Sabato a Faenza: se l'eolico distrugge l'ambiente non è un'energia pulita

No eolico industriale sui crinali appenninici! Sabato 29 si terrà un presidio informativo anche a Faenza, in Piazza del Popolo, in parallelo alla manifestazione degli amici di Vicchio nel Mugello contro l’impianto eolico "Giogo di Villore e Corella". L'impianto della AGSM (Azienda Generale Servizi Municipalizzati) di Verona (dove esistono crinali ben più ventosi di questo, ma dove non vogliono deturpare con aerogeneratori alti 170 metri il paesaggio e l'ambiente di casa propria) è previsto lungo 5 chilometri del crinale appenninico spartiacque. Si comincia a diffondere la consapevolezza che è a rischio il futuro (prossimo, molto prossimo) di tutto l'Appennino tosco-romagnolo. L'evento è organizzato dalla sezione CAI e dalle Guardie Ecologiche Volontarie di Faenza. Non chiederti per chi suona la campana dell'eolico industriale sull'Appennino: essa suona per te.

Nel Mugello diciamo NO all’impianto eolico "Giogo di Villore e Corella" sul crinale appenninico spartiacque del Mugello, proposto dalla società AGSM (società partecipata veronese). Il via libera all’opera da parte della Regione Toscana avrebbe ripercussioni non solo sull’area del Giogo di Villore, ma anche sul futuro stesso dell’intero crinale tosco-romagnolo. E’ infatti chiaro che si tratta di un progetto che aprirebbe irreversibilmente la strada ad altri interventi simili su tutto l'Alto Appennino. Ribadiamolo a gran voce in piazza Giotto a Vicchio il 29 maggio alle ore 16,30.

 

 

Il progetto di impianto eolico Giogo di Villore e Corella sul crinale appenninico del Mugello, proposto dalla società AGSM (società partecipata veronese), concluderà il suo iter procedurale fra pochi giorni  con la prossima seduta della conferenza dei servizi convocata dalla Regione Toscana - Direzione Ambiente ed Energia settore VIA (Valutazione Impatto Ambientale) -, finalizzata ad autorizzare o negare la realizzazione dell’impianto. Sul crinale del Giogo, che raggiunge un’altezza di circa 1.000 metri, si prevede l’installazione di 8 torri eoliche che saranno connesse con 7,5 km di linee interrate per il collegamento alla cabina di impianto da realizzare e 21 km di linee interrate per raggiungere la sottostazione. Ogni aero-generatore avrà una altezza di 99 metri, il diametro delle pale è di 138 metri, per un’altezza totale di 169 metri. Le torri saranno sostenute da plinti di fondazioni con un diametro di circa 20 metri, alti 3 metri e con micro-pali in profondità che potrebbero interferire con le sorgenti presenti nell’Appennino. Per riuscire a montare le pale sarà inoltre necessario realizzare grandi piazzole e piste di stoccaggio. Saranno complessivamente interessati dai lavori svariati ettari di territorio. La strada di accesso al sito per essere adeguata al trasporto dei vari componenti subirà un vero e proprio stravolgimento, in particolare il tratto San Bavello – Corella – Villore. Le strade tra il casello di Barberino di Mugello e San Bavello  saranno interessate da ben 21 interventi. L’Ufficio Regionale preposto all’iter istruttorio ha palesemente appoggiato il  progetto di AGSM,  assieme ai sindaci di Dicomano, Vicchio, oltre l’Unione dei Comuni, che fin dall’inizio hanno promosso l’opera. Il progetto invece avrebbe dovuto essere rigettato sin dalla sua presentazione in quanto non conforme agli indirizzi d’ambito, agli obiettivi e alle indicazioni del  Piano di Indirizzo Territoriale (PIT) attualmente in vigore. La normativa toscana vieta infatti di manomettere la morfologia dei crinali e colloca il sito del Giogo nel perimetro di una precisa Zona di Reperimento, cioè di tale pregio per la biodiversità e la conformazione geografica da essere candidata a ospitare future aree protette.

Non è un caso infatti che il limitrofo Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi abbia espresso un circostanziato e netto parere contrario, parere di cui incredibilmente la Regione Toscana non ha tenuto conto.

L’impianto eolico comporterà una profonda alterazione di una zona di elevato pregio da un punto di vista ambientale, di produzioni tipiche e a vocazione turistica.  Non solo ma l’effetto di un via libera all’opera da parte della Regione Toscana avrà ripercussioni non solo sull’area del Giogo, ma anche sul futuro stesso dell’intero crinale tosco-romagnolo. E’ infatti evidente che si tratta di un progetto che aprirà definitivamente la strada ad altri interventi simili sull’Appennino. Proprio questa aspettativa spiega lo sforzo eccezionale in termini lobbistici, propagandistici, e di investimenti accessori (sponsorizzazioni) che il soggetto privato sta producendo a sostegno del progetto.

Molte associazioni, comitati, soggetti politici istituzionali e liberi cittadini, pur consapevoli della necessità di decarbonizzare il Paese si sono dichiarati contrari al progetto, sottolineando che:

  • Lo sviluppo e l’investimento in energie alternative sono fondamentali, ma non devono creare impatti devastanti al territorio, che rappresenta una delle nostre maggiori ricchezze e che con questo impianto subirà danni in modo irreversibile;
  • Il progetto presentato da Agsm è sommario e in contrasto con la normativa vigente;
  • il Mugello ha già pagato un alto prezzo in termini ambientali per scelte sbagliate della Regione Toscana;
  • siamo convinti che il futuro del Mugello sia nell’agricoltura sostenibile, nelle produzioni di eccellenza, nella natura e nel turismo. Vogliamo che le nostre montagne restino presidiate e abitate.

Per questo chiediamo che siano applicate con rigore le norme esistenti e sia negata l’autorizzazione a questo impianto che ha tutte le caratteristiche solo di un grande affare a danno di ambiente e cittadini.

L’appuntamento è sabato 29 maggio alle ore 16,30 in piazza a Vicchio.

 

Hanno sottoscritto: Italia Nostra Firenze, Club Alpino Italiano – Regione Toscana, Associazione Dicomanocheverrà, Associazione MugelloinMovimento, Comitato per la tutela del crinale mugellano, Rete della Resistenza sui Crinali 

 

 

 

 

Noi fummo come voi siete, voi sarete come noi siamo. Il memento mori urlato dallo straziato paesaggio dell’Irpinia orientale, nell’altopiano del Formicoso, è rivolto ai viandanti di tutto l'Appennino, su cui incombe la stessa iniqua, assurda, inevitabile condanna all'impalamento eolico. Ciò grazie ai recenti orientamenti governativi, ispirati al peggior ambientalismo catastrofista, che si sono concretizzati nella bozza di decreto "Semplificazioni ambientali" inviata due settimane fa dal ministro della "Transizione ecologica" Cingolani a Palazzo Chigi per una rapidissima approvazione. Noi però ci attendiamo che vengano sollevate da Draghi delle obiezioni ispirate al puro buon senso, prima ancora del richiamo ai principi costituzionali. Sperando di fare cosa gradita e di contribuire ad una corretta valutazione della posta in gioco, mettiamo questi filmati a disposizione del capo dell'Esecutivo, su cui incombe una responsabilità storica - il millenario paesaggio italiano che tutto il mondo ci invidia - ben maggiore di quella dello sfruttamento insensato e predatorio del Recovery fund. 

 

Video realizzato da Fabio Innocenti di Vicchio.

 

"Basta coi no e le lungaggini", "fate presto", "dobbiamo salvare il Pianeta!". E' questo il senso più profondo (...) dell'incombente decreto ministeriale concepito dal neonato ministero della "Transizione ecologica", affidato a Roberto Cingolani, che in pochi anni, per potere usufruire dei fondi (presi a prestito!) messi a disposizione dall'Ue, ricoprirà i crinali italiani di pale eoliche come già avvenuto sull'Appennino tra Foggia, Avellino e Benevento.

Ciò grazie ai recenti orientamenti governativi, ispirati al peggior ambientalismo catastrofista, che si sono concretizzati nella bozza di decreto "Semplificazioni ambientali" inviata due settimane fa dal ministro della "Transizione ecologica" a Palazzo Chigi per una rapidissima approvazione.

La risposta di Italia Nostra alle dichiarazioni di Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, riportate nell'articolo pubblicato da Repubblica, dal titolo "Legambiente accusa: le soprintendenze frenano la transizione ecologica".

 

 

 

Le dichiarazioni, riportate oggi da Repubblica, di Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, contro le Soprintendenze, colpevoli di cercare di salvare quel che resta del paesaggio italiano dal dilagare dei pannelli fotovoltaici su terreno agricolo e delle torri eoliche, non sono una novità. Che Legambiente sia acriticamente schierata con i colossi dell’energia rinnovabile e strumentale ai loro interessi, è cosa nota. Come altrettanto chiaro pare essere il ruolo di Repubblica, diventato ormai l’organo ufficiale di un ambientalismo di facciata e mai di sostanza.

La produzione di energia rinnovabile e le tecnologie per l'accumulo dell’energia dipendono da materie prime come rame, cobalto, nichel, terre rare e molte altre usualmente definite come metalli tecnologici. La prevista crescita esponenziale delle energie rinnovabili eserciterà una forte pressione sul settore minerario sia per l’enorme richiesta di materie prime che per l’esigenza di adottare pratiche di produzione sostenibili.

La transizione viene vista come un'opportunità per realizzare enormi profitti dalle compagnie minerarie che investono in pratiche sostenibili al fine di fornire ai consumatori la possibilità di verificare le credenziali etiche dei materiali con cui è stato costruito il prodotto acquistato risalendo fino alla miniera stessa. L'uso della tecnologia blockchain nelle catene di approvvigionamento dei metalli è stato presentato come la panacea per alcuni di questi problemi, compresi quelli sociali e ambientali.

Non ne siamo così sicuri.

 

Credit: Institute for Security Studies [1]

 

Riteniamo invece che la pressione normativa, istituzionale e dei consumatori, per la divulgazione e la tracciabilità dei prodotti sia sempre più forte e si scontri con il naturale conflitto di interessi tra la domanda di trasparenza delle catene di approvvigionamento e la necessità di privacy commerciale per le parti attive nella filiera.

La catena di approvvigionamento dalla miniera al mercato è solitamente registrata in documenti di transazione, che sono sparsi in tutto il mondo. Vendere e consegnare un carico di minerali significa inviare tramite corriere o inviare tramite posta elettronica documenti cartacei soggetti a intercettazioni, frodi e minacce informatiche. Conformarsi a un numero crescente di standard industriali e normativi, significa ancora più laboriosi processi di due diligence manuali e cartacei: un compito impegnativo dato che molte miniere si trovano in paesi che rimangono ostinatamente in rosso nell'indice annuale di percezione della corruzione di Transparency International. Dimostrare che l'origine di un foglio di catodo di rame con cui è stato realizzato il tuo veicolo elettrico sia conforme alla politica di approvvigionamento responsabile di LME, in questo contesto, non è semplice.

Se il London Metal Exchange (LME) dovesse realmente vietare o rimuovere i marchi che non sono approvvigionati in modo responsabile entro il 2022 nell'ambito di un'iniziativa intrapresa per aiutare a sradicare dal libero mercato il metallo contaminato dal lavoro minorile o dalla corruzione molto è destinato a cambiare.

Venire esclusi dal più grande mercato al mondo dei metalli industriali significa essere posti ai margini delle catene di approvvigionamento globali ed esclusi da un passaggio storico che vede la borsa evolversi dal suo ruolo tradizionale di certificatore degli standard metallurgici dei suoi fornitori per affrontare la grande sfida dell'approvvigionamento responsabile.

Lo scandalo del lavoro minorile, una delle forme più indegne di violazione dei diritti umani, nell’estrazione del cobalto nella Repubblica Democratica del Congo, la continua segnalazione di crimini finanziari e i concreti rischi di corruzione che affliggono le catene di approvvigionamento dei metalli soprattutto a monte delle fonderie stanno facendo acquisire ai consumatori globali la consapevolezza dei costi sociali ed ambientali delle tecnologie verdi e più in generale dell’estrazione dei metalli.

Forse ai più era sfuggito che se le catene di approvvigionamento dei combustibili fossili, petrolio, carbone e gas, inquinano l’ambiente e gli oceani quelle relative ai metalli… fanno altrettanto e probabilmente in una scala superiore.

 

Per il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani l'economia italiana funzionerà in gran parte con... eolico e fotovoltaico ( ! ) già dal 2030. E la tutela dell'ambiente e del territorio verrà fatta con le ruspe, che distruggeranno per prima cosa il sistema amministrativo di tutele e salvaguardie faticosamente costruito dalle precedenti generazioni. In arrivo un decreto legge ad hoc con l'obiettivo di accelerare la realizzazione delle opere giudicate cruciali per la "rivoluzione verde" ed in particolare procedure semplificate per gli impianti eolici. Già nel 2030 il 70-72% dell'elettricità dovrà essere prodotta prevalentemente da centrali eoliche o fotovoltaiche. "Basta coi no e le lungaggini", "fate presto". E' questo il senso più profondo della bozza di decreto "semplificazioni ambientali" inviata lunedì a Palazzo Chigi. In molti casi si avrà coincidenza tra l'autorità che rilascia la Via e quella che autorizza l'opera: una sorta di "Via libera". Quanto agli impianti di energia rinnovabile si arriva al paradosso: si vorrebbe che l'autorizzazione ambientale inglobasse anche quella paesaggistica. Sull’Appennino non si salverà un crinale. Forse sarebbe opportuno ricordare il più rapidamente possibile a questi ministri (ed al popolo) che esiste ancora una Costituzione (e non solo l'art. 9...). Fortunatamente qualcuno comincia a comprendere che è troppo facile essere d'accordo sulle rivoluzioni verdi senza guardare ai loro insostenibili costi nascosti.

 

Secondo il Cingolani-pensiero, il sacrificio del paesaggio italiano permetterà di salvare il Pianeta.

 

Tutta l'Italia sconciata come la Daunia?

 

"L'eolico ha limiti di ingombro, ha problemi se c'è vento o no, non si può mettere ovunque e, come il fotovoltaico, non è immune da impatto ambientale (a lungo andare si riempirebbe il pianeta di silicio e metallo). In questo momento il gas è uno dei mali minori".

Così il professor Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova dal 2005 al 2019, nell'intervista rilasciata appena un annetto fa a Roberto Iadicicco, intitolata "Diversificazione delle tecnologie ed educazione al risparmio", per la rivista World Energy dell'ENI.

E invece no. Errore! Resettate tutto e ripartite da zero: per il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani l'economia italiana funzionerà in gran parte con eolico e fotovoltaico già dal 2030. E la tutela dell'ambiente e del territorio verrà fatta con le ruspe, che distruggeranno per prima cosa il sistema amministrativo di tutele e salvaguardie faticosamente costruito dalle precedenti generazioni, a partire dai tempi dell'Unità d'Italia.

Accogliamo il grido di angoscia che giunge dal Mugello: "Non riusciamo a farci una ragione di alcuni comportamenti da noi rilevati durante il procedimento amministrativo che deve decidere sul progetto di impianto eolico “Monte Giogo di Villore”, e decidere quindi il destino del nostro territorio e della nostra comunità". Sembra proprio che della fruizione lenta, del paesaggio toscano, delle foreste dell'Appennino, delle specie protette, dei torrenti che nascono dai serbatoi d'acqua del crinale, dell'acqua stessa, agli Enti che partecipano alla Conferenza dei Servizi non interessi proprio un bel niente, e che il crinale stesso sia destinato a diventare una rombante area industriale deserta di operai.

Crinale appenninico del Giogo di Villore visto dal Belvedere della Capanna del Partigiano presso il Monte Lavane a 1207 mslm

 

Ultimamente, da Mugello e Valdisieve si vedono cose di cui non ci si riesce a fare una ragione.

La Conferenza dei Servizi che deve decidere sul progetto di impianto eolico “Monte Giogo di Villore”, presentato da AGSM Verona Spa, e decidere quindi il destino del nostro territorio e della nostra comunità, era convocata martedì 20 aprile scorso. Ma ci risulta che sia stata rinviata, più o meno all'ultimo momento.
Eppure erano ormai trascorse cinque settimane dall'incontro precedente. Certo, può accadere. Nel frattempo la cronaca non ci ha certo annoiati, e non solo a livello locale. Ma già ci era poco chiaro il motivo per cui, dal Veneto, si vengono a investire decine di milioni di euro sul vento della Toscana. Anche perché, dal sito del GSE  risulta che, nel Veneto, la media delle ore di funzionamento degli impianti eolici è più alta che in Toscana, dove però la produzione eolica, già oggi, è tredici volte superiore. In altre parole: gli impianti eolici nel Veneto, pur non avendo ancora infestato i crinali, sono più produttivi, ma se ne installano meno, al punto che lassù il vento è 13 volte meno sfruttato. Allora, con tutte le praterie eoliche che dice di voler sfruttare, cosa spinge una municipalizzata del Veneto ad andarle a cercare in un territorio diverso dal proprio? Perché non comincia da un luogo dove le praterie eoliche ancora da conquistare sono molte di più, e anche più fertili?

L'articolo del giorno

Parchi eolici nell'Appenino

Mappa interattiva delle installazioni proposte ed esistenti