Da dove viene il latte? Non è infrequente sentirsi rispondere: "Dal supermercato, ovviamente!". Sembra che il ruolo della mucca nella catena di approvvigionamento sia spesso trascurato. Analogamente se qualcosa viene prodotto in Italia o in Europa da dove provengono le materie prime, i minerali e i metalli? Troppo spesso la risposta é "da un paese straniero" e, di solito, uno con un’etica ambientale qualitativamente inferiore alla nostra.
Siamo stati abituati a sentirci spiegare l'importanza dell'indipendenza energetica, ma oggi questo significa indipendenza dalle materie prime. Ma qualcosa sta per cambiare: la Commissione Europea ha recentemente affermato che abbiamo l'obbligo morale di aprire nuove miniere.
Pare quindi che la Commissione intenda dare il giusto merito alle mucche che producono il nostro latte riconoscendo che l'industria mineraria rende possibile la nostra vita quotidiana. Dopotutto, se non può essere coltivato, deve essere estratto e, come dettano le leggi delle catene di approvvigionamento, possiamo farcela qui solo se le estraiamo qui.
Nel recente vertice dell'Alleanza europea delle materie prime la Commissione ha nuovamente ribadito la propria consapevolezza sulla vulnerabilità delle nostre catene di approvvigionamento e la necessità di intraprendere misure efficaci per evitare che tali dipendenze possano rappresentare un rischio per le ambizioni europee di raggiungere i traguardi del Green Deal.
Viene ribadito, per l’ennesima volta, come “Gli elementi delle terre rare sono essenziali per produrre magneti permanenti utilizzati in ecosistemi industriali chiave come le energie rinnovabili, la mobilità elettrica, lo spazio e la difesa. Il 95% dei veicoli elettrici utilizza magneti permanenti e la vendita di veicoli elettrici è alle stelle. Le turbine eoliche contengono in media 600 kg di magneti permanenti per megawatt. L'UE si affida per il 98 per cento a un unico paese per la fornitura di elementi di terre rare, la raffinazione delle terre rare e il riciclaggio dei magneti: la Cina.”
Ma la dipendenza dalla Cina coniugata alla pressoché inesistente catena del valore comunitaria dei metalli critici sono ormai cose note.
La vera novità è costituita da quanto segue: “la nostra crescente domanda di materie prime critiche non può essere soddisfatta senza considerare l'approvvigionamento interno.”
Che tradotto significa aprire nuove miniere in Europa.
Ma la Commissione si spinge oltre dichiarando che l’UE ha l’obbligo morale di affrontare l’estrazione mineraria sostenibile e che non è più possibile “importare materie prime da miniere lontane dalle nostre case e chiudere comodamente gli occhi su come sono state prodotte.”
“E' giunto il momento di essere onesti e di assumerci noi stessi maggiori responsabilità.”
Quindi per sostenere la svolta verde l’Europa ha bisogno di aprire nuove miniere. Pertanto l'Europa torna su sui passi e, dopo aver trascorso l'ultimo trentennio a smantellare il suo passato minerario, scopre che per risolvere l’annoso problema delle materie prime critiche, i metalli indispensabili per la sua transizione energetica e per le tecnologie del futuro, il cui impiego crescerà in modo esponenziale, per i quali siamo troppo dipendenti dall’estero (e spesso da veri e propri Paesi “canaglia”), è necessario un "ritorno al passato".
Associazioni ambientaliste o colonialiste?
L’Unione Europea promuoverà progetti estrattivi sul territorio, ma le miniere avranno “i più alti livelli di standard ambientali. E quando dico i più alti, intendo i migliori del mondo”, assicura Šefčovič, “Sappiamo quanto questo è importante per avere l’appoggio delle comunità locali, che spesso si oppongono all’avvio dell’attività estrattiva”.
La Commissione, ad esempio, stima che la sua iniziativa sui materiali per le batterie "porterà l'80% della domanda di litio in Europa a essere fornita da fonti europee entro il 2025".
Il gap tra la produzione delle miniere attive e la domanda del mercato nel 2030 sarà di circa 2 milioni di tonnellate
di carbonato di litio raffinato (LCE) che è 5 volte superiore all'intero mercato del 2021.
L'obiettivo è di quelli da far tremare le vene e i polsi dato che trovare ed estrarre il litio, il nickel o il cobalto è la parte (relativamente) facile. Raffinarlo in forma chimica e quindi produrre batterie agli ioni di litio è la parte difficile e l'esperienza tecnica risiede attualmente in Asia, in particolare in Cina.
La prima a non pensarla come la Commissione è la IEA che stima il tempo medio di apertura di una miniera in 18 anni proiettandoci quindi oltre il 2035 quando, probabilmente, sarà un’altra la tecnologia dominante e di conseguenza saranno altre le materie prime necessarie.
Ma a non pensarla come la Commissione, in primis, sono proprio i cittadini europei che, spalleggiati proprio da quelle stesse associazioni ambientaliste che pretendono una transizione verde accelerata, si oppongono fermamente a qualsiasi ipotesi che preveda l’apertura di una miniera "nel proprio giardino" scordandosi come sono entrati nell'era dell'elettricità, nell'era delle luci domestiche, dei telefoni e degli elettrodomestici, dei motori e dei generatori. Associazioni ansiose di liberarsi del nostro passato industriale, molto prima di capire fino a che punto l'ombra dell'industria è ancora con noi, ansiose di oscurare nel dibattito pubblico le connessioni che legano tutti noi all’estrazione delle risorse dal sottosuolo, precludendo così risposte ben ponderate e oneste a domande scomode che parlano di desiderio e complicità, di capitalismo e cultura moderna.
Perché quello che vi invito a chiedervi è quante persone nei paesi in via di sviluppo saranno in grado di permettersi beni di consumo come i veicoli elettrici, che impiegheranno centinaia di milioni di tonnellate rame, nichel, cobalto ed altri metalli rari per costruirle. La verità scomoda è che la maggior parte dei metalli viene consumata dai cittadini di una manciata di nazioni ricche, mentre le conseguenze ambientali, sociali e culturali ricadono sulle popolazioni delle nazioni più povere, in cui vengono estratti i metalli.
"Fare o non fare. Non c'e' provare." (maestro Yoda)
I depositi minerali sono fenomeni geologici unici. La National Academy of Sciences ha riconosciuto quanto siano rari i depositi minerari: “Solo una porzione molto piccola della crosta continentale terrestre, meno dello 0,01% contiene depositi economicamente vitali”.
Pertanto, le miniere possono essere localizzate solo in quei pochi luoghi in cui si sono formati depositi economicamente sostenibili.
Fornire la materia prima ad una catena di approvvigionamento significa avere accesso alla ricerca e allo sviluppo di questi giacimenti minerari vitali ed essere in grado di consentire i progetti in modo tempestivo, mantenere aperta la disponibilità alle prospezioni perchè aumenta le probabilità di trovare nuovi giacimenti.
Ma se continuiamo a vietare la prospezione e l'estrazione mineraria, se si riscontrano continui sforzi per limitare ulteriormente l'accesso all'industria mineraria quando la domanda di minerali è destinata a salire alle stelle per soddisfare gli obiettivi climatici europei allora sarà inutile autorizzare qualche piccola miniera priva della necessaria filiera per l’arricchimento e la raffinazione della materia prima e magari costretta a mandare in altri paesi (Cina) il minerale arricchito per la fase finale della lavorazione.
Il controllo dominante della Cina sui metalli e sulle tecnologie verdi è un potente strumento di negoziato nelle mani di Pechino mentre le tensioni si intensificano tra il Dragone cinese ed altri paesi. Se la Cina tagliasse o limitasse severamente le esportazioni di metalli o di alcune componenti durante un conflitto, come hanno fatto con il Giappone nel 2010, i risultati sarebbero catastrofici.
L'Europa oggi è ad un bivio: impegnarsi nei prossimi cinque anni ad affrontare le sfide, certamente impopolari ma necessarie a far decollare le nostre catene del valore di metalli e minerali o rassegnarsi, definitivamente, ad un ruolo di subalternità. Perché è necessario comprendere che, riuscire nell'impresa, significa difendere i settori industriali nazionali dai produttori cinesi che operano in un universo parallelo di sostegno statale e salvaguardare la produzione europea dalla concorrenza sleale e dall'effetto distorsivo dei sussidi, utilizzare le questioni climatiche come strumento di misura nella valutazione dei prodotti e delle misure antidumping.
Nei primi dieci produttori di batterie a livello globale non compare nessuna azienda europea ed il 94% della produzione
è concentrato in Asia. Secondo gli analisti del settore il ritardo europeo è di circa 10 anni. Fonte: SNE Research.
Non facciamoci illusioni: la complessità di questa sfida è simile ad altre grandi sfide tecnologiche del passato, dal Progetto Manhattan, alla corsa allo spazio, con il relativo corredo di tensioni internazionali.
Dobbiamo guardare il mostro negli occhi.
Oggi abbiamo sviluppato un'economia postindustriale, commerciando sempre più in beni astratti come servizi e informazioni, lasciando al resto del mondo il compito di estrarre, elaborare e trasformare le materie prime in prodotti finiti.
Ma nel dibattito pubblico, pur concentrato su energia e metalli, le miniere e le fonderie su cui è stata fondata l’Europa del ventesimo secolo ricevono scarsa attenzione e quando vengono riconosciute, di solito, è dal punto di vista della narrazione eroica o del disprezzo.
Eppure minerali e metalli sono gli elementi costitutivi di tutto: dalle infrastrutture all'assistenza sanitaria, dalla difesa nazionale alle reti energetiche e digitali, sono ciò che ha permesso all’Europa di diventare quello che è. A rendere l’Europa un luogo ostile alle nuove miniere sono state, poi, le nostre scelte ambientali.
Invece è necessario comprendere questa relazione, per guardare sotto la superficie di un'industria estrattiva che è stata sia immensamente benefica che immensamente distruttiva, perché è qui che dobbiamo tornare se vogliamo comprendere fino in fondo le implicazioni del nostro appetito per i metalli - dalle auto elettriche alle tecnologie eoliche e fotovoltaiche ai computer, alle batterie - un appetito che rimane immutato anche se siamo sempre più dipendenti dalle importazioni per soddisfarlo, spostando convenientemente i costi ambientali e sociali all'estero, lontano dagli occhi e dalla coscienza.
Per quanto ci si affanni a decantare le nuove “miniere sostenibili”, a declamare che l'estrazione mineraria e la protezione dell'ambiente non sono antitetici, che possiamo essere a favore dell'estrazione mineraria e allo stesso tempo dell'ambiente, gli attuali requisiti di protezione ambientale per salvaguardare tutti gli aspetti dell'ambiente, comprese le risorse idriche, la fauna selvatica, la qualità dell'aria, le risorse culturali, il suolo, la vegetazione e le risorse visive rendono in molti casi, di fatto, irrealizzabili questi progetti.
Infatti, coprire e rinverdire la roccia di scarto e gli sterili è solo una parte del problema, prevedere interventi per mettere in sicurezza i bacini di sterili o evitare che si inneschi il drenaggio acido metallifero sono spesso manutenzioni che entrano in quella categoria definita di “cure perpetue” che inevitabilmente il tempo porta a gestire con sempre minor rigore fino a creare gli incidenti più o meno gravi che hanno costellato la storia dell’attività estrattiva.
I costi di queste cure, in particolari condizioni di mercato, rendono proibitivo il ripristino di grandi miniere a cielo aperto che, quindi, semplicemente, rimangono nello stato in cui sono.
Perchè nella maggior parte dei distretti minerari, in tutto il mondo, l’acqua è contaminata ovunque, e dove non ci sono discariche vicino a corpi idrici ci sono le aree con le fonderie, poi c'è la pioggia, e quindi il deflusso contaminato, che alla fine si snoda verso i corsi d'acqua esistenti. La falda acquifera situata al di sotto della falda alluvionale può essere inquinata da livelli elevati di arsenico, piombo e cadmio ed altri metalli pesanti e non è né semplice né economico analizzare la migrazione delle acque sotterranee attraverso il substrato roccioso e tanto meno, eventualmente, purificarle.
Bisogna pertanto accettare il concetto di bonifica ambientale che presume che pulito non significhi sempre bello e che bello non è sempre attraente. Il cuore dell’estrazione mineraria può essere davvero nero, ma perderebbe qualunque cuore abbia se il suo passato venisse cancellato o sostituito da un parco a tema igienizzato pieno di cartelli che spiegano tutto ciò che è ostile e controverso in quel luogo.
E’ necessario accettare che una buona parte dei rifiuti non sarà bonificata, ma solo resa inoffensiva, perché rimanga la testimonianza di ciò che è realmente accaduto, perché si possa ancora guardare il mostro negli occhi.
Giovanni Brussato