La Corte costituzionale tedesca ha accolto il ricorso contro la contestata legge sul riscaldamento, cavallo di battaglia degli ambientalisti al governo. Di fatto, Karlsruhe ha tirato un sonoro schiaffo in faccia alla svolta green e all’intero impianto ideologico-ambientalista dell’esecutivo. Un atto epocale. Sia politico, che economico. Alla base di questo intervento di supplenza politica della Consulta tedesca la notizia che l'AfD, partito dell'estrema destra, continua a salire nei sondaggi di un punto a settimana. In base all'ultimo è al 21%, consolidando il secondo posto. L'affermazione dell'estrema destra in Germania (e negli altri Paesi dell'Ue) deriva proprio dall'adozione di provvedimenti limitativi delle libertà decisi a raffica dalle istituzioni europee senza alcun preventivo dibattito tra le forze politiche e sui media, nella totale assenza, quindi, di ogni minima partecipazione democratica. A dar conto ai numerosi recenti episodi in diversi paesi europei, il vento a favore dei verdi sta cambiando drasticamente di direzione dopo che gli elettori hanno cominciato a fare i conti con i costi delle politiche di "transizione energetica" accelerata basata su pale eoliche disseminate ovunque.
Giovedì 6 luglio, nel silenzio dei giornaloni, abbiamo dovuto apprendere la notizia dal sito dell'Huffington Post, nell'articolo di Angela Mauro "Scoppia la caldaia in casa Scholz. Governo in tilt dopo una sentenza della Corte di Karlsruhe":
"La Corte costituzionale di Karlsruhe ha accolto il ricorso presentato dal parlamentare della Cdu Thomas Heilman contro la contestata legge sul riscaldamento, cavallo di battaglia degli ambientalisti al governo che, per portarla avanti, hanno più volte rasentato la crisi con gli alleati liberali della Fdp, con i socialisti di Scholz nel difficile ruolo di mediazione. Ora la nuova normativa, che prevede che dall’anno prossimo gli impianti di riscaldamento dei nuovi edifici dovranno essere alimentati al 65 per cento da energia rinnovabile, finisce in stand by e rischia di essere rimandata a settembre... Il colpo è durissimo per la maggioranza, perché in gioco non c’è solo una delle norme di attuazione del Green deal, ma lo stato di salute politica di un’alleanza variegata, impegnata in laceranti e continue mediazioni interne e soprattutto assediata dall’ascesa delle destra nei sondaggi... C’è anche l’AfD dietro i ricorsi presentati a Karlsruhe contro la legge sul riscaldamento. Formalmente, l’azione è stata portata avanti da Heilman, che è anche presidente del dipartimento ‘Clima’ della Cdu e che insiste a dire che non vuole fermare la legge, ma avere il tempo di studiare i nuovi emendamenti presentati dal governo. Effettivamente, sostengono i giudici della Corte suprema, i parlamentari hanno avuto poco tempo per esaminare il contenuto del testo, arrivato al Bundestag solo venerdì scorso nella versione definitiva: oltre 100 pagine frutto dell’ennesima mediazione tra verdi e liberali."
Non si sa se è più clamorosa la notizia in sè o il fatto che i giornali italiani l'abbiano completamente ignorata. Se n'è accorto Mauro Bottarelli (uno che non le manda mai a dire), che a questo proposito ha scritto un articolo per il Sussidiario, pubblicato l'otto luglio, dal titolo "Il “risveglio” della Germania con un brutto spoiler per l’Italia", dove indica a chiare lettere la portata politica del provvedimento della Corte costituzionale tedesca:
"i togati teutonici hanno bloccato il voto previsto per la giornata di ieri e relativo alla messa al bando delle fonti fossili per i sistemi di riscaldamento. Di fatto, Karlsruhe ha tirato un sonoro schiaffo in faccia alla svolta green e all’intero impianto ideologico-ambientalista dell’esecutivo, da subito a forte componente Grunen. E lo fa con il Paese già in recessione, l’indice IFO della fiducia delle imprese a precipizio, il PMI manifatturiero a piombo e l’esiziale settore automotive messo in ginocchio proprio dalla svolta elettrica e dalla rivoluzione ESG. Tutto fermo. Per gli ermellini tedeschi, un argomento simile necessita di maggiore riflessione... Stranamente, i media del nostro Paese tacciono. Eppure, quando il 29 aprile 2021 la medesima Corte costituzionale tedesca bocciò parzialmente il Klimaschutzgesetz, la legge ambientale, del precedente Governo di coalizione ma a guida Cdu, dando parzialmente ragione alle istanze dei FridaysForFuture, la notizia finì dritta in prima pagina fra squilli di tromba. Oggi, silenzio. E invece, occorre parlarne. Tanto. E seriamente, appunto. Perché la Corte costituzionale tedesca ha letteralmente bypassato la politica, rendendosi conto dell’errore esiziale e seminale contenuto del Green New Deal della tedeschissima Ursula von der Leyen. Un peccato originale ideologico e tutto strumentale al greenwashing finanziario, ora potenzialmente in grado – stante i venti di recessione – di azzoppare del tutto la (fu) locomotiva industriale d’Europa. Un atto epocale. Sia politico, che economico. Perché Karlsruhe ha deciso che Berlino non era più in grado di capire la realtà, occupata com’era a tenere insieme con la colla una coalizione troppo eterogenea persino per la guida di un condominio. Oggi, 7 luglio 2023, la Germania ha aperto gli occhi. Chi non lo farà, è destinato a una fine decisamente ingloriosa. Deindustrializzazione."
Per combinazione (in realtà in tutta questa vicenda non c'è nessuna combinazione: si tratta solo di determinare, cercando di non sbagliare perchè ci sono in ballo le fondamenta stesse della civiltà europea, quali sono le cause e quali gli effetti del naufragio della politica) per combinazione, dicevamo, lo stesso giorno della notizia sull'HuffPost si poteva ritrovare un'altra notizia epocale su Italia Oggi nell'articolo di Roberto Giardina "Germania, AfD secondo partito":
"Sarà un'estate difficile per il governo a Berlino. L'AfD, partito dell'estrema destra, continua a salire, con regolarità verso la vetta, di un punto a settimana. In base all'ultimo sondaggio è al 21%, consolidando il secondo posto, a 4,5 punti dalla Cdu/Csu che scende dal 26% al 25,5%... Sui giornali si legge il monito: l'AfD è una minaccia per la democrazia. Ma non è il male, è il sintomo di un sistema che da tempo sembra paralizzato. I partiti democratici compiono scelte impopolari, quel che è peggio spesso sbagliate... Che fare? Marco Wanderwitz, cristianodemocratico, ex responsabile del Parlamento per le regioni dell'est, vorrebbe vietare l'AfD perché il partito non rispetta la Costituzione. Se questo è il consiglio di un esperto, la Germania rischia il disastro... all'est, i verdi sono odiati. Nel '21, il ministro all'economia, il verde Robert Habeck, è andato a Schwedt, all'est, dove veniva chiusa una raffineria dopo l'embargo contro la Russia, per convincere i lavoratori ad avere fiducia in lui. Lo hanno cacciato via. Nei giorni scorsi, a Eisenhuttenstadt, vecchio centro siderurgico della Ddr, hanno lanciato uova contro Annalena Baerbock (Copresidente dei verdi tedeschi assieme ad Habeck. NdR), ministra degli esteri."
Da tutto questo ricaviamo la conferma di una nostra impressione. Ecco come Sergio Giraldo aveva concluso il suo articolo sulla Verità del 30 giugno dal titolo "Germania e Polonia responsabili da sole di oltre la metà dell'inquinamento Ue":
"Il sentore è che questo cumulo di assurdità (il Green deal europeo. NdR) serva soprattutto al blocco industriale e finanziario tedesco per cambiare i propri modelli di business, a spese dei partner europei, e nel contempo stringere ancora di più le ganasce del vincolo esterno attorno agli Stati membri."
Possibile che a nessun altro, prima che Karlsruhe fosse sollecitata ad agire dalla crescita dell'AfD, fosse venuto il dubbio che andare a sindacare ogni santo giorno e senza chiedere niente ai cittadini interessati su come ci si scalda in casa propria, su dove e come si deve abitare, su come ci si sposta, su che cibo si mangia, su come lo si cucina, su come il paesaggio patrio si possa modificare a capriccio della speculazione eolica e fotovoltaica eccetera eccetera forse non è costituzionale? In realtà a qualcuno il dubbio era venuto. Per combinazione (...) appena due giorni prima della sentenza della Consulta, il 4 luglio, sul blog della Rivista Energia, il mite professor Alberto Clò, in modi e toni molto sobri, aveva preso a sprangate la "politica climatica" dell'Unione nel post "Verso le prossime elezioni europee: che aria tira?":
"Da un giorno all’altro le popolazioni europee sono venute a sapere delle decisioni del Consiglio e Parlamento che imponevano loro costosi obblighi da espletare in tempi relativamente rapidi – dal bando delle auto tradizionali in favore delle sole elettriche, all’efficientamento delle abitazioni, alla bando delle caldaie in favore delle pompe di calore – che si aggiungevano alle politiche di sostegno alle rinnovabili elettriche che continuano a comportare forti aggravi delle bollette. Provvedimenti decisi senza alcun preventivo dibattito, sia tra le forze politiche che sui media, nella totale assenza quindi di ogni minima partecipazione democratica... Sarà interessante vedere se gli elettori saranno favorevoli ad inseverire ulteriormente le politiche climatiche sin qua adottate o se cercheranno invece di contenere i sempre più alti costi della transizione energetica, a fronte peraltro di riduzioni delle emissioni globali del tutto marginali. A dar conto ai numerosi recenti episodi in diversi paesi europei, il vento a favore dei verdi sta cambiando drasticamente di direzione dopo che gli elettori hanno cominciato a fare i conti con i costi delle politiche ambientaliste."
Come al solito quando scrive il professore ex ministro dell'Industria, per noi resistenti sui crinali niente di sostanzialmente nuovo. Molto semplicemente Clò riconduce ad una sintesi tutte le incredibili mattane delle istituzioni europee, in fase di ubriacante accelerazione, avvenute "senza alcun preventivo dibattito, sia tra le forze politiche che sui media, nella totale assenza quindi di ogni minima partecipazione democratica", delineandone le possibili conseguenze politiche di breve termine. La sentenza di Karlsruhe rientra per l'appunto nell'ambito di tali conseguenze politiche. Eppure (anche se Clò si limita ad indicare il vero problema soltanto da lontano) della mancanza di "preventivo dibattito, sia tra le forze politiche che sui media" ben difficilmente possono essere incolpati solo l'Unione europea ed i suoi burocrati.
Le dissennatezze in materia "climatica" (con l'obiettivo della rinuncia, per parlarci chiaro, all'uso del fuoco in Europa entro il 2050) sono solo una parte delle follie epocali da addebitare alle nostre élite a cui abbiamo assistito in questi anni (soprattutto negli ultimi tre, dopo che ogni residuo di razionalità o di semplice senso del ridicolo era stato travolto dall'ondata di isterismo collettivo post operazione "Piccola Greta") in termini di distruzione della nostra cultura, dei nostri Stati e dei nostri popoli.
Proprio in questo contesto autodistruttivo si può collocare a pieno titolo il concetto, espresso in termini inequivoci in una sconcertante intervista a La Repubblica dalla neo presidente della Consulta Silvana Sciarra, della “supremazia del diritto Ue sugli Stati", che ci costringerebbe ad accettare l'inaccettabile quando "ce lo chiede l'Europa" e svuoterebbe di ogni significato le politiche nazionali e la nozione stessa de "La sovranità appartiene al popolo", con tutto ciò che segue (ovvero tutta la Costituzione italiana).
Ma anche ammesso che le cose stessero così come le interpreta la Sciarra, a maggior ragione non potremmo giustificare l'altolà alla "transizione ecologica" accelerata imposta dalla Corte costituzionale tedesca. A meno che non si voglia concludere, parafrasando la Fattoria degli Animali di Orwell, che:
"Tutti gli Stati dell'Unione Europea sono uguali, ma uno è più uguale degli altri."
Alberto Cuppini