Proponiamo la traduzione di un'intervista di European Scientist a Bernard Durand (già autore di "Vento di follia") e al giornalista dell'energia Jean Pierre Riou, in occasione della pubblicazione del loro recente lavoro "Eolico e fotovoltaico solare in Europa. Il tradimento dei chierici". Questa intervista ribadisce almeno tre concetti da anni ripetuti dalla Rete della Resistenza sui Crinali. Innanzi tutto, la primaria, imperdonabile responsabilità delle élite intellettuali europee che non si sono opposte per viltade all'inutile follia delle ciclopiche installazioni eoliche. Poi la consapevolezza che in Europa la "transizione energetica", o comunque la si voglia chiamare, sarà un processo lungo e doloroso, nonchè inquinato da meschini interessi politici e pecuniari (ma con cifre in ballo tutt'altro che meschine...). Ed infine, come ben si ricava dalle parole di due nuclearisti convinti come Durand e Riou, che la "decarbonizzazione", integrale o meno che sia, è il cavallo di Troia per fare ingollare alle popolazioni il ritorno in massa del nucleare "sporco", cioè quello a fissione. Concludiamo questo preambolo, per pura combinazione, con la cronaca di ieri. La stampa nazionale ha riportato trionfalmente che l'Italia è stato l'unico dei Paesi più grandi ad aver raggiunto e superato gli obiettivi al 2020. Nessun giornale ha però riportato, o almeno nessuno lo ha segnalato alla Rete della Resistenza, che gli obiettivi sono stati raggiunti soprattutto perchè, al contrario di quasi tutti gli altri Paesi UE, in Italia negli ultimi dodici anni, ancor prima della crisi Covid, è diminuito il denominatore del rapporto tra produzione di energia da FER e consumi, essendo diminuito il PIL e con esso i consumi di energia. Il fatto che in Italia si sia speso in proporzione enormemente più che altrove per incentivare eolico e FV è stato causa primaria della stagnazione economica. Se continuiamo così, per raggiungere gli obiettivi al 2030 non ci sarà neppure più bisogno di nuove pale e pannelli. Ci penserà la miseria. Certo che, aumentando di nuovo gli "incentivi" ad eolico e FV (come oggi preteso a gran voce dai nuovi intoccabili boiardi delle FER intermittenti), in Italia l'immiserimento della popolazione sarà accelerato, e con esso la riduzione (ma solo in Italia!) di emissioni di gas clima-alteranti. Non sono però sicurissimo che ciò sarà un bene... Se i chierici europei sono stati - a giusta ragione - accusati di tradimento, i chierici, ovvero, come si preferisce dire adesso, le élite italiane, anche in considerazione dei danni paesaggistici arrecati al Bel Paese, ben più gravi che altrove, andrebbero giudicati almeno per ALTO tradimento.
Intervista dell'European Scientist del 2/11/2020.
Bernard Durand e Jean Pierre Riou, esperti di energia ed autori di numerosi articoli sulle nostre colonne, hanno appena scritto "Il tradimento dei chierici", una voluminosa documentazione sugli effetti perversi dello sviluppo delle Fonti ad Energia Rinnovabile (FER) intermittenti, che in Europa consistono essenzialmente nell''eolico e nel fotovoltaico. Il loro documento di 107 pagine, accompagnato da 30 pagine di note e riferimenti, mira a raccogliere le fonti migliori per evidenziare le contraddizioni e i vicoli ciechi dei vari aspetti della politica energetica europea.
European Scientist: Avete intitolato il vostro lavoro di ricerca sull'elettricità rinnovabile intermittente in Europa "Il tradimento dei chierici". Perchè?
Bernard Durand e Jean-Pierre Riou: Abbiamo ricavato il titolo da un libro del 1927 di Julien Benda che fece scalpore alla vigilia della seconda guerra mondiale. In quel suo lucido lavoro, Benda difese l'idea che i "chierici" intellettuali, la cui missione è difendere la giustizia e la ragione, avevano tradito la loro missione per interessi personali. Dopo la guerra, nel 1946, giunse ad affermare che questo tradimento aveva servito un'ideologia non democratica, contribuendo allo scoppio del conflitto. Il nostro libro è del pari di inquietante attualità. In Europa questi chierici, che sono essenzialmente le pubbliche autorità ed i funzionari responsabili, accumulano leggi e decreti, ma anche bugie, al fine di imporre lo sviluppo di pale eoliche e pannelli fotovoltaici praticamente inutili, per finalità elettorali e profitti finanziari, ad ovvio detrimento di comunità, cittadini ed economia.
E.S.: Nella vostra ricerca, sostenete che l'intermittenza è la fonte di tutti i mali. Potete spiegarlo più dettagliatamente?
Bernard Durand: Stiamo parlando dell'elettricità, che è solo una delle forme dell'energia che usiamo. L'energia eolica e quella fotovoltaica fluttuano considerevolmente e costantemente con la forza del vento e con l'intensità dei raggi solari. Sono energie intermittenti, variabili. Queste variazioni naturali sono ovviamente indipendenti dalla volontà umana. Non le possiamo controllare. Le pale eoliche e i pannelli fotovoltaici non sono in grado di adempiere a quanto viene loro richiesto, cioè adeguare la loro produzione alle nostre esigenze di consumi elettrici in tempo reale ed alla frequenza di 50 hertz, due condizioni essenziali per la stabilità della rete elettrica.
E così queste fonti di energia elettrica, da sole, sono di poca utilità. Per essere utili, devono essere permanentemente associate o con impianti di energia programmabile oppure con sistemi di accumulo per permettere una compensazione della loro intermittenza. Poichè gli impianti di accumulo al momento non hanno abbastanza capacità, nè probabilmente l'avranno per un tempo lunghissimo, gli impianti elettrici programmabili vengono usati da backup, facendo generalmente affidamento su carburanti fossili (carbone e gas) in Germania e sul nucleare in Francia. Il risultato è tutta una serie di problemi che derivano dallo sviluppo delle FER intermittenti. Li spieghiamo nel nostro libro: un prezzo dell'elettricità molto più alto per l'utente, per quanto il costo di produzione possa calare; la mancanza di efficienza nel ridurre l'emissione di CO2 dalla generazione elettrica nella maggior parte dei Paesi europei, che fanno largo uso di impianti a fonti fossili; inutilità in Paesi la cui produzione elettrica già emette poca CO2 a causa del loro pesante uso di nucleare e/o idroelettrico - Francia, Norvegia, Svezia, Svizzera - e conseguente irrilevanza per l'emergenza climatica; impossibilità di operare senza impianti di produzione programmabili (nucleari in Francia), che devono essere tenuti sempre accesi per affrontare periodi senza vento e sole; incapacità di contribuire alla sicurezza elettrica dell'Europa; eccetera eccetera.
Altri problemi risultano dall'impatto ecologico delle FER intermittenti: turbine eoliche e impianti fotovoltaici hanno una bassa produttività per unità di superficie occupata. Ciò le rende molto più distruttive di spazi naturali, e producono più scorie. In Francia; le FER intermittenti occupano da 100 a 1.000 volte più superficie e producono da 10 a 15 volte più scorie per MWh di elettricità prodotta rispetto agli impianti nucleari. E, come detto sopra, questa elettricità non è utilizzabile da sola.
Jean-Pierre Roux: Aggiungerei che la mancanza di produzione sicura da fonti intermittenti - eolico e fotovoltaico - significa che il sistema elettrico europeo deve comunque mantenere in attività tutta la sua capacità programmabile, come mostrato dalle cifre in quello che è ormai un quarto di secolo di crescita esponenziale delle energie intermittenti. Ciò è particolarmente dannoso per il modello economico nucleare, che rimane indispensabile. L'intermittenza impone anche un'immane ristrutturazione della rete elettrica per metterla in grado di neutralizzare grandi produzioni di energia inutile a livello locale non appena il vento inizia a soffiare ed il sole a splendere.
E.S.: Da questo punto di vista, come valutate l'European Green Deal così come è stato formulato in origine? Che cosa pensate delle nuove richieste del Parlamento Europeo miranti ad un'Europa totalmente decarbonizzata? (Si veda l'articolo di Samuele Furfari su questo argomento.)
B.D.: La politica del Green Deal, e più generalmente la politica energetica europea, è profondamente ipocrita e disonesta, perchè consiste nel fissare mezzi invece di fissare obiettivi. Questo è lampante in particolare quando si arriva all'elettricità. L'Europa fissa proporzioni di elettricità rinnovabile, in effetti proporzioni di elettricità prodotta da eolico e solare fotovoltaico, che devono essere raggiunte in orizzonti temporali prefissati, e sostiene che questo ha a che fare con l'emergenza climatica, che è un assurdo. Infatti una politica volta alla decarbonizzazione richiederebbe di fissare un obiettivo quantitativo di emissioni di CO2 per kWh prodotto, lo stesso per tutti gli Stati membri, lasciandoli liberi di scegliere i mezzi per raggiungere questi obiettivi. In questo modo l'Europa penalizza Paesi che già hanno emissioni di CO2 molto basse dalla loro produzione elettrica, come la Francia, a beneficio di Paesi dove queste emissioni sono molto alte, come la Germania. Questa pregiudiziale suggerisce che la Commissione ed il Parlamento europeo sono molto aperti all'influenza non solo della Germania ma anche delle lobby dell'eolico e dei carburanti fossili, specialmente la lobby del gas.
E.S.: Come ha dimostrato il modello della Germania, le FER intermittenti non sono sufficienti da sole fin da adesso. Pensate che una soluzione tecnologica risolverà un giorno questo problema?
J.P.R.: Siccome è impossibile immagazzinare elettricità su vasta scala ad un costo accettabile per la comunità, la Germania sta considerando di incrementare la potenza dei suoi impianti a gas di back-up (anche l'Italia intende fare lo stesso. NdT), con la speranza di ridurre la sua dipendenza dalla Russia attraverso la produzione di gas "verde".
La Strategia della Francia ha recentemente ribadito che "Per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050, dobbiamo smettere di usare gas fossile. E poichè non possiamo aspettare di conoscere se possiamo vincere la scommessa sul gas rinnovabile prima di intraprendere un'azione, dobbiamo cominciare immediatamente a restringere l'uso del gas focalizzando la nostra attenzione su altre energie a basso contenuto di carbonio, in particolare l'elettricità e le biomasse."
La Germania si è condannata a proseguire questo gioco d'azzardo per prolungare il suo slancio a capofitto verso ancor più energia intermittente. Tuttavia nessun modello economico sembra esistere in una prospettiva di medio termine per raggiungere questo risultato. Nello stesso tempo, il suo mix energetico previsto al 2050 è sulla strada buona per emettere più di 100 milioni di tonnellate di CO2 all'anno, ovvero 5 volte di più del mix francese di oggi.
B.D.: Siccome Jean-Pierre vi ha già risposto sul caso della Germania, io risponderò sulle soluzioni tecnologiche. Avremmo bisogno di creare abbastanza capacità di immagazzinamento elettrico per accumulare enormi quantità di elettricità, al fine di ridurre gli impianti ad energia programmabile a puri e semplici regolatori dell'intermittenza. Ma i modelli di stivaggio oggi esistenti non sono in grado di farlo, e possono recitare solo un ruolo marginale. Attualmente esistono piani per creare capacità di accumulo dall'idrogeno prodotto dall'elettrolisi dell'acqua, utilizzando per l'elettricità necessaria all'elettrolisi quella prodotta dalle pale eoliche o dai pannelli solari. L'idrogeno così ottenuto verrebbe poi usato per produrre l'elettricità richiesta dagli utenti finali tramite celle a combustibile o turbine all'idrogeno. Benchè molto complicato - sembra la classica macchina costruita apposta per complicare le cose semplici - e perciò inaffidabile, sarebbe tecnicamente possibile su piccola scala. Ma l'efficienza energetica di questi processi in serie è molto bassa, dal 20 al 30%, la qual cosa significa che:
1) sprecheremmo la maggior parte dell'energia prodotta,
2) il costo dell'elettricità crescerebbe considerevolmente,
3) l'impatto sull'ambiente, la superficie occupata e la quantità dei materiali usati dovrebbero essere moltiplicati da 3 a 4 volte per ogni kWh fornito al consumatore finale!
Quindici anni fa, i norvegesi avevano provato a rendere autosufficiente per l'elettricità un villaggio sull'isola di Utsira con le pale eoliche, usando idrogeno prodotto con l'elettrocatalisi e poi accumulato. Dopo quattro anni di contrattempi, hanno lasciato perdere. Non bisogna mai dire mai, ma confidare nell'immagazzinamento massivo di elettricità è attualmente come aspettare Godot.
E.S.: Pensate che ci sia un Paese in Europa che sta facendo meglio degli altri in termini di politica energetica?
J.P.R.: Se vogliamo limitare la nostra risposta alla produzione di elettricità, che è al centro del nostro lavoro e che aiuterebbe a decarbonizzare altri settori come quelli del riscaldamento e dei trasporti, possiamo considerare come modello, ragionando in termini di contrasto ai cambiamenti climatici, la Francia, grazie ad un mix produttivo carbon-free per oltre il 90% fin dal 1995, per via dei suoi impianti nucleari e delle dighe idroelettriche. E' degna di menzione l'efficienza del Regno Unito, che ha stimolato progressi considerevoli grazie alla leva di una carbon tax, i cui segnali di prezzo hanno condotto ad una drastica riduzione del carbone.
B.D.: Sono d'accordo con Jean-Pierre per quanto riguarda la Francia, ma a patto che mantenga la sua potenza nucleare, cosicchè possiamo elettrificare trasporti e consumi domestici su enorme scala. La Francia avrebbe le migliori chance di farcela, ma al momento sta lavorando testardamente per rovinare tutto!
Se guardiamo solo alle emissioni di CO2 per kWh prodotto, la Norvegia, la Svezia e la Svizzera indubbiamente ottengono i risultati migliori. Ma loro devono tutto ciò ad un vantaggio naturale che gli altri Paesi europei non hanno, ossia un'altissima percentuale pro capite di produzione idroelettrica. Questo è il solo modo con cui la Norvegia produce la sua elettricità. La Svezia e la Svizzera vantano anche una significativa produzione da nucleare.
Ma quando consideriamo l'energia in generale, i carburanti fossili sono i principali fornitori dei settori domestico e trasporti, che sono molto energy-intensive, e non ci sono, alla fine, grandissime differenze tra la maggior parte dei Paesi europei in termini di emissioni pro capite di CO2. Quelli che non usano combustibili fossili per produrre la loro elettricità, ovvero i quattro Paesi ricordati sopra, dispongono di un chiaro vantaggio sugli altri. Una politica energetica che meglio preserva il futuro dovrebbe essere quella che riduce al massimo l'uso dei combustibili fossili, da una parte per emettere meno CO2, dall'altra per garantirsi da una crisi dei rifornimenti, specialmente di petrolio, che rimane indispensabile per i trasporti e perciò la principale discriminante della nostra attività economica. Nessun Paese europeo finora è giunto fino a quel punto.
E.S.: Se poteste dare un consiglio a Bruxelles, quale politica (o politiche) preferireste per l'UE?
B.D.: Dovrebbe stabilire obiettivi pro capite e non i mezzi per raggiungerli, lasciandone la scelta ai Paesi membri:
- Un percorso di riduzione delle emissioni di CO2 su scala europea,
- Un percorso per ridurre l'uso di combustibili fossili, in particolare il petrolio, per migliorare la sua sicurezza energetica,
- Un percorso per ridurre il consumo netto (calcolando il riciclo) delle materie prime usate.
E Bruxelles avrebbe bisogno di sviluppare una "vision", non solo per alcuni decenni, ma per almeno cent'anni, se non mille. Per la cronaca, ricordiamo che una crescita ininterrotta anche di solo l'1% annuo nella quantità di materie prime consumate per mille anni significa una moltiplicazione del loro consumo per circa 20.000!
J.P.R.: L'energia nucleare è stata considerata essenziale alle politiche climatiche da molti osservatori istituzionali. Anche in Germania, l'energia nucleare sta tornando in prima linea con la giravolta di qualche ambientalista che si rende conto, sebbene un po' in ritardo, che ci sono poche alternative per una rapida uscita dal carbone. L'energia nucleare è, con l'energia idroelettrica, le cui risorse sono limitate, l'unica energia programmabile che non emette CO2. Ma Bruxelles non sembra comprendere la necessità di incoraggiarla. In effetti, tutto questo sembra piuttosto uno scontro di influenze mirante ad evitare che la Francia abbia un vantaggio competitivo sui suoi vicini in termini di energia carbon-free.
European Scientist
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