Cacopardo: "Formazioni politiche prive di caratura adeguata alle necessità e di gruppi dirigenti all'altezza dell'appuntamento prossimo con la storia".
L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.
Oggi la nostra edicola di contro-informazione sulle rinnovabili elettriche sarà di contro contro-informazione. La contro-informazione, come suo vezzo, la fornisce Domenico Cacopardo su Italia Oggi nell'articolo, consultabile in linea sul sito web, che abbiamo scelto tra quelli che stamattina ci sono capitati sott'occhio. Per chi non avesse voglia di leggersi tutto l'articolo di Cacopardo (pieno di alcuni interessanti spunti controcorrente e di qualche esibito sproposito sopra le righe) riassumiamo l'oggetto del contendere.
I giornaloni italiani, soprattutto quelli di proprietà confindustriale (ma anche agnelliana), sono (a giusta ragione) preoccupatissimi dal dilemma draghiano "pace o condizionatori", versione buonista della retorica cattivista del "burro o cannoni" di mussoliniana memoria. Altri tempi, altre mode, ma stessa retorica semplificatoria e facilona che la Storia, nel caso di Mussolini, ha provveduto a condannare. Cacopardo è draghianamente convinto che eliminare il consumo europeo di gas russo permetterebbe di tagliere la linfa necessaria al finanziamento della guerra in Ucraina. Qualcun altro la fa ancora più semplice. Stefano Feltri, nel suo editoriale di oggi in prima pagina del Domani di cui è direttore, propone di continuare a usare il gas russo ma di non pagarlo perchè, tanto, Putin non avrebbe alternative di vendita, almeno nel medio periodo.
Ma leggiamo direttamente Cacopardo da Italia Oggi:
"Ora, bisognerebbe ragionare anche di sospensione dell'import di gas e petrolio russi, una ipotesi che terrorizza il presidente di Confindustria, sostenitore di una autonoma imposizione (italiana) di un prezzo massimo per queste «hard commodities» e che invece è stata approfonditamente esaminata dai più qualificati centri studi europei (francesi e università di Bonn e di Colonia), tra i quali non è compresa l'attualmente decaduta Banca d'Italia... Va considerato che i vari centri di ricerca che se ne sono occupati, definiscono conseguenze limitate e gestibili per il combinato disposto delle riserve in essere, un anno di autonomia, e i nuovi flussi che si stanno contrattualizzando."
Sarà. La citazione ad adiuvandum delle ricerche econometriche del professor Krugmann, guru economico del New York Times e perciò politicamente correttissimo, non ci rassicura affatto. Prosegue Cacopardo, con un eccesso di populismo:
"Si parla di perdite del pil nell'ordine di un range tra lo 0,5 e il 3% che impauriscono Berlino, la stessa Berlino che impose alla Grecia una politica di rigore così dura da determinare tagli del pil dell'ordine del 22%."
Non sappiamo se con "perdite del Pil" si faccia riferimento ad una riduzione delle previsioni di crescita da nuovo miracolo economico che erano state ritenute - chissà poi perchè - ovvie e naturali fino a poche settimane fa, oppure, più seriamente, se si sottenda un Pil negativo nel 2022 per quell'ordine di grandezza. Entrambe le ipotesi ci sembrano però ottimistiche alle condizioni attuali, anche senza taglio del consumo di gas russo, a meno di ipotizzare una miracolosa cessazione istantanea delle ostilità. L'embargo del gas proveniente dalla Russia ed i suoi effetti demoltiplicativi innescherebbero una retroazione negativa sul Pil difficilmente quantificabile, ma verosimilmente di entità esplosiva, analoga alla contrazione del Pil russo in seguito alle sanzioni.
Ai danni della deflagrazione dei costi energetici, che hanno cominciato a svelare i propri effetti sull'industria manifatturiera europea solo nel primo trimestre del 2022, ed a quelli delle sanzioni, che contraggono fatturati e danneggiano le supply chain globali, si aggiungerebbe infatti il danno auto-inflitto di un volontario embargo di fonti di energia non sostituibili in alcun modo nel breve periodo. Tutto considerato, l'entità dell'ipotizzata riduzione del Pil europeo, ed in particolare di quello tedesco ed italiano, appare perciò grottescamente sottostimata. A ciò si aggiungerebbe il serissimo dubbio che tale embargo sul gas avrebbe davvero effetto, sempre nel breve periodo, sulle decisioni di Putin di perseverare nel proprio avventurismo bellico.
Non possiamo inoltre evitare di rilevare un forte indice di correlazione tra chi prospetta l'auto-flagellazione della rinuncia al gas russo ed i sostenitori della decrescita felice o della deindustrializzazione del Paese.
In realtà, come da noi più volte sostenuto, la vera soluzione per la guerra e per la crisi economica da costi energetici sta a monte, ossia nella rinuncia alla decarbonizzazione accelerata:
Qui si continua a negare che a provocare il disastro dei prezzi dell'energia sia stata l'eccessiva fretta nel giungere alla "decarbonizzazione integrale", ed a volerci arrivare attraverso il meccanismo Ets ed una iper-incentivazione delle Fer non programmabili, tutte iniziative politiche che hanno provocato l'abbandono degli investimenti nelle fonti fossili, quelle stesse che ora si stanno rivelando insufficienti. E così adesso, essendosi spinti troppo avanti tutti i vertici politici europei (a partire dalla presidente della commissione Ue Von der Leyen), nessuno ha il coraggio anche solo di suggerire che - forse - sarebbe il caso di procrastinare il piano della "transizione energetica".
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Eppure basterebbe dichiarare di voler sospendere (anche solo momentaneamente) il sistema Ets per fare esplodere la bolla dei prezzi e spazzare via gli speculatori di tutto il mondo che, attraverso questo cervellotico sistema (si legga: "EU ETS, un mercato fatto per attirare speculatori"), hanno scommesso contro l'economia europea con la sicurezza di vincere. Altro che PPA con garanzie statali. Altro che proporre un embargo suicida, già nei prossimi mesi, sul gas russo. Sospendere all'improvviso il sistema Ets, oltre a riportare su livelli normali le quotazioni dell'elettricità in Europa, spezzerebbe pure le reni allo sforzo bellico dei russi in Ucraina, riducendo drasticamente i loro introiti finanziari.
I dati sono inequivocabili. La prova provata che l'assoluta eccezionalità di questo livello dei prezzi risiede nella speculazione e non nei fondamentali viene dal PUN, che nei pomeriggi dei giorni festivi precipita, tornando a livelli pre-crisi. I fondamentali non giustificano l'attuale livello dei prezzi, ma pesano piuttosto le aspettative paventate per il futuro. E' dunque necessario un cambio di rotta.
Oltre all'immediata sospensione del meccanismo Ets è poi opportuna una riflessione più profonda. Cacopardo, parlando delle prospettive dell'Italia a conclusione del suo articolo, si lamenta della presenza di "formazioni politiche prive di caratura adeguata alle necessità e di gruppi dirigenti all'altezza dell'appuntamento prossimo con la storia". E' vero. Tale critica va però estesa alla classe dirigente europea emersa dopo la caduta del muro di Berlino.
Si prenda atto che tutte le politiche dell'UE - non solo in campo energetico, ma anche in quello della politica estera e della (non) difesa - seguite da quel momento sono andate nella direzione sbagliata. Il segnale politico da dare al mondo deve essere fortissimo. Per cominciare sarebbe necessaria l'immediata sostituzione delle due principali responsabili del disastro dell'esplosione dei prezzi energetici - la Von der Leyen e la Lagarde - e l'abbandono dell'European Green Deal e di tutte le altre bambinate elaborate durante i fughini di massa del venerdì. Per citare Togliatti: "Fuori i pagliacci dal campo di battaglia".