Nonostante l'impennata dei prezzi degli idrocarburi di cui il settore dovrebbe beneficiare, i produttori europei di turbine eoliche lanciano l'allarme: di fronte all'esplosione dei costi dell'energia e delle materie prime, il loro modello non regge più, a beneficio dei produttori stranieri non sottoposti ai vincoli imposti dalla UE.

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

Come al solito, le cattive notizie per la lobby eolica le dobbiamo andare a trovare sulla stampa estera. Dall'articolo di Marine Godelier apparso mercoledì scorso su La Tribune, quotidiano economico francese, "Eolico: esplodono i costi di costruzione, il modello europeo non regge più alla concorrenza cinese":

 

"Nel momento in cui Bruxelles intende raddoppiare la diffusione delle energie rinnovabili, per consentire ai Ventisette di liberarsi dagli idrocarburi russi e rendere sicuri i propri rifornimenti, i produttori europei di turbine eoliche lanciano l'allarme: di fronte agli sconvolgimenti della catena logistica e all'esplosione dei costi delle materie prime, il loro modello non regge più...

E per una buona ragione, tra vendite in perdita e distruzione di posti di lavoro, tutti sono in grande difficoltà. Il numero uno del settore, il colosso danese Vestas, ha così perso 765 milioni di euro nel primo trimestre del 2022, e ha annunciato l'intenzione di chiudere tre stabilimenti e tagliare 275 posti di lavoro. Da parte sua, Siemens Energy in maggio ha dovuto lanciare un'offerta pubblica di acquisto per salvare da un'emorragia finanziaria la sua controllata spagnola Gamesa, specializzata nella produzione di turbine eoliche.

Tante le battute d'arresto che rischiano di minare gli ambiziosi obiettivi dell'UE in questo ambito: per ridurre la sua dipendenza dalla Russia, la Commissione intende aumentare la capacità eolica installata nei Ventisette da 190 GW a 480 GW entro il 2030. Quasi il triplo, che l'industria europea in perdita non poteva permettersi... a beneficio dei produttori stranieri che cercano di svilupparsi al di fuori del loro mercato interno. E questo nonostante la volontà mostrata da Bruxelles di aumentare la propria sovranità energetica.

Poiché l'aumento del prezzo dell'acciaio (usato per le torri e le pale) e di altri materiali critici, come il rame, hanno fatto salire alle stelle il costo delle infrastrutture, i produttori europei si sono allarmati. Senza contare gli sconvolgimenti legati alla catena logistica, tra i quali la mancanza di navi porta container, con strozzature ulteriormente accentuate dall'esplosione della domanda mondiale legata alla guerra in Ucraina e alla corsa verso alternative "pulite" a carbone, petrolio e gas.

Abbastanza per fermare il calo del costo dell'energia eolica osservato da quasi un decennio, nonostante l'impennata dei prezzi degli idrocarburi di cui il settore “beneficia”. Stiamo assistendo a un vero cambiamento nella dinamica dei prezzi, che hanno ripreso a salire dopo essere scesi di quasi il 40% rispetto al 2010.

A livello globale, "dalle batterie ai pannelli solari e alle turbine eoliche, le tendenze di rapida riduzione dei costi osservate nell'ultimo decennio si sono per lo più invertite nel 2021, con prezzi delle turbine eoliche in aumento del 9%", ha sottolineato da parte sua l'Agenzia internazionale per l'energia (AIE) il 18 maggio in una nota dal titolo “I minerali critici minacciano una tendenza decennale all'abbassamento dei costi delle tecnologie energetiche pulite”."

 

E dunque, la costruzione di nuovi impianti eolici "si sta rivelando ben al di sotto delle previsioni e degli obiettivi dell'UE", in particolare in Francia (come nota La Tribune), non solo "a causa delle resistenze locali e dei ripetuti ricorsi amministrativi", ma anche e soprattutto per ragioni strutturali. La geniale idea dei vertici della politica dell'UE, proni ai voleri della lobby dei rinnovabilisti, di rendere competitiva l'energia eolica con l'aumento indotto dei costi dell'energia "sporca" attraverso la tassazione delle emissione carboniche ed indirettamente attraverso la penalizzazione amministrativa di chi finanzia i progetti "non green" cade miserevolmente vittima della dura legge del contrappasso. La greenflazione scientemente perseguita fa esplodere i costi anche per i produttori europei degli aerogeneratori e li sbatte tutti fuori dal mercato globale. Chi lo avrebbe mai detto?.

Di sicuro non i lobbysti ed i loro reggicoda. Provate a trovare traccia del perchè della scomparsa dell'eolico nell'ultima asta competitiva organizzata del GSE nella dottissima analisi "Aste Fer: i perché della bassa partecipazione".

Non si trova niente di meglio di continuare a chiedere altri soldi pubblici tramite le aste anche per i progetti fotovoltaici in area agricola, settore dove si concentrano le tantissime autorizzazioni concesse negli ultimi mesi, che sono esclusi dagli incentivi statali ormai da una decina d'anni. Adesso gli speculatori del fotovoltaico, allettati dagli altissimi prezzi all'ingrosso dell'elettricità degli ultimi mesi, sono disposti a piantare pannelli ovunque anche senza sussidi pubblici. Finiranno anch'essi rovinati, come i produttori delle pale eoliche, quando la depressione economica che attende l'economia europea farà crollare i costi dell'energia. Proveremo per loro la stessa empatia da essi fin qui dimostrata per chi è finito in povertà - non solo "povertà energetica" - a causa di una folle e spregiudicata azione lobbystica di entità senza pari nella storia.

 

Alberto Cuppini

Chicco Testa sul RePowerEU: "Un insieme alquanto raffazzonato e scarsamente meditato di misure destinate ad essere smentite dai fatti"

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

Per trovare su un giornale italiano "istituzionale" una critica ("un insieme alquanto raffazzonato e scarsamente meditato di misure") al nuovo parto dell'ingegno delle euro-tecnocrazie denominato "RePowerEU" (nomina sunt consequentia rerum), abbiamo dovuto aspettare su Il Foglio di oggi l'articolo di Chicco Testa "Il guaio dell'Ue con l'energia", che sottotitola "La strategia che manca per una nuova transizione". Qui un assaggio (i grassetti sono nostri), col consiglio di acquistare il Foglio in edicola oppure on-line perchè l'articolo merita di essere letto dall'inizio alla fine:

 

"Sono passati in fondo pochi mesi ma tutto è cambiato. Eppure la strategia europea per l'energia sembra non rendersene conto e fa molta fatica a prendere atto della nuova situazione. La precedente impostazione, il programma FIT for 55... sollevava più di una perplessità sia per l'ambizione degli obiettivi e la grandezza dei numeri in gioco, molto sfidanti, sia per le notevoli difficoltà tecniche (stato delle reti, accumuli, costo produzione idrogeno solo per citarne alcuni). Ma da allora tutto è cambiato. La crisi internazionale ha messo l'Europa di fronte all'insostituibilità per un lungo periodo, decenni (Sarebbe stato più onesto dire generazioni. Alcune generazioni. Sempre ammesso che siano sostituibili da innovazioni tecnologiche attualmente allo stadio larvale. NdR), dei combustibili fossili...

Il nuovo programma RePowerEU (rilancia gli) obiettivi del FIT for 55. L'asticella - aumento delle rinnovabili, aumento dell'efficienza energetica, aumento della produzione di idrogeno - viene posta sempre più in alto ed in tempi sempre più accelerati. Incuranti sia delle difficoltà che dei costi... Altre cose, come l'obbligo di installare pannelli fotovoltaici sugli edifici pubblici e sulle case di nuova costruzione, l'innalzamento del target di efficienza energetica, l'introduzione obbligatoria di pompe di calore fanno parte del volontarismo europeo che temo non valuti con sufficiente attenzione i costi per le famiglie. O per gli stati, come in Italia con il 110. Non mancano annotazioni comiche come la spinta per l'eliminazione degli incentivi ai combustibili fossili, mentre i governi stanno defiscalizzando per contenerne i prezzi. Sembra che talvolta in Europa ci sia una discreta confusione. O una colpevole inerzia di idee. Evidentemente nessuno degli estensori del programma ha fatto il pieno negli ultimi mesi. O è al corrente della crisi dei trasporti commerciali".

 

La stessa impressione di "discreta confusione" o di "colpevole inerzia di idee" la ricaviamo anche dalla lettura dei quotidiani italiani, che si sono sempre ben guardati dal criticare le smaccate corbellerie del FIT for 55 o del RePowerEU per timore di incorrere nelle ire della lobby dei rinnovabilisti  o - peggio - delle gretine.

A cominciare dallo stesso Foglio, il cui direttore Claudio Cerasa, viste le bestialità che scrive e fa scrivere in questa stessa materia, evidentemente negli ultimi dodici anni non ha mai letto gli articoli di Chicco Testa. Che non sarà un genio o un modello di coerenza, ma che ci tiene a non passare da stupido presso la posterità, a costo di sfidare la potente lobby dei suoi ex (ex?) compagni di Legambiente. Scusate: dimenticavo che non si può dire "lobby".

 

Alberto Cuppini

 

 

L'irresistibile avvento delle donne e dei Verdi ai vertici della politica tedesca ed europea ha portato con sè una ventata di aria nuova. Magari un po' zozzetta.

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

Ottimi risultati.

Davvero ottimi. La realtà comincia a presentare il conto di quasi vent'anni di politiche energetiche ispirate al buonismo politicamente corretto ma in realtà caratterizzate da un cinismo e una spregiudicatezza (e da una ipocrisia e una miopia) senza precedenti.

Complimenti Frau Merkel.

Complimenti Frau Von der Leyen.

Complimenti Frau Baerbock.

A lavorare in miniera però ci dovreste andare voi. E quelli che vi hanno dato il voto.

 

Federico Rampini: "Se conoscete un modo per sostituire subito tutte le energie fossili con fonti rinnovabili ditelo a Draghi così non è costretto a cercare soluzioni in Egitto o in Libia per evitare i blackout".

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

Oggi niente articolo del giorno ma solo la replica di Federico Rampini ad una lettera scritta al Corriere della Sera da tali Angelo Bonelli ed Eleonora Evi (che specificano di essere niente meno che i "Co-portavoce nazionali Europa Verde - Verdi") in risposta ad un suo articolo. Non è necessario leggere l'articolo di Rampini e neppure - tanto meno - la lettera dei "portavoce nazionali", che ripetono le solite filastrocche catastrofistiche da noi ormai imparate a memoria. Proponiamo solo quello che risponde loro Rampini sul Corriere nella rubrica "Interventi e repliche". Penso che si possa fare senza violare il copyright. Anche perchè così facciamo pubblicità al suo libro:

"Se conoscete un modo per sostituire subito tutte le energie fossili con fonti rinnovabili ditelo a Draghi così non è costretto a cercare soluzioni in Egitto o in Libia per evitare i blackout. I danni provocati dall'ambientalismo radical chic nei Paesi poveri li ho documentati nel mio libro "Suicidio occidentale". Nello stesso libro, citando autorevoli scienziati ambientalisti, documento le continue forzature della scienza che gli ultrà dell'ambientalismo operano con i messaggi apocalittici. E per favore smettete di usare contro chi dissente da voi il marchio infame di "negazionista": queste scomuniche confermano che siete diventati una setta religiosa fondamentalista."

Anche qui niente di nuovo nella sostanza. Quello che sta cambiando nel dibattito pubblico sulle "rinnovabili" sono i toni, impensabili pochi mesi fa. Toni sempre più esasperati usati da sempre più politici, economisti, scienziati e giornalisti che ormai non ne possono più degli ambientalisti radical chic, dopo tutti i disastri che hanno contribuito a provocare, e della loro fabulazione delle rinnovabili salvifiche.

Dopo il geyser emotivo del ministro della "Transizione ecologica" Cingolani nell'intervista di giovedì scorso ("lobby dei rinnovabilisti", "narrazione falsa in certi programmi della tv pubblica", "speculazione", "profitti mostruosi"), oggi ci va giù duro anche un opinion leader come Rampini, anche se qui non si parla di lobby. Qui si parla di qualcosa di peggio. Per capire perchè è peggio, oltre a leggere il libro di Rampini, consigliamo anche di rileggere il classico "Allegro ma non troppo" di Carlo Cipolla.

 

Alberto Cuppini

 

 

"Cingolani: Con le rinnovabili l'Italia se ne starà al freddo". Replica dei lobbysti: “Sulle rinnovabili nessuna lobby, faccia il suo lavoro”.

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

Oggi solo Verità & Affari riprende, con un articolo annunciato in prima pagina col titolo "Cingolani: Con le rinnovabili l'Italia se ne starà al freddo", la dirompente intervista di Cingolani di ieri concessa alla Stampa (dove il ministro ha parlato di "lobby dei rinnovabilisti", "narrazione falsa in certi programmi della tv pubblica", "speculazione", "profitti mostruosi" eccetera).

Gli altri "giornaloni" italiani (ma anche i "giornalini") hanno preferito mantenere la propria tradizionale linea editoriale del muro di gomma sui disastri provocati dalle rinnovabili.

In compenso, ad amplificare e a diffondere le durissime espressioni del ministro della "Transizione ecologica" ci ha pensato proprio la "lobby dei rinnovabilisti". Come scrive oggi la Stampa stessa (sotto il titolo "Gli ambientalisti sfidano Cingolani"):

"La levata di scudi degli ambientalisti contro il ministro Cingolani parte da Twitter".

La levata di scudi della lobby dei rinnovabilisti è proseguita poi con un articolo immediato di risposta imposto alla Stampa, che leggiamo già oggi sotto il  titolo  "Gli ambientalisti contro Cingolani: “Sulle rinnovabili nessuna lobby, faccia il suo lavoro”." La lobby dei rinnovabilisti ha dunque reagito istantaneamente e con la massima determinazione, utilizzando tutti gli strumenti e le tattiche tipiche delle lobby più potenti, per dimostrare che "sulle rinnovabili non esiste nessuna lobby".

Ma se una reazione furibonda (e ottusa) di questo tipo da parte della lobby delle rinnovabili era prevedibile, assolutamente imprevedibile - e inspiegabile - è il silenzio sulle parole del ministro Cingolani delle altre associazioni, che per anni avevano denunciato "le gravi conseguenze derivanti dal perdurare di una politica disinvolta in materia di insediamento di centrali eoliche”.

Tali associazioni, che per oltre un decennio avevano lottato per impedire i danni diretti e indiretti (come la distruzione ormai avviata dell'esistente sistema di tutele ambientali e paesaggistiche) causati dalle pale eoliche, si sono fatte sfuggire l'occasione di far rilevare a gran voce che oggi lo stesso ministro della "Transizione ecologica" ripropone alcune critiche da loro avanzate alle Fer non programmabili - e sempre ignorate dalla politica e dai media - dando in questo modo ragione alle loro tesi, contrapposte a quelle rivelatesi clamorosamente sbagliate di Legambiente.

Paura di essere accostati ad un personaggio ambiguo come Cingolani, visto dall'universo green come espressione della grande industria e del nucleare? Paura dell'impopolarità derivante dall'anticonformismo? Timore di perdere per strada le frange più gretine delle proprie associazioni? Malinteso senso di lealtà verso altri (sedicenti) ambientalisti? Diminuita capacità di analisi tecnica e politica in materia di energia?

Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

Alberto Cuppini

 

 

 

 

 

Il ministro della transizione ecologica Cingolani: "Ci sono le "lobby dei rinnovabilisti" che vogliono vendere e secondo cui non basta nulla. Bisogna stare attenti alla speculazione."

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

La Stampa di oggi dedica un'intera pagina ad una intervista realizzata da Annalisa Cuzzocrea, annunciata già in prima pagina, al ministro della "Transizione ecologica" Roberto Cingolani, dal titolo "Cingolani: “Un compromesso su petrolio e gas, Bruxelles non potrà fare di più” 

Ne riportiamo due brevi passaggi, evitando di tornare su altri argomenti cari al ministro ma già presi in considerazione di recente nella nostra edicola.

I grassetti nel testo dell'intervista sono nostri:

 

Alcuni ambientalisti la attaccano: non fa abbastanza per emancipare il nostro Paese dal fossile. E' così?

"La risposta la danno i numeri... Poi ci sono le "lobby dei rinnovabilisti" che vogliono vendere e secondo cui non basta nulla: per loro serve il commissariamento e con 6 gigawatt di impianti (Errata corrige: in realtà i gigawatt dovrebbero essere 60, come si riporta successivamente nella stessa intervista. NdR) in tre anni si risolve il problema. Questa narrazione è arrivata anche in certi programmi della tv pubblica, ma è falsa

... bisogna stare attenti alla speculazione: l'energia elettrica rinnovabile, che dovrebbe essere economica, non può essere venduta a un prezzo uguale o superiore a quella prodotta bruciando gas. Bisogna disaccopiare i prezzi delle rinnovabili da quelli delle termoelettriche: facciamo una borsa del mercato rinnovabile e una del termogas, perché per com'è adesso si fanno profitti mostruosi spendendo poco".

 

Lobby dei rinnovabilisti, narrazione falsa in certi programmi della tv pubblica, speculazione, profitti mostruosi... Parole pesanti come pietre, mai riportate in precedenza da un "giornalone" e pronunciate niente meno che dallo stesso ministro della "Transizione ecologica". Non avrebbero bisogno di commento, ma ci corre l'obbligo di alcune puntualizzazioni:

1) "Alcuni ambientalisti" attaccano Cingolani. Anche in questo caso è una prima volta: non "gli ambientalisti" ma "alcuni" ambientalisti. La Stampa riconosce implicitamente, con almeno una dozzina d'anni di ritardo, l'esistenza di un ambientalismo che, al contrario della Trimurti ecologista, non vede nelle pale sempre, dovunque e ad ogni costo la soluzione di tutti i problemi del Pianeta e, soprattutto, non è legato a filo doppio con la "lobby dei rinnovabilisti".

2) Il 6 settembre 2017 chi scrive era stato invitato al ministero dello Sviluppo Economico, assieme alla presidente degli Amici della Terra Monica Tommasi ed all'allora presidente di Italia Nostra Oreste Rutigliano, per discutere il documento comune delle associazioni ambientaliste contrarie alla speculazione eolica, fortemente critico sulla nuova Strategia Energetica Nazionale (SEN) ed in particolare “sulle gravi conseguenze derivanti dal perdurare di una politica disinvolta in materia di insediamento di centrali eoliche”. In quell'occasione, come si ricorderanno i due presidenti e l'Ing. Gilberto Dialuce (attuale presidente dell'Enea ed allora alto dirigente del ministero), eravamo stati redarguiti dal segretario generale del Mise Andrea Napoletano per l'uso improprio, a suo avviso, del termine "lobby" ("E’ pesante la sensazione della pressione esercitata dalla lobby dell’eolico sugli estensori del documento"). Ci fa piacere osservare che ora è lo stesso ministro ad utilizzare senza giri di parole quello stesso termine in quello stesso contesto come da noi allora denunciato. Ci fa ancora più piacere, rileggendolo oggi a posteriori, trovare conferma delle analisi contenute in quel documento, peraltro completamente ignorate dal Mise nella redazione del testo finale della SEN, e della loro preveggenza, a testimonianza della serietà del nostro argomentare.

3) Siamo stati i primi, con decine di documenti redatti da Italia Nostra e dalla coalizione delle associazioni contro l'eolico, ad avere avvertito che "bisogna stare attenti alla speculazione" dei "rinnovabilisti". Non riteniamo tuttavia che la soluzione proposta dal ministro Cingolani per "disaccopiare i prezzi delle rinnovabili da quelli delle termoelettriche" creando due mercati separati sia la soluzione migliore. Va bene disaccoppiare, ma evitando di fare partecipare le rinnovabili "incentivate", ipergarantite e tariffate a qualsivoglia mercato. L'energia prodotta dagli impianti Fer sussidiati andrebbe ceduta al GSE, che provvederebbe poi a venderla. Le tariffe fisse e garantite concesse all'elettricità prodotta da Fer nelle attuali aste competitive (da confermare agli attuali livelli di base d'asta a 70 euro al MWh, superiore al prezzo all'ingrosso dell'elettricità prima del 2010, ossia prima dell'installazione di quantità massicce di potenziale non programmabile) dovrebbero cioè funzionare a due vie: se il prezzo ottenuto scendesse sotto il livello richiesto in asta, il prezzo andrebbe integrato dal GSE a favore dei produttori come accade adesso ma, se il prezzo salisse oltre quel livello, i produttori dovrebbero essere obbligati a vendere la loro energia al GSE a quello stesso prezzo massimo. Il prezzo percepito dai produttori dal GSE dovrebbe quindi essere fisso. Liberissimi i produttori dei nuovi impianti ad energia rinnovabile di non accettare, scegliendo l'alea del libero mercato, ma in questo caso non potrebbero partecipare alle aste pubbliche. Tratteremo di questo argomento più approfonditamente in altra occasione.     

 

Alberto Cuppini

 

 

 

 

 

Il governo Italiano all'UE: "Nel Fit for 55, un rigido approccio da parte della Commissione, che ha fissato una moltitudine di sotto-obiettivi settoriali nelle diverse proposte legislative del pacchetto, potrebbe ridurre in modo significativo la flessibilità dello Stato membro di ottenere l'obiettivo di riduzione delle emissioni".

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

Una rivoluzione copernicana in un documento governativo. Non riusciamo a definirla altrimenti. L'avevamo scorta già nel titolo dell'articolo di Alfredo Spalla sul Quotidiano Energia Fit for 55, Commissione sia meno rigida. REpowerEU, valorizzare agroenergie, confermata poi nel sottotitolo:

"La posizione del Governo sulle politiche di Bruxelles per il 2022. Prudenza su automotive, revisione Ets e tassazione prodotti energetici. Emissioni auto, “enfasi” su neutralità tecnologica. Spinta sul biometano"

Una rivoluzione copernicana che ci ha lasciati sbalorditi ed entusiasti perchè afferma orgogliosamente, per la prima volta, alcuni principi di sovranità nazionale e, soprattutto, di puro buon senso contro l'iper-regolamentazione di puro stampo ideologico in materia di "transizione energetica" da parte delle euro-tecnocrazie. Tecnocrazie chiuse nelle loro torri eburnee del Nord Europa che, evidentemente, non si sono neppure accorte di che cosa sta succedendo e di che razza di disastri stanno contribuendo a causare. 

Ulteriori conferme le abbiamo ricavate poi nel testo dell'articolo di Spalla, da cui abbiamo tratto questi passaggi (i grassetti sono nostri):

 

"Se da una parte la Commissione Ue chiede all’Italia di “aumentare gli investimenti pubblici nella transizione verde”, dall’altra l’Italia recrimina “un rigido approccio” di Bruxelles che potrebbe limitare le strade che uno Stato membro può intraprendere per giungere agli obiettivi di decarbonizzazione. La posizione di Roma è dettagliata nelle oltre duecento pagine della relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione Europea per il 2022...

L'energia è molto presente nel capitolo dedicato alle politiche strategiche, con oltre dieci schede suddivise per argomento. Già dalle schede introduttive è facilmente desumibile un approccio cauto dell'Esecutivo italiano sul pacchetto Fit for 55 e sullo scenario attuale...

la relazione italiana ritiene che su Fit for 55 vi sia "un rigido approccio da parte della Commissione che ha fissato una moltitudine di sotto-obiettivi settoriali nelle diverse proposte legislative del pacchetto, in taluni casi obbligatori". Un approccio che potrebbe ridurre in modo significativo la flessibilità dello Stato membro di ottenere l'obiettivo di riduzione delle emissioni". L'Italia informa quindi che proporrà un approccio più flessibile che lasci allo Stato membro la possibilità dei definire un "Piano" di misure in cui si tenga conto delle "specificità del proprio territorio e della propria economia".

 

Direttamente dalla relazione governativa leggiamo anche che

 

"Sarà fondamentale sostenere la gradualità degli interventi e la flessibilità dei passi intermedi, anche in considerazione della necessità di affrancarsi gradualmente dalla dipendenza dal gas russo, per evitare effetti negativi sul mercato de lavoro e aumenti in termini di povertà energetica... in particolare... sulle proposte che incidono maggiormente sugli interessi italiani" (automotive, efficienza energetica, tassazione dei prodotti energetici, sistema Ets eccetera)

 

La Rete della Resistenza sui Crinali non avrebbe potuto scrivere niente di meglio e di diverso. Ma che cosa è accaduto per spiegare un cambiamento così repentino di atteggiamento? In parte lo avevamo già colto nei giorni scorsi, ma non ci saremmo mai aspettati che tante nostre recriminazioni fossero accolte in un'unica relazione dell'Esecutivo.

Proviamo a proporre una (almeno parziale) spiegazione del mutato approccio governativo, fin qui succube dell'ideologia green della Commissione, dall'articolo sul Sussidiario di oggi di Mauro Bottarelli "La crisi del Nord pronta a guastare i piani della Troika sull’Italia", che vi invitiamo a leggere integralmente dal sito del Sussidiario. Qui riportiamo la conclusione:

 

"Il Nord rischia di entrare in una spirale recessiva devastante, poiché direttamente legato ai destini economici di quella Germania di cui è subfornitore e che, a detta del suo ministro delle Finanze, ormai sta flirtando con l’ingresso ufficiale in stagflazione...

Attenzione, quindi, alla reazione di un Nord sull’orlo della contrazione e ucciso dalle tasse e dal caro-energia: perché oggi quel territorio è senza una rappresentanza politica chiara e connotata, in grado quindi di incanalare e parlamentarizzare quella rabbia. Che, come impone lo stile di quelle latitudini, non trascende in lamentele e piagnistei ex ante. Ma quando esplode, fa tremare la terra. E non manca molto."

 

La crisi energetica indotta dalle sconsiderate politiche Ue di "decarbonizzazione integrale" già nel 2050, oltre a fare schizzare verso l'alto i prezzi dell'energia, ha fornito a Putin i mezzi finanziari per la guerra di aggressione all'Ucraina. La guerra, a sua volta, ha rotto l'incantesimo della "Fine della Storia", che ci accompagnava dal crollo del Comunismo. Così, dopo la pandemia, sono ricomparse nella Storia, nella nostra Storia, la guerra, la carestia e la miseria. Con esse riemergono, a maggior ragione, le giuste (e sbeffeggiate) rivendicazioni della parte più produttiva del Paese, che trent'anni fa era giunta a prospettare persino la secessione, resa poi impraticabile, di fatto, dall'adozione dell'euro. Ora, con una crisi senza precedenti dalla fine della seconda guerra mondiale, tutto ritorna possibile. Nella relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione Europea per il 2022 il governo italiano dice chiaro e forte all'Europa che è finito il tempo delle bambinate stile "Piccola Greta". Adesso aspettiamo che i giornaloni, che finora hanno ignorato il documento, lo facciano sapere anche agli italiani.  

 

Alberto Cuppini

 

L'articolo del giorno

Parchi eolici nell'Appenino

Mappa interattiva delle installazioni proposte ed esistenti