Germania: il crepuscolo degli Dei verdi

Secondo l'economista tedesco Sinn, le politiche energetiche e climatiche, pur mosse da nobili intenzioni, stanno erodendo la competitività dell’industria tedesca. L’abbandono del nucleare e la forte dipendenza da fonti rinnovabili intermittenti hanno portato a costi energetici elevati, minando la base industriale del paese. In vista delle elezioni negli impoveriti Land orientali, che fanno temere nei sondaggi un trionfo dei partiti anti-sistema, le élite tedesche cominciano finalmente ad ammettere gli errori commessi. La Germania ha finito per imporre la sua visione, con l'obiettivo di abbandonare le fonti di energia tradizionali per concentrarsi su quelle "rinnovabili", come richiesto da Angela Merkel. Purtroppo, questa decisione è stata un grave errore per l'intera Unione europea, che ha seguito ciecamente la Germania, a maggior ragione da quando la Von der Leyen ha assunto la guida della Commissione europea. Ma se l’economia collassa, allora sarà presto finita con le aspirazioni verdi, perché il verde semplicemente non verrà più votato. Le conseguenze per l'Italia.

 

 

Hans Werner Sinn è uno dei più famosi economisti tedeschi. O forse il più famoso. Sicuramente lo è in Italia, perchè ha sempre preso a calci negli stinchi (in realtà altrove, ma vogliamo essere educati) i governi italiani, specie quando al potere c'erano il Berlusca oppure i "populisti". E quindi i giornaloni italiani lo hanno sempre portato in palmo di mano. Sinn ha pure il look da pastore luterano, di quelli privi di misericordia che appartengono all'immaginario collettivo. 

Recentemente ha rilasciato un'intervista al settimanale svizzero Weltwoche, dal temperato titolo "La Germania in miseria: la Star dell'economia Hans-Werner Sinn sulle cause e le vie d'uscita dalla megacrisi", che raccomandiamo di ascoltare su Youtube a chi è fluente in tedesco. Per i comuni mortali ci avvaliamo del commento realizzato dal blog - imprescindibile per far conoscere in Italia alcuni aspetti sottaciuti della realtà tedesca - Voci dalla Germania:

 

"Secondo Sinn, la Germania sta attraversando una fase di deindustrializzazione. Le politiche energetiche e climatiche, pur mosse da nobili intenzioni, stanno erodendo la competitività dell’industria tedesca. L’abbandono del nucleare e la forte dipendenza da fonti rinnovabili intermittenti hanno portato a costi energetici elevati, minando la base industriale del paese... Sinn critica l’eccesso di regolamentazione e burocrazia che sta “strangolando” l’economia. Le imprese si trovano intrappolate in una rete di norme e regolamenti che ne limitano la flessibilità e la capacità di innovare. Inoltre, l’economista sottolinea come la concentrazione di politica e media a Berlino abbia creato una sorta di “bolla” distaccata dalla realtà economica del paese... L’economista mette in discussione l’efficacia delle politiche climatiche unilaterali della Germania. Sinn argomenta che i combustibili fossili non utilizzati dalla Germania vengono semplicemente consumati altrove, rendendo gli sforzi tedeschi inefficaci per il clima globale mentre danneggiano la competitività nazionale."

 

Niente di nuovo per i resistenti sui crinali. Siamo assolutamente d'accordo. Le stesse cose le avremmo potute dire noi parlando dell'Italia, specie la bella analogia che la concentrazione di politica e media a Berlino (come anche a Roma e Milano) ha creato una sorta di “bolla” distaccata dalla realtà economica (e non solo economica) del paese. La novità è che stavolta non lo diciamo noi ma lo dice lui. Ma Hans Werner Sinn non è la sola Star tedesca dell'economia a mettere improvvisamente in discussione il dogma delle politiche climatiche della Germania.

Heiner Flassbeck non è altrettanto famoso, soprattutto all'estero, come Sinn, ma è stato consigliere economico di Oskar Lafontaine (marxista duro e puro. A proposito: Lafontaine è il marito dell'astro nascente della politica tedesca Sahra Wagenknecht) quando era ministro delle Finanze del cancelliere Schroeder. Adesso Flassbeck fa il pubblicista e in Germania recita il ruolo di grillo parlante della Sinistra. Pure lui ci va giù duro con la politica verde, anche se non nomina esplicitamente le rinnovabili intermittenti, in un articolo del 16 agosto su Telepolis, tradotto da Voci dalla Germania sotto il titolo "Salvare il Clima Affondando l’Economia? L’Inganno della Decrescita".

Nel paragrafo intitolato "La deludente realtà: emissioni di CO2 record nonostante gli sforzi" leggiamo:

 

"L’Energy Institute ha appena presentato il suo Statistical Review of World Energy, mostrando le emissioni globali di gas serra – principalmente associate alla combustione di combustibili fossili – per il periodo dal 1990 al 2023. Il risultato è semplice: la transizione energetica globale è un’illusione. Nel 2023 è stato raggiunto un nuovo record di oltre 40 gigatonnellate di emissioni di gas serra. Ciò significa anche che tutti i tentativi di singoli paesi o individui di avvicinarsi alla neutralità climatica sono inutili. Tutti gli sforzi politici devono essere diretti a livello globale. Solo quando ci sarà un accordo globale per limitare la produzione di combustibili fossili, che si noterebbe nei paesi consumatori con un netto aumento dei prezzi di queste materie prime, si potrà anche affrontare razionalmente le conseguenze economiche a livello nazionale e adattarsi. Tutto il resto è politica simbolica e fumo negli occhi."

 

Rimane un mistero che cosa Flassbeck intenda per "accordo globale" per limitare la produzione di combustibili fossili che non sia "fumo negli occhi". Forse la nomina di un Führer per tutto l'Universo Globo? Ma non ha importanza. Quello che conta è l'individuazione, anche da parte di un economista icona della Sinistra, delle responsabilità dell'inganno verde.

L'affermazione più importante dell'articolo di Flassbeck, che verrà confermata già dalle prossime settimane nelle elezioni nei Land dell'Est (e che nei nostri auspici metterà rapidamente fine, con un effetto valanga in tutta Europa, alla follia di pale e pannelli), è:

"Ma se l’economia collassa, allora è presto finita con le aspirazioni verdi, perché il verde semplicemente non viene più votato."

Questa agnizione collettiva del disastro green in Germania non è un caso. Domenica si voterà in Turingia per il rinnovo del Parlamento del Land. Poi toccherà alla Sassonia e un po' più tardi al Brandeburgo. Nella Cancelleria di Berlino, soprattutto dopo lo sconcertante discorso programmatico della Von der Leyen (che ha sprezzantemente ignorato il messaggio di protesta contro il suo Green Deal uscito dalle urne alle elezioni europee, gettando così benzina sul fuoco della disperazione dei tedeschi dell'Est), regna un'atmosfera da Götterdämmerung che non si respirava più dall'aprile del 1945.

Per farmi meglio capire raccomando la lettura dell'articolo del 25 luglio sul Sussidiario con un'intervista a Marco Fortis (il direttore degli studi economici della Edison spa!): "Europa in (quasi) stagnazione)", ed in particolare questo passaggio (che sembra tratto da un post RRC):

 

"La settimana scorsa c’è stato il discorso programmatico di Ursula von der Leyen al Parlamento europeo che l’ha rieletta a capo della Commissione, ma l’economia, nonostante queste difficoltà, non sembra essere stata al centro della sua attenzione. Mi sembra ormai che da un po’ di tempo a questa parte l’obiettivo principale dei vertici dell’Ue sia quello di far proseguire le proprie carriere politiche. E così la von der Leyen, per ottenere l’appoggio dei Verdi, ha garantito loro la prosecuzione dell’assurdo Green Deal, che potremmo definire una linea di anti-politica industriale, che oltretutto non aiuta poi così tanto il clima.

Cosa intende dire?

Nei libri di storia non ci saranno elogi per gli europei per aver fatto da avanguardia nella lotta al cambiamento climatico, ma accuse per aver costretto le loro fabbriche efficienti a chiudere, determinando così un aumento della produzione cinese, che ha aggravato la situazione ambientale.

È stato detto che il Green Deal verrà portato avanti, ma tenendo maggiormente conto delle esigenze industriali.

Per adesso si tratta solo di enunciazioni, non è stato spiegato in che cosa dovrebbe concretizzarsi questo cambio di linea."

 

Come osserva Samuele Furfari nella sua intervista su Atlantico "Il disastro energetico della Germania continua mentre la Francia si riprende":

 

"Il disastro energetico in Germania è appena iniziato. La situazione peggiorerà, poiché hanno sprecato denaro, risorse e buone infrastrutture per ragioni ideologiche. A Bruxelles e Strasburgo, la Germania ha finito per imporre la sua visione, con l'obiettivo di abbandonare l'energia nucleare per concentrarsi sulle energie rinnovabili, come richiesto da Angela Merkel dal 2006. Purtroppo, questa decisione è un grave errore per l'intera Unione europea, che ha seguito ciecamente la Germania, a maggior ragione da quando la Signora von der Leyen ha assunto la guida della Commissione europea...

Per uscire da un'ideologia errata, dobbiamo prima ammettere di aver commesso un errore. Questo è ciò che ha fatto l'URSS. Finché la Germania non ammetterà un errore – come ha fatto con il nazismo, anche se è ben lungi dall'essere della stessa grandezza e natura – continuerà ad affondare. E anche se riconosce l'errore, le ci vorranno dai 10 ai 15 anni per correggere la situazione. Questo è il motivo per cui l'industria tedesca sta attualmente soffrendo e sta prendendo sempre più in considerazione la possibilità di delocalizzare le proprie attività. L'energia è il motore dell'economia; se il suo prezzo è troppo alto, diventa impossibile essere competitivi. La Germania ha corso due grandi rischi – abbandonare l'energia nucleare e scommettere sulle turbine eoliche – e ha perso tutto. Fortunatamente, la Francia ha iniziato a ricomporsi. Certo, ci sono stati errori nel settore nucleare, come la chiusura di Fessenheim sotto Hollande e Macron, ma lei è stata in grado di correggere la situazione in tempo. D'altra parte, per le energie rinnovabili, la Francia farebbe meglio ad abbandonare l'utopia delle turbine eoliche senza ulteriori indugi se vuole prendere le distanze dalla Germania."

 

Nemmeno la stampa italiana è del tutto immune dal catastrofismo sui destini dell'economia tedesca. Ci riferiamo in particolare al titolone apparso in prima pagina del Sole 24 Ore il 14 agosto: Germania... "Prospettive verso il collasso". Niente meno... Il giorno dopo, dello stesso argomento trattava dettagliatamente, nel silenzio degli altri giornali italiani (ma anche di quelli tedeschi dove il crollo dell'indice Zew veniva riportato utilizzando il lancio della stessa agenzia di stampa usata dal Sole ma senza l'enfasi del quotidiano confindustriale), Mauro Bottarelli su Il Sussidiario.

Vi invito a guardare, nel suo articolo, le ultime previsioni di voto in Turingia.

 

 

Chiarisco per chi non è addentro alla politica tedesca che la Linke è il nuovo nome del partito comunista della Germania dell'est (in Germania ovest il comunismo era fuori legge e ora lo è in tutta la Germania unita, quindi non si può usare la parola "comunista") e che la BSW (Bündnis - ossia Alleanza - Sahra Wagenknecht) è un altro partito comunista (che recentemente si è scisso dalla Linke) ma che, a differenza di quello tradizionale e dei partiti comunisti e post-comunisti italiani, è ostile all'immigrazione incontrollata e alle energie verdi. Se sommiamo i voti previsti a AfD (ostilissima all'immigrazione e alle pale eoliche) con quelli della BSW, in Turingia siamo già alla maggioranza assoluta per i partiti anti-sistema, anche senza contare il 16% previsto alla Linke. I tre partiti della "Coalizione semaforo" che attualmente governa a Berlino arrivano, tutti e tre assieme, al 12% (!). In Turingia si vota tra due giorni. Leggetevi dunque in fretta tutto l'articolo di Bottarelli. Diamo pure per scontato che la Turingia sia un piccolo Land poco popolato e con poche industrie e come tale poco rappresentativo. Ma potrebbe rappresentare il fiocco di neve che origina la valanga. In breve in Italia non ci sarebbe più bisogno di individuare le "aree idonee", che adesso sono in cima (a torto) ai pensieri degli anti-eolici, per piantarci le pale. L'eolico finirebbe all'improvviso nell'armadio della Storia. Sostituito alla ribalta da altri problemi (molto seri) che nel frattempo sono andati maturando ma che finora sono stati tenuti nascosti dalla censura del politicamente corretto.

Che cosa è successo di tanto grave da menzionare ripetutamente, sulla stampa tedesca e su quella italiana, la parola "collasso"? Per saperlo avvaliamoci del solito Paolo Annoni su Il Sussidiario, questa volta nell'articolo dell'undici agosto "Prezzo del gas e politica. L’Europa si riscopre fragile a pochi mesi dall’inverno":

 

"L’Europa negli ultimi due anni non ha fatto altro che discutere di rinnovabili e fantasticare di nucleare di nuova generazione. Il Governo italiano si è accodato e si appresta a varare incentivi per eolico ed solare per miliardi di euro mentre la produzione di gas nazionale è ai minimi da vent’anni. Il problema è che solare ed eolico sono intermittenti e che il costo delle batterie è oltre il proibitivo. Ipotizzando che l’Italia mantenga nei prossimi cinque anni i tassi di sviluppo record delle rinnovabili del 2023/2024, l’unico effetto che si intravede è quello di avere prezzi dell’energia molto bassi in alcune ore della giornata in alcuni mesi dell’anno..."

 

In realtà, come denunciato dai prezzi all'ingrosso dell'elettricità rigorosamente superiori ai 100 euro al MWh anche nelle ore più assolate di agosto (nonostante le fabbriche siano chiuse), per qualche motivo che vorremmo conoscere non è vero neppure questo: i prezzi dell'energia elettrica adesso in Italia li abbiamo alti a tutte le ore di tutti i mesi dell'anno. Ma continuiamo con Annoni:

 

"L’Italia e l’Europa davvero pensano di resistere per i prossimi dieci anni, in uno scenario di guerre commerciali, a crisi energetiche cicliche?... Forse in Italia e in Europa non si leggono i giornali e quindi è sfuggito quello che sta accadendo in Medio Oriente o dall’altra parte del Mediterraneo oppure non sono disponibili le pubblicazioni in cui si fanno i conti sulla produzione di idrogeno verde o sui costi delle batterie e non si è in grado di leggere la provenienza dei pannelli solari."

 

Ma la causa prima del collasso incombente, motore immobile del rallentamento dell'attività produttiva europea, è l'European Green Deal, che si è rivelato un disastro burocratico fin dal suo primo vagito, ed in particolare le incentivazioni alle rinnovabili ed i loro disastrosi effetti. Per questo in Germania si moltiplicano i segnali che i soldi da sperperare per le rinnovabili sono finiti.

Ben più profondo nell'analisi della crisi del sistema produttivo tedesco (ed in scia di quello italiano) era stato Francesco Sassi nell'articolo del 30 luglio sul blog della Rivista Energia "Francia: possibili tagli all’export di elettricità verso l’Italia", che, come aperitivo, ci spiegava perchè in Italia non si importa più, come nei primi mesi dell'anno, il 25% dell'elettricità consumata (uno scandalo senza nome) e (come conseguenza, anche se l'autore non lo dice) perchè i prezzi dell'elettricità in Italia sono ridecollati in luglio oltre quota 110 euro al Mwh (il doppio della media pre-crisi). Poi Sassi ci parlava della Germania:

 

"Per la Germania, la situazione è apparsa ancor più critica, soprattutto nel quadro di incertezza economica e industriale che grava su Berlino. A maggio infatti, lo spread (rispetto alla Francia. Ndr) sul mercato del giorno successivo ha toccato oltre gli €80/MWh, il record da 18 anni a questa parte. Il governo tedesco deve anche fare i conti con l’aumento incontrollato delle fasce orarie con prezzi negativi, riscontrati soprattutto nei mesi estivi. Il costo delle misure di sussidio e sostegno alle rinnovabili è infatti raddoppiato rispetto alle stime iniziali degli stessi operatori. Nel solo 2024 queste si sono avvicinate ai 20 miliardi di euro. Mentre il governo a guida Scholz intende modificare l’intero sistema di sussidi, la situazione che si prospetta con il vicino francese non potrà fare altro che indurre ulteriore instabilità interna. Razionalmente, ci si dovrà aspettare ulteriore pressione al rialzo sui prezzi elettrici tedeschi".

 

Sassi estendeva poi le stesse considerazioni critiche degli errori tedeschi all'Italia:

 

"Come sottolineato in queste pagine, l’aumento esponenziale dei punti di generazione rinnovabile, l’elettrificazione dei consumi e la sostituzione/modernizzazione delle reti, ma anche la loro funzionalità e sicurezza imporrebbero maggiori investimenti nella distribuzione. Costi nell’ammontare di decine di miliardi di euro soltanto nel nostro Paese che faticano a tenere il passo delle necessità di transizione e garanzia di sicurezza energetica."

 

Le conseguenze nefaste dell'aumento dei costi dell'energia elettrica già si vedono in Germania (dove non possono approfittare, a sostegno del PIL, delle ondate di turisti americani che spendono come se non ci fosse un domani). Così, sempre sul Sole, il 31 luglio si poteva leggere in prima pagina il titolo "In Germania giù l'economia e su i prezzi" ad introdurre l'articolo di Isabella Bufacchi "Motore tedesco in panne: contrazione nel secondo semestre".

Ma anche in Italia, lo stesso giorno, nonostante il titolo in prima pagina del Corriere della Sera fosse "Il Pil continua a crescere", nell'articolo all'interno, a firma di Federico Fubini, "Il turismo traina l'economia ma frena la spinta di manifattura e costruzioni. Pesa l'extra costo dell'energia" si poteva leggere di "una crisi dell'industria di cui non si vede l'uscita" e che "Sono tendenze che non avevamo mai visto"...

Adesso in Germania, specialmente nell'ex DDR, la paura inizia ad essere troppa. Paura di immiserire, di non poter più pagare l’affitto o il mutuo, di perdere il lavoro, di fallire, di aver imboccato una via senza ritorno dopo decenni di benessere economico che sembrava non dovesse finire mai. Ma quel che è peggio è che niente e nessuno sembra in grado di dare risposte a queste inquietudini che intanto salgono, inascoltate da Berlino. Ancor meno da Bruxelles, dove, al contrario, aumentano ancor di più le distanze tra i burocrati e la realtà delle cose. Fino a quando, raggiunto un certo punto, le risposte alle inquietudini prenderanno una forma concreta.

La realtà già presenta il conto e in tutta la Germania AfD, oltre a BSW, ricomincia a salire. Oggi nei sondaggi a livello nazionale, assieme, i partiti anti-sistema AfD e BSW sono al 28% (18+10). In attesa che arrivi la crisi vera e, con essa, qualcuno con una ricetta ben più radicale della loro per risolvere in un colpo solo tutti i problemi della Germania. Qualcuno che i tedeschi impoveriti voteranno in massa, come già accaduto in un passato nemmeno troppo remoto, nel pieno rispetto delle regole della democrazia. Conoscete la Storia oppure accettate le falsificazioni della memoria, oltre che della realtà, che ogni giorno vi vengono propinate dalle nostre spregevoli élite globaliste in cerca di guai? 

 

Alberto Cuppini