Ancora una volta sotto il cappello dell'auspicata “transizione energetica” si vogliono far passare progetti meramente speculativi, che devastano il territorio appenninico senza tenere minimamente conto di quanto sia invece fondamentale preservare e tutelare la risorsa del suolo, della biodiversità e delle foreste sia per l’equilibrio degli ecosistemi che per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici.
Il 10 ottobre si è tenuta la prima riunione della Conferenza dei Servizi che dovrà deliberare in merito all’impianto eolico industriale denominato “Badia del Vento”. È uno dei ben otto (!) progetti presentati nei mesi scorsi che ricadrebbero in una porzione molto ridotta di territorio, ovvero sui crinali fra Alta Valmarecchia e Valtiberina.
Trattasi cumulativamente di una prevista colonia di circa 50 pale di grande taglia (dai 180 ai 200 m).
“Badia del vento” è il primo progetto presentato ed è di logica il primo in corso di autorizzazione da parte della Regione Toscana.
Abbiamo letto con attenzione il verbale della riunione, pubblicato pochi giorni dopo.
La società proponente - nonostante le evidenze presentate, riguardanti gli impatti ambientali, sociali e culturali, non mitigabili né compensabili che ne deriverebbero - sostiene senza se e senza ma che l’area sia idonea all’installazione di un impianto eolico di proporzioni enormi.
Nonostante i pareri negativi espressi dalle Soprintendenze Toscana e Romagnola, dalla Regione Emilia Romagna e dalla Provincia di Forlì/Cesena, le integrazioni al progetto, presentate dalla stessa ditta proponente, mirano in modo palesemente subdolo a sovvertire l’attuale quadro normativo posto a tutela di un territorio - lo ribadiamo per l’ennesima volta - ad alto rischio di gravissimo dissesto idrogeologico.
Il paesaggio sarà deturpato, le aree naturali protette dalla Legge, le faggete e le cerrete secolari saranno rase al suolo, i crinali subiranno sbancamenti e cementificazioni, i flussi idrici superficiali e sotterranei saranno alterati, tutto l’ecosistema sarà messo a repentaglio.
Giovane esemplare di aquila reale fotografato lo scorso novembre nel territorio di Badia Tedalda.
Il tutto per poter realizzare le infrastrutture necessarie per trasporti eccezionali e per poter ancorare al suolo e innalzare gli enormi aerogeneratori nonché per creare la necessaria rete di cavidotti interrati.
Per compensare l’abbattimento di porzioni di bosco sono state promesse fantomatiche piantumazioni di alberi che molto difficilmente potrebbero realmente attecchire e che al contrario verosimilmente rinsecchirebbero alla prima stagione estiva, aumentando così il pericolo di incendi.
La catastrofe già di per sé prevedibile sarebbe ulteriormente aggravata da questi “effetti collaterali”, per così dire.
Aquila reale sotto una pala eolica in Sicilia (Foto ALTURA)
Ragionando secondo logica, a fronte di plichi di documentazioni e analisi, a fronte di autorevoli pareri negativi, ci si aspetterebbe che le posizioni favorevoli all’impianto fossero sostenute con argomentazioni sensate, con dati alla mano. E invece? Invece cosa sostiene il sindaco del Comune di Badia Tedalda in Conferenza dei Servizi?
Ribadisce che l’impianto deve essere comunque realizzato e in un delirio di onnipotenza arriva a dire che il suo parere dovrà pesare in misura maggiore rispetto a quello dei comuni confinanti nonostante l’impianto sarebbe ubicato sul confine con questi. Non pago, arriva addirittura ad invitare la Regione Toscana - che dovrà autorizzare il progetto - a non dare troppo peso agli aspetti ambientali e alla salvaguardia di aquile (che potrebbero essere “turbate dalle turbine” cit.), di orchidee selvatiche e dei crinali, perché la priorità in assoluto è quella di salvare il Comune di Badia Tedalda dallo spopolamento. Peccato che gli indici demografici dei territori devastati dall’eolico in alcune zone del sud Italia, parlino chiaro: condannati a morte. Evidentemente il Sindaco di Badia Tedalda non si è documentato neppure in merito… ed è pronto a condannare per sempre il territorio e i cittadini che dovrebbe salvaguardare e proteggere. Secondo quale logica, quindi? Secondo quale criterio?
Chiaro. Trattasi di banale logica del soldo. Trattasi di credere e di cedere alla promessa di fantomatiche compensazioni - per niente sicure peraltro - che arriverebbero al suo Comune secondo un accordo già sottoscritto con la società proponente ma - attenzione - al di fuori della Conferenza dei Servizi, ovvero contrariamente a quanto previsto dalle attuali disposizioni di Legge.
Ancora una volta sotto il cappello della auspicata “transizione energetica” si vogliono far passare progetti meramente speculativi, che devastano il territorio senza tenere minimamente conto di quanto sia invece fondamentale preservare e tutelare la risorsa del suolo e delle foreste per l’equilibrio degli ecosistemi e per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici.
E senza tenere conto che, a fronte di una supposta produzione di energia green - tutta da verificare perché le condizioni del vento in Appennino non sono peraltro quelle idonee - bisognerebbe mettere sull’altro piatto della bilancia il peso di tutta l’energia fossile che si continuerebbe ad utilizzare, per fabbricare le pale in Cina, in fabbriche che ancora funzionano a carbone, per il trasporto, via mare e via terra, per l’installazione e, dulcis in fundo, per lo smaltimento che sarà necessario dopo circa venti anni perché questa è la durata di vita media di questi impianti.
Quale piatto pesa di più?
L’Appennino, con i suoi vasti boschi e le sue ingenti risorse idriche, è dimora e generatore di quei servizi, definiti come «benefici multipli forniti dagli ecosistemi al genere umano» senza i quali la vita - anche quella delle città - non sarebbe possibile.
Vogliamo davvero che l’Appennino, che proprio in questi ultimi anni ha registrato un aumento degli afflussi legati al turismo lento, sempre più ricercato da italiani e stranieri, affondi per sempre sotto il peso di enormi pale volute da miopi amministratori?