Aurelio Regina, il delegato per l'energia della Confindustria (quello stesso che ha ispirato la campagna stampa del Sole 24 Ore a favore delle semplificazioni amministrative all'eolico e di riflesso contro di noi dei comitati) dà i numeri sulla "transizione verde".
Riportiamo le parole di Regina dall'intervista realizzata da Valentina Conte nell'articolo "Aurelio Regina: “Costi energetici alti fino al 2023: serviranno presto altri interventi sulle bollette” su La Repubblica oggi in edicola:
"Nelle prossime settimane presenteremo al governo uno studio declinato sulle filiere in cui calcoliamo che serviranno 1.100 miliardi di qui al 2030, quindi 120 miliardi all'anno. Se non interveniamo, rischiamo di non realizzare la transizione e sacrificare la produzione, con impatti gravi sull'occupazione e rischi sulla tenuta sociale".
1.100 miliardi (che è un numero buttato lì a casaccio, perchè non sarebbe in grado di calcolarlo neppure Nostradamus, con tutte le implicazioni che la rinuncia agli idrocarburi fossili comporterebbe) da qui al 2030 ci pare comunque un numero ottimistico, se non altro proiettando nei prossimi otto anni il disastro che si sta verificando in questi mesi, con l'esplosione dei costi dell'energia e delle materie prime ed il conseguente arresto di ogni progetto di investimento che non sia sussidiato e che svelerà i suoi principali riflessi nefasti solo negli anni a venire.
Il PNIEC del 2020 prevedeva 184 miliardi di euro (altro numero dato alla carlona) di investimenti aggiuntivi. Differenza non piccola dunque, comunque la si voglia interpretare, se non altro perchè dal documento governativo mandato a Bruxelles sono passati appena due anni, e nel frattempo li abbiamo già moltiplicati per sei.
Chiosa Regina nell'intervista della Repubblica: "in generale è stata sottovalutata la transizione da parte di tutti." Da parte di tutti nella Confindustria, nei media mainstream e nei Sacri Palazzi romani, sarebbe stato meglio specificare. Da parte di tutti no. Qualcuno, in audizione parlamentare sulla SEN e il PNIEC nel novembre 2019 aveva ammonito sulla faciloneria della "transizione energetica" proposta dal governo italiano:
"Tutte le obiezioni tecniche sono però risolvibili, ma con costi che sommati diventerebbero schiaccianti ed insostenibili per qualsiasi economia, ed in particolare per l'arrancante economia italiana dell'ultimo ventennio".
Quelle odierne di Regina sono tutte ammissioni di sconcertante incapacità previsionale. Per licenziare in tronco Regina dal suo gravoso incarico confindustriale che altro ancora dovrebbe succedere all'industria italiana?
Ma soprattutto incombe un'altra domanda: fino a quando il sostegno ecumenico della politica italiana alla "transizione verde" basata sulla "decarbonizzazione integrale" al 2050 reclamata dal fondamentalismo ecologista resisterà alla conflagrazione delle bollette energetiche ed alla crisi economica da essa indotta?
Alberto Cuppini