A Poggio Tre Vescovi siamo intrappolati in un loop temporale, come nel film. Dopo tutte le bocciature dei precedenti progetti eolici a causa degli impatti non mitigabili, riviviamo per l'ennesima volta l'attacco a quello stesso crinale.
La Società BADIA TEDALDA EOLICO S.r.l. ha presentato istanza per l’avvio del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale del progetto “IMPIANTO EOLICO POGGIO TRE VESCOVI”, che prevede l’installazione di una centrale eolica industriale, costituita da 11 aerogeneratori di grande taglia, in Alta Valmarecchia, nel Comune toscano di Badia Tedalda (AR), a ridosso del confine con il Comune di Casteldelci (RN) e il Comune di Verghereto (FC), entrambi in Emilia Romagna.
Nell’area dell’Alta Valtiberina e della Valmarecchia (area appartenente allo storico Montefeltro), con al centro Badia Tedalda (AR), insistono diversi progetti eolici estremamente impattanti che, se fossero realizzati, porterebbero alla modifica irreversibile di questo territorio analogamente a certe aree del sud Italia e della Sardegna, violate e deturpate irrimediabilmente.
Infatti, alle undici pale di 180 m (come 11 grattacieli di 60 piani) del “Poggio Tre Vescovi” devono essere sommate le sette pale di pari altezza dell’impianto proposto dalla società FERA S.r.l denominato “Badia del Vento” che sarebbero issate senza soluzione di continuità nel crinale attiguo e che andrebbero a fondersi in un unico mega impianto eolico.
In aggiunta, a soli 8 chilometri da questi due impianti, è stato presentato dalla stessa Società Fera S.r.l. un altro progetto eolico di grande taglia denominato Passo di Frassineto (anche qui sette pale alte 180 m il cui iter autorizzativo è in corso presso la Regione Toscana come per Badia del Vento).
E ancora altre due pale previste per il Poggio dell’Aquila proposte da Società Orchidea Preziosi S.p.a. e Bigiarini Silvio, una pala per lo stesso Poggio dell’Aquila (proposta da ENIT Sas), sei pale previste per Sestino (impianto di 39.6 MW il cui iter autorizzativo è stato recentemente pubblicato sul sito del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica), l’impianto eolico industriale denominato Badia Wind presentato al Ministero dell'Ambiente dalla società SCS 09 S.r.l. e ancora l’Impianto denominato “Poggio delle Campane” ubicato nel comune di Badia Tedalda (AR) e Sestino (AR) costituito da 8 aerogeneratori di 200 m.
Un muro di sbarramento di oltre 50 pale eoliche di grande taglia a corona di Badia Tedalda ma con impatto nella Romagna, nelle Marche oltre che nella stessa Toscana, in prossimità di aree naturali protette e a ridosso di nuclei storici e beni tutelati che non trova giustificazione alcuna, se non legata al tornaconto economico delle ditte proponenti e dei proprietari terrieri in cui ricadranno le installazioni. Gli stessi impianti saranno visibili in un raggio molto ampio e da posti rinomati in tutto il mondo, come Caprese Michelangelo, Sant’Agata Feltria, Petrella Guidi, Urbino, La Verna, Pennabilli, Borgo Pace, Sansepolcro, ecc.
Le fonti rinnovabili sono certamente una possibilità, da usare però con cognizione e senza distruggere territori dal così alto valore ecologico e paesaggistico ed arrivati pressoché intatti nel corso dei secoli fino ai giorni nostri. La stessa normativa di riferimento, proprio per tutelare le aree naturali e il paesaggio, prevede l’individuazione delle così dette “aree idonee” per le fonti di energie rinnovabili. Il rischio è che attraverso politiche sbagliate si verifichi la stessa situazione vista in diverse zone del sud Italia. Basterebbe considerare i benefici prospettati nelle promesse iniziali delle ditte proponenti a fronte della devastazione perenne di questi territori, già in grave sofferenza come conclamato dagli indici economici e di natalità, per respingere senza esitazioni impianti come quelli che si vogliono realizzare nel Montefeltro.
Bisognerebbe altresì impedire politiche di gestione del territorio come quelle adottate dall’amministrazione del Comune di Badia Tedalda che, pur di ottenere introiti per le compensazioni economiche, porta avanti accordi preliminari con gli stessi interlocutori delle precedenti ditte proponenti che si sono viste in passato bocciare più volte i progetti eolici per gli impatti non mitigabili, a discapito del suo stesso territorio e di quelli limitrofi (si veda l'articolo de La Nazione “Pale eoliche grande affare per noi" Santucci: 700 mila euro all’anno”).
Non è assolutamente concepibile consumare altro suolo, abbattere alberi, rischiare di alterare l’assetto idrogeologico dell’area e sconquassare i fragilissimi crinali del Montefeltro con trivellamenti profondi facendoli diventare groviere riempite con colate di cemento per sorreggere queste torri d’acciaio enormi con i loro rotori di diametro pari all'altezza della cupola di San Pietro. Non è concepibile a maggior ragione avendo in Italia a disposizione due milioni di ettari di superfici per il fotovoltaico, come ad esempio i tetti delle case, dei capannoni, degli edifici pubblici, per non parlare dei parcheggi e delle aree a ridosso dei percorsi autostradali.
Giustificare l’impianto di Poggio Tre Vescovi, come del resto tutti gli altri impianti che insistono in questo territorio, vorrebbe dire giustificare uno scempio sotto il nome di una falsa transizione ecologica, dove per l’asserito abbattimento delle emissioni di anidride carbonica si concretizza l’abbattimento di ettari di bosco (fingendo di non sapere che gli alberi con il loro ciclo vitale assorbono anidride carbonica abbassando la temperatura negli ecosistemi). Non si può inoltre sottacere la distruzione perenne di uno dei paesaggi più belli e rinomati del nostro paese, distruzione che avverrebbe anche se uno solo di questi impianti fosse realizzato.
Ma il dato più importante è che, nonostante il bombardamento mediatico fatto di pale e pannelli in ogni dove, le persone che amano il nostro Paese rabbrividiscono all’idea di vedere distese di pannelli nei terreni agricoli o di pascolo e pale eoliche enormi sui nostri crinali che deturpano come intrusioni aliene scorci suggestivi di aree naturali protette, borghi antichi in pietra, torri medievali, chiese e castelli.
È impensabile infatti che non si consideri quanto l’inquinamento visivo diurno e notturno (ogni pala deve avere una luminosità che la identifica) comporterebbe a danno di chi vive i territori e di tutte le attività turistiche ed escursionistiche connesse, unitamente all’inquinamento acustico, altro elemento di forte impatto, troppo frequentemente sottovalutato.
Crinali Bene Comune e Appennino Sostenibile