Approvate ieri dalle commissioni della Camera garanzie statali per i PPA, a vantaggio dei produttori di rinnovabili. Rischio di implementare meccanismi distorsivi e causare effetti contrari a quelli che si vorrebbero realizzare e, soprattutto, rischio di socializzazione di ulteriori costi in capo ai cittadini.
L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.
"Elettricità a prezzi calmierati per gli energivori, una decisa sterzata sugli iter autorizzativi... E ancora, semplificazioni ulteriori anche per le infrastrutture elettriche... Sono queste alcune delle novità contenute nel pacchetto degli emendamenti approvati nella nottata di ieri (venerdì. Ndr) al decreto bollette dalle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera... Tra i correttivi approvati, figura innanzitutto la parziale destinazione (fino al 60%) dell'energia, ritirata dal Gse da produttori di rinnovabili mediante contratti di ritiro e vendita di almeno tre anni, con prezzi agevolati prioritariamente a clienti industriali energivori."
Stiamo parlando, tanto per chiamare le cose col loro nome, della concessione di garanzie statali a contratti PPA per l'energia elettrica prodotta da impianti a fonti "rinnovabili". Così Celestina Dominelli e Marco Mobili nell'articolo, che segnaliamo oggi (sabato 9 aprile), sul Sole 24 Ore, dall'esultante titolo "Spinta sulle rinnovabili del Gse / Nuovi impianti senza burocrazia", annunciato addirittura in prima pagina, come se l'economia italiana, in questi giorni, non avesse altro a cui pensare.
In realtà il testo dell'articolo non è altrettanto esultante. Gli autori parlano di "fattibilità tecnica particolarmente complessa" (quanto meno...) di questa "mossa" e aggiungono che "non è stata accolta con favore dall'Associazione dei grossisti di energia e trader (Aiget) e da Efet."
Riportiamo dal comunicato diffuso dalle due associazioni:
“occorre promuovere la conclusione di Power Purchase Agreement (Ppa) a lungo termine da parte di soggetti diversi dal GSE, in particolare grossisti e clienti finali, soggetti che possono gestire la vendita dell'energia rinnovabile in maniera efficiente e all'interno delle dinamiche e delle regole del mercato libero... Quelle proposte – si fa riferimento agli emendamenti di Benamati (PD) e Crippa (M5S) - vanno decisamente contrastate a causa del doppio effetto che possono provocare e cioè incrementare i costi in bolletta per la grandissima parte dei clienti finali e distruggere la concorrenza nel mercato libero... Già in passato il Gse non si è dimostrato particolarmente efficiente nella gestione dell'energia prodotta da fonti rinnovabili; inoltre affidare a Gse la commercializzazione di una quota così rilevante dell'energia rinnovabile italiana avrebbe un forte impatto sul mercato dell'energia, sottraendo tra l'altro anche volumi importanti alla contrattazione nei mercati, riducendone la liquidità e quindi aumentando di fatto prezzi e volatilità su questo importante segmento".
Molte di queste considerazioni erano state fatte proprie dal senatore, e responsabile energia della Lega, Paolo Arrigoni, che deve avere finalmente capito, a disastro avvenuto, che tutte queste guarentigie concesse alle Fer elettriche, oltre a cagionare costi schiaccianti, stanno distorcendo il mercato dell'energia in modo insostenibile per le imprese e i cittadini italiani.
Su posizioni analoghe anche Energia Libera, che in una nota aveva individuato due tipi di rischi: il primo è “implementare meccanismi distorsivi e causare effetti contrari a quelli che si vorrebbero realizzare”. Il secondo è “il rischio di socializzazione di ulteriori costi in capo ai cittadini."
Qualcuno forse ricorderà la nostra audizione del 25 novembre 2019 proprio davanti alla commissione Attività produttive della Camera per l’indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia Energetica Nazionale al Piano Nazionale Energia e Clima per il 2030, quando avevamo profeticamente sostenuto, circa i PPA:
"Il PPA è un contratto di acquisto dell'energia, sul libero mercato, che un acquirente offre al produttore al fine di ottenere alcuni vantaggi reciproci. Fin qui niente di male: i PPA sono già in uso anche in Italia. Il male compare quando si comincia a parlare di incentivarli "attraverso una garanzia pubblica", magari non sul prezzo, perchè sarebbe troppo sfacciato, ma, ad esempio, intervenendo d'imperio fissando quantità obbligatorie, la qual cosa porterebbe comunque, sebbene indirettamente, ad una garanzia sul prezzo.
Il rischio è che si spalanchi un pozzo senza fondo, così come già accaduto in passato, quando il Governo aveva prestato un'analoga garanzia pubblica per i certificati verdi (CV). Quella sciagurata esperienza, anch'essa animata inizialmente da tante belle intenzioni, deve servire da monito per il futuro. La garanzia pubblica rappresentò il vulnus che avrebbe distrutto definitivamente la logica stessa del sistema dei CV (che erano anch'essi contratti di acquisto tra privati) ed aperto le cateratte degli incentivi senza fine all'eolico, facendo alla fine carico allo Stato (attraverso il Gse) di acquistare i CV prodotti in eccedenza ad un prezzo altissimo e predeterminato. Fin dall'inizio il sistema cominciò a vivere di vita propria e da allora avrebbe proceduto, auto-alimentandosi, secondo logiche eterodosse, con i disastrosi risultati che ben conosciamo e concludendosi con la conversione forzosa (di dubbia legittimità) dei CV in incentivi diretti equivalenti, che stiamo ancora pagando.
Lanciamo qui l'allarme per contrastare con il massimo vigore questo tentativo di introdurre un cavallo di Troia, in grado di fare gonfiare ancor di più gli oneri - già oggi insopportabili - a carico dei cittadini. A prescindere dal tipo dell'eventuale misura che il Governo vorrà adottare per ricoprire l'Italia di pannelli e di pale eoliche al fine di raggiungere i propri obiettivi di produzione di energia elettrica (inutile, se non dannosa, perché non programmabile), quello che importa sapere è che, dopo il 2020, l'incentivazione, anziché essere diretta, come avviene adesso con il sistema delle aste competitive, rischia di tornare ad essere indiretta, per meglio nasconderne i costi agli utenti ma soprattutto per eliminare i tetti di spesa, come all'epoca dei certificati verdi."
Ora il tentativo di colpo di mano che ci si doveva attendere, come da noi allora denunciato alla Camera, si è concretizzato ieri proprio in quella stessa alta sede istituzionale.
La replica di Benamati alle critiche era stata che "la nostra proposta è un potente strumento per calmierare prezzi". Secondo il deputato PD membro della commissione Attività Produttive, "occorre rilasciare energia elettrica in proprietà dello Stato, tramite il Gse, ai settori produttivi con prezzi calmierati e congruenti ai costi di acquisizione (intervento simile a quanto sta facendo la Francia) e creare meccanismi che favoriscano la penetrazione delle energie rinnovabili riversando però sui consumatori i vantaggi dei costi di produzione più contenuti (come per altro avviene in Spagna)". A parte il fatto che i concetti di prezzi "congruenti" - o "coerenti" o come li si voglia definire nel vocabolario buonista - sono una aberrazione della nozione stessa di libero mercato, la realtà smentisce le belle intenzioni del duo Benamati e Crippa. La Spagna e la Francia, che secondo Benamati hanno già adottato queste misure, soffrono dei nostri stessi mali derivanti da prezzi elettrici insostenibili.
Qui si continua a negare che a provocare il disastro dei prezzi dell'energia sia stata l'eccessiva fretta nel giungere alla "decarbonizzazione integrale", ed a volerci arrivare attraverso il meccanismo Ets ed una iper-incentivazione delle Fer non programmabili, tutte iniziative politiche che hanno provocato l'abbandono degli investimenti nelle fonti fossili, quelle stesse che ora si stanno rivelando insufficienti. E così adesso, essendosi spinti troppo avanti tutti i vertici politici europei (a partire dalla presidente della commissione Ue Von der Leyen), nessuno ha il coraggio anche solo di suggerire che - forse - sarebbe il caso di procrastinare il piano della "transizione energetica".
Con la (errata) certezza che non ci saranno modifiche sostanziali nelle politiche europee sul "green", in Italia si continua perciò come al solito, cercando di garantire quante più rendite possibili alle proprie clientele.
Eppure basterebbe dichiarare di voler sospendere (anche solo momentaneamente) il sistema Ets per fare esplodere la bolla dei prezzi e spazzare via gli speculatori di tutto il mondo che, attraverso questo cervellotico sistema (si legga: "EU ETS, un mercato fatto per attirare speculatori"), hanno scommesso contro l'economia europea con la sicurezza di vincere. Altro che PPA con garanzie statali. Altro che proporre un embargo suicida, già nei prossimi mesi, sul gas russo. Sospendere all'improvviso il sistema Ets, oltre a riportare su livelli normali le quotazioni dell'elettricità in Europa, spezzerebbe pure le reni allo sforzo bellico dei russi in Ucraina, riducendo drasticamente i loro introiti finanziari.
Invece, continuando ad affidarci alle proposte demagogiche dei Benamati e dei Crippa (che oltre tutto sono - in senso relativo, ovviamente - i migliori specialisti dei loro rispettivi partiti) per favorire eolico e fotovoltaico, ci garantiamo che il disastro dei costi insostenibili dell'elettricità sia assicurato per altri anni ancora, Putin o non Putin.
Scioccante l'osservazione alla fine dell'articolo del Sole:
"Con gli emendamenti approvati ieri, arriva poi anche l'ok alla Strategia nazionale contro la povertà energetica".
Riassumiamo dunque gli ultimi passaggi, opera degli inesausti pianificatori "green":
1) Strategia Energetica Nazionale.
2) Piano Nazionale integrato Energia e Clima.
3) European Green Deal.
4) Strategia nazionale contro la povertà energetica.
Ovvero:
- In Italia si sono spesi una valanga di miliardi per incentivare le Fer elettriche non programmabili,
- le emissioni clima-alteranti globali sono aumentate a dismisura e
- adesso siamo pure costretti ad elaborare una "Strategia nazionale contro la povertà energetica".
Si è partiti dalla "Strategia Energetica Nazionale" nel 2017 e si è arrivati, già nel 2022, alla "Strategia nazionale contro la povertà energetica". Il cerchio si è chiuso in meno di 5 anni: niente male davvero.
Ci auguriamo, se non altro, che, alle prossime elezioni, i cittadini ridotti alla povertà energetica non rinnovino il voto ai partiti di Benamati e di Crippa.