In un recente intervista rilasciata ad Aljazeera Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo della Commissione europea per il Green Deal, e Fatih Birol, direttore esecutivo della IEA, l’Agenzia internazionale per l'energia, hanno sottolineato come sia necessario “fare della povertà energetica dell’Africa un fatto del passato”. Intento assolutamente encomiabile poiché oggi in tutto il mondo quasi 800 milioni di persone vivono senza alcun accesso all'elettricità di cui 600 milioni sono in Africa. “L'elettricità alimenta le nostre economie: ne abbiamo bisogno nelle scuole, negli uffici e negli ospedali, dove ora refrigera i vaccini salvavita. Dobbiamo ampliare l'accesso all'elettricità su scala industriale per consentire alle famiglie dell'Africa subsahariana di aspirare allo stesso tenore di vita delle famiglie di altre parti del mondo.” sottolineano gli intervistati.

 

 

In realtà, in proiezione, i numeri sono piuttosto diversi: secondo il Center for International Policy, nel 2035 il numero di persone in età lavorativa in Africa supererà il resto del mondo nel suo complesso, ed entro il 2050 un uomo su quattro sarà africano. La stessa IEA prevede che la popolazione dell’Africa nei prossimi trent’anni aumenterà di 1,1 miliardi di persone. Al 2100, il 40 per cento della popolazione mondiale sarà in possesso di un passaporto proveniente da un paese africano. Ancora l’IEA prevede che nel 2050 la popolazione mondiale sarà di oltre 9,5 miliardi ed il reddito medio pro-capite (GDP) sarà quasi raddoppiato rispetto ai valori attuali.

Però leggendo meglio i dati IEA si scopre che viene considerato accesso all'energia un consumo annuo di elettricità per una famiglia di 50 kWh pro capite nelle aree rurali e di 100 kWh nelle aree urbane. Questo livello di consumo di elettricità è sufficiente per alimentare alcune lampadine per qualche ora al giorno, per caricare un telefono cellulare e per far funzionare occasionalmente un piccolo ventilatore. In effetti questi livelli di consumo di elettricità nelle aree rurali e urbane sono correlati a redditi di appena $ 0,27 e $ 0,57 al giorno rispettivamente.

Forse sarebbe meglio che l’IEA spiegasse che la soglia di consumo annuo di 100 kWh rappresenta una soglia di estrema povertà energetica, piuttosto che indicarla come l'obiettivo energetico internazionale per promuovere sviluppo e maggiori redditi. Esattamente come il reddito indica la soglia di povertà la stessa analisi può essere effettuata con l’energia elettrica e, vedremo successivamente, anche con altri indici.

Ad esempio, l'Energy for Growth Hub propone un minimo energetico moderno di 1000 kWh, il Modern Energy Minimum, per persona all'anno, ritenuto coerente con i paesi che raggiungono uno status di reddito medio-basso e stima che più di 3,5 miliardi di persone - quasi la metà della popolazione mondiale - vivano al di sotto di questa soglia.

Metà della popolazione mondiale: forse anche questo andava detto.

Abstract della rassegna stampa.

Finora la deflagrazione dei costi energetici (e quindi a maggior ragione le sue cause) era stata tenuta sotto silenzio. Ma le bollette con le brutte notizie arriveranno presto agli utenti italiani. Per la smania di essere la prima della classe (e perchè influenzata dalla lobby green) l'Europa alza costantemente il livello di riduzione di anidride carbonica. Le utilities non possono fare altro che ribaltare sul mercato finale parte degli aumenti dei costi. Questo rincaro fa il paio con l'aumento delle materie prime necessarie alla "rivoluzione verde". Il basso prezzo di mercato del gas naturale degli ultimi anni aveva finora permesso di limitare gli effetti sulle tasche degli italiani dell'esplosione degli incentivi alle rinnovabili elettriche inseriti surrettiziamente in bolletta come "oneri di sistema". Già ora il caro prezzi e il timore di una inflazione fuori controllo, tale da costringere presto le banche centrali ad alzare i tassi di interessi pur in presenza di livelli di indebitamento potenzialmente esplosivi, comincia a far più paura del cambiamento del clima. Intanto si scopre anche che, con l'avvento delle rinnovabili non programmabili, uno dei pilastri più scontati del funzionamento degli stati moderni, la continuità dell'energia elettrica, è in realtà meno solido di quanto fossimo abituati a pensare. Sapelli: "La follia dirigistica di contrastare l’innalzamento delle temperature non con politiche che emergono dalla contrattazione nel mercato e con il mercato, ma con decisioni tecnocratiche legittimate solo dallo stordimento ecologico, ha appena iniziato a produrre i danni immensi di una transizione non contrattata del tipo di quella che va inverandosi in una Ue sempre più simile all’Urss. Le politiche energetiche prevalenti affermatasi per contrastare l’aumento delle temperature medie sono guidate da un mix di ignoranza e di sudditanza alle lobbies dell’industria elettrica mondiale". Clò: "Se si continuerà ad insistere che di petrolio non c’è più bisogno, che le imprese non dovrebbero più investire in ricerche minerarie, come ha fatto Faith Birol direttore esecutivo dell'AIE, ebbene i prezzi potrebbero schizzare da qui a pochi anni a 150 o 200 dollari al barile. Pari a 3 e più euro al litro di benzina. Le salvifiche rinnovabili non potranno farci nulla. Diversamente dalle fantasie che molti propagano a piene mani da qui a metà secolo – quando nessuno potrà chiederne loro conto – per quelle odierne si potrà farlo, addossando loro la responsabilità di quello che il noto economista petrolifero Philip Verleger prospetta come possibile “catastrofe economica”. Tabarelli: "I permessi di emissione dell'ETS (i permessi a emettere CO2, un'invenzione del protocollo di Kyoto che solo l'Europa ha adottato) sono un elemento fondamentale della transizione energetica e una causa importante dell'aumento dei prezzi. L'Europa ha deciso che entro il 2030 le emissioni di CO2 dovranno essere abbattute del 55%. Un obiettivo semplicemente irraggiungibile. E' folle pensare che in soli 9 anni riusciremo a passare da un -20%, fatto in 30 anni, a un -55%. Ogni permesso consente di emettere una tonnellata di CO2, che vorrei ricordare non è veleno bensì uno dei mattoni della vita sulla terra. Cina e Usa non fanno nulla di tutto ciò. L'Europa sta penalizzando la propria industria a vantaggio di altri Paesi". I programmi europei di transizione energetica, in cui la nuova religione ambientalista si fonde con l'ideologia ordoliberista di matrice tedesca, hanno una forte componente irrazionale che purtroppo sta prevalendo. Ne è stata un'ennesima dimostrazione l'imprevista sovra-reazione all'operazione mediatica globalizzata "Piccola Greta", in particolare la pazzesca decisione della Von der Leyen della "decarbonizzazione integrale" del continente entro il 2050, che, se non altro, ha riportato l'Europa a fare immediatamente i conti con la realtà, con una decina di anni di anticipo rispetto a quanto sarebbe accaduto senza il "bug" Greta.

 

 

Due settimane fa il PUN (il prezzo di riferimento dell'energia elettrica all'ingrosso in Italia) aveva sfondato quota 100 euro al MWh. La settimana scorsa abbiamo passato quota 110. Oggi sfioriamo quota 120. Ricordo che nel maggio dello scorso anno la media del PUN era stata 21,8 euro al MWh e che nel maggio di quest'anno eravamo già a 69,9. Adesso, con i primi caldi, il PUN è decisamente decollato. Finora la deflagrazione dei costi energetici (e quindi a maggior ragione le sue cause) era stata tenuta sotto silenzio. Ma le bollette con le brutte notizie arriveranno presto agli utenti italiani. Attendiamo rese dei conti (con la realtà) a breve. Questo aumento fa il paio con l'aumento delle materie prime necessarie alla "rivoluzione verde". Vedremo che cosa succederà agli sciagurati politici (agli sciagurati e alle sciagurate, per essere rigorosamente p.c.) che un bel giorno si sono alzati da letto ed hanno deciso, tra l'entusiasmo di tutti i media, che l'Europa sarebbe stata il primo continente climaticamente neutro entro il 2050. Si è trattato della classica previsione auto-avverantesi, ma non nel senso - credo - immaginato dai suoi ideatori (ideatrici).

Dalle 9,30, in coincidenza con la Conferenza dei Servizi presso la Regione Toscana, che delibera sul progetto di impianto eolico "Giogo di Villore e Corella", sul crinale appenninico spartiacque del Mugello, proposto dalla società AGSM Verona. Verona, facciamo notare, nella cui provincia non mancano certo i crinali ventosi in zone anch'esse a vocazione turistica, ma dove i sindaci si guardano bene dall'autorizzare a sfregiare per sempre il proprio territorio in cambio di trenta denari.

Presentiamo il testo di servizio della manifestazione.

 

 

Il Mugello ha già pagato un prezzo ambientale altissimo alla politica delle grandi opere con la distruzione delle sorgenti e altri danni e anche questo è un motivo per cui chiediamo che sia risparmiato ora almeno ciò che rimane di bellezza, di acque, di boschi, di biodiversità.

 

Il sito preso a bersaglio dall’industria ha altitudine di 1000 metri e massima visibilità su due versanti regionali, ed è un sito  di grande pregio dei Comuni di Vicchio e Dicomano anche per la prossimità a diverse zone protette e in particolare al Parco delle Foreste Casentinesi.

 

Il parere dell’Ente Parco su questo progetto è stato completamente sfavorevole ma questo non è bastato ancora a fermare il processo autorizzativo. Questo progetto si fa bello infatti  del pretesto ecologico, alimentato da norme di favore e da una propaganda incessante dell’industria privata cosiddetta ambientalista che si candida a salvare il pianeta dalla crisi climatica.

 

Proprio in questi giorni si deciderà se cedere a questa propaganda che non ammette alternative e quindi far collocare su questo crinale  un impianto  costituito da  otto aerogeneratori di 170 m. e opere annesse  cioè  piazzole e plinti di fondazione interrati e infitti irreversibilmente nella matrice rocciosa, ciascuno di  660 tonnellate, con una strada di accesso nuova e aree di cantiere entrambe parzialmente cementificate, alcuni corsi d’acqua incontaminati  verrebbero tombati nel tratto iniziale, ci sono vallette destinate a essere  riempite di materiali di scavo, inoltre è previsto un cavidotto interrato di 20 chilometri fino a Contea (Rufina). Ricordiamoci poi che le estremità della pale dei modelli di aerogeneratori attuali ruotano a velocità fino a quasi trecento chilometri orari e pensiamo alla sorte dei volatili e soprattutto dei rapaci veleggiatori di fronte a questo allineamento di torri.

L’altezza delle torri progettate è tutta nella logica del gigantismo eolico,  è quella massima compatibile con la possibilità di scalata da parete delle varie decine di carichi eccezionali previsti in quel luogo impervio e intatto che dovrebbe essere scavato, spianato, disboscato, artificializzato con rischi anche per le sorgenti.

 

Cittadine e cittadini di Firenze noi non siamo qui per difendere qualche piccolo interesse personale disturbato da questo progetto, noi siamo qui per difendere un luogo di cui conosciamo bene il valore insostituibile per tutti.

Questo progetto è pericoloso in sé ma anche  perché è un progetto pilota che vuole aprire alla colonizzazione eolica il crinale dell’Appennino e vuole far mettere in disparte la normativa di tutela ambientale e in particolare  il Piano di Indirizzo Territoriale della Toscana che vieta fra l’altro di manomettere la morfologia dei crinali.

 

C'è il rischio sempre più grande di assistere in nome dell’ecologia una rincorsa a costruire grandissimi impianti con aerogeneratori sempre più alti e anche in luoghi fragili o preziosi  senza badare all’imbruttimento, senza badare alla sorte degli uccelli e dei chirotteri e ai danni dei malcapitati residenti di nuclei sparsi che ricadono all'ombra delle torri, e dei luoghi storici il cui panorama affidato per secoli a un delicato equilibrio viene assediato da  queste escrescenze fuori scala rumorose e illuminate anche di notte per la sicurezza aerea.

 

Questa rincorsa a mettere pale giganti dappertutto o quasi non è vero come si dice che sia richiesta dalla crisi climatica del pianeta, ma deriva dall’assenza di pianificazione pubblica, dal modello  basato sulla privatizzazione e la deregulation imposto dell'Unione Europea.

 

Questa nostra lotta serve non solo per il futuro del Giogo di Villore serve anche per impedire che la transizione energetica e transizione ecologica abbraccino una soluzione sbagliata e contraria allo spirito e alla lettera dell’articolo 9 della Costituzione.

 

 

 

La “Coalizione Articolo 9”, nata per tutelare il paesaggio e la biodiversità in nome dell’articolo 9 della Costituzione, giovedì alle 10 organizza un presidio in piazza Montecitorio per evitare che il decreto “Semplificazioni”, varato a supporto del PNRR (e in particolare le norme specificamente dedicate alla velocizzazione degli impianti eolici e fotovoltaici a terra), sancisca la più grande trasformazione dei territori di pregio naturalistico e paesaggistico in una sterminata zona industriale senza confini. E' inaccettabile che i problemi globali possano essere risolti in modo autoritario con la frettolosa approvazione di un decreto che si limita ad azzerare le possibilità di opporsi e ad esautorare le autorità di garanzia e di tutela.

 

Lettera al Parlamento della Coalizione Articolo 9

Gentili Deputate e Deputati, gentili Senatrici e Senatori,

Vi scongiuriamo di evitare che il decreto “Semplificazioni” varato a supporto del PNRR, in particolare le norme specificamente dedicate alla velocizzazione degli impianti eolici e fotovoltaici a terra, sancisca la più grande trasformazione dei territori di pregio naturalistico e paesaggistico in una sterminata zona industriale senza confini. Determinando il più rilevante consumo di suolo che sia mai avvenuto nel nostro Paese, con effetti irreversibili, anche in danno all’agricoltura e all’attività turistica delle aree interne. E che ciò avvenga senza alcuna pianificazione, anzi senza la minima cautela per valori fondanti della Repubblica affermati nella prima parte della Costituzione, limitando gravemente i poteri esercitati dalle autorità preposte al loro esercizio da una normativa consolidata e condivisa.

Siamo preoccupati che non vi sia consapevolezza della gravità delle trasformazioni territoriali in atto. Su questo, non è stata diffusa una corretta informazione, né a voi che siete i nostri rappresentanti, né alla maggioranza dei cittadini che non ha idea della dimensione e del numero di questi impianti, anche a causa dell’assenza di dibattito pubblico intorno a questi temi.

Siamo la “Coalizione Articolo 9”, nata per tutelare il paesaggio e la biodiversità in nome dell’articolo 9 della Costituzione, anche sulla spinta del messaggio lanciato all’opinione pubblica nei giorni scorsi dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il Capo dello Stato ha sottolineato con chiarezza come “gli insulti al paesaggio e alla natura, il loro abbandono, oltre a rappresentare un affronto all’intelligenza, sono un attacco alla nostra identità…”.

La Coalizione è costituita da sedici associazioni ambientaliste e culturali che si battono da sempre affinché questo principio venga tutelato, perché il contrasto alla lesione del paesaggio, al consumo indiscriminato di suolo, al depauperamento della biodiversità trovino un riscontro nella legislazione, negli atti concreti di governo, negli interventi amministrativi, a livello nazionale e locale.

Le forze che hanno dato vita alla Coalizione, negli ultimi anni, hanno in ogni modo cercato di dare un contributo costruttivo per una razionale e intelligente pianificazione delle installazioni di impianti fotovoltaici ed eolici, puntando sull’individuazione dei criteri e delle modalità idonee a collocarli in modo da evitare una selvaggia distruzione del paesaggio e della biodiversità, elementi fondanti per una vera transizione ecologica.

Questo contributo positivo non ci è stato consentito e le nostre voci sono state isolate, riteniamo a causa delle fortissime pressioni esercitate dalla lobby dei facilitatori di impianti a fonti rinnovabili che possono disporre di grandi mezzi di propaganda e condizionamento in forza delle rendite costituite dai lucrosi incentivi – i più alti del mondo! - di cui ancora godono gli impianti già installati per onorare gli impegni europei del 2020.

La Coalizione nasce anche per ottenere lo spazio di rappresentanza che le spetta nell’organismo di consultazione previsto dall’articolo 3 del decreto Semplificazioni.

Alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica chiediamo di stralciare dal decreto semplificazioni tutte le norme che si riferiscono all’installazione degli impianti eolici e fotovoltaici nei territori agricoli, collinari e montani. Per questa specifica materia esiste già l’art. 5 della legge delega europea n. 53/2021 che fissa i criteri su cui dovrà basarsi la disciplina per l’individuazione delle aree idonee e non idonee alla localizzazione degli impianti. Disciplina che dovrà essere emanata con il Decreto legislativo di attuazione della Direttiva 2018/2001 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (c.d. RED 2), che deve essere recepita entro il prossimo 30 giugno.

Tra i criteri contenuti nella legge delega vi sono: il rispetto delle esigenze di tutela del paesaggio e delle aree agricole e forestali, l’utilizzo di superfici di strutture edificate quali capannoni industriali, parcheggi e aree non utilizzabili per altri scopi.

Il decreto legislativo da emanare dovrà, inoltre, uniformarsi all’art. 5 del Regolamento UE 2021/241 che istituisce il Recovery Plan, che stabilisce che il PNRR finanzi unicamente le misure che rispettano il principio “di non arrecare un danno significativo” agli obiettivi ambientali, compresa la biodiversità. Ciò significa che la valutazione ambientale dei progetti di fonti rinnovabili, anche non compresi in aree protette o vincolate, non potrà essere attenuata, evitata o ignorata in nome della velocizzazione delle realizzazioni.

In quella sede, potranno essere definite anche le regole e le modalità per l’informazione e la consultazione delle comunità e delle popolazioni locali, oltre a garantire le condizioni per il rispetto dei diritti dei portatori di interesse nei territori coinvolti dalle installazioni progettate, così come stabilito dai regolamenti europei.

Desideriamo chiarire che le nostre associazioni sono favorevoli a misure efficaci per il contrasto al cambiamento climatico e attive in molti campi – dall’efficienza energetica ad ogni altra misure o soluzione tecnologica per la decarbonizzazione – e continueranno ad essere attive in questo senso ciascuna secondo le proprie competenze e convinzioni. Le nostre associazioni accettano anche l’apporto alla transizione energetica delle fonti cosiddette rinnovabili elettriche intermittenti, purché gli impianti siano collocati in modo consono al grande valore naturalistico e paesaggistico del nostro paese, tenendo anche conto degli obblighi a cui l’Italia si è impegnata con la ratifica delle convenzioni internazionali di protezione dei beni culturali, del patrimonio archeologico e della natura.

Occorre però che ogni previsione di incremento di tali tecnologie sia valutata alla luce delle loro criticità unanimemente riconosciute dalle autorità esperte. Purtroppo, queste criticità non sono note all’opinione pubblica. Per questo vogliamo presentarle a voi, nostri rappresentanti in Parlamento. In estrema sintesi, le elenchiamo:

Criticità delle fonti rinnovabili elettriche intermittenti

1.      Le nuove fonti rinnovabili, segnatamente solare ed eolico, a mezzo secolo dall’avvio della loro penetrazione, contribuiscono per appena il 2% al soddisfacimento della domanda mondiale di energia primaria, contro l’80% delle fonti fossili, e per il 9% della generazione elettrica, contro il 64% delle fonti fossili.

2.      Nel nostro paese il contributo delle nuove rinnovabili è stato relativamente superiore alla media mondiale, coprendo circa il 15% della produzione lorda di energia elettrica, grazie ai forti incentivi - i più alti al mondo- che gli sono stati riconosciuti. Una cifra valutabile – nell’intero periodo di incentivazione – nell’ordine di 240 miliardi di euro che gravano ancora sulle bollette elettriche delle famiglie e delle piccole medie imprese che pagano l’elettricità a prezzi molto più elevati della media europea, in ragione anche della scarsa concorrenza che contraddistingue il mercato finale dell’elettricità.

3.      La penetrazione delle nuove rinnovabili, nonostante la forte caduta dei suoi costi di produzione, ha seguito strettamente la curva degli incentivi. Nel 2010 si sono registrate installazioni nell’ordine di 10.000 MW di potenza. Successivamente, con la riduzione della curva degli incentivi, le installazioni si sono aggirate sui 1.000 MW di potenza.

4.      Per conseguire gli obiettivi fissati a livello europeo, 30% dei consumi finali, esse dovrebbero crescere ad un ritmo annuale intorno ai 6.500 MW. È evidente – anche alla luce delle ultime aste andate deserte - che per riuscirvi sia necessario ripor mano a ulteriori incentivi, nonostante che i loro costi di produzione siano fatti passare per competitivi con le altre tecnologie di generazione elettrica.

5.      Mentre i costi delle nuove rinnovabili ricadono sulla gran moltitudine di consumatori, dei vantaggi beneficia un ristretto numero di operatori, e soprattutto le imprese straniere, segnatamente quelle cinesi, da cui gli impianti vengono quasi interamente importati. Limitati sono stati, per contro, gli impatti occupazionali. Secondo le statistiche dell’ex Ministero dello Sviluppo Economico, l’occupazione diretta e indiretta dell’eolico e fotovoltaico ammontava nel 2018 a 9.400 addetti (sostanzialmente installatori e manutentori). Cifra drasticamente inferiore a quelle propagandate dalle associazioni di categoria e dai loro sostenitori.

6.      L’onerosità è una delle principali criticità che attraversano l’insieme delle nuove rinnovabili, se si considera l’interezza dei costi da sostenere. Ai loro costi diretti di investimento, a fronte di costi operativi insignificanti, bisognerebbe infatti aggiungere i costi indiretti legati alla capacità di generazione, sostanzialmente a metano, in grado di supplire alla discontinuità sia del solare che dell’eolico. Considerare solo i costi diretti ha quindi scarso significato. A tali costi devono poi aggiungersi quelli conseguenti alla necessità di rafforzare le reti elettriche per renderle compatibili con l’esplosione delle unità di produzione da poche migliaia alle attuali 900.000.

7.      Altra criticità è quella legata alla dipendenza tecnologica/manifatturiera cui le nuove rinnovabili costringono nei confronti del quasi-monopolio cinese. Alla dipendenza certamente critica dai fornitori di petrolio e metano, in numero comunque molto elevato, si va sostituendo una dipendenza ancor più critica, per diversi decenni, dal controllo cinese quasi esclusivo dell’intera filiera di queste risorse; una dipendenza resa ancor più rischiosa dalle restrizioni all’esportazione imposte da Pechino. Né possono essere sottaciuti i disastri ambientali e sociali conseguenti all’estrazione delle terre rare e dei metalli necessari a soddisfare il fabbisogno dell’industria dell’eolico e del fotovoltaico, disastri provocati prevalentemente in paesi poveri.

8.      La criticità ambientale è rilevantissima: ovvero l’impatto dell’installazione di queste nuove rinnovabili sul paesaggio e sulla biodiversità, tanto più rilevante più aumenta la dimensione delle turbine eoliche (che hanno raggiunto i 250 metri di altezza) e l’estensione delle superfici con pannelli solari. Per raggiungere gli obiettivi 2030, il consumo di suolo per il solare sarebbe di almeno 4.000 chilometri quadrati pari ad una superficie come quella del Molise, come ha dichiarato il Ministro Cingolani. E, per l’eolico, abbiamo calcolato una lunghezza lineare pari ad almeno 5.000 chilometri, a fronte di una lunghezza complessiva della catena appenninica di 1.200 chilometri. Tale criticità va sollevando una generalizzata opposizione delle comunità locali, dovuta anche all’assenza di ogni dialogo da parte delle imprese e degli “sviluppatori”; all’ostracismo opposto dai media nazionali alle voci critiche; al mancato riconoscimento dei danni arrecati alle comunità di residenti - dal valore catastale degli immobili alle attività produttive e turistiche compromesse -, all’insufficiente regolamentazione normativa.

9.      Se collocati nei posti sbagliati gli impianti fotovoltaici ed eolici arrecano danni gravi, talvolta irreversibili, agli habitat e alle specie – come provato da studi scientifici -; provocano effetti barriera e causano morte per collisione, soprattutto in corrispondenza delle rotte di migrazione. Solo un’attenta pianificazione territoriale, sia sulla terraferma che in ambiente marino, e la rigorosa applicazione delle valutazioni ambientali possono garantire che la biodiversità, già pesantemente provata dagli effetti dei cambiamenti climatici, non sia ulteriormente danneggiata.

10. Come testimoniato, fra gli altri, dal Presidente della Commissione VIA, i ritardi nelle autorizzazioni rilasciate sono sostanzialmente dovuti alla cattiva qualità dei progetti presentati. Così come la drastica riduzione (76%) delle autorizzazioni alle installazioni eoliche, passate dai 2.463 MW del triennio 2012-2014 ai 589 MW del triennio 2018-2020, è stata determinata non certo dalla burocrazia o dai veti delle Soprintendenze quanto dalla crescente opposizione e contrarietà delle popolazioni locali.

Infine, occorre non illudersi che i problemi possano essere risolti in modo autoritario con la frettolosa approvazione di un decreto che si limita ad azzerare le possibilità di opporsi e ad esautorare le autorità di garanzia e di tutela. Occorre una nuova vera regolamentazione normativa che al termine di un debat pubblique con i vari stakeholders interessati possa almeno definire le norme per (a) l’individuazione degli ambiti territoriali in cui installare gli impianti tenendo conto delle criticità ambientali, paesaggistiche e culturali (b) i criteri di dismissione degli impianti al termine del loro ciclo di vita, facendone ricadere i costi sugli installatori e non sulla collettività o sui consumatori.

Coalizione Articolo 9

Altura, presidente Stefano Allavena

Amici della Terra, presidente Monica Tommasi

Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli, presidente Rita Paris

Assotuscania, presidente Donata Pacces

CNP, presidente Gianluigi Ciamarra

Comitato per la Bellezza, presidente Vittorio Emiliani

ENPA, presidente Carla Rocchi

Federazione nazionale Pro Natura, presidente Mauro Furlani

Forum Naz. Salviamo Il Paesaggio, portavoce Cristiana Mancinelli Scotti

Italia Nostra, presidente Ebe Giacometti

Lipu, presidente Aldo Verner

Mountain Wilderness Italia, presidente Franco Tessadri

Movimento Azzurro, presidente Rocco Chiriaco

Movimento naz. Stop al Consumo di Territorio, portavoce Alessandro Mortarino

Rete della Resistenza sui Crinali, coordinatore Alberto Cuppini

Wilderness Italia, presidente Giorgio Aldo Salvatori

Due dossier fotografici curati da Italia Nostra consultabili online ai link:

·         Quaderno Fotografico sull'Eolico

·         Quaderno Fotografico sul Fotovoltaico

L’IEA nel suo recente “The Role of Critical Minerals in Clean Energy Transitions” sostiene che un sistema energetico in evoluzione richiede un diverso approccio alla sicurezza energetica. Con l'accelerazione della transizione all'energia pulita a livello globale e la diffusione dei pannelli solari, delle turbine eoliche e delle auto elettriche, i mercati in rapida crescita dei minerali chiave potrebbero essere soggetti a volatilità dei prezzi, influenze geopolitiche e persino interruzioni dell'offerta.

Il rapporto identifica il conseguente ruolo dell’Agenzia nell'analisi dei rischi per i minerali e i metalli chiave,che , se non affrontati, potrebbero rendere più lento o più costoso il progresso globale verso un futuro a basse emissioni di carbonio e quindi ostacolare gli sforzi internazionali per affrontare i cambiamenti climatici.

 

 

In realtà dopo aver trascorso un secolo a combattere guerre per gli idrocarburi ora, nel tempo di una generazione, li vediamo diventare marginali mentre assistiamo alla balcanizzazione dell'economia mondiale. Mentre la Cina è concentrata sulla propria sicurezza energetica, trasformazione industriale, elettrificazione, sul miglioramento dell'ambiente eliminando l'inquinamento idrico, e quello atmosferico diventano evidenti le paure dell'Europa e degli Stati Uniti che devono garantire, a loro volta, la loro intera catena di approvvigionamento che deve condurli alla neutralità climatica.

E così mentre ogni blocco inizia a preoccuparsi delle implicazioni per la sicurezza energetica nazionale della propria catena di approvvigionamento assistiamo alla balcanizzazione di quella che è stata l'economia mondiale perfettamente integrata negli ultimi anni, diventa intrinsecamente inflazionistica ed impone la duplicazione degli sforzi.

Stiamo assistendo alla crescita vertiginosa del prezzo delle materie prime e siamo solo nelle prime fasi di un mutamento dell'economia mondiale: ogni paese sta improvvisamente cercando di capire dove posizionarsi a cominciare dal governo degli Stati Uniti che si rende conto che dovrebbe lanciare una guerra commerciale contro la Cina ma comprende anche che non è così semplice farlo.

Il denominatore comune è la decarbonizzazione ma anche l’esigenza per le popolazioni dell’accesso all’acqua potabile ed all’energia e per i governi risolvere le istanze della propria popolazione e quello che sta accadendo in Cile è probabilmente solo l’inizio. Questa trasformazione energetica ed industriale creerà sicuramente vincitori e vinti: si guadagneranno o si perderanno enormi fortune.

Ma elettrificare davvero l'economia mondiale è un'impresa enorme che cambierà la percezione del mondo nei confronti delle compagnie minerarie, come ha ricordato Robert Friedland fondatore di Ivanhoe Mines, poiché le persone si renderanno conto che l'estrazione mineraria è un settore fondamentale della transizione verde. Transizione che dipenderà dalle compagnie minerarie esattamente come l’attuale sistema ne dipende per l’approvvigionamento dei combustibili fossili.

 

Importantissima (anche se trascurata dai mass media) constatazione del governatore della Banca d'Italia sull'esistenza di due differenti "rischi climatici" per l'economia ("le stesse politiche di contrasto ai cambiamenti climatici possono essere fonte di rischio economico"). I "rischi di transizione", come vengono definiti nella relazione annuale, si aggiungono agli effetti ormai pienamente visibili sull'inflazione, provocata dai costi di una "transizione ecologica" europea raffazzonata, velleitaria e sbagliata nei modi e - soprattutto - nei tempi.

 

 

Lunedì è stata presentata dal governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco la consueta relazione annuale.

Quest'anno un'intera sezione monografica è stata dedicata a "Banche centrali, rischi climatici e finanza sostenibile". In particolare il primo paragrafo della sezione, a pag. 200, è intitolato "I rischi climatici per l’economia e il sistema finanziario".

 

Qui troviamo il passaggio che più ci interessa:

 

I cambiamenti climatici comportano due tipologie di rischio per il sistema economico e finanziario. Il “rischio fisico” è legato al verificarsi di fenomeni naturali determinati dai cambiamenti climatici sia cronici, come la progressiva deviazione delle temperature e delle precipitazioni dalle tendenze storiche, sia acuti, come gli eventi che presentano una bassa probabilità di manifestarsi, ma hanno un alto impatto potenziale (ad es. alluvioni e ondate di calore). Il “rischio di transizione” deriva dal passaggio a nuove tecnologie produttive che permettano di ridurre le emissioni di gas serra. In questo ambito le stesse politiche di contrasto ai cambiamenti climatici possono essere fonte di rischio economico da prendere in considerazione: variazioni della regolamentazione repentine o inattese, non ben pianificate o non armonizzate a livello internazionale, possono infatti cogliere impreparate le imprese operanti nei settori economici più esposti, con potenziali ripercussioni negative sulla loro attività e su quelle collegate.

 

Il 10 giugno prima manifestazione pubblica in Piazza Montecitorio per salvare il paesaggio e la biodiversità in nome dell’articolo 9 della Costituzione.

 

 

Nasce la “Coalizione Articolo 9” per salvare il paesaggio e la biodiversità in nome dell’articolo 9 della Costituzione.

L’hanno creata quindici associazioni ambientaliste (Altura, Amici della Terra, Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli, Assotuscania, CNP, Comitato per la Bellezza, ENPA, Italia Nostra, LIPU, Mountain Wilderness, Movimento Azzurro, Movimento nazionale Stop al Consumo di Territorio, Pro Natura, Rete della Resistenza sui Crinali, Wilderness Italia)  anche sulla spinta del messaggio lanciato all’opinione pubblica nei giorni scorsi dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il Capo dello Stato ha sottolineato con chiarezza come “gli insulti al paesaggio e alla natura, il loro abbandono, oltre a rappresentare un affronto all’intelligenza, sono un attacco alla nostra identità…”.

Queste Associazioni si battono da sempre affinché questo principio venga tutelato, perché la lesione del paesaggio, il consumo indiscriminato di suolo, il depauperamento della biodiversità non trovino riscontro nella legislazione, negli atti concreti di governo, negli interventi amministrativi, a livello nazionale e locale.

Da questo punto di vista preoccupano non poco le novità contenute nel decreto “Semplificazioni”, varato a supporto del PNRR. Le forze che hanno dato vita alla Coalizione negli ultimi mesi si sono molto spese per una razionale e intelligente pianificazione delle installazioni di impianti fotovoltaici ed eolici, ad evitare una selvaggia distruzione del paesaggio e dell’ambiente naturale, puntando sull’individuazione dei criteri e delle modalità idonee a collocarli in modo da non danneggiare il paesaggio e la biodiversità che una vera transizione ecologica deve contemplare.

Ora la Coalizione chiede con forza di avere il suo spazio di rappresentanza nell’organismo di consultazione previsto dall’articolo 3 del decreto Semplificazioni.

Nei prossimi giorni la “Coalizione Articolo 9” per salvare il paesaggio e la biodiversità illustrerà le ragioni che hanno portato alla sua costituzione ai Presidenti delle Camere, ai ministri competenti, ai parlamentari, alle forze politiche, ai Presidenti delle Regioni.

Dà appuntamento per una prima civile protesta in Piazza Montecitorio nella mattina del prossimo 10 giugno.

 

Roma, 3 giugno 2021

 

L'articolo del giorno

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