Motore del Green Deal, l’industria estrattiva ha assunto la missione di approvvigionare i minerali che costituiranno gli ingredienti fondamentali delle tecnologie verdi. La World Bank stima che sarà necessario estrarre oltre 3,5 miliardi di tonnellate di questi minerali per raggiungere gli scenari più ambiziosi previsti dall'IEA. Nel 2019 ne sono state estratte a livello globale poco più di 35 milioni di tonnellate, pertanto sulla base delle considerazioni della World Bank vi saranno minerali come il litio, il cobalto e la grafite che vedranno la loro produzione aumentare di oltre 500 volte rispetto all’attuale. Ci sono minerali, come il rame, di cui nei prossimi 25 anni ne verrà estratta la stessa quantità dei 5000 anni appena trascorsi. L’estrazione dei minerali comporta un grande utilizzo di acqua dolce.
Abbiamo cercato di analizzare e stimare numericamente la water footprint, WF, l’impronta idrica, indicatore della quantità di acqua dolce utilizzata per produrre beni o servizi, del processo estrattivo di alcuni metalli necessari alla costruzione delle tecnologie verdi.
Abbiamo preso come base i dati forniti dalla Commissione Europea (Joint Research Centre, JRC) in uno studio pubblicato qualche settimana fa: “Raw materials demand for wind and solar PV technologies in the transition towards a decarbonised energy system” . Lo studio mira a fornire un supporto scientifico basato su evidenze tecniche al processo decisionale europeo per assicurare la transizione all'energia verde.
La WF può riguardare un singolo processo produttivo, un prodotto, o anche la quantità totale di risorse idriche usate in un’azienda durante tutte le fasi della produzione. In base al processo o prodotto a cui si riferisce, l’impronta idrica è generalmente espressa in litri o metri cubi. Oltre ad aiutarci a comprendere per quali scopi le risorse d’acqua dolce vengono consumate, è un valido strumento per valutare gli impatti ambientali causati da queste attività analizzando sia l’uso diretto di acqua, ma anche quello indiretto, ovvero la quantità di risorse idriche complessivamente utilizzate lungo tutta la catena produttiva.
L'energia eolica e l'approvvigionamento dei minerali
Le moderne turbine eoliche possono essere divise in due categorie: trasmissione diretta o cambio. I due tipi hanno costruzioni significativamente diverse, che differiscono nella progettazione del generatore, nel sistema di trasmissione e, di conseguenza, differiscono notevolmente sia la massa che i materiali con cui sono costruite. Quelle dotate di un cambio ad ingranaggi sono le più diffuse, hanno raggiunto un costo competitivo con un alto livello di affidabilità, sebbene generalmente richiedano una manutenzione frequente a causa del maggior numero di parti meccaniche in movimento rispetto a quelle a trasmissione diretta e presentino un peso superiore del generatore dovuto all'uso di materiali convenzionali come ferro e rame.
Le turbine eoliche a trasmissione diretta dispongono di generatori collegati direttamente al rotore, alcuni modelli, come quelli prodotti da Goldwind, impiegano un generatore con magneti permanenti al neodimio-ferro-boro, altri, come quelli di Enercon, utilizzano un rotore eccitato elettricamente costruito utilizzando maggiormente il rame. Tendono ad avere un costo per megawatt superiore che però viene compensato da una manutenzione significativamente inferiore durante il suo esercizio. Questo le fa preferire nelle installazioni offshore dove la manutenzione è molto più impegnativa mentre quelle ad ingranaggi sono più richieste nelle installazioni onshore, dove gli interventi sono relativamente semplici.
La differenza tra queste tecnologie ha delle evidenti implicazioni sulla domanda di minerali.