La transizione energetica nel guado della Valle della Morte

 

 

Collins e Michot Foss (Baker Institute for Public Policy): “Cosa accadrebbe se gli ecologisti venissero identificati come i responsabili dell'esplosione delle bollette del gas o dei disservizi elettrici?

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

E' stato pubblicato il numero 2/22 di Energia, la rivista trimestrale diretta da Alberto Clò, recensito dalla Staffetta Quotidiana nel lungo articolo di lunedì intitolato "Innovazione e transizione: gli errori commessi e le nuove sensibilità".

Il tema centrale del nuovo numero della Rivista viene individuato dalla Staffetta nella "crisi energetica esplosa nella seconda metà dello scorso anno che si sta avvitando su se stessa dopo l'esplodere della guerra in Ucraina." Le cause? "dall'inconsistenza di alcune proposte di Bruxelles, tra cui il price cap, alle nuove priorità dei governi, alla sudditanza dalla Russia e a come ci si è arrivati, dalla disordinata e indiscriminata accelerazione nei disinvestimenti nelle fonti fossili" eccetera eccetera.

Al recensore della Staffetta, a giusta ragione, è apparso particolarmente originale il saggio di Gabriel Collins e Michelle Michot Foss (Baker Institute for Public Policy) sulla «valle della morte» della transizione energetica,

 

"ove sostengono che una sua forzata accelerazione – che ostacoli gli ancora necessari investimenti nelle fonti tradizionali crollati da un decennio in qua – rischi di “destabilizzare il nesso energia-cibo-acqua-benessere (e pace. Ndr) che, se perturbato, può far ritardare di decenni la transizione energetica”. Per più ragioni: perché “petrolio e gas sono fonti della transizione energetica” facilitando “l'incorporazione delle rinnovabili negli attuali sistemi elettrici”, di cui costituiscono “letteralmente i blocchi fisici necessari alla realizzazione delle turbine eoliche e dei pannelli solari”». Valga l'esempio della Tesla 3, l'auto elettrica più venduta, che contiene circa 200 kg di plastiche, gomme e tessili, tutti materiali derivati dal petrolio... si spera che a breve la Commissione prenda atto della tempesta perfetta che rischia di scatenarsi sui sistemi elettrici, con un aumento dei rischi di blackout, di impennate dei prezzi e dei conseguenti rischi sociali. La transizione è infatti, rileva Clô, un processo complesso e irto di ostacoli. Imporlo al di là di ogni ragionevolezza – in una situazione di grande e duratura crisi energetica – “solleva un'inquietante domanda” come si chiedono i già citati Collins e Michot Foss: “cosa accadrebbe se gli ecologisti venissero identificati come i responsabili dell'esplosione delle bollette del gas o dei disservizi elettrici? Bollette destinate ad aumentare per i costi causati dalla penetrazione delle rinnovabili (almeno sino a quando le innovazioni tecnologiche ne supereranno l'intermittenza). In passato, durante le crisi petrolifere, i consumatori incolparono le maggiori compagnie petrolifere di gonfiare i prezzi. Nell'attuale crisi, se i prezzi energetici continueranno ad aumentare oltre gli attuali livelli, “la rabbia sociale potrebbe abbattersi sugli ecologisti”... Molte delle contraddizioni di cui si alimentano sono emerse proprio in conseguenza della guerra. E non è errato ritenere che a subirne le conseguenze sia proprio “il fondamentalismo ecologico”..."

 

Oggi sul blog della Rivista Energia è apparso un post che riunisce, assieme alle annotazioni di Clò, ampi stralci dell'articolo di Collins e della Michot Foss.

Eccone alcuni:

 

Fare pressione perché non vengano finanziate le fonti fossili – prima che le risorse low-carbon possano credibilmente sostituirle – ... può far ritardare di decenni la transizione energetica. Le conseguenze di questo ritardo finirebbero per comportare un accumulo di emissioni carboniche maggiore di quanto si avrebbe con un’uscita più ordinata delle risorse fossili”.

Se mal governata, la transizione può causare prolungate crisi energetiche in grado di scatenare reazioni popolari e politiche che vanno in direzione contraria.

“Gli enormi costi economici imposti sui consumatori (elettori) per annullare i gap di competitività potrebbero quasi certamente innescare reazioni politiche tali da estendere, in modo significativo, la dipendenza dalle fonti fossili oltre il livello implicito delle attuali tendenze”.

"Anche assumendo il consenso dell’opinione pubblica, sarebbero necessari straordinari aumenti della capacità di trasmissione e stoccaggio così come di centrali che svolgano una funzione di back-up”.

Le economie non-OCSE, guidate da Cina e India, ogni anno rilasciano in atmosfera due volte le emissioni dei paesi OCSE.

Le fonti «green» non possono crescere senza l’abbondanza di quelle fossili. “Anche petrolio e gas sono fonti della transizione energetica. Primo: perché facilitano l’incorporazione delle rinnovabili negli attuali sistemi elettrici (…). Secondo: petrolio e gas costituiscono letteralmente i blocchi fisici necessari alla realizzazione delle turbine eoliche e dei pannelli solari”.

I costi associati all’energia «green» riflettono solo gli impianti installati e non i costi pieni associati alla loro integrazione nelle reti elettriche."

 

Consigliamo dunque caldamente la lettura integrale dell'articolo dalle pagine della Rivista Energia oppure direttamente dal sito del Baker Institute, da cui la Rivista l'ha tradotto dall'inglese (si noterà che l'articolo originale è stato pubblicato in gennaio, PRIMA dello scoppio della guerra in Ucraina). Lo consigliamo a maggior ragione perchè sia nella recensione della Staffetta che nel blog di presentazione della Rivista Energia sono state trascurate affermazioni gravissime (e premonitrici, visto quello che sarebbe successo qualche settimana dopo) come queste:

  

"In effetti, non conosciamo la somma dei costi totali di queste tecnologie. Lo capiremo strada facendo... la reazione alle preoccupazioni sulle emissioni si tramuterà nel tempo, con buona probabilità, in una reazione uguale ma di segno contrario... In alcuni paesi, una revisione della spinta "green" in direzione di una piena considerazione dei costi sistemici delle rinnovabili e di un approccio più graduale alla decarbonizzazione è probabile che si verificherà solo dopo aver scatenato significative turbolenze economiche e politiche che richiederanno anni per essere interamente riassorbite."

 

Alberto Cuppini