Paolo Annoni: "Le rinnovabili non sono programmabili e questo impone un costo sul sistema folle che nessuno o quasi evidenzia nei calcoli di convenienza. È la ricetta perfetta per il ritorno a uno stile di vita pre-industriale". I casi BASF e Portovesme annunciano a tutti che la deindustrializzazione in Italia e in Europa è già avviata.
Questa settimana tutta l'attenzione dei giornali italiani in materia di energia si è concentrata sull'annuncio del voto contrario dell'Italia e della Germania (peraltro niente affatto sicuro) al bando dei motori termici nel 2035.
Particolarmente significativo il dietro front (?) della Germania del vicecancelliere e ministro dell'Economia e della "Protezione climatica" Robert Habeck, presidente dei Grünen tedeschi.
A questo proposito un breve inciso, a testimonianza che l'ideologia mainstream richiede, oltre alla sospensione del senso del ridicolo, un'ignoranza a 360 gradi. "Protezione climatica" ("Klimaschutz") è una scelta lessicale particolarmente infelice, che richiama il Blutschutzgesetz del 1935 (Legge per la protezione del sangue) e le successive orribili esperienze della storia tedesca, che i Verdi evidentemente non hanno studiato, così come non hanno studiato economia e scienze naturali.
Eppure, nonostante Habeck e tutta la retorica dei Grünen amplificata dai mass media e dai social network, la Germania è rimasta choccata dalla notizia dei 2.600 licenziamenti BASF a causa degli alti costi dell'energia, proprio nella Madrepatria dell'eolico, che hanno convinto l'azienda ad investire in nuovi impianti in... Cina, che invece produce a tutto carbone. L’amministratore delegato della BASF ha affermato senza mezzi termini che “la competitività dell’Europa soffre sempre di più per eccesso di regole, processi autorizzativi lenti e burocratici e, in particolare, per gli alti costi della maggior parte dei fattori di produzione”.
L’ultima mattana europea è, per l'appunto, il salto nel vuoto dell’auto elettrica obbligatoria per tutti senza disporre delle materie prime necessarie e sostituendo motori termici di ultima generazione altamente funzionali e puliti con un sistema, basato sulle batterie elettriche, strutturalmente inefficiente. Anche in Germania qualcuno comincia ad avere qualche dubbio su una scelta dettata più dalla emotività che dalla ragionevolezza.
In Italia ha suscitato abbastanza (ma solo abbastanza) scalpore l'analoga decisione della chiusura di Portovesme per i costi dell'energia.
Alto significato simbolico, tutt'attorno allo stabilimento destinato alla chiusura, ha la presenza massiccia e ossessionante delle pale eoliche (i cui incentivi e la cui inefficienza sistemica hanno innescato l'ascesa dei prezzi dell'energia) che si vedono nel filmato dell'ANSA (tutto da meditare), ripreso dall'alto della ciminiera dove sono asserragliati gli operai.
Ma quello che è peggio, per l'Europa e per l'Italia in particolare, è che le decisioni di investimento (o disinvestimento, come in questo caso) delle imprese, dopo essere state meditate a lungo, sono difficilmente reversibili.
Eppure in Italia nessuno (ma proprio nessuno, a parte Paolo Annoni su Il Sussidiario) ha riflettuto a sufficienza sui motivi e, in generale, sui disastri GIA' provocati nel nostro Paese dalle errate politiche di investimento in energia, i cui effetti negativi nella produzione cominciano a manifestarsi solo adesso ma cresceranno a dismisura nei prossimi anni, e soprattutto sulle terribili conseguenze dell'esplosione dei prezzi energetici, deliberatamente perseguita dalla Commissione europea per rendere competitive le "rinnovabili".
Raccomandiamo perciò di leggere con la massima attenzione nel sito web de Il Sussidiario tutto l'articolo di Paolo Annoni dal titolo "Portovesme/ Il nuovo segnale sul suicido europeo dipinto di verde", di cui proponiamo un passaggio particolarmente denso di significati:
"L’Europa persegue solitaria il suo sogno “green”. L’eolico in Italia negli ultimi giorni di scarsa ventosità ha prodotto in alcune ore la miseria di 0,2 gigawattora; meno di quanto arriva dal geotermico che però funziona costantemente. È inutile esultare per le giornate in cui l’eolico arriva a 6 gigawattora. Le rinnovabili non sono programmabili e questo impone un costo sul sistema folle che nessuno o quasi evidenzia nei calcoli di convenienza. Un intero Paese dovrebbe programmare la propria produzione industriale e i propri consumi ogni mattina sulle base delle previsioni del tempo. È la ricetta perfetta per il ritorno a uno stile di vita pre-industriale che ha il suo fascino, indubbiamente, e un’aspettativa di vita di qualche decennio inferiore a quella che riesce a garantire il sistema industriale attuale."
A testimonianza di un processo regressivo già in atto, un recente studio pubblicato sul Bollettino economico della Bce riferisce che "ci sono segnali del fatto che le importazioni, soprattutto di beni intermedi, abbiano in parte rimpiazzato la produzione manifatturiera locale nei settori a maggiore intensità energetica".
Il disinteresse della politica, dei media e dei professori universitari italiani è tanto più grave se si considera che, non a caso, l'Italia è la maglia nera UE dei prezzi elettrici.
Se son rose fioriranno, anche se dubitiamo che quello che sta per cadere in testa agli italiani (e agli europei) saranno fiori.
Alberto Cuppini