Titoli sulla stampa di oggi: "La transizione è impossibile. Così la Ue e i grandi media hanno creato le bugie green" (La Verità). "La favola delle rinnovabili al palo" (Staffetta Quotidiana). La falsa narrazione delle rinnovabili salvifiche comincia a fare i conti con la realtà.
Che cosa pensereste se una bella mattina (oggi 20 marzo, ad esempio), scorrendo la stampa quotidiana, su tre giornali di diverso orientamento politico e diverso target di lettori (La Verità, Il Sussidiario e la Staffetta Quotidiana), si leggessero tre articoli sulla cattiva informazione riservata dai media alla politica "green" monopolizzata dalle rinnovabili non programmabili (eolico e fotovoltaico)? Se fosse vero che "un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova" (una delle delle frasi più celebri di Agatha Christie), allora...
Cominciamo dallo splendido articolo, da collegare strettamente all'ultimo post RRC sulla pseudoreligione green, di Sergio Giraldo sulla Verità, il cui titolo è inequivoco: "La transizione è impossibile. Così la Ue e i grandi media hanno creato le bugie green", che sottotitola "I toni utilizzati sono da palingenesi. Chi dubita viene dipinto come antisociale". Vi invito a comperare in edicola La Verità ed a leggere l'articolo con attenzione dall'inizio alla fine. E' un lavoro denso di felici intuizioni. Peccato poterne riportare solo qualche frase smozzicata, giusto per stimolare l'appetito dei resistenti sui crinali (sollecitiamo il direttore-editore Maurizio Belpietro a pubblicarlo integralmente in linea):
"Il Green deal si è rivelato essere un enorme piano di una quarantina di direttive, regolamenti, comunicazioni, norme varie, la gran parte delle quali pessime... è solo con la crisi energetica del 2022 che l'opinione pubblica ha iniziato a rendersi conto sulla propria pelle del suicidio economico, sociale e geopolitico verso cui Bruxelles stava spingendo l'Europa... Ciononostante, dopo la crisi dei prezzi dell'energia, la Commissione a guida Von der Leyen ha proseguito con pervicacia nell'attuazione del proprio programma, facendo leva su argomenti ideologici e meccanismi di influenza dell'opinione pubblica. Vi è infatti un'ampia pubblicistica che tende a raccontare le politiche messe in atto da Bruxelles con toni da palingenesi, necessari a creare consenso... Un argomento semplice, teso a creare nuovi mercati, che normalmente non sarebbero mai nati, in una economia in cui i rendimenti decrescenti scatenano la finanza mondiale a caccia di nuovi profitti... le scelte di governo devono essere depoliticizzate ed affidate ai tecnici, alla scienza. E' l'ennesimo tentativo di svuotare le democrazie nazionali... Servono storie da trasformare in paradigmi comportamentali, perché possano istruire e conformare l'opinione pubblica. In sintesi, è Von der Leyen che traccia il solco, ma sono i media che lo difendono."
Questo articolo sulla disinformazione voluta dai grandi media è collegato, anzi: super-collegato pure all'editoriale di oggi della Staffetta Quotidiana, dal titolo altrettanto inequivoco: "La favola delle rinnovabili al palo":
"Uno dei problemi dell'informazione sull'energia è che si tratta di una materia oggettivamente complicata, con cui non molti hanno familiarità e in cui, ad esempio, non è semplice procurarsi i dati essenziali in modo autonomo e affidabile. Una conseguenza, per i giornalisti, è la necessità di rivolgersi a soggetti che sono parte in causa nel mercato, trovandosi davanti al dilemma tra non riuscire a sapere/capire e il proverbiale rischio di chiedere all'oste come sia il vino. Un caso esemplare è la narrativa, diffusa e anzi dominante, sul ritardo sempre "cronico" dell'Italia sulle rinnovabili."
Dopo avere esposto una mole massiccia di dati che testimoniano l'enorme quantità di potenziale FER elettrico installato lo scorso anno, il direttore della Staffetta Gabriele Masini (di cui riconosciamo la penna) smonta polemicamente i piagnistei dei lobbysti dell'eolico e del fotovoltaico:
"A meno di mettersi a litigare coi numeri, si sarà costretti ad ammettere di no. Sarà stato vero qualche anno fa, da oltre un anno non è più così e l'accelerazione è evidente - accelerazione peraltro che invece non si vede in altre tecnologie green come il biometano."
Ma Masini, in conclusione del suo articolo (che andrebbe letto integralmente e con attenzione dal sito web della SQ previo abbonamento), va oltre, facendo le veci di altri soggetti istituzionali, che invece preferiscono tacere per pavidità o opportunismo:
"Il fatto è che sarebbe arrivato il momento di modificare il racconto che gli stessi protagonisti fanno del loro settore, inserendo nel quadro anche altri elementi, ad esempio che il raggiungimento degli obiettivi al 2030/50 pone una questione reale, spesso liquidata come pretestuosa, di concorrenza tra finalità diverse per l'utilizzo di una risorsa scarsa - il territorio - tra energia/decarbonizzazione (e libertà di impresa) da una parte, agricoltura, beni culturali e paesaggistici dall'altra. Il problema, che peraltro non è uguale in tutti i Paesi (a meno di sostenere che le pianure dell'entroterra spagnolo ci sono anche da noi), si sta ponendo ovunque ci si confronti seriamente con la transizione... la questione esiste e non si lascia liquidare, né con la retorica complottista dei "nemici delle rinnovabili" né con semplice appelli alle semplificazioni autorizzative, ma deve essere affrontata con gli strumenti della politica."
Appare una volta di più evidente il peccato originale commesso dalle associazioni ambientaliste, ma soprattutto dalle "organizzazioni per la tutela del paesaggio" (come le chiama Masini), di avere accettato l'energia eolica (e quella FV) come "energia alternativa" al fossile e al nucleare. "Rinnovabile" non significa "alternativo". Questo errore, su cui le "organizzazioni per la tutela del paesaggio" continuano ad insistere (anche se alcune - finalmente - stanno cominciando a prendere un po' le distanze) verrà fatto loro pagare a caro prezzo quando la realtà prenderà definitivamente il sopravvento, ovvero quando il sistema delle rinnovabili pervasive non farà crollare l'economia europea. E pale e pannelli verranno abbandonati.
Termino la rassegna stampa segnalando l'articolo sul Sussidiario (disponibile liberamente in linea) del solito Paolo Annoni riguardante l'accordo Italia-Germania sul gas: “Una solidarietà che conviene solo a Berlino” ed in particolare la seconda parte, dove si fa rilevare che, sebbene l'Europa abbia lavorato per evitare i rischi di una nuova crisi dell'energia, "non siamo in una posizione sicura". Questo è il passaggio che più ci interessa:
"La transizione energetica non può essere una risposta nel breve periodo sia per i suoi costi enormi, per le imprese e per le famiglie, sia perché manca la possibilità di immagazzinare l’energia in eccesso. Inoltre, tutti gli sforzi per l’elettrificazione, sia per la mobilità che per il riscaldamento, comportano nuova domanda di energia elettrica a fronte di un’offerta limitata. Nessuno sa se ci sarà un’altra crisi del gas e dei mercati energetici ma nessuno può escludere che ci possa essere viste le tensioni geopolitiche attuali e il rischio di un inverno rigido."
e, in particolare del particolare, segnalo l'ironica conclusione dell'articolo:
"Dopotutto bisogna fare la transizione a qualsiasi costo. Il problema è calare nella realtà, anche dei cittadini, cosa sia questo “qualsiasi costo”. La percezione è ancora che si debba “solo” pagare un po’ di più, non che si rischi di rimanere al freddo e al buio o, ancora prima, di compromettere il sistema industriale."
Mi sembra chiaro, no? Rileggiamo: Rimarrebbe solo da calare nella realtà, anche dei cittadini cosa sia questo “qualsiasi costo". Una cosuccia da nulla, insomma, dopo che da vent'anni quegli stessi cittadini stanno pagando gli incentivi all'eolico e al fotovoltaico, arrivati ormai a quasi 200 miliardi complessivi nascosti nelle bollette elettriche già sborsati dagli utenti inconsapevoli. Per poi combinare un disastro e fare esplodere i costi energetici. Forse, e dico forse per non essere troppo assertivo, in una democrazia liberale il compito dei media avrebbe dovuto essere quello di far "calare nella realtà" quegli stessi cittadini (elettori, ricordiamolo) fin dall'inizio, denunciando da subito la truffa delle "rinnovabili" non programmabili. Non saremmo arrivati al punto di rischiare di rimanere al freddo e al buio e di avere compromesso (perchè lo abbiamo già compromesso) il sistema industriale.
Tutto ciò che è avvenuto in questi anni sui media ha un nome. Un nome russo, molto usato da quella stessa stampa ai tempi dell'Unione Sovietica: Dezinformatsiya.
Alberto Cuppini