Crosetto (FdI): "Revisione generale dei target climatici che negli ultimi due anni hanno rivestito un ruolo fondamentale nell'alimentare le tensioni sull'offerta di materie prime e beni energetici."

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

 

L'articolo "Perchè è indispensabile porre un freno a spread ed embargo al gas russo" di Guido Crosetto e Gianclaudio Torlizzi che vi proponiamo è apparso sul Sole 24 Ore di martedì, preannunciato in prima pagina da un occhiello dal titolo "Necessario evitare l'embargo sul gas". Questo è il passaggio che deve interessare i resistenti sui crinali (i grassetti sono nostri):

 

"E' da ingenui pensare che sia sufficiente l'attuale processo di restrizione monetaria per provocare il crollo dei prezzi delle commodity i cui principali elementi di sostegno oggi passano per le sanzioni contro la Russia e le politiche climatiche... Sul versante sanzionatorio è imperativo che il governo lotti per scongiurare un embargo sul gas russo... In quest'ottica occorre che si bilanci l'impatto delle sanzioni sia incentivando investimenti in capacità produttiva, sia proponendo la revisione generale dei target climatici che negli ultimi due anni hanno rivestito un ruolo fondamentale nell'alimentare le tensioni sull'offerta di materie prime e beni energetici."

 

Per la prima volta un esponente politico italiano, e per lo più in esponente politico molto popolare per le sue frequentazioni dei salotti televisivi come Guido Crosetto di Fratelli d'Italia, chiede "la revisione generale dei target climatici", un argomento finora assolutamente tabù ed un'aperta eresia al dogma globalista delle rinnovabili immacolate e miracolose. Il fine ultimo delle iniziative europee di contrasto alla guerra di aggressione all'Ucraina deve essere, come sosteniamo anche noi, la riduzione dei prezzi dell'energia (e quindi anche dei proventi della Russia) e non una suicida rinuncia all'irrinunciabile gas russo, reso tale da almeno due decenni di politiche energetiche sconsiderate dell'Unione Europea. Un embargo farebbe schizzare ancora più in alto i prezzi di tutti i beni energetici, provocando indirettamente proprio il contrario di quanto si sarebbe voluto ottenere: un indesiderato aumento degli introiti valutari nelle casse di Putin.

Quanto sopra concludeva un interessantissimo articolo zeppo di argomentazioni decisamente eccentriche rispetto all'ottimismo mainstream di cui il Sole 24 Ore è stato portatore in questi anni. Così ad esempio:

 

"Il nostro Paese torna a essere visto, dal punto di vista finanziario, l'anello debole in ambito europeo in quanto contraddistinto da un debole scenario di crescita nonché particolarmente esposto davanti al rischio sicurezza energetica in ragione dei pacchetti di sanzioni contro la Russia fin qui varati. Ecco dunque che il mix dato da rendimenti dei Btp in rialzo e crescita in peggioramento fa tornare la questione della sostenibilità del debito nuovamente sotto il radar degli investitori. Questione che verrebbe ulteriormente aggravata nel caso in cui la Ue dovesse propendere in favore di un embargo sul gas russo in quanto spingerebbe il Pil italiano in negativo in termini reali già nel 2022." 

 

Ci fa piacere apprendere che non siamo i soli, oltre ad individuare nelle politiche climatiche europee la primaria causa della crisi dei prezzi (ed in seconda battuta della guerra), ad essere convinti che l'aumento dei costi di materie prime ed energia avrà conseguenze molto più gravi di quelle prospettate dagli analisti economici istituzionali e che il ventilato embargo al gas russo farebbe precipitare il Pil di quest'anno persino al di sotto di quello realizzato nel 2021, che pure, nonostante la fanfara della propaganda ufficiale sul "nuovo miracolo economico italiano", non aveva neppure recuperato i livelli pre-Covid.

Ma la cosa che fa più piacere è che una forza parlamentare, attualmente in testa nei sondaggi pre-elettorali ma carente di personale politico di qualità in grado di proporla come alternativa credibile per il governo del Paese, si rivolga alle idee disallineate di intellettuali che non hanno paura di sfidare i postulati fondamentali del canone politicamente corretto, finalizzato essenzialmente a perpetuare le nostre élite fallimentari attraverso forme di censura ad excludendum sempre più pervasive. Attendiamo di vedere presto qualcosa di analogo anche in materia ambientale, augurandoci la comparsa sul palcoscenico del dibattito politico di un Roger Scruton o di un Alain Finkielkraut italiani.

 

Alberto Cuppini

 

 

 

Cingolani alla Camera: "Rispondendo una volta per tutte alla provocazione dei 60 gigawatt in tre anni, non è assolutamente chiaro con quali fondi si dovrebbero finanziare queste installazioni."

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

La domanda nel titolo dell'articolo della Staffetta Quotidiana che proponiamo per la nostra edicola di oggi "Rinnovabili, Cingolani sul piano di EF: chi paga per accumuli e reti?" è puramente retorica. Sarebbe spiritoso rispondere: Elettricità Futura stessa. Oppure Legambiente. Più spiritoso ancora: i genitori delle gretine. In realtà sappiamo benissimo chi dovrà pagare per questi costosissimi accumuli e reti che saranno abbandonate, assieme al sogno del "tutto rinnovabili", quando la greenflazione comincerà a mordere davvero (le bollette che arrivano adesso sono solo un aperitivo). Lo abbiamo scritto noi a chiare lettere appena un paio di giorni fa nella nostra edicola, commentando un articolo spericolato del Sole 24 Ore:

"Così, dopo avere fatto contenti gli speculatori dell'eolico e del fotovoltaico, faremo contenti pure i trader del rame, la Prysmian e la Terna. A Roma c'è da magnà pe' tutti! Tanto paga sempre Pantalone."

Profitti (in questo caso rendite: rendite parassitarie) privati e costi pubblici. Non sarebbe certo una novità per i nostri "rinnovabilisti": finora si sono sempre arricchiti così, fino a diventare onnipotenti. Questo è uno degli innumerevoli motivi per cui, per attuare un piano energetico così pervasivo non si può non nazionalizzare tutto il sistema elettrico.

Ecco che cosa è successo ieri, nell'introduzione dell'articolo della Staffetta:

 

"Elettricità Futura  aveva chiesto al governo di nominare un commissario straordinario per sbloccare 60 GW di richieste di autorizzazione di impianti eolici e fotovoltaici entro giugno. Il piano aveva incassato l'appoggio del Movimento 5 Stelle e di Liberi e Uguali e anche del ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta. L'idea si era tradotta in un emendamento presentato prima al DL Energia e poi al DL Taglia prezzi. Emendamento che però, in entrambi i casi, era stato bocciato dalle commissioni referenti. Una risposta “una volta per tutte” sul piano di Elettricità Futura è arrivata oggi dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani durante il question time alla Camera".

 

Per la gravità delle implicazioni, riteniamo necessario riportare testualmente dal resoconto ufficiale dell'Assemblea di ieri la risposta "una volta per tutte" di Cingolani:

 

"attenzione a evitare letture semplificative che sottintendono l'equazione che tutti i progetti presentati siano egualmente autorizzabili. Purtroppo la verità è che una parte non è autorizzabile perché non è della qualità necessaria e un'altra parte, grande, non è autorizzabile perché, essendo sole e vento concentrati soprattutto in alcune zone, tanti progetti si contendono lo stesso fazzoletto di terra o di mare, e quindi poi alla fine uno passa e gli altri no. Ciò nonostante vanno tutti valutati e il tempo lo richiedono in ogni caso.

...

Concludo rispondendo una volta per tutte alla provocazione dei 60 gigawatt in tre anni: l'installazione di 60 gigawatt di nuovi impianti di energia rinnovabile intermittente, indicativamente 50 gigawatt afferenti al fotovoltaico e 10 all'eolico, darebbero un equivalente di 90 terawattora all'incirca. Ciò premesso, applicando questa presunzione nella pratica, innanzitutto bisogna considerare che gli impianti sia fotovoltaici che eolici, stando alle richieste autorizzative attualmente pendenti, che sono 170 gigawatt (il potenziale massimo finora richiesto in Italia è stato 61 gigawatt. NdR), nella maggior parte dovrebbero essere installati nelle regioni del Centrosud e nelle isole maggiori.

Installare la gran parte di nuova capacità in questi territori, dove è presente una minore domanda di energia, comporterebbe una congestione impossibile delle linee di trasmissione, la cosiddetta grid, tanto che non meno del 45 per cento dell'energia elettrica così generata si stima non realmente utilizzabile. Anche in caso di distribuzione ideale, per utilizzare tutta questa quantità di energia elettrica generata sarebbe necessario installare una grande quantità di sistemi di accumulo che la stessa Elettricità futura stima, in base ad ipotesi non note però, pari a 48 gigawattora. Studi condotti dall'università di Padova arrivano a 80 gigawattora di batterie, ciononostante lasciando 2 terawattora di energia ancora inutilizzata. Anche rimanendo nell'ipotesi ottimista di Elettricità futura, 48 gigawattora di batterie avrebbero un costo di 15 miliardi di euro in tre anni, mentre 80 gigawatt ne costerebbero 25, e non è assolutamente chiaro con quali fondi si dovrebbero finanziare queste installazioni."

 

A dire il vero, a noi sembra che l'ipotesi ottimista sia quella dell'Università di Padova. Per evitare di disperdere tutta l'energia random prodotta dai pannelli (concentrata soprattutto d'estate ed esclusivamente di giorno) e dalle pale pretese da Elettricità Futura (che non ha affatto voluto limitarsi a una "provocazione") sarebbero necessarie capacità di accumulo ben superiori.

Ma non c'è bisogno di entrare nel dettaglio di queste farneticazioni. Quello che importa è che, per la prima volta, il ministro della "Transizione ecologica" ha riconosciuto in Parlamento che le pretese dei "rinnovabilisti" non sono attuabili se non con costi spropositati e perciò stesso inaccettabili. Le caramelle sono finite. Presto, aggiungiamo noi, arriverà la purga.

Nel question time di ieri ha detto cose importanti per i resistenti sui crinali anche il ministro della Cultura Franceschini. Torniamo per questo all'articolo della Staffetta:

 

"Sulle autorizzazioni di impianti rinnovabili, Franceschini ha spiegato che i pareri delle soprintendenze nell'ambito delle valutazioni ambientali rappresentano “un aspetto particolare sul quale io non posso intervenire, cioè la competenza degli uffici periferici del ministero. Le soprintendenze sono autonome e il ministro – il potere politico – non ha nessuna possibilità di interferire, perché è vietato dalla legge e commetterei un abuso se lo facessi”."

 

Alberto Cuppini

 

 

Prometeia: Nella transizione energetica l'utopismo senza contrafforti economico-industriali chiari, la stretta ambientale senza focus sullo sviluppo e l'ideologia fine a se stessa rischiano di essere rovinosi.

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

 

"Prometeia scende in campo nell'analisi della transizione energetica e della finanza sostenibile e si pone un'importante domanda: i decisori politici ed economici stanno curando in maniera realistica il capitolo dei costi che questo processo avrà? La società di consulenza strategica ha pubblicato un report sul tema analizzando come la transizione energetica e il tema dei costi delle materie prime e dei combustibili stiano giocando un ruolo decisivo nella discussione odierna."

L'articolo che segnaliamo oggi di Andrea Muratore "Stiamo sottostimando il costo della transizione green?" Il dilemma di Prometeia"  è disponibile in linea sul sito web del Giornale. Ne proponiamo qui solo le conclusioni:

 

"Da quando in primavera del 2021 l’Unione Europea ha iniziato ad annunciare le strategie che, mediando tra pragmatismo e ideologia (con poco pragmatismo e molta ideologia. NdR), hanno avviato il Green New Deal, come i "dazi verdi" proposti per colpire le nazioni che in questa fase storica hanno standard ambientali più labili e il piano Fit for 55 con annesse strategie di fuoriuscita dalle energie fossili, i permessi di inquinamento hanno iniziato a decollare nelle quotazioni assieme ai prezzi dell'energia. Quanto oggi messo nero su bianco da Prometeia è l'attestazione che il pragmatismo deve guidare i governi nelle scelte e nelle analisi. L'utopismo senza contrafforti economico-industriali chiari, la stretta ambientale senza focus sullo sviluppo e l'ideologia fine a sé stessa rischiano di essere rovinosi... Ma stimare concretamente prezzi e dinamiche di costo per il proseguio di una transizione che si prevede destinata a puntare al 2050 è ancora oggi paragonabile a navigare in mare aperto senza bussola."

A proposito dei permessi di inquinamento, lo stesso Muratore già il 21 settembre scorso scriveva per InsideOver un altro articolo, dal titolo "Il dilemma dei permessi di inquinamento sulla transizione energetica UE", in cui affermava tra l'altro:

 

"Fit for 55 ha ridotto gli spazi di manovra in termini temporali e quantitativi per le imprese europee, mentre al contempo la combinazione tra i nuovi obiettivi europei e le posizioni speculative acquisite in reazione ad essi degli hedge fund e dagli investitori istituzionali, che tendono entrare e uscire dal meccanismo in base ai prezzi, hanno di fatto anticipato gli scenari inizialmente previsti per il 2025 portando ad un rally del prezzo.

...

La corsa del mercato Ets rende nel breve periodo più costoso inquinare, rendendo dunque pesante per le imprese il fardello dell’acquisto dei permessi, e sottrae risorse agli investimenti in transizione e sviluppo sistemico di nuove tecnologie, reti, forme di alimentazione, rallentando il percorso verso la decarbonizzazione. Logico dunque che questa tenaglia rischia di chiudersi sul mercato europeo a causa dell’assenza di razionalità nel comportamento e nelle aspettative di diversi operatori.

...

I governi europei possono e devono evitare un bagno di sangue e, soprattutto, frenare la corsa dei permessi di inquinamento, specie se dietro di essi si scorgerà qualche “manina” di carattere finanziario e borsistico. L’alternativa è accettare un rallentamento impronosticabile nella già complessa e ambiziosa tabella di marcia della decarbonizzazione."

 

Questo cinque mesi prima della guerra. Non eravamo dunque i soli ad avere capito fin da subito che che la causa scatenante l'esplosione dei prezzi dell'energia era stato nella primavera scorsa il recepimento formale nell'ordinamento Ue della sconsiderata decisione della Von der Leyen di fare dell'Europa il primo continente climaticamente neutro già nel 2050. Adesso, con un anno di ritardo, lo conferma anche Prometeia, che sono quelli bravi ("Proactive Thinkers, Proficient Innovators, Proud Souls"), mica un'accozzaglia di sfigati come noi.

Assume un particolare significato che il report di Prometeia sia stato redatto in inglese. Non sarà che di 'sta roba in Italia non interessa niente a nessuno? Qualche dubbio cominciamo ad avercelo. Ed i risultati si vedono nella povertà - non solo energetica - che avanza più rapidamente in Italia che in altri Paesi d'Europa.

 

Alberto Cuppini

 

 

 

 

 

Il Sole 24 Ore: "L'incostanza delle fonti rinnovabili - cioè il vento e il sole, che ci sono quando vogliono loro e non quando servono a noi - impone investimenti importanti per rendere disponibile quell'energia là dove serve nel momento in cui serve." E paga sempre tutto Pantalone.

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

Ammettiamo che eravamo un po' preoccupati. Da qualche giorno sul Sole 24 Ore mancavano gli articoli di Jacopo Giliberto, quello che per anni ha indicato nelle Soprintendenze e nei comitati che combattono le pale eoliche i nemici dei Salvatori del Pianeta. Qualcuno di noi - molto ingenuo - si era persino convinto che dopo l'umiliante liscio e busso subito in Parlamento ad opera della Soprintendente speciale per il Pnrr Federica Galloni in rappresentanza del Ministero della Cultura, come da noi documentato in un nostro post, Giliberto fosse stato sostituito a favore di qualcuno meno sbilanciato sulle posizioni, sui dati e sulle informazioni, che la Soprintendente Galloni ha sbugiardato, di Legambiente (che nell'audizione parlamentare si è presa assieme al Sole una non velata accusa di sciatteria) e compagnia Free.

No. State tranquilli: Giliberto è ricomparso. Eccome se è ricomparso. Il Sole di oggi ha pubblicato non uno ma due suoi articoli, dedicandogli una pagina intera. Uno è quello della nostra edicola ("Mulini a vento inutili senza investimenti nella rete elettrica"), l'altro si intitola "Energia, prezzi sull'ottovolante: in Sicilia balzo da zero a 450 euro". In realtà si tratta di un articolo solo, che ci informa che:

 

"L'incostanza delle fonti rinnovabili - cioè il vento e il sole, che ci sono quando vogliono loro e non quando servono a noi - impone investimenti importanti per rendere disponibile quell'energia là dove serve nel momento in cui serve."

 

Noi lo avevamo già capito da oltre una dozzina d'anni; gli altri italiani se ne stanno accorgendo in questi mesi. Siccome accumulare l'energia elettrica o produrre idrogeno o altre soluzioni fantascientifiche sarebbe un po' troppo costosino se si vuole mantenere in vita la nostra civiltà industriale, ecco dunque la necessità, secondo il Sole, di fare arrivare la quantità stragrande di inutile corrente elettrica prodotta random da un numero inverosimile di pale e pannelli "in uno scambio fluido e continuo fra i punti di produzione elettrica e i punti di consumo". E' la stessa soluzione che gli attivisti del Kyoto Club sono andati raccontando per anni ai poveri scolaretti, creando così la "generazione Greta". Al mondo, favoleggiavano, si potrebbe produrre talmente tanta energia col vento e col sole con un numero enorme di pale e pannelli per poi trasferirla al momento opportuno nel luogo dove c'è la domanda. Da qualche parte nel mondo, assicuravano ai bambini, ci sarà sempre qualche posto dove soffia il vento o splende il sole. Questo infantile ragionamento forse convinceva i bambini delle scuole, ma non può fare breccia nell'opinione degli adulti, se non altro perchè trascura la variabile "costi". E invece no. L'autorevole Sole 24 ci continua a riproporre questa soluzione puerile, anche se Giliberto stesso ammette che

 

"Le stime dicono che per rendere fluidi, continui e scorrevoli gli scambi di elettricità fra i consumatori e i luoghi in cui il vento soffia e il sole splende - in continua variazione entrambi, consumatori e produttori - il mercato mondiale di cavi ad alta tensione di raddoppio in raddoppio arriverà presto attorno ai 10 miliardi l'anno".

 

Ma quale sarà mai il problema, visto che tanto i costi non contano e quello che importa è la salvezza del Pianeta, che si può realizzare solo con la "decarbonizzazione"? Le ragazzine seguaci della piccola Greta esultano, i loro genitori, che ricevono le bollette e che rischiano di perdere il posto di lavoro, esultano meno.

Caso emblematico del fallimento della soluzione "tutto rinnovabili" è la Sicilia, dove, racconta il Sole,

 

"il prezzo del chilowattora va sull'ottovolante... Accade in Sicilia, dove le centrali alimentate dalle fonti rinnovabili più meteopatiche, come l'eolico e il solare (che continua a ricevere "incentivi" megagalattici, che si vanno a sommare all'altrettanto megagalattico prezzo di mercato all'ingrosso dell'energia elettrica, da pagare anche quando quando l'elettricità prodotta non servirebbe. NdR), crescono con un ritmo vorticoso e nelle ore giuste danno molta più corrente di quanto l'isola riesca ad usare, ma nelle ore sbagliate senza un fiato di vento e con il sole offuscato da nuvole si fermano e lasciano i siciliani a corto di corrente."

 

A questo punto, anche se Giliberto non lo dice, è necessario che subentri immediatamente l'energia prodotta con il gas di Putin, gas che diventa così sempre più indispensabile e quindi più costoso.

La situazione è già fin da ora fuori controllo, dunque, ma si intende riproporla amplificandola all'infinito. Siamo alla commedia dell'assurdo, che il Sole non si vergogna di sponsorizzare:

 

"Al 31 dicembre scorso Terna aveva collezionato richieste di collegare alla rete ad alta tensione siciliana impianti rinnovabili su terra per 36.022 megawatt, di cui 28.836 con tecnologia fotovoltaica e 7.186 eolici, e altri 7.329 megawatt di impianti nei mari siciliani, di cui 6.731 eolici e 598 megawatt solari."

 

In totale fa 36mila megawatt, quando, come ammette il Sole, "la punta massima di domanda elettrica espressa dall'isola sfiora i 4mila megawatt". Dieci volte di meno del nuovo potenziale elettrico in coda nella sola Sicilia! E siamo solo agli inizi. Ce ne sarebbe già abbastanza per intuire, anche da parte dell'uomo della strada, che è in corso la più grande speculazione del secolo. Invece il Sole si rifiuta testardamente di giungere all'unica conclusione possibile: "Mulini a vento inutili". Punto e basta. E allora eccolo dare il suo contributo a condurre l'economia - e soprattutto l'industria - italiana al disastro già ben avviato:

 

"Per ridurre questo divario Terna sta avviando il progetto del Thyrrhenian Link, una delle infrastrutture elettriche più rilevanti al mondo, che collegherà via mare la Sicilia con la Sardegna con due cavi sottomarini della Prysmian da 500 megawatt l'uno e, dall'altra parte, con la Campania con altri due potentissimi cavi sottomarini. Per assecondare il fabbisogno di collegamenti in alta tensione imposto dalla transizione energetica verso le fonti rinnovabili, la società guidata da Stefano Donnarumma ha un piano decennale di sviluppo che prevede investimenti per 18,1 miliardi."

 

Così, dopo avere fatto contenti gli speculatori dell'eolico e del fotovoltaico, faremo contenti pure i trader del rame, la Prysmian e la Terna. A Roma c'è da magnà pe' tutti! Tanto paga sempre Pantalone.

Si sussurra che Putin, quando al mattino si fa portare a letto la colazione, pretenda di trovare sul vassoio anche la copia fresca di stampa del Sole 24 Ore. Quando legge articoli come questi il suo morale si risolleva e si convince a giusta ragione che i flussi crescenti di valuta estera di quei fessi degli europei occidentali, flussi che crescono con l'aumento della domanda e della contemporanea riduzione mondiale dell'offerta del gas i cui investimenti upstream la Ue combatte, continueranno ininterrotti. Così il vecchio zar si consola di tutte le batoste che subisce sui campi di battaglia dell'Ucraina e si rassicura di potere continuare la guerra all'infinito.   

 

Alberto Cuppini

 

 

 

Ferruccio De Bortoli: "Siamo costretti dagli avvenimenti a constatare che un po' di emissioni in più di CO2 sono assolutamente accettabili se l'alternativa è quella di veder chiudere aziende con perdite di posti di lavoro. E forte sofferenza sociale."

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

In copertina dell'inserto L'Economia del Corriere della Sera di oggi compare il titolo "La guerra mette in discussione le certezze ma sviluppo e sostenibilità restano legati".

A pagina due troviamo il corrispondente articolo di Ferruccio De Bortoli, che segnaliamo per la nostra edicola di oggi: "Investimenti verdi. Senza un piano nazionale fare i bravi costa troppo".

E' una (blanda) critica delle politiche dell'ideologia buonista imperante a Bruxelles, che infiniti addusse lutti agli Europei, ed in particolare alle soffocanti norme tecniche per imporre comportamenti virtuosi in ogni aspetto dell'umana esistenza, per il tramite di minuziose e pignolesche norme tecniche di regolamentazione ("il dedalo di normative europee, sigle oscure e dichiarazioni formali") ora persino a carico degli operatori finanziari.

La Rete della Resistenza sui Crinali si è sempre battuta contro l'assurdità di tali regolamenti in materia ambientale, ed in particolare contro il "regolamento governance" del "Clean energy for all Europeans package", da cui sono derivate, a cascata, le norme nazionali che ci stanno piovendo addosso senza fine, per ricoprire in pochi anni, senza possibilità di opporvisi, l'Italia di pale eoliche e pannelli fotovoltaici. Leggiamo assieme qualche passaggio del primo paragrafo dell'articolo di De Bortoli:

 

"Non c'è dubbio che la transizione energetica, la lotta al riscaldamento climatico, il contrasto alle disuguaglianze, richiedano investimenti sostenibili. Oggi più di ieri (Un esordio così, nel tema al liceo, ci avrebbe garantito un'insufficienza e una pubblica riprovazione dalla Prof di lettere. NdR). Cioè certificati con il bollino verde del rispetto dei cosiddetti fattori Esg (Environmental, social and governance). Acronimo ormai simile a una sorta di "unzione planetaria", una specie di green pass finanziario senza il quale si è sostanzialmente degradati a paria dell'economia... La pandemia prima, e la guerra dopo, hanno sconvolto, sul piano teorico e pratico, la limpidezza dei propositi...

Non investire più nel settore oil and gas, con il conseguente rallentamento delle esplorazioni, è apparso negli anni una scelta obbligata, sostenibile, salvo scoprire oggi, con i prezzi di petrolio e gas alle stelle, che i disagi maggiori li sopportano i ceti più deboli, nonostante sussidi e aiuti. Il costo economico, per le aziende energivore, e sociale di alcuni mancati investimenti (esempio nella produzione nazionale di gas) è alto ed era assolutamente imprevedibile (In realtà era assolutamente prevedibile, non imprevedibile. NdR). Gli interventi di emergenza dei governi hanno poi avuto, almeno in parte, l'effetto paradossale di sottrarre risorse alle rinnovabili. Incentivando con la riduzione di accise e Iva - e non si poteva fare altrimenti - quelle fonti fossili che un tempo non lontano era assolutamente pacifico che andassero tassate (carbon tax), non agevolate. E dunque oggi, con i governi europei impegnati in una affannosa ricerca di fornitori alternativi a Mosca, siamo costretti dagli avvenimenti a constatare che un po' di emissioni in più di CO2 sono assolutamente accettabili se l'alternativa è quella di veder chiudere aziende con perdite di posti di lavoro. E forte sofferenza sociale."

 

Al Corriere della Sera, quando saranno costretti dagli avvenimenti a constatare che esiste l'acqua calda? E che essersi affidati fideisticamente - almeno da quando Massimo Mucchetti se n'è andato - ad eolico e fotovoltaico per la soluzione del problema del mutamento climatico è stata una baggianata?

Ferruccio De Bortoli è generalmente considerato il meglio tra i giornalisti italiani della sua generazione. Quella successiva, allevata in batteria secondo il principio che fedeltà e conformismo politicamente corretto fanno premio su capacità e merito, si annuncia persino peggiore. Forse una causa dei molti problemi sorti nell'Italia (Repubblica democratica) degli ultimi decenni risiede proprio nel carente e deprecabile lavoro svolto dalla stampa nazionale nello stesso periodo.     

 

 Alberto Cuppini

 

"Il governo indiano ha annunciato ieri che, per cercare di far fronte alla crisi energetica più grave degli ultimi sei anni, ricorrerà ancora più che in passato al carbone per generare elettricità. Verranno riaperte 100 miniere considerate fino all'altro ieri non sostenibili sotto il profilo finanziario."

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

 "Il governo indiano ha annunciato ieri che, per cercare di far fronte alla crisi energetica più grave degli ultimi sei anni, ricorrerà ancora più che in passato al carbone per generare elettricità. Da una parte verranno riaperte 100 miniere considerate fino all'altro ieri non sostenibili sotto il profilo finanziario; dall'altra una serie di centrali elettriche alimentate con carbone d'importazione saranno obbligate per legge ad aumentare la produzione anche a discapito della redditività."

L'articolo di Marco Masciaga a pagina 2 del Sole 24 Ore di oggi recita il de profundis per le sciatte ed avventate previsioni dei rinnovabilisti, culminate alla COP di Glasgow dello scorso novembre con l'apoteosi della peggiore retorica gretina.

La politica dell'Unione Europea, volta ad aumentare volontariamente i costi dei combustibili fossili ostacolandone gli investimenti e tassando le emissioni carboniche al fine di rendere conveniente l'uso delle ben più costose ed inefficienti energie rinnovabili, ha raggiunto i suoi obiettivi solo per metà. I costi dei combustibili fossili sono sì schizzati verso l'alto come desiderato ma, anzichè buttarsi sull'inaffidabile eolico e sul fotovoltaico come previsto dai nostri ingenui rinnovabilisti, il mondo ha scelto di ritornare al combustibile fossile più inquinante, cioè il carbone, proprio perchè meno caro. E' la prova provata dell'ennesima débâcle delle politiche ideologiche in salsa buonista della Commissione europea, sostenute acriticamente da televisioni e stampa mainstream.

Rileggiamo a questo proposito che cosa scriveva meno di sei mesi fa, sempre sul Sole 24 Ore, Elena Comelli nell'articolo "Per il carbone è iniziato il viale del tramonto" del 25 novembre scorso:

"Il destino dei tre combustibili fossili responsabili dell’effetto serra è stato suggellato questo mese a Glasgow, durante la Cop26, la conferenza delle parti sul clima. Non si può dire che carbone, metano e petrolio abbiano i minuti contati, ma un chiaro segnale di accelerazione nella loro dismissione c’è stato. Per quanto riguarda il carbone, è la prima volta che nel documento finale di una Cop viene introdotto un riferimento esplicito alla riduzione del consumo del peggiore dei combustibili fossili, le cui emissioni rappresentano quasi il 40% della CO2 emessa su scala globale. Si tratta dell'impegno più importante assunto dalla Cop26... per Alok Sharma è stata comunque una vittoria: «Oggi possiamo dire che la fine del carbone è in vista», ha esultato il presidente della Cop26... Per Chris Littlecott, direttore del think tank E3G, «questo impegno sul carbone è un grande passo avanti e sarebbe stato impensabile uno o due anni fa». Per E3G, malgrado la crescita dei consumi in India e in Cina, il carbone è davvero sulla via del tramonto, se non altro perché le fonti rinnovabili stanno diventando sempre più competitive e in molti casi il più sporco dei combustibili fossili non conviene più."

Ma torniamo alla realtà, cioè all'articolo di oggi sull'India di Marco Masciaga:

"L'aumento della domanda di energia innescato dalla ripresa è diventato ancora più difficile da gestire quando... si sono abbattute una serie di ondate di caldo precoci, intense e prolungate che hanno fatto schizzare verso l'alto i consumi elettrici legati agli impianti di condizionamento diffusi tra i ceti abbienti, ai più accessibili air cooler e agli onnipresenti ventilatori da soffitto. Nella capitale New Dehli - dove i mesi più caldi dell'anno sono maggio e giugno, quando i black out energetici fanno parte della quotidianeità anche dei quartieri esclusivi - la temperatura massima media ad aprile è stata di 40,2° e la domanda di energia elettrica superiore al 42% rispetto a un anno fa."

Consigliamo alle ragazzine ricche e viziate del venerdì mattina di organizzare la loro solita manfrina nelle prossime settimane a Nuova Dehli. Così potranno chiedere direttamente al miliardo e mezzo di indiani di spegnere i loro condizionatori per salvare il Pianeta dal surriscaldamento globale. Se fossero fortunate, potrebbe anche darsi che laggiù ricevano quelle salutari sculacciate che i loro genitori e i loro insegnanti - colpevolmente - non hanno mai osato infliggere loro. 

 

 Alberto Cuppini

 

 

 

 

 

 

"Rischia di creare un enorme cortocircuito la decisione del Dl Energia di far subentrare il Gestore dei servizi energetici (Gse) nel sistema dei ppa".

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

"Rischia di creare un enorme cortocircuito la decisione del Dl Energia di far subentrare il Gestore dei servizi energetici (Gse) nel sistema dei ppa, ovvero quei contratti che consentono a un produttore di energia rinnovabile di vendere a un prezzo fisso per un arco temporale prestabilito (solitamente 10 anni) l'energia prodotta, utilizzando le risorse come flussi di cassa per costruire il progetto infrastrutturale e come garanzia per la bancabilità del contratto. Per cercare di venire incontro alle aziende che stanno soffrendo i rincari, di recente il governo ha stabilito che il Gse si impegni a comprare da chi produce rinnovabili per un periodo pari almeno a tre anni a un prezzo fisso l'energia, rivendendola successivamente alle imprese allo stesso prezzo. Questo apre però a una serie di rischi e a una lunga fila di dubbi sull'effettiva efficienza di tale provvedimento che rischia di fare un buco nell'acqua e a complicare non poco la finanziabilità dei progetti infrastrutturali rinnovabili."

Per conoscere quali sono la "serie di rischi" e la "lunga fila di dubbi" (perlomeno alcuni, e non certo i più gravi) sull'effettiva efficienza del provvedimento governativo per favorire i PPA, leggete l'articolo di Nicola Carosielli di Milano Finanza che segnaliamo per la nostra edicola di oggi: "Rinnovabili, rischio cortocircuito bancario con l'ingresso del Gse nei ppa".

Tutto procede come da noi previsto: cominciano - ovviamente - i primi guai, ed il prossimo passo dei lobbysti sarà quello di chiedere l'acquisto da parte del GSE di quote obbligatorie di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili per poi rivenderle non "allo stesso prezzo" ma a prezzo politico alle "aziende che stanno soffrendo i rincari", provocati proprio dall'improvvisa introduzione nel sistema di quantità massicce e distorsive di elettricità non programmabile. 

E' sempre più imbarazzante doversi sempre più spesso auto-citare al momento del verificarsi delle nostre previsioni. Eppure non possediamo la sfera di cristallo. Non è necessaria: è la politica, con l'ausilio di troppi lacchè, che prende gli elettori per fessi. E forse, considerate tutte le fesserie che gli italiani si sono bevuti sulle rinnovabili salvifiche, non a torto.

 

Alberto Cuppini

 

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