Rinnovabili, Cingolani sul piano di EF: chi paga per accumuli e reti?

Cingolani alla Camera: "Rispondendo una volta per tutte alla provocazione dei 60 gigawatt in tre anni, non è assolutamente chiaro con quali fondi si dovrebbero finanziare queste installazioni."

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

La domanda nel titolo dell'articolo della Staffetta Quotidiana che proponiamo per la nostra edicola di oggi "Rinnovabili, Cingolani sul piano di EF: chi paga per accumuli e reti?" è puramente retorica. Sarebbe spiritoso rispondere: Elettricità Futura stessa. Oppure Legambiente. Più spiritoso ancora: i genitori delle gretine. In realtà sappiamo benissimo chi dovrà pagare per questi costosissimi accumuli e reti che saranno abbandonate, assieme al sogno del "tutto rinnovabili", quando la greenflazione comincerà a mordere davvero (le bollette che arrivano adesso sono solo un aperitivo). Lo abbiamo scritto noi a chiare lettere appena un paio di giorni fa nella nostra edicola, commentando un articolo spericolato del Sole 24 Ore:

"Così, dopo avere fatto contenti gli speculatori dell'eolico e del fotovoltaico, faremo contenti pure i trader del rame, la Prysmian e la Terna. A Roma c'è da magnà pe' tutti! Tanto paga sempre Pantalone."

Profitti (in questo caso rendite: rendite parassitarie) privati e costi pubblici. Non sarebbe certo una novità per i nostri "rinnovabilisti": finora si sono sempre arricchiti così, fino a diventare onnipotenti. Questo è uno degli innumerevoli motivi per cui, per attuare un piano energetico così pervasivo non si può non nazionalizzare tutto il sistema elettrico.

Ecco che cosa è successo ieri, nell'introduzione dell'articolo della Staffetta:

 

"Elettricità Futura  aveva chiesto al governo di nominare un commissario straordinario per sbloccare 60 GW di richieste di autorizzazione di impianti eolici e fotovoltaici entro giugno. Il piano aveva incassato l'appoggio del Movimento 5 Stelle e di Liberi e Uguali e anche del ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta. L'idea si era tradotta in un emendamento presentato prima al DL Energia e poi al DL Taglia prezzi. Emendamento che però, in entrambi i casi, era stato bocciato dalle commissioni referenti. Una risposta “una volta per tutte” sul piano di Elettricità Futura è arrivata oggi dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani durante il question time alla Camera".

 

Per la gravità delle implicazioni, riteniamo necessario riportare testualmente dal resoconto ufficiale dell'Assemblea di ieri la risposta "una volta per tutte" di Cingolani:

 

"attenzione a evitare letture semplificative che sottintendono l'equazione che tutti i progetti presentati siano egualmente autorizzabili. Purtroppo la verità è che una parte non è autorizzabile perché non è della qualità necessaria e un'altra parte, grande, non è autorizzabile perché, essendo sole e vento concentrati soprattutto in alcune zone, tanti progetti si contendono lo stesso fazzoletto di terra o di mare, e quindi poi alla fine uno passa e gli altri no. Ciò nonostante vanno tutti valutati e il tempo lo richiedono in ogni caso.

...

Concludo rispondendo una volta per tutte alla provocazione dei 60 gigawatt in tre anni: l'installazione di 60 gigawatt di nuovi impianti di energia rinnovabile intermittente, indicativamente 50 gigawatt afferenti al fotovoltaico e 10 all'eolico, darebbero un equivalente di 90 terawattora all'incirca. Ciò premesso, applicando questa presunzione nella pratica, innanzitutto bisogna considerare che gli impianti sia fotovoltaici che eolici, stando alle richieste autorizzative attualmente pendenti, che sono 170 gigawatt (il potenziale massimo finora richiesto in Italia è stato 61 gigawatt. NdR), nella maggior parte dovrebbero essere installati nelle regioni del Centrosud e nelle isole maggiori.

Installare la gran parte di nuova capacità in questi territori, dove è presente una minore domanda di energia, comporterebbe una congestione impossibile delle linee di trasmissione, la cosiddetta grid, tanto che non meno del 45 per cento dell'energia elettrica così generata si stima non realmente utilizzabile. Anche in caso di distribuzione ideale, per utilizzare tutta questa quantità di energia elettrica generata sarebbe necessario installare una grande quantità di sistemi di accumulo che la stessa Elettricità futura stima, in base ad ipotesi non note però, pari a 48 gigawattora. Studi condotti dall'università di Padova arrivano a 80 gigawattora di batterie, ciononostante lasciando 2 terawattora di energia ancora inutilizzata. Anche rimanendo nell'ipotesi ottimista di Elettricità futura, 48 gigawattora di batterie avrebbero un costo di 15 miliardi di euro in tre anni, mentre 80 gigawatt ne costerebbero 25, e non è assolutamente chiaro con quali fondi si dovrebbero finanziare queste installazioni."

 

A dire il vero, a noi sembra che l'ipotesi ottimista sia quella dell'Università di Padova. Per evitare di disperdere tutta l'energia random prodotta dai pannelli (concentrata soprattutto d'estate ed esclusivamente di giorno) e dalle pale pretese da Elettricità Futura (che non ha affatto voluto limitarsi a una "provocazione") sarebbero necessarie capacità di accumulo ben superiori.

Ma non c'è bisogno di entrare nel dettaglio di queste farneticazioni. Quello che importa è che, per la prima volta, il ministro della "Transizione ecologica" ha riconosciuto in Parlamento che le pretese dei "rinnovabilisti" non sono attuabili se non con costi spropositati e perciò stesso inaccettabili. Le caramelle sono finite. Presto, aggiungiamo noi, arriverà la purga.

Nel question time di ieri ha detto cose importanti per i resistenti sui crinali anche il ministro della Cultura Franceschini. Torniamo per questo all'articolo della Staffetta:

 

"Sulle autorizzazioni di impianti rinnovabili, Franceschini ha spiegato che i pareri delle soprintendenze nell'ambito delle valutazioni ambientali rappresentano “un aspetto particolare sul quale io non posso intervenire, cioè la competenza degli uffici periferici del ministero. Le soprintendenze sono autonome e il ministro – il potere politico – non ha nessuna possibilità di interferire, perché è vietato dalla legge e commetterei un abuso se lo facessi”."

 

Alberto Cuppini