Salutiamo con sollievo la legge che pone un limite ai ripetuti e scandalosi colpi di mano dei lobbysti che, giorno dopo giorno, stanno demolendo i sistemi di tutela con la scusa "mettere a terra in fretta" le opere del Pnrr per "accedere ai fondi europei". Si introducono nel codice penale nuove fattispecie di reato e si innalzano le pene vigenti al fine di attuare pienamente il dettato costituzionale, in forza del quale il patrimonio culturale e paesaggistico deve godere di una tutela ulteriore rispetto a quella garantita alla proprietà privata. Il testo, di cui primi firmatari sono i ministri Andrea Orlando e Dario Franceschini, è stato approvato a Montecitorio con 381 voti a favore, nessun contrario e tre astenuti. La retorica salvifica delle pale eoliche non reggerà più come ipocrita scusa per deturpare il paesaggio italiano. Decisiva, nella presa di consapevolezza del problema, è stata la durissima reazione alle parole dell'assessore all'Ambiente della Toscana Monia Monni in occasione dell'autorizzazione concessa all'impianto eolico a Giogo di Villore: "Se vogliamo davvero salvare il pianeta, dobbiamo anche avere il coraggio di cambiare un po' il paesaggio per proteggerlo", che ricalca senza pudore un analogo slogan pubblicitario della Edison comparso di recente sulle prime pagine dei principali quotidiani italiani.

 

In carcere chi deturpa l’arte e il paesaggio.

 

 

Ci è capitato di leggerlo stamattina all'edicola, per puro caso, perchè vi era esposta una copia di Italia Oggi, che riporta questo titolo in prima pagina. I giornaloni, invece, hanno dedicato a questa notizia, per noi e per l'Italia tutta fondamentale (specie per quella "Next generation", termine del quale ultimamente si fa un uso spropositato e strumentale per rendere accettabile qualsiasi nequizia), quando va bene, un trafiletto interno. Trovare un simile, giusto risalto su un quotidiano economico e non su un giornale generalista è sconcertante, e rafforza i nostri più maliziosi convincimenti. Fare lobby a favore dell'eolico è molto proficuo, fornire narrazioni fantasiose ed omettere informazioni essenziali è utilissimo a tale scopo, ma poi non ci si deve lamentare che in edicola non ci vada più nessuno nè si devono invocare (e tanto meno concedere) sussidi pubblici per il calo delle copie vendute.

Ma tornando a bomba sull'articolo di Italia Oggi, scritto da Giovanni Galli, che i resistenti sui crinali e tutti i tutori del paesaggio si devono procurate e leggere con la massima attenzione, così esordisce: 

"Carcere fino a 5 anni e multa fino a 15 mila euro per chi imbratta o deturpa beni culturali e paesaggistici Mano pesante anche sulle società: prevista la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche quando i delitti contro il patrimonio culturale siano commessi nel loro interesse o a loro vantaggio. L'aula della Camera ha dato il via libera definitivo alla legge relativa ai reati contro il patrimonio culturale che inasprisce le pene per chi danneggia i monumenti, le opere d'arte o le bellezze naturali nel nostro Paese. Il testo, di cui primi firmatari sono i ministri Andrea Orlando e Dario Franceschini, è stato approvato a Montecitorio con 381 voti a favore, nessun contrario e tre astenuti. La legge inserisce nel codice penale un nuovo titolo, dedicato ai delitti contro il patrimonio culturale".

E dunque si introducono nel codice penale nuove fattispecie di reato e si innalzano le pene vigenti per attuare pienamente il dettato costituzionale, in forza del quale il patrimonio culturale e paesaggistico deve godere di una tutela ulteriore rispetto a quella garantita alla proprietà privata.

In particolare, leggiamo ancora nell'articolo di Italia Oggi:

"Per la distruzione, la dispersione, il deterioramento, il deturpamento, l'imbrattamento e l'uso illecito di beni culturali o paesaggistici la reclusione da 2 a 5 anni e con la multa da 2.500 a 15.000 euro."

La responsabilità penale è personale. A distruggere, deteriorare o deturpare il paesaggio si andrà in galera, anche se a commettere il reato è un pubblico amministratore bramoso di sacrificare il paesaggio italiano per attuare nobili fini (che si possono sempre escogitare e invocare).

Così, ad esempio, un ragionamento capzioso, che riconosce esplicitamente tale deterioramento, come quello dell'assessore all'Ambiente della Regione Toscana Monia Monni in occasione dell'autorizzazione concessa all'impianto eolico al Giogo di Villore: "Se vogliamo davvero salvare il pianeta, dobbiamo anche avere il coraggio di cambiare un po' il paesaggio per proteggerlo. Diversamente, tra qualche anno, non ci sarà nessun paesaggio da preservare", oltre al giudizio della Storia e a quello degli elettori mugellani, sarà sottoposto anche al giudizio della Magistratura.

 

Alberto Cuppini

 

 

 

 

Da qualche giorno è attiva la nuova rubrica, che quotidianamente (se possibile) seleziona e commenta l'articolo più interessante tra quelli segnalatici dai tanti sicofanti anti-eolici in giro per l'Italia (e qualcuno anche all'estero) per fornire argomenti aggiornati a tutto vantaggio dell'oscura lotta dei valorosi e misconosciuti resistenti sui crinali contro l'impalamento eolico dell'Italia.

 

Vi si può accedere o da questo indirizzo oppure cliccando sull'immagine dell'edicola in home page sopra all'immagine di Antonio Cederna. Oggi, ad esempio, abbiamo proposto l'analisi dell'articolo di Ferruccio De Bortoli sul Corriere della Sera:

 

 

L’eolico offshore è ritenuto da alcuni un compromesso tra le esigenze paesaggistiche e la produzione di energia pulita: un ipotetico punto d’incontro dove le istanze di tutela del paesaggio italiano, per cui evidentemente la Costituzione non è sufficiente, accolgono le ansie di un’altra categoria di ambientalisti per i quali c'è una catastrofe climatica incombente e prevenirla è più importante di qualsiasi altro valore sociale, che si tratti di democrazia, libertà di parola o leggi esistenti.

Le vicende di questi giorni ci stanno insegnando che è necessario che l’energia abbia dei costi sostenibili se non si vuole devastare il tessuto economico del paese: cerchiamo di analizzare quale sia il concreto contributo che l’eolico offshore può dare al nostro mix energetico.

 

Le gigantesche strutture in cemento armato di 22 delle 71 fondazioni sommerse delle turbine eoliche del parco eolico Fecamps su una superficie di 60 km2 in costruzione a Le Havre in Francia. Nulla in ciò che si vede attiene all'ecologia.

 

L'eolico offshore è estremamente costoso, molto più del solare, dell’eolico onshore, dell’idroelettrico e del geotermico. E nonostante le affermazioni contrarie dei profeti del vento, i costi di installazione di impianti eolici offshore non stanno diminuendo, anzi.

 

Greenflation.

 

Malgrado il settore stia godendo di una situazione estremamente favorevole che si compendia di sostegno governativo, outlook positivo, aumento delle richieste da parte di grandi clienti l’impennata dei prezzi delle materie prime sta creando problemi di redditività all’intero settore.

Dopo aver prosperato negli ultimi dieci anni con i prezzi delle materie prime a livelli minimi oggi gli effetti degli aumenti dei prezzi ne stanno minando la competitività, come afferma Mads Nipper, CEO di Ørsted: "Le turbine eoliche hanno un uso di materiale molto pesante. Stiamo parlando di centinaia e centinaia di tonnellate di materiale". Con il prezzo dell'acciaio, del rame e dei minerali critici che sono saliti alle stelle, il risultato non avrebbe potuto essere diverso per le aziende produttrici di turbine e ciò che sta accadendo al settore eolico, può facilmente applicarsi alle tecnologie green: dai pannelli solari, alle batterie per storage ed auto elettriche, sono tutti ambiti fondamentali per la transizione energetica.... e tutti in lotta contro le pressioni inflazionistiche della “greenflation”.

 

Le azioni di molti produttori sono crollate.

 

Siemens Gamesa ha dichiarato di aver subito un calo di oltre il 20% delle entrate per il primo trimestre fiscale della società, da ottobre a dicembre e la quotazione del titolo in borsa è sceso di circa il 55% da gennaio 2021. Una conseguenza diretta dell’aumento dei costi delle materie prime che ha comportato inoltre consistenti ritocchi ai listini per compensare la contrazione dei profitti di circa 229 milioni di euro.

Da allora l'azienda ha aggiunto clausole sui nuovi contratti di vendita per trasferire l'inflazione dei costi delle materie prime o della logistica ai clienti.

Inoltre se parte dei problemi che oggi affliggono il settore possono essere imputati alla ripresa post pandemica, come i problemi della catena di approvvigionamento, Andreas Nauen, amministratore delegato di Siemens Gamesa Renewable Energy SA, ha detto che non si aspetta che il costo delle materie prime e della logistica tornerà ai livelli pre-Covid nel 2022 o nel 2023. Ma, a nostro avviso, probabilmente nemmeno dopo quella data: troppi governi messi a dura prova dalle carenze di bilancio alimentate dalla pandemia, stanno accarezzando l’idea di tassare le riserve minerarie di metalli critici per migliorare l’economia dei loro paesi.

 

L'esplosione dei prezzi energetici è diventata una scusa invocata dagli speculatori delle rinnovabili per montare sempre più impianti con sempre meno regolamentazioni, senza che nessuno faccia osservare che proprio quegli impianti, presentati falsamente come alternativi, sono stati la causa del disastro, avendo dato l'illusione di potersela cavare senza avere più bisogno nè di gas nè di altri combustibili fossili e quindi cessando di investire in quelle filiere.

 

Questa volta il vittimismo dei lobbysti è stato troppo anche per la Staffetta Quotidiana, da sempre schierata a fianco delle rinnovabili elettriche nella "transizione energetica" (sebbene non in modo acritico e facilone come fanno invece i "giornaloni" italiani). Il 2 febbraio la Staffetta è così sbottata: "WindEurope sbaglia i conti. Un attacco sguaiato, fuori tempo e fuori mira".

Che cosa ha suscitato l'ira della Staffetta? Leggiamo l'incipit dell'articolo:

"Sparare contro la burocrazia in Italia è sport fin troppo praticato. L'attacco sferrato ieri da WindEurope all'esito della settima asta Gse per gli incentivi alle rinnovabili è però, oltre che scomposto, anche fuori mira e fuori tempo. Evidentemente l'associazione europea che tutela gli interessi dell'industria eolica ha fonti di informazione piuttosto superficiali sull'Italia, se è vero che raccoglie sostanzialmente le lamentazioni sui progetti bloccati, che hanno facile accesso sulla stampa generalista, ma non tiene conto dei segnali piuttosto consistenti di inversione di tendenza registrati negli ultimi mesi – che si possono rilevare anche leggendo con un po' di attenzione i risultati della stessa asta Gse."

Gli esiti delle ultime aste, in realtà, sono stati trionfali: aggiudicatari sono stati 18 impianti eolici per 392 MW e 52 FV per 583. Il rapporto di potenza eolico/FV è stato dunque di circa 2 a 3. Nei registri (impianti con potenze inferiori al MW) il rapporto dei progetti presentati è stato molto superiore: di oltre 12 a 1 per il FV. Il potenziale rinnovabile assegnato in questa sessione, se le aste future fossero tre all'anno,come spiega la Staffetta, sarebbe in grado, in una prospettiva decennale, di raggiungere i (pazzeschi) obiettivi Fer previsti dal Pniec per il 2030.

Irruzione di alcuni scalmanati ieri al ministero della "Transizione ecologica". E' in atto una escalation di violenza da parte dell'ambientalismo ideologizzato, prima amorevolmente coltivato per conseguire meschini interessi di bottega ed ora sfuggito di mano agli opportunisti della politica.

 

Abbiamo appreso ieri sera dalla Staffetta Quotidiana, nell'omertà dei giornaloni e delle televisioni mainstream, che "un gruppo di attivisti si è introdotto stamani nel ministero della Transizione ecologica, spintonando persone, imbrattando pareti con scritte e danneggiando cose."

Intervistato da Rainews24, il ministro del Mite Roberto Cingolani (nella foto inginocchiato ai piedi della "Piccola Greta", in una foto che gli garantirà fama imperitura) si è detto dispiaciuto che la transizione ecologica "venga vista come un elemento divisivo" e che si è trattato di "una brutta parentesi" perchè "questa è una istituzione dello Stato". Una reazione durissima, dunque, al limite della spietatezza...

Ben più esplicito il comunicato stampa della Adnkronos (che ci informa non di un singolo fatto criminale, ma di una escalation di violenza - da tutti volutamente ignorata - in atto) "Mite, assalto Extinction Rebellion alla sede del ministero":

"Nuovo 'attacco' degli attivisti di Extinction Rebellion alla sede del ministero della Transizione ecologica, a Roma. A quanto apprende l'AdnKronos, dopo l'azione di ieri, mezz'ora fa altri attivisti si sono introdotto nell'edificio riuscendo a raggiungere, questa volta, il quinto piano, quello del ministro Cingolani. Alcuni membri dello staff del ministero sono stati isolati all’interno dell’edificio. Imbrattate le pareti del ministero".

Cingolani (classe '61), se quando andava a scuola non si fosse limitato a studiare tre, quattro volte le guerre puniche e avesse tenuto gli occhi aperti, avrebbe riconosciuto nell'ambientalismo ideologizzato da lui tante volte vellicato - specie con le frequentazioni di sprovveduti comici genovesi votatisi alla politica - qualcosa di molto simile a quello che era il "Movimento" studentesco ai suoi esordi. Oggi come allora, però, la violenza contro le istituzioni non sembra essere il problema principale di cui preoccuparsi. A monte c'era (e c'è) di molto peggio, di cui avere veramente paura: l'irrazionalità diffusa, ad esempio, il fideismo misticheggiante in una Verità Assoluta proposta dagli "Scienziati" e l'isteria di massa, coltivata al punto da non poter più essere tenuta sotto controllo con gli strumenti ordinari della politica, prima che si concretizzino i peggiori disastri.

 

Alberto Cuppini

 

 

Un'ulteriore dimostrazione del baratro culturale sempre più incolmabile tra la Sinistra delle fabbriche e la Sinistra dei salottini.

 

 

Legambiente ha pubblicato l'ennesimo "rapporto", ripreso anche dall'Extra Terrestre, supplemento del Manifesto (Quotidiano Comunista), di giovedì scorso, nell'articolo di Luca Martinelli dal titolo "Non girano le pale dell’eolico nel Paese che non sa rinnovarsi".

L'articolo veniva così introdotto "Energie alternative. Troppi ostacoli in Italia frenano le fonti rinnovabili: lo Stato, la macchina burocratica, i tempi biblici di approvazione dei progetti e l’ostilità dei comitati locali. Un rapporto di Legambiente".

Non leggetelo. E' inutile. La sindrome Nimby, gli "obiettivi climatici" fissati dall'Europa, la sfida epocale... La solita roba, che ascoltiamo da almeno una dozzina d'anni ripetuta all'infinito: i colpevoli del Male nel Mondo, i nemici dei Salvatori del Pianeta, sono burocrazia, amministrazioni e comitati locali. Tra questi irresponsabili malfattori si distinguono in Italia 20 casi esemplari, additati da Legambiente al pubblico ludibrio. E, tra questi 20 covi di eretici, impenitenti et ostinati, l’eolico in Mugello.

Vivissime congratulazioni ai resistenti locali: questa reazione furibonda di Legambiente corrisponde ad una medaglia al valore sul campo di battaglia appuntata ad un combattente al fronte.

Ma non è questa la notizia che ci interessa. Anche perchè, appunto, non è una notizia. Quello che ci preme portare a conoscenza degli amici dei comitati e di tutti i resistenti anti-eolici è l'intervista realizzata, sempre da Luca Martinelli, al presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani nella stessa pagina del supplemento del Manifesto (Quotidiano Comunista) nell'articolo "Il presidente di Legambiente: «Le rinnovabili sono belle e si devono vedere»".

Anche qui è inutile leggere tutto l'articolo: è una perdita di tempo per gli smaliziati comitati di cittadini che hanno dovuto sopportare per anni tutta questa vieta retorica ambientalista dei lobbysti dell'eolico. Li invito a concentrarsi sull'ultima domanda rivolta a Ciafani:

"Tra i venti progetti bloccati che raccontate, molti riguardano l’eolico. Perché questa tecnologia è così osteggiata?

C’è un’operazione culturale da fare, che investe i cittadini e che le associazioni dovrebbero essere le prime a praticare, anche se riconosco l’impegno solo di Wwf, Greenpeace e noi, mentre il resto del mondo ambientalista è ancora su posizioni di retroguardia. Dobbiamo far capire che le rinnovabili sono belle, che si devono vedere, che l’eolico galeggiante (sic) non deve essere sostitutivo di quello sotto costa, perché gli impianti vanno fatti dove c’è vento. Perché opporsi alle pale, se sono assuefatti alla vista delle piattaforma petrolifere che stanno ovunque, dall’Adriatico alla Sicilia? C’è un’abitudine al brutto che non si vede più e la tendenza a considerare quello che viene aggiunto come un problema per il paesaggio. Se facciamo un impianto eolico davanti a Brindisi, in vent’anni possiamo abbattere le tre ciminiere che campeggiano sulla città".

Ora, non è nostra intenzione infierire su Ciafani, su cui peraltro ci siamo già espressi, anche perchè infierisce da solo a sufficienza su se stesso e sull'organizzazione che dirige, ammettendone l'isolamento culturale (sulla distinzione di Legambiente da Greenpeace e dal WWF avevamo già parlato qui).

Questi esiti intellettuali devono essere semmai un monito per le ragazzine che fanno fughino da scuola i venerdì, non studiano e preferiscono passare il tempo leggendo i tweet della Piccola Greta.

Certo che anche il Manifesto, a pubblicare 'sta roba... Un bel salto mortale, carpiato e rovesciato, rispetto alle tesi operaiste di Marx e Lenin. Per non parlare di Mao. E' un po' difficile, poi, lamentarsi del crescente aumento dei consensi alle "Destre" tra le masse proletarie (ammesso che si possa ancora pronunciare la parola “proletario"), specie adesso che stanno arrivando a casa le prime bollette targate Greta.

Mentre centinaia di migliaia di operai rischiano il posto perchè presto le ciminiere delle loro fabbriche verranno deliberatamente spente e milioni di famiglie scivoleranno nella miseria a causa della "greenflazione", il Manifesto e Legambiente discettano di arditi estetismi post-moderni per rendere accettabili al volgo profano le decine di migliaia di nuove pale eoliche (e le migliaia di chilometri quadrati di pannelli fotovoltaici) con cui si vorrebbe, nientemeno, far funzionare tutta l'economia italiana entro il 2050, costi quel che costi.

I comunisti d'antan avrebbero qualificato questi ragionamenti "individualistici, edonisti e piccolo-borghesi". Retroguardia operaia.

 

Alberto Cuppini

 

Nel World Energy Outlook 2021 l’IEA annuncia che l’energia solare ed eolica sono divenute le forma di energia più economiche di cui il pianeta possa disporre. L’Agenzia lascia intendere che il prezzo di mercato sia il metro fondamentale nella scelta di una soluzione energetica, e che l’efficienza energetica costituisca solo uno dei parametri inclusi nell'indicatore complessivo.

Invece la prosperità della nostra società dipende dall'efficienza con cui riusciamo a produrre energia, pertanto la scelta dell’opzione più economica può non essere quella più indicata a garantire l'attuale fabbisogno energetico.

 

 

Il rendimento energetico delle tecnologie eolica e fotovoltaica è gravemente limitato dalla loro intermittenza, dovuta alle fonti, sole e vento, da cui dipendono, mentre da un punto di vista sociale, ciò che è rilevante, è l'energia disponibile per la società - energia netta - e non quella prodotta - energia restituita - che è vincolata all’efficienza della tecnologia con cui viene generata. Pertanto l'energia netta, cioè la differenza fra l'energia prodotta e il costo energetico del processo di produzione, è l'energia che la società umana può spendere per alimentare il proprio metabolismo sociale ed economico che in dimensione e obbiettivi supera di diversi ordini di grandezza quello della somma del metabolismo biologico dei suoi individui.

L’efficienza della fonte energetica consente di disporre nel lungo termine di quello che viene definito surplus energetico che è stato definito, in campi come la biologia o l'antropologia, il fattore chiave per consentire una crescente complessità ed evoluzione di piante, animali ed esseri umani.

Pertanto il bilancio energetico di una società, vista come una struttura dissipativa, viene definito dall’energia netta a disposizione e dal rapporto tra l'energia fornita e quella necessaria per ottenerla: l’EROEI (Energy Return on Energy Invested).

 

L'articolo del giorno

Parchi eolici nell'Appenino

Mappa interattiva delle installazioni proposte ed esistenti