso per ricchi, mentre gli altri, è stato il caso ieri dell’Inghilterra, scendono a miti consigli sugli obiettivi green per evitare di seppellire il potere d’acquisto dei consumatori e la competitività delle imprese."
In Italia moriremo tutti per compiacere le onnipotenti lobby dell'eolico e del fotovoltaico?
Alberto Cuppini