Oggi da L'Unione Sarda: "Migliaia in piazza, più di 210mila ai banchetti questa estate per dire no alla speculazione energetica in Sardegna attraverso una legge che, in virtù delle prerogative sull'Urbanistica previste dallo Statuto sardo, blocca la realizzazione di impianti eolici e fotovoltaici sulla stragrande maggioranza del territorio dell’Isola." La speculazione selvaggia dell'eolico e del fotovoltaico, accentuatasi dopo le "semplificazioni" volute in particolare dal governo Draghi, ha prodotto una reazione di democrazia diretta senza precedenti - in proporzione agli abitanti ed agli elettori - nella storia d'Italia.

 

Ricordate la nostra edicola ferragostana con il post "Popolo sardo esempio di resistenza alle prepotenze dell'eolico", dedicato alla rivolta dei territori contro le soperchierie degli speculatori delle cosiddette "rinnovabili" elettriche?

"Continuare con il muro di gomma fin qui alzato da governi romani, televisioni nazionali e giornaloni non sarà più possibile. La prova provata è arrivata con il clamoroso successo della raccolta firme per sostenere la proposta di legge di iniziativa popolare denominata "Pratobello '24": "Proposta di legge urbanistica della Regione Autonoma della Sardegna – Norme urbanistiche in applicazione dell’articolo 3, lettera f, dello Statuto Autonomo della Sardegna (Legge Costituzionale 3 del 26 febbraio del 1948) – disposizioni normative urbanistiche relative all’insediamento di impianti fotovoltaici industriali a terra e eolici terrestri con recepimento di principi e obblighi di tutela e valorizzazione contenuti in programmi sovranazionali, nazionali e regionali”.

Ieri abbiamo appreso dalla Staffetta Quotidiana:

"Il sindaco di Orgosolo (NU), Pasquale Mereu, ha annunciato che domani presenterà al Consiglio regionale della Sardegna la proposta di legge popolare “Pratobello 24”, per fermare gli impianti eolici e fotovoltaici nell'Isola. La proposta di legge, disponibile in allegato, ha raccolto finora 210mila firme, ha spiegato il sindaco."

210 mila firme raccolte! Ricordiamo per inciso che la Sardegna ha un milione e mezzo di abitanti e che alle ultime elezioni europee di giugno ha espresso 470 mila voti. E' stata una vittoria popolare ottenuta grazie all'impegno organizzativo che ha coinvolto tutte le amministrazioni locali della Sardegna, da Cagliari fino ai più piccoli Comuni dell'isola.

Oggi dal sito web dell'Unione Sarda (guardate tutti i filmati!) abbiamo assistito a bocca aperta a tutto il servizio multimediale "Pratobello 24, catena umana di sindaci e cittadini per consegnare le scatole con oltre 210 mila firme" e letto l'articolo "Il popolo di Pratobello 24 “assedia” il Consiglio regionale: a Cagliari da tutta la Sardegna contro la speculazione energetica":

"Ore 13. Il popolo si è espresso: migliaia in piazza, più di 210mila ai banchetti questa estate per dire no alla speculazione energetica in Sardegna attraverso una legge che, in virtù delle prerogative sull'Urbanistica previste dallo Statuto sardo, blocca la realizzazione di impianti eolici e fotovoltaici sulla stragrande maggioranza del territorio dell’Isola. Ora la parola va al Consiglio regionale, che non potrà fare finta di niente".

La scellerata opera di "semplificazioni" in materia di "rinnovabili" elettriche voluta in particolare dal governo Draghi ha privato queste popolazioni, in declino demografico, del residuo potere democratico e della già misera forza di pressione: meno popolazione vuol dire infatti meno elettori, e meno voti significano meno attenzione della politica.

La speculazione selvaggia dell'eolico e del fotovoltaico, accentuatasi dopo le "semplificazioni" di Draghi, ha prodotto una reazione di democrazia diretta senza precedenti, in proporzione agli abitanti ed agli elettori, nella storia d'Italia.

Ora a questo plebiscitario appello di democrazia diretta ci attendiamo una altrettanto decisa risposta di democrazia rappresentativa. Locale e nazionale. Fermare il declino delle aree interne è vitale anche per l'amministrazione del territorio nazionale. Ma prima di chiedersi che cosa si può fare sarebbe propedeutico affermare a chiare lettere che cosa NON SI DEVE fare per evitare di trasformare le aree in via di spopolamento in un deserto: piantare pale eoliche a casaccio su quei fragilissimi territori, su cui da anni incombe la speculazione eolica, finora contrastata solo dai comitati e da qualche benintenzionato a cui il governo Draghi ha tolto le (poche) armi a disposizione per difendersi.

 

Alberto Cuppini

  

 

Giulio Sapelli: "l’Europa si troverà colpita da una de-industrializzazione devastante, se si continua con l’imposizione delle regole Ue in merito all’energia e in generale ai temi di regolazione dell’economia."

 

"Green deal disastroso, autoreferenziale, autolesionistico, autodistruttivo..." E chi più ne ha più ne metta. Così hanno cantato in coro mercoledì scorso, davanti all'assemblea della Confindustria, il neo presidente Emanuele Orsini e la premier Giorgia Meloni. Così hanno riportato in coro giovedì mattina (non potendo negare l'evidenza) tutti i giornali italiani.

Adesso però la Meloni dovrebbe rendere edotto anche il ministro Pichetto Fratin per rallentare (meglio: rallentare e modificare) il decreto energia proposto dal ministero dell'Ambiente, con la priorità assegnata, tra le altre bizzarrie, anche ai "progetti eolici onshore di almeno 70 MW". Tutti soldi pubblici buttati e inutile zavorra per il sistema elettrico nazionale.  

Venerdì mattina, poi, abbiamo letto un articolo ("Quel lontano traguardo di una energia gratis e pulita") di Davide Tabarelli sul Sole 24 Ore (annunciato in prima pagina), e quindi del Tabarelli istituzionale, non quello "di lotta" che rilascia le interviste alla Verità o a qualche emittente TV del suo paesello natale. Leggetelo tutto. Frasi forti ("Fuga dalla realtà" parlando di alcune misure indicate nel documento di Sua Santità Draghi). Un ulteriore passettino verso l'esplicita richiesta di buttare a mare le "rinnovabili elettriche" non programmabili (eolico e fotovoltaico). In genere Tabarelli scriveva gli articoli "di governo" sulla Stampa. Naturalmente è un puro caso che invece abbia scritto questo durissimo articolo sul Sole all'indomani del discorso infuocato del presidente della Confindustria contro il Green deal. Ci tengo a fare notare che anche per Tabarelli, come per me, parlare di nucleare "di futura generazione" non è realistico. "Si vada pure spediti sui nuovi reattori di piccola dimensione, ma prima di dieci anni non arriveranno e nel frattempo la nostra industria sarà morta". Tabarelli è doppiamente ottimista: in primo luogo non basterebbero dieci anni per fare partire in Italia neppure i reattori "di passata generazione" ("come quelli in costruzione in Cina"), anche se per miracolo l'opinione pubblica diventasse improvvisamente favorevole. In secondo luogo perchè la morte dell'industria italiana, con queste regole del gioco imposte da Bruxelles, sarà molto più repentina di quello che pensa lui.

A proposito del Sole ed a testimonianza di questa sua improvvisa consapevolezza di una tragedia imminente, ieri mattina (sabato) in prima pagina apparivano (tutti assieme) titoli come "rinviare lo stop a diesel e benzina", "La tempesta perfetta" e "Il declino produttivo tedesco".

La consapevolezza di una tragedia imminente era invece già nota e presente da tempo negli scritti del professor Sapelli (primo ministro in fieri del governo giallo-verde prima dell'ancora inspiegabile epifania di Giuseppe Conte), che però ieri, nell'articolo su Il Sussidiario "L’industria europea va salvata dal Green Deal dell’Ue", ne estendeva la portata funesta anche all'ambito "sociale e morale", come anch'io sto cercando da tempo di fare capire ai miei undici lettori:

 

"l’Europa si troverà colpita da una de-industrializzazione devastante, se si continua con l’imposizione delle regole Ue in merito all’energia e in generale ai temi di regolazione dell’economia. È questo che non si comprende nel rapporto Draghi.

 

Le decine di persone che hanno in vario modo contribuito a scriverlo propongono, per risolvere i problemi della carenza di energia, il ricorso di nuovo alle fonti non fossili in forme dispiegate, senza intendere che il declino industriale in questo modo è assicurato, con la desertificazione dell’intero continente, l’Europa, che ha visto nascere l’industria mondiale, prima che gli Usa divenissero quella potenza che sappiamo... Le transizioni Ue imposte dall’alto stanno intaccando la stessa stabilità sociale e morale di intere città europee, con proteste degli abitanti che non reggono più il livello di de-civilizzazione che l’overtourism inevitabilmente provoca, con l’aumento di un’insicurezza già fortissima e diffusa in tutte le nazioni europee colpite anche e soprattutto da flussi migratori insostenibili perché non si incrociano con la creazione di posti di lavoro, ma solo con sempre nuove sacchi di emarginazione."

 

Queste frasi sono solo la crème de la crème del superbo articolo di Sapelli. Perciò andate a gustarvelo con la massima calma sul sito web (ad accesso libero e gratuito) del Sussidiario. Ve lo raccomando di cuore: saranno cinque minuti spesi bene.

 

Alberto Cuppini

"Non pochi commentatori stabiliscono una relazione fra il successo delle destre estreme e la protesta contro il green deal".

 

Il titolo sarebbe stato eccessivo anche per un post RRC. Ma evidentemente non lo è per il Foglio, che giovedì ha pubblicato l'articolo di Chicco Testa "Balle verdi".

Leggetevelo tutto dal sito web di Assoambiente, di cui lo stesso Testa è presidente.

Qui qualcuno si è messo in testa (da quello che scriveva e dai toni ogni volta più esasperati contro le "balle" della "transizione inclusiva" si capiva che ci stava già pensando ancor prima dei risultati delle elezioni nei Land della Germania Orientale) di (ri) entrare in politica per fare la Sahra Wagenknecht italiana.

Un paio di correzioni all'articolo di Testa:

1) "Non pochi commentatori stabiliscono una relazione fra il successo delle destre estreme e la protesta contro il green deal" è falso. C'è un "non" di troppo. La realtà è invece questa: "Pochi commentatori (molto pochi e nessuno nei giornaloni) stabiliscono una relazione fra il successo delle destre estreme e la protesta contro il green deal". Anche se tale relazione è perfettamente vera. Ed evidente a tutti i tedeschi. Le cose stanno precipitando nel Paese che per primo ha scelto l'Energiewende (Danke Angelona...), poi diventata modello di tutt'Europa. Sulla prima pagina del Sole 24 Ore di ieri leggevamo il titolo dedicato all'indice IFO (che misura la fiducia delle imprese tedesche): "Per la Germania avanza lo spettro della stagnazione" (ma il titolo accanto, riguardante il mercato italiano, "Auto, commesse interne a picco. Nei primi sei mesi produzione -20%", lascia presagire che lo spettro della stagnazione non si fermerà in Germania). Oggi stesso, invece, dalla Germania sono arrivati i dati reali, che rendono superflui i sondaggi sulla fiducia: "produzione industriale tedesca crollata a luglio del 2,4% su base mensile e del 5,3% su base annua". Meno 2,4% in un solo mese! Un bell'inizio di terzo trimestre, non c'è che dire, dopo che la diminuzione di appena lo 0,1% del PIL tedesco nel secondo trimestre aveva riportato in alto nei sondaggi elettorali AfD. Se continua questa diminuzione mensile per tre anni (o poco più), la Germania diventerà il Paese silvo-pastorale a cui voleva ridurla Stalin nel 1945.

2) "Si resta stupiti di come la sinistra italiana non veda questi numeri, soprattutto quelli del nostro paese, e continui a navigare nell'empireo di una transizione che rappresenta solo un collante ideologico senza piedi ben piantati per terra. E piuttosto incurante degli interessi di quelli che dovrebbero essere i suoi elettori. Che infatti votano altri." Io non so (anche se lo immagino) che cosa intenda Testa con quel condizionale ("quelli che dovrebbero essere i suoi elettori"). So però che ciò che conta per il PD sono quelli che sono (non "dovrebbero essere") attualmente i suoi elettori. Ovvero, in larghissima parte, i vecchi elettori del PCI superstiti e ampi strati della pubblica amministrazione (certamente tutte le insegnanti della scuola pubblica, che ormai sono tutte donne). Poi, in numeri inferiori, tutte le élite (in Italia da molti decenni cooptate per appartenenza politica oltre che per legami famigliari), i professionisti della bontà e i furbacchioni delle varie minoranze, che, con il sistema delle quote e altri privilegi reclamati spudoratamente, vogliono superare a destra (nel senso del codice della strada) i capaci e meritevoli. Infine le ragazzine che ancora vanno a scuola o all'università (i ragazzini no: quelli non votano e aspettano che compaia sulla scena politica qualcuno che abbai più forte degli altri e che li porti in piazza a menar le mani, nella speranza di arrivare subito in alto senza fatica, come accaduto almeno tre volte il secolo scorso). Insomma: tutta gente a cui se l'economia italiana, col costo dell'energia alle stelle, e l'industria in particolare vanno a rotoli non gliene può fregare di meno. Tanto (credono loro) il 27 del mese Pantalone (o qualcun altro) pagherà sempre e comunque.

Uno che - apparentemente - non ha ben chiaro chi siano gli attuali elettori del Partitone è Francesco Giavazzi, che sempre giovedì scorso, e proprio sull'organo di stampa de facto del PD, ha scritto l'articolo "Una scelta necessaria: investire", dove nel sottotitolo si leggeva (dopo appena sessant'anni dai fatti...): "Anzichè investire per la protezione del territorio e le scuole, abbiamo finanziato le pensioni di anzianità".

Cosa gravissima ma perfettamente vera, ma che non so se farà bene alle vendite del Corriere della Sera. Se in Italia qualcuno parla di pensioni col sacrosanto intento di ridurne (giustamente) l'insostenibile spesa complessiva, commette un suicidio politico. Se il PD proponesse di finanziare gli investimenti pubblici (a cominciare da quelli, fin qui negletti, per la protezione del territorio) tagliando le pensioni di anzianità perderebbe istantaneamente il 100% dei propri attuali consensi. Idem se, parlando di "transizione green", un bel giorno la definisse (altrettanto giustamente) "Balle verdi".

O forse Giavazzi e il Corriere della Sera, di fronte ad una ormai innegabile perturbazione ciclonica in arrivo da Nord, hanno improvvisamente deciso di abbandonare la nave, ormai condannata, con le scialuppe di salvataggio, in attesa di essere raccolti da una nuova nave, magari battente bandiera rosso-bruna?

 

Alberto Cuppini

 

 

 

Samuele Furfari: "Il rapporto non tiene conto dei principi fondamentali della fisica e dell’economia dei sistemi energetici. Eolico e solare sono fonti energetiche intrinsecamente intermittenti e variabili – due termini vistosamente assenti dal rapporto – che gonfiano significativamente il costo dell’elettricità a causa della necessità di far funzionare il sistema elettrico in modo non ottimale."

 

Come facilmente prevedibile, tutti i giornali in questi giorni parlano della relazione di Draghi (quattrocento pagine di fuffa mainstream scritte in inglese colto), che indica nella decarbonizzazione uno degli strumenti per salvare (salvare da che?) l'Europa. Le pale eoliche, dunque, oltre a "salvare il Pianeta" come finora gabellato, serviranno pure, più modestamente, a "salvare l'Europa". Insomma: una robetta da nulla. Basterebbe solo volerlo: appena 800 miliardi all'anno (da pagare a debito, "debito comune", mi raccomando, da lasciare in eredità alle future generazioni) che secondo Draghi dovranno essere spesi. Che saranno mai 800 miliardi all'anno, per "salvare l'Europa"...

Queste le parole di Draghi: "Se non vogliono continuare ad arretrare in un contesto internazionale in rapida evoluzione, la Ue e i suoi Stati membri devono agire e smetterla di procastinare, di rinviare le decisioni che devono essere prese, nell'illusione di preservare il consenso degli elettori. La Ue deve agire per riformarsi, se non vuole spegnersi in una lenta agonia".

Premesso che ci fa piacere che il principale araldo della finanza globalizzata in Europa finalmente ammetta, come da noi sostenuto da molto tempo, che l'Unione europea versa in uno stato agonico, facciamo notare, con meno piacere, che "prendere decisioni che devono essere prese" ignorando di fatto "il consenso degli elettori" iscrive Draghi al partito dei sostenitori dell'eco-autoritarismo. Scrivono a questo proposito Juan Pablo Osornio e Byford Tsang del Carnegie Endowment for International Peace:

"I sostenitori più radicali dell’eco-autoritarismo sostengono che la gravità della crisi ambientale richiede che le élite tecnocratiche o “despoti illuminati” all’interno di governi altamente centralizzati portino avanti le riforme economiche necessarie restringendo la libertà degli individui".

Vi risparmio gli articoli (come al solito encomiastici e servili con Draghi) dei giornaloni e passo ai commenti dei soliti bastian contrari.

L'articolo che, dovendo proprio sceglierne uno, vi consiglio di leggere con la massima attenzione è quello di Samuele Furfari, autore ben conosciuto da chi segue l'edicola della Rete della Resistenza sui Crinali, pubblicato ieri sul sito web della Rivista Energia: Errori e limiti del rapporto Draghi sull’energia, che così sottotitola: "Il rapporto sulla competitività dell’Unione Europea redatto da Mario Draghi mostra numerosi limiti ed errori per quanto riguarda l’energia. Pone eccessiva attenzione alle rinnovabili, che sono concausa del calo di competitività, e trascura fonti cruciali come nucleare, petrolio e gas, così come le implicazioni di geopolitica."

Vi leggiamo:

"Il tanto atteso rapporto Draghi affronta numerose questioni che attualmente ostacolano la competitività europea, tra le quali la politica energetica dell’ultimo decennio. Purtroppo, questo documento destinato a guidare il futuro economico dell’UE ne sostiene principalmente la continuazione, auspicando un aumento dei finanziamenti pubblici. Se queste raccomandazioni verranno adottate, rischieranno di indebolire ulteriormente la vitalità economica e la sicurezza energetica dell’UE, con un impatto minimo sulle emissioni globali. Il ritardo nella pubblicazione del Rapporto a dopo le elezioni europee ha sollevato preoccupazioni sulla trasparenza democratica. I cittadini europei avrebbero dovuto conoscere queste informazioni prima di esprimere il proprio voto. Questo rinvio (intenzionale?) ha privato il discorso pubblico di un esame cruciale delle nostre future politiche energetiche e industriali. Se il rapporto fosse stato pubblicato in tempo, avrebbe probabilmente influenzato l’esito delle elezioni, data la sua critica alla preoccupante situazione creata dalle istituzioni europee. È infatti molto probabile che il rapporto venga sfruttato da Ursula von der Leyen per ampliare la portata del Green Deal".

Su questa faccenda della dubbia trasparenza democratica delle elezioni europee - e soprattutto dei dubbi esiti democratici di quelle medesime elezioni, che ieri, con la pubblicazione dell'elenco dei nuovi commissarti europei, hanno visto premiati gli sconfitti - ci dovremo tornare sopra. Ma proseguiamo con qualche altro significativo passaggio di Furfari (che dovete assolutamente leggere integralmente sul sito web della RE):

"Il rapporto sottolinea correttamente che “le imprese dell’UE devono ancora far fronte a prezzi dell’elettricità da due a tre volte superiori a quelli degli Stati Uniti e a prezzi del gas naturale da quattro a cinque volte superiori”. Tuttavia, invece di trarre le dovute conclusioni dalle carenze della politica energetica europea, rimane fermo nella sua ricerca di una transizione verde forzata... In questo modo, il rapporto non tiene conto dei principi fondamentali della fisica e dell’economia dei sistemi energetici. Eolico e solare sono fonti energetiche intrinsecamente intermittenti e variabili – due termini vistosamente assenti dal rapporto – che gonfiano significativamente il costo dell’elettricità a causa della necessità di far funzionare il sistema elettrico in modo non ottimale."

Proseguiamo la rassegna stampa con Sergio Giraldo, che nell'articolo pubblicato il 10 settembre da La Verità "Ecco come l'asse Italia-Germania può cambiare il futuro dell'auto", dedicato al possibile bando del bando (un bando al quadrato) dei motori termici, chiosava ironicamente a proposito del piano di Draghi: "Un altro piano, in effetti mancava". Scriveva Giraldo:

"Le difficoltà tedesche sono sia di consenso politico alla transizione, man mano che questa appare nella sua natura creatrice di disuguaglianze e di costi pesanti, sia industriali. La difficoltà della transizione verso l'auto elettrica è stata abbondantemente sottovalutata da tutti gli attori".

Quanto meno... E non solo la transizione verso l'auto elettrica: anche quella verso la società multietnica e multiculturale (e chi più ne ha più ne metta) non ha scherzato in fatto di sottovalutazione delle difficoltà...

Poi Paolo Annoni, nell'articolo su Il Sussidiario del 10 settembre "Rapporto Draghi/ L'insostenibile sogno green a spese dell'Italia":

"Vista da fuori l’unica cosa certa di questa ricetta sono i costi. Non solo. Sappiamo che né gli Stati Uniti, né la Cina, né le medie potenze hanno intenzione di intraprendere lo stesso percorso green dell’Europa...  Trasformare completamente un sistema energetico, che è la base del sistema industriale, comporta costi colossali per le reti, richiede nuove miniere, metalli, nuove catene di fornitura. Investimenti e debito sostengono l’economia, ma poi presentano il conto. L’abbiamo imparato negli ultimi due anni con una fase inflattiva che non si vedeva da 40 anni e con i bilanci pubblici sotto pressione... l’Unione deve concepirsi “povera”, oggi invece annuncia al mondo di essere in crisi, ma di volersi permettere lussi che molti altri non si vogliono permettere... Il sogno europeo, un piano di investimento triplo rispetto al piano Marshall, sarà, in ultima analisi, garantito dai risparmi degli europei, chiamati, volenti o nolenti, a garantire il piano della Commissione."

Infine Mauro Bottarelli (e non solo su Draghi: si legga anche della truffa delle pensioni integrative, della crisi incombente delle banche europee per i crediti immobiliari e dello "sprofondo dell'ultimo dato di produzione industriale" in Germania, da noi segnalato nell'ultima edicola RRC) nell'articolo La bolla del mattone che preoccupa l’Europa:

"Non a caso, chi è tornato fuori di colpo dopo mesi di esilio silente e dorato in quel di Città della Pieve? Mario Draghi con la sua agenda di riforme per salvare l’Europa dall’estinzione economica, nulla più che un colossale indebitamento comune che farà la gioia di Alternative fur Deutschland in vista del voto in Brandeburgo del 22 settembre".

A proposito: indovinate chi è in testa nei sondaggi in Brandeburgo per il voto di domenica.

 

Alberto Cuppini

 

 

 

Massimo Ammaniti, celebre psicoanalista e medico neuropsichiatra, contro i numerosi progetti di impianti eolici nella Maremma meridionale della Toscana: "Le pale eoliche di nuova generazione, che raggiungono circa i 200 metri d'altezza, una volta installate, saranno visibili da ogni zona alterando la vita di abitanti e turisti. Il rumore delle turbine è disturbante, soprattutto per gli ultrasuoni che si irradiano a distanza rischiando di alterare i ritmi psico-biologici degli abitanti della zona".

 

Un'altra prova che per l'eolico in Italia siamo al De profundis. Un altro articolo de La Repubblica che mette in dubbio il dogma dell'immacolata purezza degli aerogeneratori. Ma se da Maurizio Ricci un articolo sul cambiamento del clima (psicologico) verso le rinnovabili salvifiche ce lo saremmo potuti aspettare, leggere oggi, nella rubrica "Commenti" del quotidiano evangelico dei "progressisti" italiani, un articolo dal titolo "Rinnovabili. Il paesaggio da proteggere", scritto da Massimo Ammaniti, psicoanalista e medico neuropsichiatra, che già in precedenza si era impegnato, assieme a Vittorio Sgarbi, contro le mega torri eoliche a Pitigliano, è stata una piacevole sorpresa.

La piacevolezza è aumentata quando abbiamo letto questo passaggio dell'articolo contro i numerosi progetti di impianti eolici nella Maremma meridionale della Toscana (che deturperanno il paesaggio di Pitigliano, Sorano, Magliano, Manciano, Vulci, la riserva naturale di Montauto eccetera):

 

"... le pale eoliche di nuova generazione che raggiungono circa i 200 metri d'altezza... una volta installate, saranno visibili da ogni zona alterando la vita di abitanti e turisti. Il rumore delle turbine è disturbante, soprattutto per gli ultrasuoni che si irradiano a distanza rischiando di alterare i ritmi psico-biologici degli abitanti della zona. Sono domande che si pongono i cittadini di queste zone a cui i progetti delle aziende che vorrebbero impiantare le pale eoliche non hanno mai risposto. E' inevitabile chiedersi che esperienza e idoneità progettuale abbiano queste aziende."

 

Ricompare dunque l'argomento della salute umana messa in pericolo dai colossali impianti eolici, argomento che (lo sappiamo per esperienza) è quello che più preoccupa gli aderenti ai comitati anti-eolici, ma che viene sistematicamente negato dai progettisti e dai loro reggicoda dell'ambientalismo mainstream e della politica globalista, sempre pronti a farsi beffe  delle legittime e ben documentate preoccupazioni degli abitanti per la propria salute.

Ora il concreto rischio di alterazione dei "ritmi psico-biologici" degli abitanti della zona prossima agli ecomostri eolici viene riconosciuto anche da uno dei più celebri neuropsichiatri italiani, totem indiscusso delle nostre élite radical chic.

Peccato però che Ammaniti padre, al di fuori della sua specializzazione, appaia ingenuo in modo disperante. O forse ritiene (come tutte le nostre élite a cui appartiene a pieno titolo, al pari delle sue progenie) che dichiararsi "di Sinistra" sia, di perciò stesso, una garanzia di moralità politica e di onestà intellettuale. Gli amici dei comitati dell'Alta Valtiberina, quelli dell'Alta Val Marecchia e soprattutto quelli del Mugello e di Vicchio-Villore in particolare troveranno amaramente umoristica l'affermazione conclusiva del suo articolo:

"Per fortuna la Regione Toscana, nelle parole del suo presidente Giani, ha rassicurato i sindaci dei paesi maremmani riconoscendo che la Maremma ha una sua forte fisionomia turistica, naturale, culturale e archeologica oltreché economica che va salvaguardata."

 

Che fortuna! Come Pinocchio col Gatto e la Volpe. Ammaniti padre chieda, a proposito della sua fiducia negli attuali vertici della Regione Toscana, referenze per il presidente Giani e soprattutto per il suo assessore all'Ambiente Monia Monni allo stesso Vittorio Sgarbi, con cui Ammaniti condivide la battaglia contro l'eolico a Pitigliano.

Evidentemente il Mugello, in questo momento devastato dai lavori dell'AGSM Verona al Giogo di Villore, non ha "una sua forte fisionomia turistica, naturale, culturale e archeologica oltreché economica che va salvaguardata".

Vabbè, nessuno è perfetto... Intanto portiamoci a casa anche questo risultato, che servirà a seminare dubbi nella politica e tra i fedeli dell'eolico, a dare nuovi argomenti ai resistenti sui crinali ed a ritardare qualche impresentabile progetto, nell'attesa della prossima crisi dei prezzi dell'energia che farà accantonare definitivamente tutte le corbellerie dell'Europen Green Deal, basato in gran parte proprio sulla fede mistica nelle "rinnovabili" non programmabili (eolico e fotovoltaico).

 

 

Alberto Cuppini