Potrebbe apparire meschino trattare delle giravolte del ministro della "transizione ecologica" Cingolani proprio nel giorno dell'invasione russa dell'Ucraina, cioè nel momento più terribile per i destini dell'Europa dalla fine della seconda guerra mondiale. In realtà, anche se all'opinione pubblica la cosa non è niente affatto chiara (a proposito: dove sono finite le consuete manifestazioni oceaniche per la pace?), le due cose sono strettamente collegate.

Dall'articolo del Quotidiano Energia, che invito a leggere integralmente dal sito web del giornale, veniamo informati che nella seduta di ieri alla Camera il Ministro Cingolani ha svolto una informativa urgente, trascurata dai giornaloni, sull'incremento dei costi dell'energia e sulle misure adottate per contrastarne gli effetti. Nelle parole del Quotidiano Energia:

"Se il presente richiede misure per ridurre la dipendenza dalla Russia e una diversificazione per gli approvvigionamenti, per il “futuro di medio-lungo termine” ci sarà bisogno di “una riflessione sull’energy mix”, perché l’accelerazione sulle rinnovabili non basterà."

Travolto dall'arrivo nelle case e nei luoghi di lavoro degli italiani delle prime bollette targate Piccola Greta e dal rischio di ritrovarci improvvisamente senza l'irrinunciabile gas russo (gas di cui troppi politici, giornalisti ed "ambientalisti" reclamavano fino a ieri l'abbandono istantaneo), ormai Cingolani cambia la politica energetica nazionale tutti i giorni, e tutti i giorni si allontana sempre di più dalla "decarbonizzazione integrale" al 2050 di cui ancora si farnetica a Bruxelles. L'unica cosa che in queste sue contorsioni rimane salda come la rocca di Gibilterra sono gli obiettivi per le "rinnovabili elettriche" che anzi devono, come nel ritornello canticchiato da tutti i politici ormai troppo compromessi, accelerare. Ovvero pale e pannelli piantati a casaccio dappertutto. Vabbè, intanto ci fa piacere che il ministro si sia assunto la responsabilità di dire al Parlamento quello che lui, da scienziato, sapeva benissimo fin dall'inizio, e cioè che "le Fer non basteranno".

Ora ci aspettiamo che Cingolani, per completare il suo outing, compia il più rapidamente possibile altri tre passi (o "step", come dice lui, che è un manager internazionale), ammettendo queste cose:

1) Smettiamo di piantare pale eoliche e pannelli fotovoltaici. Ce ne sono già fin troppi. Servono fonti di energia programmabile, non energia che arriva a casaccio ed è costosissima e dannosa per tutta la filiera energetica.

2) Sospendiamo subito il sistema ETS, per spazzare via in un colpo solo la speculazione che ha fatto esplodere i prezzi dell’energia. L'illusione della commissione Von der Leyen di poter fare a meno degli idrocarburi fossili entro il 2050 è stata l'innesco della crisi energetica ed ha fornito a Putin una enorme massa di valuta pregiata che gli ha permesso di pianificare ed ora realizzare la sua sconsiderata avventura in Ucraina.

3) Smettiamo di parlare di transizione ecologica e di decarbonizzazione integrale e torniamo a fare le persone serie, affrontando il problema dei cambiamenti climatici con realistiche politiche di contrasto, mitigazione ed adattamento. Chiudiamo perciò il ministero della transizione ecologica.

 

 

 

 

In questo articolo del Quotidiano Energia a firma Alfredo Spalla, leggiamo una relazione dell’intervento di ieri del ministro della “Transizione ecologica” Cingolani in audizione in Parlamento sull’attuazione del Pnrr.
 
In particolare segnaliamo:
 
Venendo a uno degli argomenti principali del suo intervento, ovvero “la liberalizzazione della rinnovabili” (in grassetto nel testo. Ndr), Cingolani dice che “va spiegata” e bisogna stabilire quanto “è prioritaria questa priorità”. Lo afferma ricordando ai deputati “il muro del Nimby, quello delle autorizzazioni” e le difficoltà nel selezionare le aree idonee”.
 
La liberalizzazione della rinnovabili bisogna spiegarla proprio bene, perchè noi, poveri stupidi, avevamo capito tutt’altra cosa. E cioè che la priorità più prioritaria fosse spendere i soldi del Pnrr, in larga parte rubricati proprio alla voce “rinnovabili”.  Il Pnrr è stato concepito per distribuire 200 miliardi di fondi europei, circa la metà dei quali andrà a carico del debito pubblico ovvero della futura generazione, soprattutto a grandi gruppi industriali. Da qui la necessità, come viene ossessivamente ripetuto, di fare in fretta. Fretta che, come tutti sanno, è un’ottima consigliera, specie in politica. Per fare più in fretta a “mettere a terra” le “opere” e trascurare, con la scusa della salvezza dell’ambiente, gli irreparabili sfregi al paesaggio, è stato persino modificato, proprio adesso, il testo dell’articolo 9 della Costituzione.
 
Per spiegare al volgo la liberalizzazione delle rinnovabili, però, sarebbe il caso di cominciare col chiamare le cose con il loro nome. Quando Cingolani, o Legambiente o i lobbysti delle opere più devastanti previste dal Pnrr scrivono di “Nimby” (muro del Nimby, sindrome Nimby eccetera) si deve infatti leggere: “Democrazia”.

 

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