Da Alberto Clò una splendida analisi critica ma anche una predica del tutto inutile. Impossibile ragionare con chi si ispira all'ideologia delle rinnovabili elettriche salvifiche. Intanto iniziano i contrasti tra i partiti sulla transizione energetica ancor prima che venga annunciato il nuovo governo. Anche su questa materia Draghi deve decidere se proseguire nel solco massimalista tracciato dal governo precedente oppure se rivolgersi a tecnici ed ambientalisti più raziocinanti.
Era mia intenzione recensire l'articolo del professor Alberto Clò comparso l'altro ieri sul sito web della rivista Energia "Eolico: che fine fanno le turbine?", ma poi ho cambiato idea: cliccate sul sito, leggetevelo e basta. Sembra scritto da uno di noi della Rete della Resistenza sui Crinali.
Il professor Clò non è un ambientalista, ma è uno specialista dei complessi intrecci tra economia, energetica ed ecologia, avendoli affrontati non solo dalle cattedre universitarie ma anche come ministro dell'Industria. Non per niente raccomando sempre ai neofiti, come introduzione all'argomento, la lettura del suo libro "Energia e clima", molto denso ma scritto in modo gradevolissimo. Oppure, qualora non si abbia tempo o voglia di leggere 200 pagine, suggerisco di guardare almeno il video della sua presentazione all'Accademia dei Lincei.
Mi piace pensare che Clò, quando nell'articolo scriveva di "accettabilità sociale dell'eolico", osservando che un fatto è installare le turbine in Texas ma "altro è farlo in paesaggi straordinari come le terre della Toscana", stesse pensando all'impianto che si progetta di costruire al Giogo di Villore: un'autentica offesa al senso comune, dove sono presenti tutte le condizioni per la non-accettabilità sociale.
A questo proposito mi permetto di fare notare al professore (e di riflesso al sindaco ed ai cittadini del comune di Vicchio), quando scrive che
"la fase dello smantellamento è sempre critica per ragioni ambientali, tecniche, economiche. Il costo è sempre elevato e mai contabilizzato nella costruzione... Come e su chi ricadranno le responsabilità e i costi del loro smantellamento? Sulle imprese che li hanno costruiti o sui consumatori, come accaduto col nucleare?",
che esiste una terza e più verosimile possibilità. E cioè che responsabilità e costi dello smantellamento vengano fatti ricadere, in futuro, dallo Stato sulle Amministrazioni locali, specie qualora, per concedere le previste autorizzazioni paesaggistiche, siano state promesse ed elargite dalle imprese beneficiarie royalties o altre forme di compensazione, sempre di assai dubbia legittimità.
Ciò significa che vale, a maggior ragione, la morale dell'articolo:
"nel decidere nuove installazione eoliche sarebbe opportuno contestualmente definire ex-ante la regolazione per il loro smantellamento, chi ne pagherà i costi, dove saranno i siti per sistemarli... Le amministrazioni concedenti potrebbero dal canto loro fissare specifiche condizioni, cercando di evitare un’altra penosa e pericolosa situazione come quella delle scorie radioattive nucleari."
Auspicando in conclusione che:
"i movimenti ambientalisti che molto si spendono per l’espansione della fonte eolica condividano queste preoccupazioni e si adoperino per fronteggiare un problema dalle forti connotazioni ambientali."
Se Clò avesse scritto il suo articolo in un'altra occasione avrei terminato qui. Però, per pura coincidenza, lo stesso giorno della sua pubblicazione quegli stessi "movimenti ambientalisti che molto si spendono per l'espansione della fonte eolica" (mentre, chissà perchè, sono stati ignorati tutti gli altri che in questi anni si sono sempre opposti alla speculazione eolica) sono stati convocati durante le consultazioni per la formazione del nuovo governo dal presidente incaricato Mario Draghi. E' stata l'ennesima dimostrazione che gli inviti al buon senso rivolti agli adoratori delle rinnovabili elettriche sono sprecati.
Legambiente, in quella circostanza, ha persino chiesto lo stop al riscaldamento "fossile" dal 2025.
E quindi, in buona sostanza, come ribadito dal suo presidente Ciafani nell'incontro con i giornalisti dopo le consultazioni, basta con caldaie e fornelli a gas. Altro che gilet gialli! Qui si vuole evidentemente la rivolta di tutti gli italiani contro l'ambientalismo e tutte le sue conquiste del dopoguerra.
A peggiorare le cose, sempre lo stesso giorno abbiamo letto nell'articolo del Quotidiano Energia dal titolo "Clima, trasmessa a Bruxelles la Strategia italiana di lungo-periodo":
"Al 2050 consumi finali -40% coperti da Fer all’85-90%, generazione elettrica raddoppiata a 600-700 TWh (e per il 25-30% destinata alla produzione di idrogeno)" e
"Riduzione della domanda di energia “grazie soprattutto al calo della mobilità privata e dei consumi civili”, sviluppo delle rinnovabili e della produzione di idrogeno".
Alla notizia ha replicato, a stretto giro di posta, Forza Italia, come abbiamo appreso dall'articolo di ieri, sempre sul QE, Clima: “Strategia di lungo termine è ideologica e irrealizzabile”, in cui si legge:
"Squeri (Forza Italia) critico sul documento inviato a Bruxelles dal ministero di Costa. Sull’ambiente la nuova maggioranza parte divisa." e
"Un mix di ideologia e di obiettivi irrealizzabili che tendono alla “decrescita felice”. Questo il duro giudizio espresso da Forza Italia sulla strategia nazionale climatica di lungo periodo italiana".
Se il buon giorno si vede dal mattino...
Ci pare opportuno riportare integralmente il comunicato stampa di Forza Italia, il cui contenuto condividiamo in pieno:
"La Strategia nazionale climatica di lungo periodo dell'Italia arriva a Bruxelles, con oltre un anno di ritardo, quando il governo che l'ha elaborata è ormai agli sgoccioli: una tempistica quantomeno discutibile che si somma a contenuti ancor meno condivisibili. Il ministero dell'Ambiente ha infatti messo nero su bianco, in un atto ufficiale, la tristemente nota teoria della decrescita felice". Così il deputato e responsabile energia del gruppo di Forza Italia alla Camera Luca Squeri. "Il documento - prosegue - è un mix di ideologia e di obiettivi irrealizzabili. Basti pensare alla previsione di una moltiplicazione esponenziale della capacità solare, che dovrebbe passare dagli attuali 20 GW a 200-300 GW (come se 200 o 300 fossero la stessa cosa). Prendendo per buona la soglia più elevata di 300 GW, e considerato che per i grandi impianti di fotovoltaico sono necessari 2 ettari per MW, si dovrebbe coprire l'Italia con 600 mila ettari di pannelli, ossia 6 mila chilometri quadrati, quando il Paese ha una superficie di 300 mila Km2. Peraltro, secondo il position paper di CIA, Confagricoltura Italia Solare e Elettricità Futura del novembre 2020, il potenziale realisticamente installabile su coperture di tipo residenziale, industriale, commerciale e infrastrutturale è pari a 15-20 GW. Questo significa che i restanti 180-280 GW dovrebbero essere installati pannelli solari su terreni agricoli. Evidentemente per il Ministero dell'Ambiente il consumo suolo non è poi un tabù", conclude.
Il testo partorito dal ministero dell'Ambiente è squalificante. Agli occhi della Commissione e degli altri Paesi si replicano in peggio le figuracce del Recovery Plan di Conte.
Il problema non è più neppure politico. E' ideologico. A Draghi le (ovvie) conclusioni. Anche su questa materia deve decidere se proseguire nel solco massimalista tracciato dal governo precedente oppure se rivolgersi a tecnici ed ambientalisti più raziocinanti.
Alberto Cuppini