Siamo tutti ambientalisti?

Ho letto con interesse e senso di condivisione l’articolo di Carlo Alberto Pinelli pubblicato dalla Rete la scorsa settimana e mi ha colpito l’affermazione circa la necessità di occupare con pale eoliche una regione come il Friuli Venezia Giulia per raggiungere gli obbiettivi italiani del Green Deal Europeo. Però mi sono reso conto che alle fondate obiezioni dell’Autore mancava, a mio avviso, un chiaro riferimento al Pianeta, alle sue risorse ed a una giustizia climatica ed ambientale per le popolazioni che lo abitano.

Per raggiungere gli obbiettivi del Green Deal, a livello globale, sarà necessario estrarre  oltre 3,5 miliardi di tonnellate di minerali per ottenere i metalli necessari per realizzare i dispositivi green, come le pale eoliche appunto, per il raggiungimento della neutralità carbonica. La quantità di rifiuti che verrà prodotta è un valore che potrebbe essere anche 1000 volte il peso del minerale estratto. Spesso si tratterà di rifiuti tossici che inquineranno le acque, il suolo e l’aria dove vivono quelle sfortunate popolazioni a cui il Buon Dio, credendo di premiarle, ha concesso loro di vivere in quei luoghi il cui sottosuolo è ricco di quelle risorse non rinnovabili che dovremmo tutelare e gestire come un patrimonio per le generazioni che verranno. Invece ci apprestiamo ad estrarre, nei prossimi 25 anni la stessa quantità di rame dei 5000 anni appena trascorsi. Allo stato attuale delle cose l'estrazione mineraria è intrinsecamente insostenibile: è distruttiva per l'ambiente biofisico ed i suoi contributi al benessere umano sono disomogenei e spesso sopraffatti dal danno sociale ed economico che inevitabilmente provoca. La coltivazione mineraria deve essere ridimensionata drasticamente, non espansa, e dove viene intrapresa, deve essere eseguita con cura e coscienza.

Esiste, storicamente, una teoria secondo cui, sebbene insostenibile, la crescita del settore minerario può contribuire alla sostenibilità fornendo materie prime per società umane più pulite, più efficienti e più prospere e generando ricchezza e occupazione che possono servire da ponte verso la sostenibilità. Oggi si sta sviluppando una teoria ancora più subdola secondo la quale l’esigenza dell’attività mineraria è imprescindibile per “salvare il Pianeta”, per poter ottenere quei metalli tecnologici necessari all’economia green.

Questa teoria, tuttavia, dipende dal soddisfacimento di una serie di condizioni non realistiche, dato il contesto globale: un sistema economico orientato al profitto comporta una contabilità imperfetta che tratta i beni collettivi ed ecologici come esternalità, l’elusione fiscale ed il segreto finanziario e le governance deboli rispetto al potere delle società estrattive. Quello che vi invito a chiedervi è quante persone nei paesi in via di sviluppo saranno in grado di permettersi beni di consumo come i veicoli elettrici, che impiegheranno centinaia di milioni di tonnellate rame, nichel, cobalto ed altri metalli rari per costruirle. La verità scomoda è che la maggior parte dei metalli viene consumata dai cittadini di una manciata di nazioni ricche, mentre le conseguenze ambientali, sociali e culturali ricadono sulle popolazioni delle nazioni più povere, in cui vengono estratti i metalli.

Il percorso verso la sostenibilità passa attraverso la riduzione della domanda il riutilizzo dei manufatti ed il riciclo dei materiali.

Apple Inc recentemente ha annunciato che sta cercando di cambiare il modo in cui l'elettronica viene riciclata utilizzando un robot che smonta il suo iconico iPhone in modo che i minerali possano essere recuperati e riutilizzati per quanto la crescente domanda globale di elettronica significa che saranno ancora necessarie nuove miniere.

Ma si può partire da qui: perché non chiedere che i nostri incentivi, i più alti al mondo, vadano solo a quei prodotti che contengono parti riciclate? Perché non corrispondere gli incentivi percentualmente, sulla base della componentistica realizzata con materiali riciclati presente nei dispositivi green?

Circa due anni fa Apple ed altre multinazionali come Tesla, Google, Microsoft e Dell vennero citate dal gruppo di difesa International Rights Advocates  per aver consapevolmente favorito l'uso crudele e brutale di bambini ed adolescenti nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) per estrarre il cobalto, un componente chiave di ogni batteria utilizzata nei dispositivi elettronici prodotti da queste aziende. Le compagnie citate, e molte altre successivamente, cominciarono a proporre di certificare le loro catene di approvvigionamento attraverso la blockchain. La tecnologia blockchain, correntemente utilizzata nelle criptovalute come i bitcoin, costituisce una rete di dati distribuita pertanto condivisa trasparente e affidabile, può aumentare in modo significativo la trasparenza della catena di approvvigionamento delle materie prime poiché le informazioni sull'origine del materiale non possono essere modificate di nascosto essendo interamente replicate in ogni nodo della rete.

La recente comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo sulla necessità di  assicurare una maggiore sicurezza e sostenibilità alle catene di approvvigionamento delle materie prime critiche evidenzia come la dipendenza attuale dai combustibili fossili potrebbe essere sostituita da una, probabilmente peggiore, dalle materie prime. In realtà la dipendenza nell’approvvigionamento delle materie prime per le tecnologie green appare molto più critica poiché la maggior parte dei minerali necessari vedono l’Europa dipendere dalle importazioni per la totalità del fabbisogno con un tasso di riciclo a fine vita spesso pari a zero.

La Comunità Europea metterà a disposizione ingentissime risorse per cercare di colmare il gap che secondo molti autorevoli analisti rimarrà tale per almeno il prossimo decennio.

Quasi che negli ultimi vent’anni i ruoli nella transizione energetica non si fossero divisi tra chi, la Cina, produceva le materie prime ed i componenti e chi, l’Occidente, li comprava da loro per dipingersi quale motore del Green Deal.

Se davvero non vogliamo essere i finanziatori dei peggiori inquinatori del Pianeta, le compagnie minerarie, chiediamo che i nostri ricchissimi incentivi vadano a coloro che investono nelle ricerca ed innovazione nel riciclaggio della materie prime mediante l’implementazione di una blockchain che consenta di conoscere le fonti di approvvigionamento delle materie prime dei dispositivi green che andremo ad installare o utilizzare nei nostri territori.

 

Giovanni Brussato