Arriveremo all'elogio del nucleare?

Un recente articolo della IEA, International Energy Agency, al centro del dialogo globale sull'energia, afferma il ruolo essenziale dell'energia nucleare definendola una componente chiave per la transizione energetica e sollevando giustificati dubbi sui tempi della transizione e sul reale ruolo delle energie rinnovabili, le cosiddette FER.

 

 

L'Agenzia fa notare come oggi i paesi che stanno uscendo dalla crisi economica generata dal COVID-19 devono affrontare il compito di rilanciare le proprie economie senza perdere di vista le sfide a lungo termine come il cambiamento climatico e la sicurezza energetica, confermando, una volta di più, quanto già sottolineato in passato e di cui ci eravamo già occupati: Il fallimento dell'eolico e del fotovoltaico darà il via libera al ritorno dell'incubo del nucleare a fissione.

Al fine di ottenere una ripresa sostenibile dalla crisi odierna che renda i sistemi energetici più puliti e più resilienti, è importante prestare attenzione a una fonte energetica spesso sottovalutata: l'energia nucleare.

L'energia nucleare è la più grande fonte di elettricità a basse emissioni di carbonio sia in Europa che nel Nord America, e lo sarà anche in Giappone, supponendo che il riavvio dei reattori nel paese proceda come previsto. Il nucleare svolge un ruolo importante nel garantire forniture energetiche sicure in molte economie. Alcuni paesi hanno scelto di astenersi dall'utilizzare l'energia nucleare, che è un loro diritto sovrano. Ma anche nei paesi in cui la posizione politica generale è favorevole al nucleare, cresce il rischio che il suo ruolo nei sistemi energetici venga progressivamente escluso.

Da un punto di vista operativo, la IEA afferma che le centrali nucleari si sono dimostrate estremamente efficaci durante il lockdown: è stato agevole rispettare la salute del personale e il mantenimento delle distanze sociali in un ambiente operativo altamente regolamentato e nessuna centrale nucleare ha dovuto limitare le proprie attività per questi motivi. Nel complesso, la produzione di elettricità da centrali nucleari è leggermente diminuita in risposta alla minore domanda, con un calo durante i periodi di alta produzione da fonti energetiche rinnovabili.

In questo modo, l'energia nucleare è emersa come una delle principali fonti di flessibilità per i sistemi elettrici, mantenendo forniture ampie e affidabili di energia a basse emissioni di carbonio.

A conferma di ciò il Regno Unito, che sta accelerando la sua transizione verso energie rinnovabili, nei momenti peggiori della pandemia ha dovuto acquistare dall'Europa l'energia elettrica necessaria al funzionamento dei suoi ospedali, prodotta anche con centrali nucleari.

L'articolo prosegue sottolineando come

Nonostante questi punti di forza, le prospettive per l'energia nucleare sono peggiorate e richiederanno un'attenzione politica mirata nei paesi che sostengono il suo ruolo permanente. Un anno fa, l'IEA ha pubblicato un rapporto speciale, Nuclear Power in a Clean Energy System, che avvertiva del rischio che l'energia nucleare venisse esclusa dai sistemi energetici delle economie avanzate a meno che i responsabili politici non agissero per estendere la durata degli impianti esistenti e stimolassero la costruzione di nuovi. Il nostro rapporto ha stimato che senza investimenti per prolungare la vita della centrali esistenti entro il 2040 potrebbero scomparire fino a due terzi della capacità di energia nucleare nelle economie avanzate.

L'IEA stima che la perdita di un numero così rilevante di centrali nucleari aumenterebbe il costo globale della transizione verso un sistema energetico sostenibile di 1,6 trilioni di dollari, costi che sarebbero dovuti ad una maggiore spesa per impianti eolici e solari fotovoltaici, infrastrutture di trasmissione aggiuntive e maggiori risorse di flessibilità necessarie per tutelarsi dall'intermittenza delle energie rinnovabili variabili. Inoltre comporterebbe la necessità dell'accettazione sociale di questi impianti di generazione di elettricità e linee di trasmissione supplementari: cosa assolutamente non garantita.

L'energia nucleare, gli impianti idroelettrici e il gas naturale, svolgono, secondo la IEA, un ruolo importante nell'integrazione delle energie rinnovabili (non programmabili) e nel mantenimento della stabilità della rete. Il funzionamento continuo delle centrali nucleari esistenti non richiede lo sviluppo di nuove linee di trasmissione.

Il dissolvimento dell'energia nucleare nelle economie avanzate non renderebbe impossibile le transizioni verso l'energia pulita, ma aumenterebbe i costi finanziari e le sfide alla sicurezza energetica per raggiungerli.

In altre parole lo scenario di sottoinvestimenti nel nucleare comporta il rischio tangibile, a meno di non usare le centrali termoelettriche, di un black-out come quello verificatosi nel sud dell’Australia nel 2018, dove la rete elettrica dipende per il 40% dall’energia eolica.

Per ovviare al problema è stato installato il più grande sistema al mondo di accumulo, costituito da batterie agli ioni di litio, fornito da Tesla, associato al parco eolico di Hornsdale, che si ricarica con l’energia prodotta dalle turbine eoliche per restituirla durante le ore di maggior richiesta della giornata. L’aspetto che deve far riflettere è che per mantenere l'Australia del sud illuminata una mezza giornata senza vento sarebbero necessari ottanta (80) impianti come questo, in considerazione del fatto che opera su una rete che serve solo 2,5  milioni di persone

Le conferme della necessità di un'effetto stabilizzante sulla rete arrivano proprio in questi giorni con i continui blackout in California  come documentato in : La ricchissima California soffoca a causa dei blackout provocati da un eccesso di impianti "green". Se, come pare, il rimedio pensato dall'amministrazione democratica, fosse l'installazione di sistemi di accumulo analoghi a quelli australiani, francamente la soluzione lascia basiti: la California non è l'Australia del Sud ma ha quasi 40 milioni di abitanti. Occorre quindi chiedersi: che dimensioni avranno i nuovi i sistemi di accumulo e chi li pagherà?

Come sottolineato dal California Independent System Operator (CAISO - l'operatore indipendente non-profit che gestisce la rete californiana), gli impianti di accumulo presentano comunque importati problematiche ambientali poichè dopo circa 10 anni vanno sostituiti ed il loro smaltimento, causa i metalli tossici contenuti, è problematico ed estremamente dispendioso, con costi anche del 150% superiori ad un impianto a gas naturale che peraltro ha una durata minima di 30 anni.

La IEA sottolinea che la dismissione delle centrali nucleari procede comunque velocemente: nell'ultimo anno, 13 centrali nucleari nelle economie avanzate sono state chiuse definitivamente ed è iniziata la costruzione di un solo nuovo impianto mentre paesi come Spagna e Svezia chiuderanno centrali che hanno alle spalle una vita operativa ben al di sotto dei 60 anni, soglia di 'sicurezza' per la maggior parte dei reattori.

Un aspetto interessante riguarda gli incentivi, soprattutto nel nostro caso, visto che abbiamo quelli più alti al mondo per le FER.

La natura a basse emissioni di carbonio dell'energia nucleare non viene ancora riconosciuta nelle politiche della maggior parte dei paesi come elettricità pulita e conseguentemente nei finanziamenti dell'energia pulita. I ricavi derivanti dalla fornitura di elettricità sono stati bassi, eccezionalmente dall'inizio della crisi del Covid-19, e questo ha minato la possibilità di investire nell'estensione della durata di vita degli impianti nucleari esistenti o nella costruzione di nuovi. I bassi prezzi record del gas naturale combinati con la bassa domanda hanno spinto i prezzi dell'elettricità al ribasso, spesso in territorio negativo.

Inoltre il funzionamento fisico degli impianti è stato limitato poichè la capacità nucleare è stata ridotta per creare spazio per l'energia rinnovabile. Ciò ha fornito una preziosa flessibilità per i sistemi di alimentazione e ha rafforzato il ruolo dell'energia nucleare nella sicurezza elettrica. Tuttavia, questo servizio di fornire flessibilità di sistema non è adeguatamente compensato nella maggior parte dei mercati elettrici, anche se comporta maggiori costi di esercizio e manutenzione per le società che gestiscono gli impianti nucleari.

Quello che ne risulta è un quadro che comprometterà la transizione verso le energie rinnovabili poichè se queste hanno avuto successo nell'attrarre nuovi investitori oltre alle tradizionali utility energetiche, gli stessi non sono realisticamente in grado intraprendere un progetto di estensione della durata di vita di una centrale nucleare e, di conseguenza, la debolezza finanziaria del settore elettrico, probabilmente allontanerà gli investimenti dal nucleare. 

Una turbina a gas fuori servizio può essere riavviata abbastanza facilmente, ma l'arresto di una centrale nucleare è generalmente definitivo. Se questa tendenza prende piede, porterà alla perdita di generazione di energia a basse emissioni di carbonio relativamente conveniente e questo comporterà delle conseguenze significative per gli sforzi globali per raggiungere obiettivi energetici e climatici sostenibili a lungo termine, richiedendone di ancora più ambiziosi per implementare le energie rinnovabili ed aggiornare le infrastrutture di trasmissione.

Con la prospettiva del venir meno dell'apporto di energia nucleare da molti sistemi energetici, le energie rinnovabili sono pronte a colmare il divario? La risposta della IEA è 'NO':

Il dispiegamento globale di energia eolica e solare era robusto prima del Covid-19 ed è rimasto resiliente dall'inizio della crisi. Ma le aggiunte complessive di capacità rinnovabile sono rimaste comprese tra l'1% e l'1,5% della domanda globale di elettricità ogni anno, meno della metà del livello necessario in una traiettoria di sviluppo sostenibile. Se l'eolico e il solare hanno lo scopo di sostituire i combustibili fossili e l'energia nucleare allo stesso tempo, sono attualmente lontani dal raggiungimento di tale obiettivo.

Pertanto l'Agenzia suggerisce che quei paesi che dispongono di centrali nucleari dovrebbero concedere dei finanziamenti per stimolare le estensioni e gli aggiornamenti della durata di vita degli impianti nucleari che altrimenti potrebbero essere dismessi. Inoltre una centrale nucleare è solitamente il datore di lavoro più grande e stabile nella città in cui è situata e quindi questi paesi dovrebbero adattare le normative e i modelli di mercato per valutare in modo appropriato sia la produzione di elettricità a basse emissioni di carbonio che la dispacciabilità delle centrali nucleari al fine di mantenere la loro redditività economica: condizionare l'energia prodotta dalle FER in modo da permettere un conveniente funzionamento delle centrali nucleari.

Le conclusioni dell'articolo sono chiare: le centrali nucleari in diversi paesi sono la spina dorsale dei sistemi elettrici: senza il loro contributo aumentano i rischi per la sicurezza energetica e la transizione verso l'energia pulita diventa ancora più complessa.

Transizione che sarà affidata probabilmente a nuove tecnologie poichè, ancora l'IEA, in un recentissimo report Energy Technology Perspectives 2020 - Special Report on Clean Energy Innovation, presenta, come illustrate nel grafico sottostante, le riduzioni delle emissioni di CO2 per categoria di tecnologia:

Dove le percentuali si riferiscono alle riduzioni cumulative delle emissioni entro il 2070 tra lo scenario di sviluppo sostenibile e tendenze di base delle tecnologie al livello di maturità odierno.

Pertanto per  mettere il mondo su un percorso sostenibile a zero emissioni nette sarà necessaria un'ampia gamma di tecnologie che sono in fasi molto diverse di sviluppo, ma di cui l'IEA è già in grado di stabilire con quanta probabilità potranno contribuire alle riduzioni delle emissioni necessarie per soddisfare gli obiettivi climatici.

Quindi le tecnologie chiave di cui il settore energetico ha bisogno per raggiungere le emissioni nette zero sono oggi note, ma non ancora disponibili.

I principali ambiti tecnologici saranno: l'elettrificazione nell'utilizzo finale di settori come il riscaldamento ed i trasporti; l'applicazione della cattura del carbonio, l'utilizzo e stoccaggio; l'uso di idrogeno a basse emissioni di carbonio e di combustibili derivati dall'idrogeno e l'uso della bioenergia. Ma in realtà queste tecnologie si diversificano in circa 400 ambiti più specifici.

Se consideriamo il percorso che un'idea deve compiere per passare dallo stadio di ipotesi alla sua applicazione industriale ci rendiamo conto che da un prototipo (Prototype) non è possibile definire i tempi in cui il prodotto raggiungerà la fase della maturità e nemmeno se la raggiungerà. Similmente anche la fase di dimostrazione (Demonstration) di una nuova tecnologia, ad esempio la cattura delle emissioni di CO2 dei cementifici, non definisce un orizzonte temporale certo per il suo rilascio su larga scala. Nel caso dell'adozione anticipata (Early adoption) siamo nella fase in cui, una tecnologia emergente non ha ancora colmato il divario di costi e prestazioni con le tecnologie consolidate: il caso delle auto elettriche ed a idrogeno esemplifica bene questa situazione.

Quello che lascia perplessi è che circa il 35% della riduzione delle emissioni di CO2 provengono dalle tecnologie attualmente in fase di prototipo o dimostrazione di cui quindi, per una parte, non è nemmeno garantita la fattibilità mentre un ulteriore 40% fa affidamento su tecnologie non ancora distribuite commercialmente su un mercato di massa: pertanto i tempi della loro evoluzione come tecnologie mature sono soltanto delle proiezioni statistiche. 

Ma se per esempio, consideriamo la tecnologia delle batterie agli ioni di litio, dove ci sono voluti dai 10 ai 30 anni per passare dal primo prototipo al mercato di massa, il suo ruolo nella maturità è solo in settori limitati delle tecnologie verdi, per problemi di costi: 170.000 € di batterie, che pesano oltre 8.000 kg, sono necessarie per conservare l'equivalente di energia di un barile di petrolio. Un barile di petrolio, mediamente, pesa 136 kg e può essere immagazzinato un serbatoio del valore di 20 €. 

Pertanto sulla base dell'analisi della IEA e come sottolineato da Alberto Clò sulla rivista ENERGIA:  "le energie rinnovabili, solare ed eolico, possono contribuire solo per un quarto all’obiettivo, mentre il restante dovrà essere colmato da tecnologie non ancora pienamente sviluppate. È necessario quindi puntare su queste e non continuare a sussidiare soluzioni oramai mature e sempre meno efficaci.".

Tutte le tecnologie mature, se fossero competitive, non dovrebbero necessitare degli enormi incentivi fin qui spesi per NON giungere all'obbiettivo. E' importante dunque un'attenta analisi delle nuove tecnologie destinate a farci raggiungere la piena neutralità carbonica, in particolare alla luce dei possibili appetiti risvegliati dall'enorme massa di denaro messa in campo dall’Unione Europea per dar seguito allo European Green Deal.

Una volta di più l'IEA, sull'energy mix necessario per un futuro green e sulle tecnologie che ci dovrebbero permettere di raggiungere la decarbonizzazione, rivela un quadro estremamente complesso ed in evoluzione: è evidente la diversità di approccio comunicativo e di analisi tecnica rispetto al nostro paese, il cui approccio semplicistico vede la transizione già risolta e fondata sulle attuali FER.

 

Giovanni Brussato

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