Irrazionalità chiama irrazionalità. L'enfasi dedicata dai media globalizzati - ed amplificata dai social network - alla peggiore retorica buonista "politicamente corretta", facente perno su emotività, infantilismo (e soprattutto su una ignoranza indotta sempre più diffusa di molti aspetti di una realtà viceversa sempre più complessa) comincia a dare gli "imprevisti" effetti di segno contrario. L'occupazione del Campidoglio a Washington ne è stata una prima avvisaglia. Presto accadrà la stessa cosa anche in materia ambientale. Appena si diffonderà, in una fascia sufficientemente ampia di popolazione, la consapevolezza che l'immiserimento non è un fatto contingente ma è diventato irreversibile, la reazione a decenni di retorica anti-industriale ed anti-occidentale porterà, prima in Italia e poi in tutta Europa, al sovvenire di un catalizzatore, di un "grande uomo" che farà impallidire le figure di Trump e Bolsonaro. Questa nostra risposta ad un articolo di un noto ed influente economista dell'energia, che lascia intendere che non esista alternativa fra il modello autolesionistico europeo, che affida la transizione energetica alla moltiplicazione delle pale eoliche, e la crescita delle economie Usa e asiatiche basate sulla noncuranza, a malapena dissimulata da ipocrite dichiarazioni di buona volontà, per i cambiamenti climatici da esse stesse in gran parte provocati, diventa perciò occasione per un appello alle classi dirigenti nostrane per tornare subito a comportamenti razionali, specie in tema di energia ed ambiente.
Sono rimasto senza parole dopo la lettura dell'articolo "Verso un Nuovo Inevitabile Spreco?" del Professor Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, apparso sul nuovo numero dell'Astrolabio.
Ben altro mi sarei atteso. Ben altri argomenti e soprattutto ben altro nerbo. A maggior ragione, sono rimasto sconcertato avendolo di recente pubblicamente lodato, se non altro a causa dell'ignavia dei suoi colleghi, per alcune sue posizioni poco conformistiche, ancorchè espresse con una decina d'anni di ritardo, rispetto alle facilonerie mainstream della "transizione energetica". In questi ultimissimi mesi, le sue tesi critiche erano apparse non solo nel citato articolo sul Sole 24 Ore, ma anche in altri articoli sul Messaggero, il Mattino ed il Quotidiano del Sud.
Questo suo articolo sull'Astrolabio, invece, avrebbe potuto essere scritto da chi recentemente ha presentato le pale eoliche, che presto ricopriranno il fu Bel Paese, come le nuove cattedrali ed ha, nel contempo, insolentito con un puerile giochino di parole gli Amici della Terra, colpevoli di scarsa deferenza verso il valore salvifico delle Fer non programmabili e, per ciò stesso, rei di eresia ambientalista impenitente ed ostinata.
Pensavamo che il Professor Tabarelli si fosse reso conto che il gioco della rincorsa senza fine di "asticelle" sempre crescenti, finanziate da stanziamenti pubblici sempre maggiori, a favore di pale e pannelli iper-sussidiati fosse definitivamente sfuggito di mano con l'avvento della "Piccola Greta" - e della susseguente proclamazione dell' "European Green New Deal" - e rischiasse di produrre disastri epocali. Finora in Italia, come fatto più volte notare da Tabarelli stesso, queste politiche sgangherate sono state in grado di fare impegnare in pochi anni oltre 200 miliardi degli utenti italiani dell'elettricità (l'ordine di grandezza del Recovery Fund di cui tanto si parla e che dovrebbe permettere di rivoltare come un guanto l'Italia, tanto per intenderci) per ottenere una ridicola percentuale di energia elettrica inutile, se non dannosa, perchè non programmabile nè accumulabile; ed al contempo hanno contribuito a fare aumentare di oltre il 50%, da quando sono state avviate, le emissioni globali di CO2, a causa dell'ormai conclamato fenomeno del carbon leakage.
Ebbene: ci eravamo sbagliati. La colpa di tutti i mali, abbiamo appreso stupefatti, è... dei comitati di cittadini, costituitisi a loro spese (e che spese!) per impedire gli assurdi sfregi dell'eolico ciclopico e delle distese sterminate di fotovoltaico inferti al territorio patrio. E del titolo quinto della Costituzione (!), divenuto, evidentemente, troppo prono ai principi della sussidiarietà e, in senso lato, della democrazia rappresentativa. Leggiamo infatti:
"L’ostilità delle autorità locali e delle popolazioni è diventato il principale impedimento alla realizzazione di nuovi parchi fotovoltaici o di nuove pale eoliche. Una modifica del titolo quinto della Costituzione, togliendo potere alle regioni in tema di energia, sarebbe la via più semplice, invertendo quanto fatto frettolosamente nel 2001".
Lasciamo, per favore, questi argomenti ad altri. Dobbiamo piuttosto scacciare gli sciamani che si sono introdotti, aizzati per basso interesse dagli stessi governanti, nei Palazzi italiani ed europei del Potere. Gli sciamani che vogliono impedire i cambiamenti climatici globali piantando totem alti centinaia di metri sui crinali italiani, così come gli indigeni piantavano i Moai sull'isola di Pasqua. Abbandonando la soluzione di problemi ultra-complessi alla peggiore retorica green, all'emotività ed all'infantilismo, gli europei faranno la stessa fine di quei polinesiani. I termini del problema vanno ricondotti ad argomenti razionali, onde evitare non solo la temuta catastrofe climatica ma la ben più concreta definitiva deindustrializzazione del Paese e la catastrofe umanitaria, di dimensioni non greche ma venezuelane, che si sta profilando. Se non ora, quando? Se non dagli esperti di economia e di energetica, da chi altri?
In caso di ulteriori inerzie, il giudizio della Storia, verso di loro, sarà impietoso.
Alberto Cuppini