La Confindustria per salvare le "rinnovabili" è diventata comunista!

In prima pagina sul Sole 24 Ore di oggi: "In novembre saremo costretti a convocare un vertice europeo straordinario per nazionalizzare in tutta l'Unione produzione e distribuzione di energia."

 

 

 

Ecco che cosa si può leggere oggi sulla prima pagina dell'autorevole quotidiano confindustriale Il Sole 24 Ore sotto il titolo "La casa brucia, non servono solo parole":

 

"Di questo passo in novembre saremo costretti a convocare un vertice europeo straordinario per nazionalizzare in tutta l'Unione produzione e distribuzione di energia: in giro si respira esasperazione per la nota lentezza delle decisioni a 27. Esagerazione? Di certo, mentre la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, pronuncia davanti al parlamento di Strasburgo il discorso sullo stato dell'Unione, fuori la casa brucia. E nessuno riesce a spegnere l'incendio."

 

L'allarmatissima autrice del brano ("Questa volta si gioca davvero col fuoco: proteste sociali, desertificazione industriale, recessione sono dietro l'angolo") non è un'adolescente gretina, ma Adriana Cerretelli, una delle migliori giornaliste italiana (cosa che, in sè, non è un grande complimento, vista la qualità media non eccelsa delle sue colleghe). Ci fa piacere che l'autorevole Sole 24 Ore sia arrivato, con appena un anno di ritardo, alle nostre stesse conclusioni.

La Cerretelli osserva che la Germania sta nazionalizzando l'Uniper e "riorienta 67 miliardi di fondi Covid verso le imprese del settore per scongiurarne il fallimento. A Parigi soffia lo stesso vento... In Belgio stessi progetti":

 

"Europa a ritroso. Non solo resuscitano monopoli pubblici e dirigismo economico nell'Unione che li aveva abbattuti con le liberalizzazioni degli Anni '90 per fare il mercato unico ma la tenuta di quel mercato barcolla sotto il peso delle iniezioni continue di aiuti di Stato e conseguenti distorsioni di concorrenza tra i paesi con larghi margini di bilancio e quelli che ne hanno pochi o nulli, Italia tra gli altri."

 

All'autrice (la quale, come il presidente della Confindustria Bonomi, crede che la soluzione del problema sia la fissazione di un tetto al prezzo del gas) sfugge del tutto la causa prima, motore immobile, dell'attuale crisi energetica. Il problema di fondo è che la politica "green" europea ha volutamente distorto i mercati con una pazzesca politica di piano, per fare dell'Europa "il primo continente climaticamente neutro entro il 2050", che fa impallidire i piani quinquennali di Stalin e il Grande Balzo in Avanti e la Rivoluzione Culturale di Mao, tanto amati dall'attuale gerontocrazia italiana ai tempi della spensierata gioventù.

Qui si continua a credere che esistano energie "alternative" che in realtà non sono tali e si continua ad aumentare deliberatamente il prezzo e si diminuisce l'offerta delle energie "nere" (come vengono definite da alcuni sciagurati in questa campagna elettorale) per favorire quelle "verdi", che pure necessitano delle altre perchè non sono programmabili e, proprio in quanto tali, non sono "alternative". Intanto le indispensabili fonti fossili vengono ovviamente a mancare siccome nessuno investe più in impianti destinati a diventare presto fuori legge.

Davvera curiosa la coincidenza delle conclusioni dell'analisi del Sole con quelle di uno studioso di radici (anche genetiche) marxiste-leniniste come Giuliano Garavini.

Proponiamo di seguito la parte finale del suo articolo sul Fatto Quotidiano di lunedì scorso "La crisi insegna: l’energia deve diventare un settore pubblico", che sottotitolava: "Gli enormi aiuti statali dovranno comportare il controllo dei prezzi e la pianificazione degli investimenti in rinnovabili. Il mercato interno ha fallito nel compito":

 

"Una volta che cittadini e imprese in difficoltà si renderanno conto dell'alluvione di denaro pubblico usata per tenere in piedi società energetiche che non hanno garantito la sicurezza degli approvvigionamenti e non hanno investito in rinnovabili, cominceranno a chiedersi se i loro sacrifici sono ricompensati. Allora i Governi dovranno decidere tagli agli stipendi dei manager, blocco dei dividendi, vincoli agli investimenti verdi, persino la partecipazione statale in società energetiche in crisi. In principio, tutto questo è ancora compatibile con il "libero mercato dell'energia" Ue. ,Però, una volta introdotti tetti ai prezzi delle bollette, negoziazione comuni con fornitori "amici", margini di profitto imposti, vincoli agli investimenti, nazionalizzazioni etc., qual è la differenza tra il libero mercato e un comparto sotto controllo statale? L'ultimo passo è solo il massiccio ritorno dello Stato nella produzione di energia rinnovabile, nella pianificazione degli investimenti e nella politica dei prezzi."

 

Anche Garavini Jr. deduce che, se si insiste con le rinnovabili e con la pianificazione imposta dall'Europa, sarà inevitabile nazionalizzare il settore dell'energia, magari questa volta addirittura "con imprese pubbliche non nazionali ma europee", a ennesima testimonianza dell'involuzione dell'UE, che si sta trasformando di giorno in giorno sotto i nostri occhi nell'URSS europea.

Gli amici della Confindustria credono davvero che le politiche di piano della UE e le conseguenti, inevitabili nazionalizzazioni si limiteranno al settore dell'energia? Gli imprenditori italiani sono davvero disposti al suicidio collettivo per l' "European Green Deal"?

 

Alberto Cuppini