Alberto Clò: "Si riteneva, erroneamente, che di petrolio e metano non vi fosse ormai più alcuna necessità, in nome della salvifica crescita delle rinnovabili".

 

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

 

Oggi abbiamo selezionato un articolo di Libero di lunedì scorso, che era "rimasto indietro" di fronte all'incalzare degli apocalittici avvenimenti di questa settimana. Si tratta dell'intervista di Fausto Carioti all'economista esperto di energia (ed ex ministro dell'Industria) Alberto Clò, che in questi anni è stato il solo tra i suoi colleghi ad avere il coraggio dell'impopolarità nel denunciare la folle rinuncia agli investimenti in idrocarburi "in nome della salvifica crescita delle rinnovabili". Proponiamo alcuni brevi ma veementi stralci (i grassetti sono nostri) delle risposte del professor Clò:

 

"Diversamente da quanto sostiene la Commissione di Bruxelles, nella sua comunicazione RePowerEu, è impossibile ridurre le importazioni di gas dalla Russia di una quota pari ai due terzi entro la fine del 2022... Affermazione risibile... sono affermazioni in libertà che alimentano false illusioni... Si richiedono anni: puntando, da un lato, ad accrescere le capacità di estrazione e trasporto del gas nei Paesi esportatori e, dall'altro, a sviluppare tutte le tecnologie disponibili in grado di sostituire il gas, superando l'ostracismo del fanatismo ecologista.

...

Sì, è possibile (che i prezzi attuali divengano la nuova normalità) perché l'esplosione dei prezzi del metano è dovuta ad una crescita della domanda mondiale cui non ha corrisposto un'adeguata offerta. Una scarsità causata dal crollo di circa tre volte degli investimenti minerari nell'industria petrolifera. Questo è dovuto principalmente al crollo dei prezzi dopo il 2014, ma nondimeno ai vincoli della transizione energetica.

...

Temo che le vicende degli ultimi mesi abbiano causato enormi passi indietro della transizione energetica... Già nel 2021 si è avuto un nuovo record dei consumi mondiali di carbone, cresciuti del 9% nonostante le solenni promesse fatte da tutti i leader a Glasgow. E ora, a fronte dell'attuale crisi, tutti i Paesi stanno aumentando l'impiego di carbone, per ridurre i consumi di gas e per la sua maggiore convenienza economica.

...

No, non ritengo realistico il raggiungimento di una riduzione del 55% delle emissioni (l'obiettivo europeo di "decarbonizzazione" entro il 2030. Ndr) fissato dall'Unione. A meno che - ed è sperabile che non avvenga - si verifichi un'inversione della ripresa economica".

 

Non è sperabile, certo, ma l'inversione della ripresa economica è esattamente quello che sta avvenendo adesso e che è verosimile attendersi, amplificata, almeno per i prossimi mesi. Saranno contenti i grillini, le gretine e tutti gli altri "ini" e "ine" che auspicavano la decrescita. Bravi, bel lavoro! Anzi: troppo bello. Troppa grazia Sant'Antonio. Dubito però che saranno altrettanto contenti i cittadini elettori impoveriti che andranno alle urne tra un anno a giudicare l'operato dei tanti, troppi politici sostenitori della "transizione ecologica" basata su pale eoliche e pannelli fotovoltaici e del "gas non è il futuro".

 

 

 

Il premier Mario Draghi ieri in Senato: "Stiamo andando verso un mondo dove le energie rinnovabili saranno dominanti e dove il gas e il petrolio saranno residuali".

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

Ieri il governatore della Banca d'Italia, in un Forum organizzato da Bloomberg, ha ammesso (come riportato dal Sole 24 Ore in prima pagina) che "così le imprese non sopravvivono".

Ogni giorno sempre più sostenitori (fino a ieri) delle "rinnovabili" salvifiche, quegli stessi che avrebbero dovuto impedire le follie degli ultimi anni culminate con l'European green deal, sono costretti ad ammettere, uno dopo l'altro, che tutta la nostra civiltà industriale si basa sulla disponibilità di energia economica, programmabile ed affidabile.

Al contrario, i vari ministri Cingolani, Franco (che continua ad insistere che lo sviluppo da miracolo economico previsto per quest'anno dai suoi uffici si ridurrà di appena pochi decimi di punto percentuale a causa delle sanzioni alla Russia) e tutti i loro colleghi di governo negano la gravissima realtà (e insieme le loro responsabilità) e gettano acqua sul fuoco. Il consigliere economico di Draghi Francesco Giavazzi ha rilasciato una dichiarazione che rischia di farlo passare alla storia: "Andiamo verso i due mesi migliori dell'anno, aprile e maggio, quando l'Italia ha abbastanza energia idroelettrica e rinnovabile per ridurre a zero l'import del gas dalla Russia".

Oggi, nella scelta dell'articolo per la nostra edicola quotidiana, vogliamo però andare in contro tendenza.

Mentre su tutti i giornali cominciano a sorgere i primi sospetti di possibili razionamenti dell'energia entro breve, e nella popolazione si diffonde la consapevolezza che riscaldarsi ed usare un'automobile potrebbe presto tornare ad essere un lusso per pochi (come in Italia lo era sempre stato prima del "miracolo economico"), il quotidiano La Repubblica rimane saldo e immarcescibile ad indicare, in tutti i suoi articoli, le "rinnovabili" come il Santo Graal per sanare i mali del mondo.

Così, ad esempio, l'articolo di oggi di Luca Pagni "Frenano i rialzi delle bollette" è un esempio di involontaria comicità non solo nel titolo ma già nell'occhiello: "A partire dal primo aprile".

Pagni è solo una pallida copia del suo predecessore Cianciullo nello scrivere sfondoni sulle "rinnovabili", che tanto ci hanno fatto divertire in passato per la loro sfrontatezza, ma anche lui non scherza per niente.

Non si capisce bene se sia la politica editoriale della Repubblica ad essere filo governativa ad oltranza oppure se sia la politica economica del governo italiano ad essere filo Repubblica nell'assecondare le pretese dei lobbysti di pale e pannelli ad ogni costo.

Confessiamo che qualche sospetto ce lo avremmo.

Sentire il premier Mario Draghi, come fedelmente riporta Pagni nell'articolo ("il premier suggerisce all'authority di studiare un nuovo meccanismo per le tariffe legato allo sviluppo delle energie verdi"), riferire davanti ad un Senato in preda all'angoscia per la concreta prospettiva del tracollo dell'economia italiana di fronte ad una improvvisa carenza di materie prime essenziali e di energia che

"stiamo andando verso un mondo dove le energie rinnovabili saranno dominanti e dove il gas e il petrolio saranno residuali. Il mercato del Ttf, secondo me, risponde sempre meno alla realtà",

fa pensare che a rispondere sempre meno alla realtà non sia solo il mercato del Ttf.

 

Il ministro della Cultura Dario Franceschini alla Camera: “Una delle forze del nostro Paese è la tutela del paesaggio e il suo valore economico”.

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

Nell'incalzare degli avvenimenti legati all'esplosione dei costi dell'energia innescata dalla "transizione energetica" accelerata, negli ultimi giorni abbiamo trascurato le piccole miserie di casa nostra. Oggi ripariamo proponendo un brano tratto dall'articolo della Staffetta Quotidiana di giovedì scorso dal titolo "Fer, Franceschini: raggiungere obiettivi ma tutelare il paesaggio":

“Io credo che sia indispensabile andare più in fretta, che sia indispensabile raggiungere gli obiettivi che il Paese si è dato, ma, contemporaneamente, non bisogna dimenticare che una delle forze del nostro Paese è la tutela del paesaggio e il suo valore economico”. Così ha concluso il suo intervento il ministro della Cultura Dario Franceschini, rispondendo durante il question time alla Camera di ieri pomeriggio all'interrogazione dell'on. Claudio Pedrazzini (Misto), che lo sollecitava a spiegare “in che modo il Ministero della Cultura intenda agevolare, o, almeno, non osteggiare lo sviluppo di impianti di energia rinnovabile”, nel quadro dell'obiettivo di 8 GW all'anno da installare nel prossimo decennio."

Si veda anche il video della seduta alla Camera di mercoledì scorso alle ore 15,01.

Replicando alla risposta del ministro, Pedrazzini ha notato che “finora, purtroppo, non si vedono ancora risultati tangibili”.

I comitati contro l'eolico che ha devastato la Daunia e quelli del viterbese, dove tra poco semineranno il frumento che non arriva più dall'Ucraina sui pannelli fotovoltaici, sapranno sicuramente indicare all'Onorevole Pedrazzini il nominativo di un buon oculista.

 

 

 

 

 

 

Sapelli: "Come siamo potuti arrivare alle Conferenze sul cambiamento climatico in modo così sprovveduto?"

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

Chiariamo fin dall'inizio come stanno le cose. L'autore dell'articolo da noi selezionato oggi, l'economista Giulio Sapelli, non è il professore matto. Dopo le elezioni politiche del 2018, Sapelli è stato per un giorno il presidente del Consiglio in pectore del nuovo governo giallo-verde (Lega-Cinquestelle), prima dell'improvvisa e tuttora inspiegabile apparizione dello sconosciuto Giuseppe Conte.

Ci è stato segnalato con notevole ritardo questo suo articolo "La clamorosa ignoranza dei governanti sulle regole della sicurezza energetica" tratto da Investire del primo marzo. Purtroppo sarà difficile per gli interessati recuperare il giornale. Ne riportiamo qualche passaggio rammaricandoci che i nostri lettori non possano godere del testo integrale. Ma anche così si capisce che il professor Sapelli le cose non le manda certo a dire. I grassetti sono nostri: 

"Il problema più inquietante per un intellettuale che si occupi di questi temi... è capire come sia stato possibile che i Grandi del mondo siano giunti a pensare di prescindere dai combustibili fossili, e di farlo anche a tappe forzate. La verità è che prima che si compia la transizione energetica ci vorranno forse cento anni.

...

Di fronte all'enormità della distrazione dei governi rispetto a queste evidenze c'è chi dice - da complottista - che ad imporla sia stata la lobby delle grandi banche d'affari che hanno inventato i fondi sostenibili, la finanza verde ed hanno promosso uno story-telling mondiale per sostenere la loro nuova creazione. Io non concordo, è una lettura semplicistica. In realtà il mondo è governato da personaggi - la von der Leyen, lo stesso Draghi - che devono essersi sentiti dei maghi ed hanno creduto per anni alle loro magie. E' l'unica spiegazione nel sentirli parlare di cose che chiaramente non sanno.

...

Il fanatismo ideologico dei Cinquestelle e dell'ambientalismo trasversale e ignorante ha prodotto gravissimi danni.

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Davvero: siamo al dilagare dell'ignoranza. Come siamo potuti arrivare alle Conferenze sul cambiamento climatico in modo così sprovveduto? Io credo che esista un grandissimo problema culturale... I vari von der Leyen e anche Draghi mi ricordano Nerone che suonava la cetra durante l'incendio di Roma.

...

Un ecologismo serio esiste, perché ha prevalso quello incompetente? Le alternative praticabili esistono, ma non sono state seguite."

 

Solo un paio di osservazioni a margine, anche perchè il professor Sapelli dice cose che noi della Rete della Resistenza sui Crinali stiamo ripetendo da anni.

Prima osservazione. Premesso che siamo d'accordo che il problema principale sia l'ignoranza, veicolata dalle nostre élite fellone persino nelle scuole, non dobbiamo neppure negare il lavoro di alcune potentissime lobby della "finanza verde", peraltro perfettamente coincidente con le finanze di tutti gli altri colori. Nella sola Italia negli ultimi anni la lobby dei "rinnovabilisti" è stata foraggiata da dodici miliardi annui di "incentivi" all'energia elettrica da Fer nascosti nelle bollette (per non parlare delle decine di miliardi scialacquati, ma che qualcuno ha intascato, per i servizi ad essa ancillari). Le briciole cadute da questa gigantesca torta di complessivi 230 miliardi sono serviti da lubrificante ed hanno impedito che si alzassero gli antemurali istituzionali che avrebbero dovuto contrastare questa follia, dei cui effetti gli italiani si stanno rendendo conto solo ora. Questa alluvione di rendite parassitarie ha contribuito in modo decisivo alla diffusione dello "story-telling" mondiale che è culminato con la colossale, grottesca "Operazione Piccola Greta".

Seconda osservazione. L'ambientalismo "delle incompetenze" è quello che sulla stampa e sui media italiani è stato e tuttora viene descritto come ambientalismo tout court. Mettiamo pure in conto che la Trimurti delle pale eoliche a tutti i costi goda, nel trattamento di esclusiva ricevuto dai mass media italiani, dei comprensibili vantaggi derivanti dalla sottoscrizione dei "protocolli" con l'Anev.

Non possiamo tuttavia fare a meno di rilevare che "l'ecologismo serio", di cui Sapelli riconosce l'esistenza, in questi anni si è rivelato troppo timido e succube alle tesi dei "rinnovabilisti". Dopo l'operazione "Piccola Greta" persino alcune di queste organizzazioni, che avrebbero dovuto tenere alta la fiaccola della razionalità e delle conquiste post-unitarie nel campo della tutela ambientale e paesaggistica, hanno perso la trebisonda e si sono accodate all'isteria di massa delle rinnovabili salvifiche. Ora ne stanno amaramente pagando, sui territori, le serie conseguenze, derivanti dalle "semplificazioni" pretese da Legambiente & Soci, con sterminate distese di pannelli e pale conficcate da tutte le parti senza più alcun controllo.

Un ritorno alla razionalità e ad una serie di valutazioni oggettive sulla inutilità (se non al danno) delle rinnovabili non programmabili (imposte dalle COP ONU controllate dai lobbysti e fatte proprie dalla sola Commissione UE per compiacere il governo tedesco), di fronte al disastro della crisi energetica in atto e - insieme - dell'esplosione delle emissioni globali clima-alteranti lo scorso anno, sarebbe quanto meno auspicabile. Se non altro per evitare che tutto il movimento ambientalista italiano venga squalificato dall'opinione pubblica ed i barbari delle "semplificazioni" pretendano ed ottengano illimitato dominio su tutto. E' ormai tempo di mettere in dubbio l'utilità delle conferenze ONU sul cambiamento climatico. Così non si va da nessuna parte se non nel burrone. Il problema va affrontato in tutt'altri ambiti e con tutt'altri strumenti. Come riconosce anche Sapelli nell'articolo: "Le alternative praticabili esistono ma non sono state seguite".

 

 

"Crisi energetica. Nazionalizzare i gruppi e guidare la transizione. Parigi l'ha capito, Roma si sveglierà?"

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

Sul Fatto Quotidiano di oggi, nascosto in una remota pagina interna, abbiamo scovato l'articolo di Giuliano Garavini che abbiamo scelto per la nostra edicola quotidiana.

Garavini, che è un fine analista di evidenti radici marxiste nonostante l'ancor giovane età, è arrivato, percorrendo tutt'altra via, alla stessa nostra inevitabile conclusione: il sistema elettrico italiano deve essere (ri) nazionalizzato.

Anzi. Meglio ancora: tutte le società energetiche italiane ("che, mentre i cittadini annaspano per pagare le bollette, hanno accumulato rendite gigantesche") devono essere nazionalizzate.

Il motivo, secondo Garavini, è duplice: la necessità di abbandonare le fonti fossili e l'urgenza di tagliare il cordone ombelicale con la Russia. Garavini, però, individua la nazionalizzazione solo come inevitabile tappa verso il fine ultimo della "transizione energetica", che per i nostalgici del comunismo dovrebbe innescare la distruzione del capitalismo e una nuova palingenesi, analoga a quella vaticinata da Marx e Engels. Ma se con la distruzione del capitalismo, almeno in Europa grazie ai forsennati pianificatori dell'European green deal, sembriamo bene avviati, ben più arduo è individuare nel mondo nuovo della Piccola Greta il futuro dell'Umanità.

Secondo noi, invece, la nazionalizzazione del sistema energetico deve avvenire come reazione alle conseguenze disastrose delle privatizzazioni degli anni Novanta e per disporre di nuove, immense risorse pubbliche per condurre la lotta ai cambiamenti climatici con azioni di contrasto, mitigazione e adattamento, in direzione completamente opposta alla "transizione energetica" basata su pale e pannelli, di evidente ispirazione ordo-liberista, pretesa dai neo-mercantilisti tedeschi.

Le privatizzazioni in Italia hanno certamente permesso enormi recuperi di efficienza, ma questi si sono tradotti in maggiori profitti per le società privatizzate, sempre più disinteressate all'interesse nazionale e ai destini del Paese, e in maggiori costi per gli utenti.

"L'unico Paese Ue che sembra essersi accorto della portata della sfida, scrive Garavini, è la Francia di Macron. Il Presidente francese ha parlato di "volontà di pianificazione", affermando che "dobbiamo riprendere il controllo capitalistico di vari attori industriali". Pensa in primo luogo ad EDF... L'idea è che la sua definitiva nazionalizzazione consentirebbe di finanziare investimenti a lungo termine nel nucleare a costi bassissimi, grazie alla garanzia statale, permettendo di offrire energia "pulita" ai francesi a prezzi contenuti."

Macron ragiona dunque lungo un percorso logico assai più simile al nostro. C'è però un particolare ostativo. Anzi: ci sono, allo stato, insormontabili difficoltà per la nazionalizzazione. Intanto la legislazione dell'Ue che vieta esplicitamente certe operazioni. In secondo luogo il potere delle lobby dell'energia che - lo constatiamo tutti i giorni tenendo d'occhio quella dei rinnovabilisti - sono ormai gli onnipotenti boiardi della politica italiana.

E' ovvio che, per percorrere la via della nazionalizzazione, dovrà prima succedere qualcosa. Uno sbrago, come amava definirlo il compianto professor Miglio. Mussolini (e stiamo parlando di un presidente del Consiglio dotato (dotatosi) di poteri esecutivi ben superiori agli attuali) nel 1933 potè creare l'IRI (perchè è di questo che stiamo parlando per l'Italia: una nuova IRI per l'energia) in seguito agli effetti disastrosi sull'economia della Grande Depressione, che aveva fatto grippare il sistema capitalistico mondiale (oggi si direbbe: globale). Direi che, sotto punto di vista, ormai ci dovremmo essere. Mancherebbe un Mussolini, certo, però non si sa mai.

Oppure dovrebbe succedere qualcosa di molto peggio. Il padre di Giuliano, Sergio Garavini (uno degli ultimi giapponesi rimasti a guardia dell'isola del comunismo dopo la sua fine) glielo avrebbe spiegato. I dirigenti del vecchio PCI, a differenza di quelli dell'attuale partito che ne ha raccolto l'eredità politica, erano tenuti a conoscere la storia. Sapevano che l'Unione Sovietica era diventata una potenza politica, industriale e militare in grado di esportare il comunismo in tutto il mondo non con il buonismo e le "energie pulite" ma con spietati piani quinquennale per produrre petrolio, acciaio e cemento in quantità enormi senza alcun rispetto nè per gli uomini nè tanto meno per l'ambiente. Garavini senior gli avrebbe anche raccontato che nel 1918 Lenin aveva assunto i drastici provvedimenti economici nella Russia postrivoluzionaria conosciuti come "comunismo di guerra" in una situazione resa drammatica non solo dalle conseguenze della guerra ma anche per la guerra civile in corso.

Il primo provvedimento del comunismo di guerra fu la nazionalizzazione dell'energia dell'Unione Sovietica. Contrariamente alle nazionalizzazioni avvenute in seguito in Italia, essa avvenne senza alcun risarcimento a quelli che oggi amano definirsi "stakeholders". Anzi gli "stakeholders" delle aziende energetiche (o almeno quelli che non riuscirono a lasciare la Russia in tempo) vennero avviati, lungo quelli che oggi vengono chiamati dai russi in Ucraina "corridoi umanitari", in Siberia.  

 

Visco (Bankitalia): “Stiamo vivendo una profonda e drammatica svolta che potrebbe portare a scenari economici che sono difficili da definire”.

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

Mercoledì scorso, il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco è intervenuto al dibattito "Monetary and Fiscal Interactions" in occasione della conferenza "The ECB and Its Watchers XXII", organizzata a Francoforte dall'Institute for Monetary and Financial Stability dell'Università Goethe di Francoforte.

Siamo venuti a conoscenza delle angoscianti dichiarazioni rilasciate in quel contesto dal governatore da un articolo di Paolo Annoni sul Sussidiario: “ITALIA IN MISERIA”/ L’allarme (censurato) di Visco sui rischi della guerra in Ucraina":

"In particolare, il Governatore si riferisce alla possibilità che la mancanza di gas possa portare a “razionamenti dell’elettricità o del gas mettendo in crisi la produzione... Stiamo vivendo una profonda e drammatica svolta che potrebbe portare a scenari economici che sono difficili da definire”. Il Governatore accenna anche alla possibilità che si verifichino rischi per la “stabilità finanziaria”... Visco prospetta la possibilità di uno shock dagli effetti imprevedibili che nella narrazione ufficiale non è mai stato contemplato. Anzi, in Europa si parla ancora di crescita".

Per illustrare il resto dell'intervento del governatore, rinvio volentieri all'articolo di Annoni, disponibile in rete sul sito del Sussidiario.net.

Per pura combinazione, quello stesso mercoledì nella nostra rassegna stampa avevamo accusato Visco di gesuitismo a causa di alcune sue ambigue dichiarazioni sulle drammatiche conseguenze della "transizione energetica", di cui il governatore si rende perfettamente conto. Non sappiamo se andare a dire - in inglese - le cose gravissime che ha detto in un consesso di ottimati a Francoforte rientri o meno in quella stessa categoria.

Certo che leggere le cronache che (non) ne hanno dato i giornaloni, ed in particolare il Sole 24 Ore, fa venire ulteriori, seri dubbi sulla buona salute della libera informazione in Italia e con essa sul corretto funzionamento dei fisiologici processi democratici di formazione della volontà popolare.

Qui in Italia, sui giornali e nelle TV, si continua ancora a parlare di "Transizione ecologica" come se fosse una cosa seria, col solo fine di sperperare i soldi del Pnrr per garantire ulteriori rendite parassitarie agli speculatori delle inutili se non dannose pale eoliche e pannelli fotovoltaici, ormai divenuti gli oligarchi de noantri.

Sempre sul Sussidiario, oggi un articolo di Giovanni Passali ci riferisce del "ministro Cingolani (quello della misteriosa “Transizione ecologica”, ma che vuol dire?!) il quale ha mostrato tutta la sua competenza dichiarando nel giro di 5 giorni: «Sostituiremo gas russo, nessun problema per arrivare all’estate» e poi: «In 24-30 mesi indipendenti da gas russo» e infine: «Senza import gas russo è tragedia sociale»." aggiungendo che "il “cattivissimo” Putin non c’entra un piffero e la colpa è tutta del Governo, delle sue scelte criminali in tema di politiche energetiche, compiute unicamente per compiacere i poteri europei."

Concludiamo di nuovo con Annoni:

"L’impressione è che siamo su un crinale che ha da un lato un abisso di cui non si vede il fondo e che non si vuole nemmeno prendere in considerazione; non perché non ci sia, ma perché fa troppa paura. La paura in questo caso sarebbe auspicabile; forse farebbe rinsavire molti. Ci viene il dubbio che questo non sia il momento di minimizzare e tranquillizzare per non peggiorare la situazione. Probabilmente è vero l’esatto contrario".

L'abisso senza fondo ce lo siamo cercati, tra l'altro, con l'irenismo e il gretismo di massa. Sarebbe il caso di rinsavire subito, sacrificando qualche carriera politica italiana ed europea, e, come scriveva ieri Tabarelli di Nomisma nell'articolo annunciato in prima pagina dal Sole, "dobbiamo anche riconoscere, velocemente, che servono urgentemente ingenti investimenti in nuova capacità produttiva di fonti fossili".

Quando ci saremo garantiti la sopravvivenza sarà possibile ripensare, in termini del tutto nuovi, con uomini nuovi e senza più la baggianata della "decarbonizzazione integrale" basata su pale e pannelli, al contrasto ai cambiamenti climatici.

 

 

"Ciascuna turbina ha bisogno di 0,6 ettari di terreno agricolo, ingombra visivamente, ha un impatto sull’ecosistema, il che genera problemi di accettazione sociale".

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

E' stato pubblicato il primo numero della Rivista Energia dell'anno 2022.

Vogliamo segnalare l'articolo di Dominique Finon "Da acclamata a fortemente osteggiata: la parabola dell’eolico onshore".

Finon non è un ambientalista nè ha a che fare con i comitati e le organizzazioni contro l'eolico. Anzi: è sempre stato un entusiasta sostenitore delle rinnovabili, eolico compreso. E' infatti un ricercatore del Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS). Eppure non può non riconoscere che lo sviluppo dell'eolico a terra è in piena fase involutiva:

"Un dato è incontrovertibile: “la crescita record del passato è ormai lontana”, i produttori storici faticano a fare profitti e numerosi posti di lavoro sono stati persi. Una montante opposizione locale, “cui fanno seguito problemi di autorizzazione e ricorsi legali”, è la principale barriera allo sviluppo."

Finon osserva come la parabola discendente dell'eolico onshore nei vari Paesi europei sia causata principalmente da problemi di "accettazione sociale".

In Germania, ad esempio, "Sempre più organizzata e supportata da legali esperti, l’opposizione delle comunità locali blocca i progetti e rende difficile l’ottenimento delle autorizzazioni".

Altre citazioni sono inutili. Le potete leggere liberamente nella recensione dell'articolo sul blog della Rivista Energia.

L'autore, però, proponendo soluzioni del tutto inadeguate, dimostra di sottovalutare il problema e non giunge alla ovvia, inevitabile conclusione a cui siamo giunti noi della Rete della Resistenza sui Crinali oppure Italia Nostra, quando chiedeva l'eccezione Italia per l'eolico.

Forse proprio per questa mancanza di sensibilità verso i "problemi di accettazione sociale" (o almeno così ci auguriamo), il presidente dell'Anev Simone Togni due giorni fa si è dimesso dal consiglio direttivo del coordinamento Free (l'onnipotente lobby dei rinnovabilisti). Togni vorrebbe un'accelerazione della campagna di comunicazione, già oggi schiacciante in modo insopportabile su tutti gli organi di informazione, a sostegno delle Fer. 

Come dichiarato dallo stesso Togni al Quotidiano Energia:

"Constatiamo che su questo punto la nostra associazione e il coordinamento Free stanno correndo a velocità differenti... ci sono centinaia di progetti eolici bloccati dalle Soprintendenze su cui si potrebbe e si dovrebbe intervenire in un momento come questo. Mi chiedo perché e con quale criterio si sia agito solo su sei iniziative (di "sblocco" governativo di progetti eolici)."

Anche il coordinamento Free e soprattutto il governo se lo sono chiesti e si sono pure dati una risposta. La risposta consiste, appunto, nei "problemi di accettazione sociale" indicati da Finon. Se i progetti eolici, che Togni vorrebbe che venissero approvati a spallate dal governo, fossero davvero centinaia, e ciascuno di essi comportasse, come comporta, l'irritazione di migliaia di cittadini elettori (decine di migliaia per il progetto dell'AGSM al Giogo di Villore nel Mugello), che subirebbero in un modo o nell'altro un insopportabile nocumento dalle ciclopiche pale di Togni & Co., il conto sarebbe bello e fatto: milioni di cittadini elettori insorgerebbero contro l'eolico e, per induzione, contro tutti gli impianti Fer di dimensione industriale.

Il coordinamento Free è spregiudicato ma non è stupido. Ha perciò preferito lasciare andare per la propria strada una scheggia impazzita capace di affondare tutto il loro sistema di rendite pubbliche e di sinecure garantite dallo Stato. Si spera che anche i decisori politici ne traggano le debite conclusioni.

  

L'articolo del giorno

Parchi eolici nell'Appenino

Mappa interattiva delle installazioni proposte ed esistenti