Davide Tabarelli (Nomisma Energia): Il Green deal? "Il piano della Commissione europea è irrealistico, a meno che non smettiamo di crescere e accettiamo di impoverirci tutti".

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

 

Riportiamo senza commenti tre brevi brani tratti da altrettanti articoli apparsi sulla stampa di oggi, lasciando ai resistenti sui crinali le ovvie conclusioni logiche.

 

Dall'intervista sul Foglio di oggi di Annalisa Chirico al professor Davide Tabarelli di Nomisma Energia:

"Non abbiamo parlato di rinnovabili. "Ben vengano purché si sappia che sono intermittenti e disperse. Da sole non sono la soluzione. L'idroelettrico è destinato a calare perché gli attuali impianti vanno sottoposti a rifacimenti, il che implica iter autorizzativi e tempi aggiuntivi". Ma tutto questo come si concilia con il Green deal? "Il piano della Commissione europea è irrealistico, a meno che non smettiamo di crescere e accettiamo di impoverirci tutti".

 

Dall'articolo del professor Giulio Sapelli annunciato in prima pagina su Verità e Affari di oggi come "Sapelli e il masochismo europeo":

"La tempesta economico-sociale che si sta addensando in Europa e nel mondo per la crisi provocata dall'aggressione russa all'Ucraina, ha colto l'Ue impreparata... L'impreparazione non è dettata solo dalla sorpresa ma anche dal fatto che la stessa Ue ha nel tempo accumulato una serie di decisioni e di normative giuridiche "europee" che sono andate e vanno nel senso opposto a ciò che ora si rende necessario per fronteggiare la scarsità delle fonti di energia essenziali."

Così, ad esempio,

"si dovrebbe volare con il Saf (benzina per aerei green), ma poi si scopre che manca il diesel e il fuel per i trasporti aerei... E' necessario un bagno di realtà, se non vogliamo che tutto si fermi, lentamente, inesorabilmente."

 

A proposito di "decisioni e di normative giuridiche europee che vanno nel senso opposto a ciò che ora si rende necessario per fronteggiare la scarsità delle fonti di energia essenziali", Fausto Carioti scrive, nell'articolo annunciato in prima pagina di Libero di oggi col titolo "L'Ue bombarda l'economia. Il piano verde fa schizzare i prezzi":

"Anziché allentare i vincoli sull'uso del carbone... la Commissione europea ha imboccato la strada opposta: imporre un ricorso alle fonti rinnovabili maggiore di quello previsto... la guerra in Ucraina e l'aumento dei prezzi dell'energia sono diventati il pretesto per un approccio ancor più radicale. La Commissione è intenzionata infatti ad alzare ulteriormente l'asticella... All'atto pratico, si tratta di rendere molto più facile la concessione di permessi per l'installazione di pannelli solari e pale eoliche, che per raggiungere i nuovi obiettivi europei dovrebbero moltiplicarsi nei prossimi sette anni."

 

 

La Commissione europea impone "una serie di indicatori di sostenibilità sugli impatti negativi sul clima e altri fattori ambientali, nonché quelli connessi alle problematiche sociali e del personale, il rispetto dei diritti umani e le questioni relative alla lotta alla corruzione attiva e passiva."

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

Qualcuno mi ha chiesto per quale motivo, nell'ultima edicola, avevo sostenuto che, per cominciare a combattere l'esplosione dei prezzi energetici e la conseguente guerra, sarebbe stata necessaria l'immediata sostituzione delle due principali responsabili del disastro, ossia la Von der Leyen (presidente della Commissione Ue) e la Lagarde (presidente della Banca centrale europea). Quali le colpe delle due eleganti ed aristocratiche Signore? Se qualcuno, anche se del tutto inconsapevole dei fatti pregressi, avesse letto l'articolo del Sole 24 Ore di Pasqua che abbiamo scelto oggi, non avrebbe più dubbi.

Proponiamo qui alcuni passaggi dell'articolo, più indigesto delle già indigeste uova sode benedette che si mangiano per tradizione la mattina di Pasqua, dell'incolpevole Enzo Rocca, che deve guadagnarsi lo stipendio:

"Dopo alcuni rinvii, lo scorso 6 aprile, è stata approvata dalla Commissione europea l'informativa sulla sostenibilità a carico dei partecipanti ai mercati e dei consulenti finanziari, principalmente banche e assicurazioni. Via libera, tra gli altri, al modello di dichiarazione sui principali impatti negativi delle decisioni di investimento sui fattori di sostenibilità (Principal adverse impacts o Pai) e alle modalità di rappresentazione della misura in cui le attività economiche in cui il prodotto finanziario ha investito si qualificano come sostenibili (allineamento alla tassonomia Ue)."

Niente male come esordio, vero? Già accettare il concetto stesso di "tassonomia", che dovrebbe fare inorridire tutti i cittadini di una democrazia liberale, è stato esiziale. Una volta compiuto il primo passo, tutto il resto è conseguente. Non esistono più limiti all'onnipotenza delle tecnocrazie della commissione UE, che coinvolgono, per giungere più rapidamente a disastri inimmaginabili, le tecnocrazie della Banca Centrale Europea, ormai disinteressata alla propria funzione istituzionale di combattere l'inflazione, che prima, secondo la Lagarde, "non esisteva" e che adesso "è temporanea". Alla BCE spetterà il compito, un tempo prerogativa di Domineddio, di esaminare e valutare le colpe ed i meriti dei "partecipanti ai mercati", distruggendo in questo modo, oltre che il buon senso, il mercato stesso in maniera ben più efficace del sistema previsto dal vecchio Lenin: 

"Per i partecipanti ai mercati finanziari, il modello di rendicontazione obbligatorio da utilizzare per la dichiarazione Pai include una serie di indicatori di sostenibilità sugli impatti negativi sul clima e altri fattori ambientali, nonché quelli connessi alle problematiche sociali e del personale, il rispetto dei diritti umani e le questioni relative alla lotta alla corruzione attiva e passiva."

Non basta più dunque distinguere il Bene dal Male in materia di clima: adesso la burocrazia di Bruxelles, delegando come strumento operativo la burocrazia di Francoforte, interviene per imporre il diktat del "politicamente corretto" a 360 gradi. Siamo al delirio da onnipotenza. Il senso del ridicolo è bandito:

"La misura dell'allineamento alla tassonomia Ue delle attività economiche in cui il prodotto finanziario ha investito è mostrata mediante rappresentazioni grafiche di indicatori di performance (Kpi). Si fa allora riferimento alla quota di fatturato (Turnover) che riflette la quota di ricavi delle attività green, alle spese in conto capitale (CapEx) che mostra gli investimenti green effettuati e alle spese operative (OpEx) che esprimono le attività operative verdi."

Io capisco che ormai i giornaloni italiani siano tutti espressione della volontà delle euro-tecnocrazie, ben simboleggiate dall'attuale presidente del Consiglio italiano, che tengono in pugno lo Stato italiano oberato di debito pubblico. Tuttavia - qualche volta - qualche piccola, soffusa ironia non guasterebbe, per il bene delle euro-tecnocrazie stesse: documenti come questo sono formidabili strumenti di propaganda politica a vantaggio di Orban, Marie Le Pen ed altri personaggi, ben più pericolosi, che aspettano nascosti nell'ombra.

 

 

 

Cacopardo: "Formazioni politiche prive di caratura adeguata alle necessità e di gruppi dirigenti all'altezza dell'appuntamento prossimo con la storia".

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

Oggi la nostra edicola di contro-informazione sulle rinnovabili elettriche sarà di contro contro-informazione. La contro-informazione, come suo vezzo, la fornisce Domenico Cacopardo su Italia Oggi nell'articolo, consultabile in linea sul sito web, che abbiamo scelto tra quelli che stamattina ci sono capitati sott'occhio. Per chi non avesse voglia di leggersi tutto l'articolo di Cacopardo (pieno di alcuni interessanti spunti controcorrente e di qualche esibito sproposito sopra le righe) riassumiamo l'oggetto del contendere.

I giornaloni italiani, soprattutto quelli di proprietà confindustriale (ma anche agnelliana), sono (a giusta ragione) preoccupatissimi dal dilemma draghiano "pace o condizionatori", versione buonista della retorica cattivista del "burro o cannoni" di mussoliniana memoria. Altri tempi, altre mode, ma stessa retorica semplificatoria e facilona che la Storia, nel caso di Mussolini, ha provveduto a condannare. Cacopardo è draghianamente convinto che eliminare il consumo europeo di gas russo permetterebbe di tagliere la linfa necessaria al finanziamento della guerra in Ucraina. Qualcun altro la fa ancora più semplice. Stefano Feltri, nel suo editoriale di oggi in prima pagina del Domani di cui è direttore, propone di continuare a usare il gas russo ma di non pagarlo perchè, tanto, Putin non avrebbe alternative di vendita, almeno nel medio periodo. 

Ma leggiamo direttamente Cacopardo da Italia Oggi:

"Ora, bisognerebbe ragionare anche di sospensione dell'import di gas e petrolio russi, una ipotesi che terrorizza il presidente di Confindustria, sostenitore di una autonoma imposizione (italiana) di un prezzo massimo per queste «hard commodities» e che invece è stata approfonditamente esaminata dai più qualificati centri studi europei (francesi e università di Bonn e di Colonia), tra i quali non è compresa l'attualmente decaduta Banca d'Italia... Va considerato che i vari centri di ricerca che se ne sono occupati, definiscono conseguenze limitate e gestibili per il combinato disposto delle riserve in essere, un anno di autonomia, e i nuovi flussi che si stanno contrattualizzando."

Sarà. La citazione ad adiuvandum delle ricerche econometriche del professor Krugmann, guru economico del New York Times e perciò politicamente correttissimo, non ci rassicura affatto. Prosegue Cacopardo, con un eccesso di populismo:

"Si parla di perdite del pil nell'ordine di un range tra lo 0,5 e il 3% che impauriscono Berlino, la stessa Berlino che impose alla Grecia una politica di rigore così dura da determinare tagli del pil dell'ordine del 22%."

Non sappiamo se con "perdite del Pil" si faccia riferimento ad una riduzione delle previsioni di crescita da nuovo miracolo economico che erano state ritenute - chissà poi perchè - ovvie e naturali fino a poche settimane fa, oppure, più seriamente, se si sottenda un Pil negativo nel 2022 per quell'ordine di grandezza. Entrambe le ipotesi ci sembrano però ottimistiche alle condizioni attuali, anche senza taglio del consumo di gas russo, a meno di ipotizzare una miracolosa cessazione istantanea delle ostilità. L'embargo del gas proveniente dalla Russia ed i suoi effetti demoltiplicativi innescherebbero una retroazione negativa sul Pil difficilmente quantificabile, ma verosimilmente di entità esplosiva, analoga alla contrazione del Pil russo in seguito alle sanzioni.

Ai danni della deflagrazione dei costi energetici, che hanno cominciato a svelare i propri effetti sull'industria manifatturiera europea solo nel primo trimestre del 2022, ed a quelli delle sanzioni, che contraggono fatturati e danneggiano le supply chain globali, si aggiungerebbe infatti il danno auto-inflitto di un volontario embargo di fonti di energia non sostituibili in alcun modo nel breve periodo. Tutto considerato, l'entità dell'ipotizzata riduzione del Pil europeo, ed in particolare di quello tedesco ed italiano, appare perciò grottescamente sottostimata. A ciò si aggiungerebbe il serissimo dubbio che tale embargo sul gas avrebbe davvero effetto, sempre nel breve periodo, sulle decisioni di Putin di perseverare nel proprio avventurismo bellico.

Non possiamo inoltre evitare di rilevare un forte indice di correlazione tra chi prospetta l'auto-flagellazione della rinuncia al gas russo ed i sostenitori della decrescita felice o della deindustrializzazione del Paese.

In realtà, come da noi più volte sostenuto, la vera soluzione per la guerra e per la crisi economica da costi energetici sta a monte, ossia nella rinuncia alla decarbonizzazione accelerata:

Qui si continua a negare che a provocare il disastro dei prezzi dell'energia sia stata l'eccessiva fretta nel giungere alla "decarbonizzazione integrale", ed a volerci arrivare attraverso il meccanismo Ets ed una iper-incentivazione delle Fer non programmabili, tutte iniziative politiche che hanno provocato l'abbandono degli investimenti nelle fonti fossili, quelle stesse che ora si stanno rivelando insufficienti. E così adesso, essendosi spinti troppo avanti tutti i vertici politici europei (a partire dalla presidente della commissione Ue Von der Leyen), nessuno ha il coraggio anche solo di suggerire che - forse - sarebbe il caso di procrastinare il piano della "transizione energetica".

...

Eppure basterebbe dichiarare di voler sospendere (anche solo momentaneamente) il sistema Ets per fare esplodere la bolla dei prezzi e spazzare via gli speculatori di tutto il mondo che, attraverso questo cervellotico sistema (si legga: "EU ETS, un mercato fatto per attirare speculatori"), hanno scommesso contro l'economia europea con la sicurezza di vincere. Altro che PPA con garanzie statali. Altro che proporre un embargo suicida, già nei prossimi mesi, sul gas russo. Sospendere all'improvviso il sistema Ets, oltre a riportare su livelli normali le quotazioni dell'elettricità in Europa, spezzerebbe pure le reni allo sforzo bellico dei russi in Ucraina, riducendo drasticamente i loro introiti finanziari.

I dati sono inequivocabili. La prova provata che l'assoluta eccezionalità di questo livello dei prezzi risiede nella speculazione e non nei fondamentali viene dal PUN, che nei pomeriggi dei giorni festivi precipita, tornando a livelli pre-crisi. I fondamentali non giustificano l'attuale livello dei prezzi, ma pesano piuttosto le aspettative paventate per il futuro. E' dunque necessario un cambio di rotta.

Oltre all'immediata sospensione del meccanismo Ets è poi opportuna una riflessione più profonda. Cacopardo, parlando delle prospettive dell'Italia a conclusione del suo articolo, si lamenta della presenza di "formazioni politiche prive di caratura adeguata alle necessità e di gruppi dirigenti all'altezza dell'appuntamento prossimo con la storia". E' vero. Tale critica va però estesa alla classe dirigente europea emersa dopo la caduta del muro di Berlino.

Si prenda atto che tutte le politiche dell'UE - non solo in campo energetico, ma anche in quello della politica estera e della (non) difesa - seguite da quel momento sono andate nella direzione sbagliata. Il segnale politico da dare al mondo deve essere fortissimo. Per cominciare sarebbe necessaria l'immediata sostituzione delle due principali responsabili del disastro dell'esplosione dei prezzi energetici - la Von der Leyen e la Lagarde - e l'abbandono dell'European Green Deal e di tutte le altre bambinate elaborate durante i fughini di massa del venerdì. Per citare Togliatti: "Fuori i pagliacci dal campo di battaglia".

 

 

La Staffetta Quotidiana: "Le proposte fuori tempo di Legambiente e Italia Solare: cerchiamo di non perdere il senso della misura"

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

 

"Incentivi, garanzie pubbliche, crediti di imposta, esenzioni. Sono quanto meno intempestive le richieste sottoscritte ieri da Federdistribuzione, Legambiente e Italia Solare."

Nella home page della Staffetta Quotidiana oggi campeggia questo corsivo non firmato, che quindi riteniamo scritto dal direttore Gabriele Masini. Non ci interessa neppure sapere di che cosa si sta parlando: sono le solite meschinità dei rinnovabilisti per continuare a fare scorpacciate alla grande mangiatoia pubblica. Quello che ci importa è che qualche commentatore, ed in questo caso il direttore di un quotidiano, di fronte a tanta improntitudine comincia a perdere la pazienza:

"Con prezzi dell'elettricità e del gas come quelli attuali un investimento del genere si ripaga in tempi brevissimi. Senza contare gli incentivi già in vigore e le ultime semplificazioni introdotte con il DL Energia. Ma soprattutto, chi dovrebbe pagare per queste agevolazioni? Le famiglie già stremate dal caro energia? Le aziende che sempre più spesso si trovano a fare i conti con la riduzione dell'attività per i prezzi troppo alti? Insomma, cerchiamo di non perdere il senso della misura."

Noi abbiamo grande stima di Gabriele Masini. Tra i giornalisti professionisti - e non solo nel suo ramo specifico - è stato quello che in questi anni più ha saputo mantenere la propria (grande) capacità di giudizio critico e soprattutto la schiena dritta di fronte a Poteri Forti ed a sponsor irrinunciabili per il suo quotidiano, senza farsi trascinare dall'isteria collettiva delle rinnovabili salvifiche.

Però nelle "Dieci righe" di oggi fa torto a se stesso ed ai suoi estimatori. Che cosa significa "cerchiamo di non perdere il senso della misura"? Sembrerebbe quasi che Masini non abbia mai letto un documento redatto dai lobbysti del fotovoltaico e da Legambiente. Per non parlare dell'Anev. Il senso della misura questi Signori negli ultimi 12 anni (almeno) non l'hanno mai avuto. Se lo avessero avuto, non saremmo arrivati a questo punto.  

 

 

 

 

Quagliariello: "Per evitare di passare dalla transizione ecologica alla transizione ideologica è necessario riflettere su come prevenire e limitare i costi di questa "rivoluzione green".

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

Apprendiamo da Libero in edicola oggi che il Senatore Gaetano Quagliariello, già ministro per le Riforme costituzionali nel primo governo Letta, ha scritto per l'editore Rubbettino il libro "La società calda. Dall'Italia che deve crescere una proposta per il Paese".

Dall'estratto del libro pubblicato su Libero per concessione dell'editore, riproponiamo qui alcuni brevi passaggi, invitando gli interessati ad acquistare il quotidiano, di cui l'estratto - molto denso - occupa mezza pagina, e molte altre osservazioni interessanti sono giocoforza rimaste fuori. Noi, come potrete ben capire leggendo che cosa c'è scritto qui sotto (che coincide con quanto sosteniamo noi), siamo stati solleticati ad acquistare il libro di Quagliariello. Dopo averlo letto, se ci sarà piaciuto, ne faremo una recensione per il sito della Rete della Resistenza sui Crinali. 

 

"L'Europa si è posta gli obiettivi di de-carbonizzazione più ambiziosi al mondo, puntando a fare da apripista globale nel processo di transizione ecologica. Viene difficile credere che questa volontà non sia stata influenzata da quella corrente propagandistica che vede nei modelli produttivi occidentali i principali responsabili del cambiamento climatico. Incorrendo tra l'altro in un corto circuito evidente laddove non si considera, piuttosto, il ruolo svolto dalle dinamiche globaliste quali fattori determinanti nei processi di squilibrio ambientale.

...

Emblematico il caso della Cina, che ha fondato la propria espansione commerciale proprio sullo sfruttamento selvaggio di risorse umane e ambientali. Garantendosi fra l'altro, grazie alle sue politiche industriali, l'egemonia commerciale su pannelli solari e batterie. Di fatto, con i fondi stanziati in Italia e in Europa diretti a incentivare l'utilizzo di energie rinnovabili e la mobilità elettrica, abbiamo contribuito ad arricchire la Cina, che tra l'altro con il 27% di emissioni globali è il maggior "spargitore" di gas serra del mondo... la transizione ecologica necessita di molto pragmatismo, e un passaggio troppo repentino e brusco, dovuto a obiettivi che rispondono a esigenze ideologiche più che di effettivo benessere, rischia di stravolgere gli scopi prefissati e e di frustrare i risultati sperati, scaricando costi eccessivi solo su cittadini e imprese."

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Per evitare di passare dalla transizione ecologica alla transizione ideologica è necessario riflettere su come prevenire e limitare i costi di questa "rivoluzione green".

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I modelli di sviluppo socio-economico dell'Occidente rimangono quanto di più avanzato la civiltà umana abbia saputo mettere in campo e dimostrano come la più alta forma di ambientalismo sia quella che non demonizza ma valorizza le attività antropiche, se correttamente esercitate, come strumento principe di cura del territorio.

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Bisogna dunque chiedersi come superare l'ecologismo globalista alla Greta Thunberg senza dover necessariamente cedere a politiche che tendano a confinare i consumi "ecofriendly" ai beni di lusso. Insomma, se si vuole che la transizione verso uno sviluppo sostenibile sia largamente supportata, essa deve essere sostenibile a sua volta. L'alternativa è che la questione ambientale diventi definitivo ed esclusivo appannaggio di un ecologismo ideologico, ipocrita, pauperista e fondamentalmente materialista."

 

Senatore Quagliariello, dopo avere letto questo suo brano, ci tolga solo una curiosità: ma che razza di riforme costituzionali pensava di riuscire a realizzare nel governo Letta?

 

 

 

Re Rebaudengo (presidente di Elettricità Futura) pretende 60 gigawatt di energia rinnovabile in 3 anni: "Dieci anni fa siamo riusciti a istallare 11 gigawatt (di fotovoltaico) in un anno senza avere la tecnologia che abbiamo oggi. Purtroppo le semplificazioni di cui tanto si parla non ci sono o sono largamente insufficienti." Purtroppo...

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

Il presidente di Elettricità Futura Re Rebaudengo, nell'articolo di Laura Serafini sul Sole 24 Ore che abbiamo scelto per la nostra edicola di oggi, "torna a rilanciare la necessità di avviare un piano per realizzare 60 gigawatt di energia rinnovabile in 3 anni  a un ritmo di 20 gigawatt all'anno... l'esecutivo, e in particolare il Mite, non ha mai dato una risposta".

60 GW rappresentano il massimo della potenza elettrica mai richiesta in Italia, che si andrebbero ad aggiungere ad una pletora di altri costosissimi impianti ad energia rinnovabile non programmabile che già stanno distorcendo la rete e il mercato elettrico e che, molto presto, faranno nascere il problema di che cosa fare dell'energia elettrica prodotta in sovrappiù, che dovrà essere comunque pagata, durante le ore di maggiore insolazione.

Come da noi ripetuto decine di volte, la decisione della commissione europea di giungere alla decarbonizzazione integrale grazie alle "rinnovabili" e al sistema Ets, per fare dell'Europa il "primo continente climaticamente neutro" già nel 2050, è stata la scintilla che ha fatto esplodere la crisi dei prezzi dell'energia, generando quegli extra profitti che hanno permesso a Putin di scatenare la guerra d'aggressione all'Ucraina. 

Elettricità Futura è la vecchia Assoelettrica, che è stata colonizzata dai "rinnovabilisti" ed in particolare dai produttori da fotovoltaico, diventati onnipotenti grazie alle rendite assurdamente alte che sono state graziosamente concesse loro con i famigerati "Conti energia". In virtù di quelle regalie, da imputare principalmente all'azione dei lobbysti nell'ultimo governo Berlusconi, un Mwh prodotto dai pannelli riceve in media 300 euro di "incentivi", quando nel 2009 un MWh di elettricità costava sul mercato all'ingrosso 60 euro al MWh. Per calcolare i ricavi dei nostri oligarchi del sole, a quegli incentivi si deve aggiungere il prezzo di mercato (PUN) che, nel frattempo, grazie appunto alla politica di rinuncia agli investimenti in fossili per favorire le "rinnovabili", è schizzato nell'ultimo mese fino a 271 euro al MWh di media. Morale della favola: adesso stiamo pagando l'elettricità da fotovoltaico quasi 10 volte di più (10 volte di più: il 1000%) di quanto pagheremmo l'elettricità all'ingrosso senza i piani europei per "decarbonizzare".

Oltre a tutti gli altri effetti distorsivi, un simile flusso di cassa (per il solo FV lo Stato garantisce 6,7 miliardi all'anno per "incentivare" impianti da tempo ammortizzati, e la grande cuccagna durerà fino al 2031) ha reso Elettricità Futura onnipotente non solo entro la Confindustria, che senza i contributi delle ex partecipate e dei nuovi boiardi creati dallo Stato farebbe fatica a stare in piedi.

La prima cosa che un governo minimamente serio dovrebbe fare nell'attuale stato di emergenza - per l'Italia, per la sua economia e per l'industria in particolare - dovrebbe essere la sospensione di imperio degli incentivi al fotovoltaico. E invece ci tocca leggere, ancora nell'articolo di oggi del Sole, quotidiano della Confindustria:

   

"L'industria italiana (ma quale industria italiana? I pannelli arrivano dalla Cina. Ndr) è in grado di rispettare quegli obiettivi - spiega Re Rebaudengo -. Dieci anni fa siamo riusciti a istallare 11 gigawatt in un anno senza avere la tecnologia che abbiamo oggi. Purtroppo le semplificazioni di cui tanto si parla non ci sono o sono largamente insufficienti. Per superare gli ostacoli della burocrazia abbiamo chiesto la nomina di un commissario nazionale e di sub commissari regionali per agire in deroga alle norme diverse da quelle penali. Ma anche su questo non c'è stata risposta".

 

Chissà mai perchè.

L'uomo che volle farsi Re Rebaudengo.

 

 

Tabarelli (Nomisma): "Se domani dovessimo mettere in pratica l'embargo totale al gas russo ci attende un razionamento forte: bisogna far lavorare meno le fabbriche, utilizzare più carbone, usare tutti i prodotti petroliferi al posto del gas e la legna nelle aree rurali".

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

 

Per la prima volta segnaliamo, per la nostra edicola quotidiana, un articolo non per quello che c'è scritto, ma per quello che non c'è scritto.

Si tratta dell'ennesima intervista a Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia. La parola che manca, nell'articolo realizzato da Luca Monticelli per La Stampa di oggi, è "rinnovabili".

 Tabarelli nell'intervista ci dice che

"...se domani dovessimo mettere in pratica l'embargo totale al gas russo ci attende un razionamento forte."

Non è sufficiente l'accordo di ieri con l'Algeria per avere 9 miliardi di metri cubi di gas in più da loro (dalla Russia ne arrivano 29), anche perchè "ci vogliono tre anni per ottenerli"; non sarà sufficiente abbassare di un grado le temperature di abitazioni e luoghi di lavoro, che garantirebbero, nella migliore delle ipotesi, un risparmio di un miliardo di metri cubi; una manciata di miliardi in più arriveranno da Libia, Azerbaijan e con il gas liquefatto (pericolosissimo e costosissimo, aggiungo io), per il quale bisognerebbe però prima costruire i rigassificatori. "Non resta che il razionamento" conclude l'intervista Tabarelli.

Niente da fare: senza il gas russo

"bisogna far lavorare meno le fabbriche, utilizzare più carbone se i sindaci delle città dove ci sono le centrali ce lo lasciano fare. Quindi cercare di usare tutti i prodotti petroliferi al posto del gas e la legna nelle aree rurali, ma vanno tolti subito i vincoli ambientali sulle polveri sottili".

E bravi i nostri ecologisti talebani delle "energie verdi": grazie alla loro politica sconsiderata per l'abbandono totale e subitaneo delle fonti tradizionali di energia, in un colpo solo (per evitare di finire tutti nella miseria più nera), viene spazzato via l'oscuro e instancabile lavoro di decenni degli ambientalisti seri.

Ma la cosa che più ci interessa è che, per la prima volta su un quotidiano mainstream che tratta di energia, è scomparsa la parola "rinnovabili". Fortissima è la valenza simbolica di questa assenza. Tabarelli, primo tra i suoi colleghi, ha la serietà intellettuale di non nominare nemmeno pale e pannelli, che pure tutti i giornaloni italiani in questi giorni invocano col fine specifico di eliminare i residui vincoli amministrativa di tutela ambientale e paesaggistica.

Il professore bolognese sa benissimo che nonostante il mare di pannelli e le file senza fine di pale su tutti i crinali dell'Appennino che si vorrebbero installare immediatamente, con l'embargo al gas russo si rimarrebbe comunque al caldo d'estate e al freddo d'inverno e, quel che è peggio, con le fabbriche chiuse e i servizi pubblici sospesi. Tabarelli mette quindi le mani avanti per evitare di essere tra quelli che presto verranno inseguiti con i forconi dal popolo inferocito.  

Altrettanto significative di una svolta epocale, dopo l'ubriacatura ideologica green di questi ultimi anni, sono le decine, centinaia, migliaia di foto del professor Tabarelli apparse in questi ultimi mesi di crisi energetica su tutti giornali, che hanno superato quelle della "Piccola Greta".

Qualcosa vorrà pur dire. 

 

 

 

 

L'articolo del giorno

Parchi eolici nell'Appenino

Mappa interattiva delle installazioni proposte ed esistenti