Un PNIEC oltre i confini della realtà

Chicco Testa: "Più che contestare cifre chiaramente fuori da ragionevoli prospettive vale la pena di cercare di capire come sia possibile che persone del tutto ragionevoli ed esperte che siedono nei ministeri e nei centri di ricerca pubblici possano produrre cifre tanto lunari. Purtroppo la spiegazione è molto semplice: ce lo chiede l'Europa."

 

Scegliendo fior da fiore, segnaliamo qualche articolo fuori dal coro tra le decine di inutili (e ipocriti) commenti che oggi sono stati pubblicati sul nuovo piano energetico (PNIEC) appena inviato a Bruxelles.

Cominciamo dal migliore, quello di Chicco Testa su Il Foglio, che dovrete correre ad acquistare in edicola. Oppure, se non fate in tempo, lo potrete leggere on-line in abbonamento sul sito web del Foglio. Si tratta di "Così il Green deal condanna l'Italia a perseguire obiettivi irraggiungibili", che esordisce in modo eloquente:

"Gli obbiettivi del precedente piano non sono stati realizzati perché chiaramente irrealistici... i nuovi obbiettivi stabiliti per il 2030 sono altrettanto e forse ancor più chiaramente irrealizzabili. Non alcuni, ma tutti".

Non si tratta di una grande novità. Dell'irrealtà del precedente PNIEC avevamo già parlato noi stessi durante l'audizione alla Camera nel 2019:

"Tutti i numeri del PNIEC afferenti ai costi vengono dati a braccio e con la massima superficialità."

Nella nostra analisi di cinque anni fa (qui il documento integrale allora consegnato alla Commissione Attività produttive) eravamo stati facili profeti.

Prosegue Testa nel suo articolo di oggi (il grassetto è nostro):

"I consumi di energia primaria dovrebbero scendere del 30% in 6 anni. Ipotesi possibile solo se si manifestasse una crisi tipo '29 accompagnata da una pandemia di alcuni anni. Quindi più che contestare cifre chiaramente fuori da ragionevoli prospettive vale la pena di cercare di capire come sia possibile che persone del tutto ragionevoli ed esperte che siedono nei ministeri e nei centri di ricerca pubblici possano produrre cifre tanto lunari. Purtroppo la spiegazione è molto semplice: ce lo chiede l'Europa... Quindi la domanda diventa: "E' possibile che a Bruxelles nessuno si sia reso conto che gli obbiettivi decisi in quella sede non fossero tecnicamente realizzabili?... Ma questa è la storia di come è stato costruito il Green deal nella scorsa legislatura europea, con il risultato, fra l'altro, di avere ringalluzzito tutte le destre sovraniste."

Una parziale risposta a questa domanda sulla sciatteria degli uffici di Bruxelles si può trovare nella conclusione dell'articolo di Sergio Giraldo "L'Occidente si svena per il green. Gli altri continuano a inquinare" su La Verità del 27 giugno:

"... un "investimento" senza alcun senso, se l'obiettivo è la decarbonizzazione... Se invece l'obiettivo di tutto questo è il trasferimento di ricchezza verso il portafoglio di qualcuno, ha perfettamente senso."

Vorremmo che fosse (solo) questo. Paolo Annoni scende più a fondo nell'articolo su Il Sussidiario di oggi dal titolo "Dall’euro al green, le scelte che aumentano la crisi dell’Ue":

"Chi paga per il rilancio europeo dentro i binari strettissimi di una transizione green che nessun altro vuole pagare, in uno scenario di lungo periodo inflattivo ed evitando, tra l’altro, tagli al welfare potenzialmente destabilizzanti?... Ci sono tutti gli elementi per dipingere una storia di crisi interna europea... Mentre montano i problemi l’Europa non sembra rendersi conto, fino in fondo, di quello che accade. Unica tra i Paesi industrializzati rimane impegnata in una costosa transizione green che gli altri hanno deciso di non potersi permettere sia perché si stanno ristrutturando i commerci e le catene di fornitura, sia perché bisogna preservare ogni goccia di spazio fiscale per il welfare e i redditi delle famiglie. L’Italia ha inviato all’Unione europea il suo piano energetico con tassi di sviluppo delle rinnovabili mai visti, a forza di lauti incentivi, che nei prossimi anni non risolveranno il problema del prezzo dell’elettricità come dimostra il caso tedesco. Il 20% del prezzo dell’elettricità che pagano le famiglie italiane deriva dalla tassa sulla CO2 europea; le famiglie italiane se la possono ancora permettere? Per quanto?"

Nel suo articolo di oggi, Chicco Testa individua quello che, a nostro avviso, è il problema principale dell'Europa:

"Il problema è però anche di tipo cognitivo. Una specie di distopia collettiva che ci fa credere, parlare e commentare un mondo che non esiste e che condanna il Green deal a fallire per evidente contrasto con la realtà dei fatti."

Credere in un mondo che non esiste (e non solo in materia di energia) non è mai il miglior abbrivio per la politica.

Testa giunge alla stessa conclusione di Annoni, rispondendo anche alla sua domanda retorica "Per quanto":

"Ma fino a quando non si deciderà di fare conti realistici basati sulle tecnologie e le risorse disponibili, compreso il tempo, continueremo a vivere in un mondo immaginario. Noi, in Italia e in Europa. Gli altri intanto vanno per la loro strada."

il solito Giraldo è l'unico a far notare, nel suo articolo di oggi sulla Verità "Fonti rinnovabili e auto elettriche: passo falso nel Piano energia e clima" (che sottotitola "Gli obiettivi dell'esecutivo segnalati a Bruxelles sono irraggiungibili e troppo invasivi"), che nel PNIEC c'è un'affermazione non propriamente irrilevante (specie se scritta dal governo di suo pugno su un documento ufficiale mandato alle maestrine di Bruxelles) ma da tutti gli altri giornali ignorata:

"sarà necessario un sostanziale mutamento negli stili di vita".

Che si traduce, tanto per parlarci chiaro, che gli italiani dovranno ridurre i livelli di consumo ed il proprio tenore di vita.

"La cosa non appare molto rassicurante", chiosa Giraldo.

Siamo d'accordo con lui. 

 

Alberto Cuppini