Carlo Stagnaro: "In Parlamento sono in discussione emendamenti finalizzati a far entrare lo stato a gamba tesa sui mercati dell'energia: non ha senso sostituire il mercato quando funziona, come nel caso degli accordi di lungo termine per la produzione di energia rinnovabile".
L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.
Sul Foglio di oggi, nell'articolo annunciato già in prima pagina che abbiamo scelto per la nostra edicola, Carlo Stagnaro prova a spiegare, tra le altre cose, perchè fissare un cap al prezzo del gas sia non solo inefficace ma addirittura dannoso, i motivi per cui la proposta di installare 60 GW di fonti rinnovabili in tre anni è "insultante", come funziona il meccanismo della formazione dei prezzi dell'energia in Borsa e, last but non least, i danni provocati da "interventi raffazzonati", come gli emendamenti attualmente in discussione in Parlamento per "far entrare lo stato a gamba tesa" negli accordi a lungo termine per la produzione di energia rinnovabile.
Piatto molto ricco, dunque. Consiglio perciò gli interessati desiderosi di chiarirsi un po' le idee (escluse quindi le gretine, che oltre tutto leggono solo i social) di comperare il Foglio oggi in edicola, se non altro perchè l'articolo di Stagnaro, fitto fitto, occupa un'intera pagina del quotidiano. Noi ci limitiamo a riproporre il passaggio concernente l'ultimo argomento, di stretta attualità, tra quelli da noi elencati, ovvero il tentativo dei lobbysti delle rinnovabili di concedere garanzie statali indirette agli "accordi di lungo termine per la produzione di energia rinnovabile" (ossia i PPA), di cui parlavamo proprio nella nostra edicola di ieri:
"Pensare che, cambiando il meccanismo di pricing, avremmo prezzi di equilibrio molto diversi da quelli attuali significa non aver capito né il funzionamento della Borsa, né le ragioni dell'attuale situazione. Anche per questo, se una riforma ben disegnata del sistema non può risolvere la situazione contingente, tanto meno potranno farlo interventi raffazzonati. In Parlamento sono in discussione emendamenti finalizzati a far entrare lo stato a gamba tesa sui mercati dell'energia: non ha senso sostituire il mercato quando funziona, come nel caso degli accordi di lungo termine per la produzione di energia rinnovabile che già oggi vengono ordinariamente stipulati tra grandi consumatori e produttori verdi. Ci sono innumerevoli esperienze che coinvolgono l'industria nazionale sotto questo punto di vista. Il tentativo di tornare a un interventismo cervellotico non è nell'interesse di nessuno."
Noi seguiamo da lungo tempo il lavoro di Carlo Stagnaro. E' stato per anni il più spietato e convincente fustigatore delle "rinnovabili" salvifiche (il fotovoltaico e l'eolico), poi è stato chiamato come consulente dall'allora ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi. Grandi furono allora le nostre speranze. L'esperienza ministeriale, invece, lo ha progressivamente istituzionalizzato, privandoci di una delle voci più caustiche contro il culto pagano delle rinnovabili.
Ci rammarica leggere nel suo articolo di oggi: "In primo luogo (l'Europa) deve ridefinire gli obiettivi della politica energetica, mantenendo la barra ferma verso la decarbonizzazione".
Lo Stagnaro pre-ministeriale si sarebbe fatto beffe del termine "decarbonizzazione" (per non parlare poi di decarbonizzazione "integrale") come, all'avvento dell'altra parola magica, si faceva beffe del termine "Energiewende" (in tedesco: transizione energetica). Lo Stagnaro d'antan avrebbe sbranato, a maggior ragione, chi avesse osato parlare di "continente climaticamente neutro" e di "transizione ecologica".
Va da sè che preferivamo lo Stagnaro pre-Mise, anche se ci rendiamo conto che, tra le altre cose, mai e poi mai avrebbe potuto scrivere le cose che scriveva allora per il Foglio di oggi, che in questi ultimi mesi ha addirittura superato La Repubblica nel servilismo acritico verso le rinnovabili non programmabili.
Ma non siamo del tutto sicuri che barattare la propria indipendenza di giudizio per ottenere visibilità, e una platea di referenti che prima mancava, sia stata una buona scelta. Indurre a credere che la politica di decarbonizzazione, a patto di affidarsi al libero mercato e non farla fare allo Stato, sia una soluzione praticabile è cosa persino più dannosa dell'altra.