Nessun rischio di impresa nel settore elettrico: paga sempre Pantalone

L'inchiesta realizzata per la Rete della Resistenza sui Crinali da Andrea Benati sul previsto impianto eolico al Giogo di Villore ha suscitato l'interesse dei nostri lettori, che adesso vorrebbero fare i conti in tasca alla ditta proponente: l'AGSM di Verona.

Ci hanno scritto chiedendo, ad esempio:

"Secondo voi, chi (come AGSM) ha una potenza installata (380 MW) di termoelettrico, che è pari a più del doppio della somma di tutto il restante installato (155 MW), quanto e come può giovarsi di un progressivo rischio di instabilità di fornitura alla rete di distribuzione nazionale?"

Ed ancora:

"E' facilmente comprensibile il motivo che spinge qualche avventuriero a tentare il colpo grosso dell'installazione di un impianto eolico incentivato dallo Stato. Ma perché mai lo dovrebbe fare l'Agsm, che è una utility pubblica che vanta un importante parco di generazione termoelettrica? Non rischia la cannibalizzazione dei suoi stessi impianti tradizionali? E, a maggior ragione, perché c'è tanto entusiasmo per le rinnovabili elettriche da parte di Enel, ENI ( ! ), Edison, ERG e compagnia bella? Non rischiano di trovarsi svalutate le loro stesse principali attività patrimoniali, che consistono proprio negli impianti termoelettrici che le rinnovabili andrebbero a sostituire?"

La risposta non è immediata e neppure semplice, se non si è addentro alle segrete cose (che spesso, come vedremo, sono cose segrete davvero).

A parte il comprensibile tentativo di greenwashing delle proprie attività industriali "sporche", le maggiori utility italiane, oltre ad una pluralità di motivazioni di strategia e di politica aziendale, fanno affidamento proprio sulla natura oscillante dell'energia eolica e fotovoltaica, che nel 2030, secondo i pianificatori del PNIEC, dovrebbe rappresentare la magna pars della produzione elettrica italiana.  

L'AGSM e le altre utility fanno conto su una sempre maggiore prodigalità dello Stato (su indicazioni Terna e GSE) in materia di capacity market, che già ora obbliga a promettere agli operatori del settore termoelettrico ritorni straordinariamente alti, ma previsti fin d'ora persino in ulteriore crescita.

Il tutto in una atmosfera caratterizzata da grande opacità comunicativa da parte della Terna non solo verso il grande pubblico ma anche verso la stampa specializzata.

Alla fine ci si renderà conto, in assenza di adeguata capacità di accumulo, che il sistema elettrico dovrà essere duplicato e che sarà necessaria una potenza programmabile efficiente, di riserva al "tutto rinnovabili", pari al picco della potenza richiesta a livello nazionale, come già riconosciuto in Olanda e come sta dimostrando in questi giorni il caso dei "Rolling blackout" in California.

La California ed il lockdown hanno anticipato quale sarà il futuro del settore elettrico basato sul "tutto rinnovabili". Esso garantirà non solo ingenti capacity payment ma anche sempre maggiori ricavi (e relativi costi per l'utente) sul già onerosissimo mercato (residuale) del dispacciamento (MSD). L' MSD permette già ora, a chi si sa muovere con competenza, astuzia e spregiudicatezza, ricavi di vendita dell'energia elettrica pari a grandi multipli rispetto al PUN (il prezzo unico nazionale fissato sul mercato del giorno prima).

Per questo autentico scandalo rimandiamo alla lettura dell'articolo del Professor Giovanni Goldoni, che insegna politiche ambientali e climatiche proprio all'Università di Verona.

Insomma: in termini di potenza già installata, non si butterà via niente. Al contrario. E c'è di più: adesso il problema principale, prima di installare le previste montagne di eolico e FV entro il 2030, è quello di costruire al più presto nuovi impianti a gas (a switch rapido) da usare come backup delle rinnovabili non programmabili, che verranno incentivati (sussidiati, in realtà) a peso d'oro con un capacity market molto più elevato, a parità di potenza, rispetto agli impianti termoelettrici esistenti.

Resta da dimostrare se il sistema, alla lunga, sia sostenibile, con impianti (e quindi costi) più che duplicati, per l'economia italiana. Ed europea.

Comunque la si voglia guardare, sebbene in apparenza sia un'occasione straordinariamente favorevole per tutti i singoli operatori, questa del "tutto rinnovabile" è una scelta rischiosissima per i produttori elettrici nel loro complesso. Potrebbe saltare il banco dell'economia. A quel punto, come la storia ci insegna, ogni soluzione diventerebbe possibile e gli "stakeholder" potrebbero perdere tutto il loro habeo in un sol colpo.

 

Alberto Cuppini