Mentre la dichiarazione dei leader del G7 di sabato al vertice di Hiroshima ha cambiato le priorità, su pressione proprio della Germania, per includere nuovamente gli investimenti nel settore del gas, a cui andrà addirittura il "sostegno pubblico", in Europa la "maggioranza Ursula" non c'è più ed al suo velleitario "Green deal" vengono assestati colpi sempre più vigorosi. I cittadini cominciano a ribellarsi ai diktat delle lobby green a Bruxelles: “la decarbonizzazione senza lasciare indietro nessuno” si appalesa ogni giorno che passa come uno sciocco slogan che non trova riscontro nell’applicazione di obblighi e divieti sempre più stringenti. Aumentano anche i segnali di possibili sconvolgimenti nella politica europea dopo le elezioni del prossimo anno.
Ben nascosto a pagina 5 della Staffetta Quotidiana di venerdì scorso avevamo scovato un articoletto di una quindicina di righe (quasi un'agenzia di stampa) che riportava una notizia, ignorata dai giornali generalisti, sufficiente da sola a cambiare il nostro mondo: L'UE e il cambio di prospettiva sulle rinnovabili.
Ecco l'introduzione:
“Quando ho lanciato il Green Deal nel 2019 la priorità era sviluppare rapidamente le rinnovabili. Ora dobbiamo concentrarci anche sull'‘approvvigionamento' delle rinnovabili: come facciamo ad avere una capacità industriale sufficiente? Come ci assicuriamo l'accesso alla tecnologia e, ancora di più, ai materiali primi critici?”. Non poteva essere più chiara di così la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, intervenuta oggi durante la prima sessione del G7 in Giappone, nel delineare il percorso compiuto dalla Commissione da lei guidata sul tema delle rinnovabili. “Noi stiamo cambiando il nostro focus”.
Avete letto bene. La presidente della commissione, che ha escogitato l'utopistico "European Green Deal", ha detto proprio: "Stiamo cambiando il nostro focus sul tema delle rinnovabili", e lo ha detto durante il G7, ovvero la più solenne liturgia del Potere Globale. Un autentico autodafè, che in tempi non lontanissimi era la sfavillante (in tutti i sensi) cerimonia religiosa con cui la Santa Inquisizione proclamava e faceva eseguire la sentenza del condannato (in genere il rogo).
Come commentava sarcasticamente la Staffetta:
"Peccato solo che, per abbandonare l'enunciazione di obiettivi e cominciare a porsi il problema dell'egemonia (e dei costi, soprattutto dei costi. NdR), la Commissione abbia atteso la dura lezione della crisi sui mercati energetici seguita all'invasione russa dell'Ucraina".
L'articolo avrebbe meritato di essere riportato nell'edicola del sito RRC se non fosse stato che la notizia era solo il preludio di una serie di successive scosse telluriche con epicentro Bruxelles rilevate dalla stampa nei giorni immediatamente successivi.
Anche il sito Euractiv, nell'articolo "Il G7 sostiene il GNL come soluzione “temporanea” alla transizione energetica", confermava la notizia, aggiungendo che il contrordine era arrivato "su pressione della Germania":
"Il vertice del G7 che si è tenuto dal 19 al 21 maggio nella città giapponese di Hiroshima ha sottolineato il sostegno agli investimenti nel settore del gas nel comunicato finale, definendolo un passo “temporaneo”, mentre i Paesi cercano di abbandonare definitivamente la dipendenza dal gas russo, una posizione che secondo gli ambientalisti potrebbe danneggiare gli obiettivi climatici... La dichiarazione dei leader del G7 di sabato al vertice di Hiroshima in Giappone ha cambiato il linguaggio – su pressione della Germania, secondo fonti vicine al dossier – per includere nuovamente gli investimenti nel settore del gas, con il G7 che ha affermato la necessità “di accelerare la graduale eliminazione della nostra dipendenza dalle fonti energetiche russe”."
Un altro aspetto trascurato dall'articolo della Staffetta Quotidiana è stato in seguito rilevato dal Quotidiano Energia il 22 maggio nell'articolo "G7: “Sostegno pubblico agli investimenti nel gas per liberarsi dalla dipendenza russa”": quello del "sostegno pubblico" (ovvero, per parlarci chiaro, la garanzia di aiuti di Stato) al gas. Leggiamo:
"Con una decisione a sorpresa, i Paesi del G7 hanno inserito nella dichiarazione conclusiva del vertice conclusosi ieri a Hiroshima un invito a garantire un sostegno pubblico agli investimenti nel settore del gas, seppure in via “temporanea”... Il paragrafo ricalca quello contenuto nelle conclusioni del G7 Energia e Clima svoltosi ad aprile a Sapporo. Ma con una differenza di non poco conto: l'aggiunta del "sostegno pubblico" agli investimenti nel gas... Già il mese prossimo, ha annunciato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, sarà presentata una "strategia Ue per la sicurezza economica"."
Gli aiuti di Stato sono esplicitamente vietati dal trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Anzi: tale divieto è stato (ed è) uno dei princìpi fondanti della cooperazione europea. Gli aiuti di Stato concessi per via amministrativa o per legge, infatti, possono determinare distorsioni della concorrenza, favorendo determinate imprese o produzioni e soprattutto favorire gli Stati più potenti a discapito degli altri più deboli. Il tabù ormai sembra superato. Ormai, nel campo dell'energia, in Europa vengono pretesi e concessi aiuti di Stato a tutti. D'altronde il divieto agli aiuti di Stato appariva del tutto incompatibile con la politica dirigistica a favore delle cosiddette "rinnovabili".
E così si poteva leggere, sempre sulla Staffetta Quotidiana di venerdì 19 maggio, nell'editoriale dal titolo "Il ritorno dello Stato (che non se n'era mai andato)", che persino un pubblico regolatore italiano (l'Autorità per l'Energia) può chiedere sfacciatamente ulteriori pubbliche regalie alle "rinnovabili" in nome di un principio superiore (i target climatici):
"In oltre vent'anni di mercato energetico liberalizzato l'intervento pubblico non ha mai smesso di esistere, ma considerato eccezione, corpo estraneo, aiuto di Stato. L'ultima crisi ha contribuito a un cambio di prospettiva: che per raggiungere gli obiettivi della transizione, e al tempo stesso garantire stabilità al sistema, non si debba più ignorarlo o far finta che non serva, ma piuttosto riflettere su che forma e dimensione debba avere. Il concetto... è stato espresso mercoledì a Milano dal direttore della Divisione Energia dell'Arera, Massimo Ricci, in conclusione del seminario RE-Source di Mbs, in cui si è dibattuto di contratti a lungo termine per le rinnovabili (Ppa) e altri strumenti di supporto e promozione degli investimenti... “Abbiamo chiesto al mercato spot qualcosa che non ci poteva dare, supportare lo sviluppo degli investimenti” necessari ai target 2030-2050, ha proseguito Ricci. Il tema quindi diventa ora “quali strumenti mettere accanto allo spot, che ha fatto il suo mestiere” ma non basta più... Gli strumenti per farlo, ha aggiunto Ricci, c'erano anche prima, come Ppa e contratti finanziari per differenza (Cfd) “ma erano considerati eccezioni”, con molti difetti come ad esempio limitare l'ingresso di nuovi entranti sul mercato. “Il capacity (market) era considerato aiuto di Stato, le aste per le rinnovabili aiuto di Stato”, entrambi meccanismi basati su contratti Cfd con controparte pubblica, diversamente da schemi bilaterali totalmente privati come i Ppa. Ora però “la riflessione è andata avanti”, con la presa d'atto che “ci sono questi strumenti e vanno favoriti”."
Incredibile. Qui, con la massima nonchalance, si sancisce implicitamente la fine dell'Unione Europea come l'avevano concepita i padri fondatori e si fissano le basi per un'onnipotente Unione Sovietica europea, ormai ben avviata, con vincoli sempre crescenti alle libertà individuali.
C'è però un particolare ostativo che appare non trascurabile. I cittadini europei, a differenza di quelli della vecchia Unione Sovietica, votano. Almeno per il momento. E l'anno prossimo voteranno alle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo e, tramite esso, per il rinnovo della Commissione.
Che tali elezioni siano incombenti e che la resa dei conti per gli ideatori degli eurodeliri "green" sia vicina l'hanno capito tutti, ma non le nostre élite composte evidentemente da Arcadi settecenteschi che, altrettanto evidentemente, non pagano le bollette e per i quali non è un problema indebitarsi in banca per mettere un "cappotto" di polistirolo alla propria casa, sventrandola da cima a fondo, rinunciare alle automobili a buon mercato, ai sistemi di riscaldamento e raffrescamento a basso costo, alle caldaie a gas, a forni e fornelli a gas... e alla libertà.
Ieri 24 maggio se n'è accorto persino un giornale rigorosamente mainstream come La Stampa, nell'articolo del suo corrispondente da Bruxelles Emanuele Bonini "Europa frattura green", che sottotitolava "Popolari e sovranisti bocciano il piano per salvare l'ecosistema. Si rompe l'asse con i socialisti, un segnale verso il voto del 2024":
"Dal Parlamento europeo arriva un secco no a una delle proposte chiave della Commissione europea in materia di sostenibilità. Popolari (Ppe) e liberali (Re) si alleano con conservatori (Ecr) e sovranisti (Id) e mandano un chiaro segnale all'esecutivo comunitario: la cosidetta "maggioranza Ursula" che ha sostenuto l'attuale capo del collegio e l'intera squadra di commissari non c'è più. L'emendamento presentato dai quattro gruppi per chiedere di ritirare la proposta presentata a giugno 2022 è approvato con 30 favorevoli, 16 contrari e nessun astenuto. Chiamiamole anche prove di alleanze in vista del voto del 2024... E' un colpo al Green Deal, la più ampia agenda per politiche verdi al centro dell'azione della Commissione fin dall'inizio della legislatura. Ma anche un segnale di un terremoto politico possibile e, anzi, probabile."
Sempre ieri e sempre sullo stesso argomento Claudio Antonelli sulla Verità nell'articolo (annunciato in prima pagina) "A Bruxelles prima alleanza tra destra e Ppe", che sottotitolava "Il voto congiunto di conservatori (Ecr) e popolari con l'aiuto del gruppo di Macron ha fermato l'irrealistica proposta dei socialisti di ripristinare le zone naturali sul 20% della Terra":
"Inutile dire che tale estremismo verde rientra nel più ampio pacchetto del Green new deal, ideato e messo a terra sempre dalla maggioranza socialista. Per fortuna però stavolta la notizia è un'altra. Ieri in commissione Agricoltura dell'Europarlamento, la proposta è stata bocciata... Per la prima volta il gruppo di centrodestra Ecr e il Ppe (guidato dal tedesco Manfred Weber) hanno votato compatti contro i socialisti. Ai primi due si è aggiunta anche Renew Europe, il gruppo di Emmanuel Macron."
Il cambio di campo di Macron, che teme una débâcle nelle elezioni europee del prossimo anno, era stato preannunciato da una sua inascoltata richiesta alla Commissione, una decina di giorni prima, di "una pausa regolamentare" in campo ambientale. Leggiamo dall'articolo del 13 maggio su Il Sole 24 Ore "Parigi critica la Ue per le regole ambientali", scritto dal corrispondente da Bruxelles Beda Romano:
"La Francia del liberale Macron si è fatta così portavoce di un crescente fastidio nei confronti delle molte regole legate alla politica ambientale perseguita a livello europeo. I popolari hanno fatto capire di temere che i conservatori possano fare del tema ambientale e della conseguente regolamentazione un loro cavallo di battaglia alle prossime elezioni europee. Ora i liberali sembrano esprimere la stessa preoccupazione. "Le imprese hanno l'acqua alla gola. Vivono con crescente disagio l'ondata regolamentare", spiega un diplomatico bruxellese in contatto con molte associazioni di categoria."
Fra queste, forse, anche la Confindustria, che del Sole 24 Ore è proprietaria.
Ma torniamo all'articolo di Antonelli su La Verità di ieri:
"Sergio Berlato, deputato di FdI ha aggiunto: "La Commissione Ue sta cercando di far approvare il maggior numero di provvedimenti verdi possibile, senza nessuna considerazione per il tessuto produttivo... L'ambientalismo ha questa idea del re-wildering o di ritorno alla natura , in cui l'uomo è un problema e va eliminato e la natura deve fare da sola. La nostra non è una considerazione di partigianeria politica ma di ripristino della democrazia. E' difficile conservare gli equilibri e garantire il corretto dibattito se l'arbitro che presiede Bruxelles non solo non è imparziale, ma addirittura gioca in campo con una delle due squadre."
Sempre ieri sebbene su un diverso problema, sul Sussidiario Patrizia Feletig (che già in precedenza aveva ben analizzato la giravolta di Macron) nell'articolo "Stop alle caldaie a gas. La scelta che smonta gli slogan sulla transizione green" perveniva anche lei alle medesime conclusioni degli altri giornali:
"È ormai chiaro che “la decarbonizzazione senza lasciare indietro nessuno” è un slogan che non trova riscontro nell’applicazione dei pacchetti di obblighi e divieti sempre più stringenti. Provvedimenti desiderabili certamente; praticabili insomma; efficaci forse. Di questo passo, però, il diffuso convincimento della necessità di ridurre le emissioni si tramuterà in uno strisciante scontento per il sottaciuto reale prezzo della transizione. Quanto strisciante? La risposta, alle prossime elezioni europee."
Già sapevamo dell'esistenza in Germania di contrasti tra CDU e Verdi, ma ignoravamo quanto tali contrasti fossero violenti. Nell'articolo di Flaminia Bussotti "Scandalo verde" su Il Foglio del 13 marzo abbiamo letto le sprezzanti parole rivolte ai Grünen dal leader CDU Friedrich Merz:
"In posti chiave siedono incompetenti animati solo dall'intenzione missionaria di convertire in tempo lampo l'approvvigionamento energetico solo con le rinnovabili, costi quel che costi... Questa politica minaccia il benessere e il futuro del nostro paese, perdiamo competitività e la quota di produzione industriale del nostro benessere è scesa per la prima volta nel 2022 sotto il 20 per cento, ma di questo gli attivisti del clima al ministero dell'Economia se ne fregano."
Ieri siamo venuti a conoscenza dall'articolo della Staffetta Quotidiana "Germania, frenata sul bando alle caldaie a gas" che le cose per i Verdi vanno peggio del previsto anche all'interno del governo, con i liberali del Fdp, "indebolendo ulteriormente la fragile maggioranza".
E' evidente che sia Weber che Merz, per salvare la CDU, la Germania, l'Unione Europea e financo la democrazia, hanno scelto di sacrificare un capro espiatorio del loro stesso partito: la presidente della commissione UE Ursula Von der Leyen, che per inettitudine politica e culturale ha lasciato che l'agenda politica europea venisse dettata dal suo vice Frans Timmermans, il vero Dominus dei diktat "green" di Bruxelles.
Basterà il sacrificio della Von der Leyen per fermare il Moloch, ormai reso onnipotente dai colossali sussidi pubblici già incassati? Temiamo di no. Per combattere il mito delle "rinnovabili che salveranno il Pianeta", per arrestare il declino e per tornare a politiche europee razionali (non solo nel campo dell'energia e della tutela ambientale) occorrerà ben altro. E soprattutto una determinazione che in Europa ancora non si scorge da nessuna parte.
Alberto Cuppini