Il rapporto Draghi ignora la realtà fisica e geopolitica

Samuele Furfari: "Il rapporto non tiene conto dei principi fondamentali della fisica e dell’economia dei sistemi energetici. Eolico e solare sono fonti energetiche intrinsecamente intermittenti e variabili – due termini vistosamente assenti dal rapporto – che gonfiano significativamente il costo dell’elettricità a causa della necessità di far funzionare il sistema elettrico in modo non ottimale."

 

Come facilmente prevedibile, tutti i giornali in questi giorni parlano della relazione di Draghi (quattrocento pagine di fuffa mainstream scritte in inglese colto), che indica nella decarbonizzazione uno degli strumenti per salvare (salvare da che?) l'Europa. Le pale eoliche, dunque, oltre a "salvare il Pianeta" come finora gabellato, serviranno pure, più modestamente, a "salvare l'Europa". Insomma: una robetta da nulla. Basterebbe solo volerlo: appena 800 miliardi all'anno (da pagare a debito, "debito comune", mi raccomando, da lasciare in eredità alle future generazioni) che secondo Draghi dovranno essere spesi. Che saranno mai 800 miliardi all'anno, per "salvare l'Europa"...

Queste le parole di Draghi: "Se non vogliono continuare ad arretrare in un contesto internazionale in rapida evoluzione, la Ue e i suoi Stati membri devono agire e smetterla di procastinare, di rinviare le decisioni che devono essere prese, nell'illusione di preservare il consenso degli elettori. La Ue deve agire per riformarsi, se non vuole spegnersi in una lenta agonia".

Premesso che ci fa piacere che il principale araldo della finanza globalizzata in Europa finalmente ammetta, come da noi sostenuto da molto tempo, che l'Unione europea versa in uno stato agonico, facciamo notare, con meno piacere, che "prendere decisioni che devono essere prese" ignorando di fatto "il consenso degli elettori" iscrive Draghi al partito dei sostenitori dell'eco-autoritarismo. Scrivono a questo proposito Juan Pablo Osornio e Byford Tsang del Carnegie Endowment for International Peace:

"I sostenitori più radicali dell’eco-autoritarismo sostengono che la gravità della crisi ambientale richiede che le élite tecnocratiche o “despoti illuminati” all’interno di governi altamente centralizzati portino avanti le riforme economiche necessarie restringendo la libertà degli individui".

Vi risparmio gli articoli (come al solito encomiastici e servili con Draghi) dei giornaloni e passo ai commenti dei soliti bastian contrari.

L'articolo che, dovendo proprio sceglierne uno, vi consiglio di leggere con la massima attenzione è quello di Samuele Furfari, autore ben conosciuto da chi segue l'edicola della Rete della Resistenza sui Crinali, pubblicato ieri sul sito web della Rivista Energia: Errori e limiti del rapporto Draghi sull’energia, che così sottotitola: "Il rapporto sulla competitività dell’Unione Europea redatto da Mario Draghi mostra numerosi limiti ed errori per quanto riguarda l’energia. Pone eccessiva attenzione alle rinnovabili, che sono concausa del calo di competitività, e trascura fonti cruciali come nucleare, petrolio e gas, così come le implicazioni di geopolitica."

Vi leggiamo:

"Il tanto atteso rapporto Draghi affronta numerose questioni che attualmente ostacolano la competitività europea, tra le quali la politica energetica dell’ultimo decennio. Purtroppo, questo documento destinato a guidare il futuro economico dell’UE ne sostiene principalmente la continuazione, auspicando un aumento dei finanziamenti pubblici. Se queste raccomandazioni verranno adottate, rischieranno di indebolire ulteriormente la vitalità economica e la sicurezza energetica dell’UE, con un impatto minimo sulle emissioni globali. Il ritardo nella pubblicazione del Rapporto a dopo le elezioni europee ha sollevato preoccupazioni sulla trasparenza democratica. I cittadini europei avrebbero dovuto conoscere queste informazioni prima di esprimere il proprio voto. Questo rinvio (intenzionale?) ha privato il discorso pubblico di un esame cruciale delle nostre future politiche energetiche e industriali. Se il rapporto fosse stato pubblicato in tempo, avrebbe probabilmente influenzato l’esito delle elezioni, data la sua critica alla preoccupante situazione creata dalle istituzioni europee. È infatti molto probabile che il rapporto venga sfruttato da Ursula von der Leyen per ampliare la portata del Green Deal".

Su questa faccenda della dubbia trasparenza democratica delle elezioni europee - e soprattutto dei dubbi esiti democratici di quelle medesime elezioni, che ieri, con la pubblicazione dell'elenco dei nuovi commissarti europei, hanno visto premiati gli sconfitti - ci dovremo tornare sopra. Ma proseguiamo con qualche altro significativo passaggio di Furfari (che dovete assolutamente leggere integralmente sul sito web della RE):

"Il rapporto sottolinea correttamente che “le imprese dell’UE devono ancora far fronte a prezzi dell’elettricità da due a tre volte superiori a quelli degli Stati Uniti e a prezzi del gas naturale da quattro a cinque volte superiori”. Tuttavia, invece di trarre le dovute conclusioni dalle carenze della politica energetica europea, rimane fermo nella sua ricerca di una transizione verde forzata... In questo modo, il rapporto non tiene conto dei principi fondamentali della fisica e dell’economia dei sistemi energetici. Eolico e solare sono fonti energetiche intrinsecamente intermittenti e variabili – due termini vistosamente assenti dal rapporto – che gonfiano significativamente il costo dell’elettricità a causa della necessità di far funzionare il sistema elettrico in modo non ottimale."

Proseguiamo la rassegna stampa con Sergio Giraldo, che nell'articolo pubblicato il 10 settembre da La Verità "Ecco come l'asse Italia-Germania può cambiare il futuro dell'auto", dedicato al possibile bando del bando (un bando al quadrato) dei motori termici, chiosava ironicamente a proposito del piano di Draghi: "Un altro piano, in effetti mancava". Scriveva Giraldo:

"Le difficoltà tedesche sono sia di consenso politico alla transizione, man mano che questa appare nella sua natura creatrice di disuguaglianze e di costi pesanti, sia industriali. La difficoltà della transizione verso l'auto elettrica è stata abbondantemente sottovalutata da tutti gli attori".

Quanto meno... E non solo la transizione verso l'auto elettrica: anche quella verso la società multietnica e multiculturale (e chi più ne ha più ne metta) non ha scherzato in fatto di sottovalutazione delle difficoltà...

Poi Paolo Annoni, nell'articolo su Il Sussidiario del 10 settembre "Rapporto Draghi/ L'insostenibile sogno green a spese dell'Italia":

"Vista da fuori l’unica cosa certa di questa ricetta sono i costi. Non solo. Sappiamo che né gli Stati Uniti, né la Cina, né le medie potenze hanno intenzione di intraprendere lo stesso percorso green dell’Europa...  Trasformare completamente un sistema energetico, che è la base del sistema industriale, comporta costi colossali per le reti, richiede nuove miniere, metalli, nuove catene di fornitura. Investimenti e debito sostengono l’economia, ma poi presentano il conto. L’abbiamo imparato negli ultimi due anni con una fase inflattiva che non si vedeva da 40 anni e con i bilanci pubblici sotto pressione... l’Unione deve concepirsi “povera”, oggi invece annuncia al mondo di essere in crisi, ma di volersi permettere lussi che molti altri non si vogliono permettere... Il sogno europeo, un piano di investimento triplo rispetto al piano Marshall, sarà, in ultima analisi, garantito dai risparmi degli europei, chiamati, volenti o nolenti, a garantire il piano della Commissione."

Infine Mauro Bottarelli (e non solo su Draghi: si legga anche della truffa delle pensioni integrative, della crisi incombente delle banche europee per i crediti immobiliari e dello "sprofondo dell'ultimo dato di produzione industriale" in Germania, da noi segnalato nell'ultima edicola RRC) nell'articolo La bolla del mattone che preoccupa l’Europa:

"Non a caso, chi è tornato fuori di colpo dopo mesi di esilio silente e dorato in quel di Città della Pieve? Mario Draghi con la sua agenda di riforme per salvare l’Europa dall’estinzione economica, nulla più che un colossale indebitamento comune che farà la gioia di Alternative fur Deutschland in vista del voto in Brandeburgo del 22 settembre".

A proposito: indovinate chi è in testa nei sondaggi in Brandeburgo per il voto di domenica.

 

Alberto Cuppini