Il velleitario e bambinesco "European green new deal" dimostra che, se la strada verso il progresso e la ricchezza è ardua, finire in miseria è facile: basta volerlo. L'effetto combinato delle costosissime politiche europee degli ultimi anni, basate sulla sgangherata retorica ecologista delle rinnovabili elettriche, unite al recente - ancor più sgangherato - annuncio dell'obiettivo CE di "emissioni zero" dell'Europa e di "primo continente neutrale dal punto di vista climatico" entro il 2050 ha già prodotto il suo risultato senza spreco aggiuntivo di denaro pubblico ed ulteriori sfregi paesaggistici: gli obiettivi energetici saranno raggiunti grazie alla irreversibile deindustrializzazione dell'Unione Europea.
Pubblicato dalla Terna il rapporto sul sistema elettrico di gennaio, per rapidità, invito a leggere i dati della tavola a pag. 5.
Una diminuzione del 4% della domanda elettrica nazionale (1,33 TWh in meno a gennaio) rispetto al gennaio 2019 corrisponde a oltre 12 TWh in meno all’anno. Troppa grazia Sant’Antonio! La diminuzione destagionalizzata è ugualmente preoccupante. Entrambi i dati avvalorano le considerazioni, poi rafforzate dai dati di dicembre della produzione industriale italiana in repentina contrazione, fatte un mese fa, quando i consumi elettrici di dicembre sono risultati in calo del 3% sul dicembre 2018. La tendenza appare ormai consolidata.
Se nel prossimo decennio la domanda elettrica lorda in Italia dovesse diminuire regolarmente ogni mese (rispetto allo stesso mese dell'anno precedente) della stessa quantità, raggiungeremmo l’agognato obiettivo Pniec al 2030 del 55% del rapporto tra produzione da Fer elettriche sui consumi senza bisogno di installare una sola pala e un solo pannello, ma più semplicemente con la diminuzione del denominatore, che scenderebbe a 220 TWh invece degli attuali 320. I teorici della decrescita felice ne sarebbero entusiasti.
Questi dati Terna di gennaio si accoppiano con quelli macroeconomici, altrettanto preoccupanti, sulla produzione manifatturiera in arrivo dalla Germania, che ha deciso, per la terza volta in poco più di un secolo, di suicidarsi, trascinando con sè nel disastro tutta l’Europa. Questa volta, però, più efficacemente, non facendo la guerra al resto del mondo come nel 1914 e nel 1939, ma praticando l’eutanasia della Energiewende (transizione energetica) merkeliana alla sua stessa industria automobilistica e, a cascata, a tutta la sua economia ed a quelle dei suoi partner commerciali e politici.
La “decrescita felice” ormai in atto e la “decarbonizzazione integrale” anticipata già al 2050 (Von der Leyen docet) per il tramite dei "piani nazionali energia e clima" potrebbero rapidissimamente generare condizioni di drammatico impoverimento collettivo analoghe a quelle indotte dalla Grande Depressione, cominciata nel 1929, che portarono al potere Adolf Hitler - per via rigorosamente democratica - già nel 1932.
Faccio inoltre notare che i dati Terna, così come quelli in arrivo dalla Germania, NON sono ANCORA stati influenzati dagli effetti negativi del Coronavirus sul commercio internazionale.
Per inciso osservo, dalla stessa tavola a pag. 5, che la produzione eolica del mese di gennaio 2020 rispetto allo stesso mese del 2019 (meno 610 GWh cioè meno 26,3%) sta a confermare che l’anno 2019 è stato ventoso in modo eccezionale. Invito i comitati a prendere nota di questo dato nel caso in cui gli speculatori eolici (di nuovo scatenati dopo la definizione degli obiettivi di produzione abnormi per il 2030, resi accettabili all'opinione pubblica dall'operazione mediatica "Piccola Greta"), durante le assemblee, presentassero la produttività 2019 come standard acquisito.
Alberto Cuppini