«Putin aveva un suo calcolo, ha attaccato con prezzi energetici alle stelle e accresciuto riserve in valuta, l’Europa era dipendente dalle sue forniture».

Un'ennesima conferma che sono stati i prezzi energetici alle stelle ad innescare la guerra, non viceversa.

Intervista di Mario Platero, su La Repubblica di oggi, al premio Pulitzer Daniel Yergin, autore del libro, “The New Map: Energy, Climate and the Clash of Nations” (i grassetti sono nostri):

"Il libro, “The New Map: Energy, Climate and the Clash of Nations” uscito alla fine del 2020, pronosticava un attacco della Russia contro l’Ucraina e proponeva tempi più lunghi di quelli auspicati nell’avvicendamento tra rinnovabili e fossili come fonti primarie di energia. Prendeva anche atto delle sfide già in corso, con la diffusione di fonti rinnovabili o di prodotti chiave “ambientalmente corretti”, come le auto elettriche."

Rimane un mistero inspiegabile perchè i giornali italiani, che pubblicizzano tutte le peggiori fesserie scritte a sostegno delle tesi facilone dei rinnovabilisti, abbiano ignorato un testo così arguto e preveggente, che ci era noto solo per una recensione pubblicata sulla Rivista Energia di Alberto Clò. Omertà o semplice sciatteria? Comunque sia, la stampa nostrana non ci ha fatto una bella figura neppure questa volta, informando gli italiani, a babbo morto, che qualcuno aveva previsto esattamente il pericolo che si andava addensando su tutti noi. 

«...era ora che l’Europa si svegliasse dalla sua amnesia. Peccato che ci sia voluta una guerra cosi devastante per avviare questo processo. Ma una cosa e’ certa, da qui non si torna indietro» dice Yergin nell'intervista.

Da alcune domande di Platero, a cui Yergin risponde imbarazzato, ci si rende conto che l'intervistatore non ha capito niente della sua analisi geopolitica:

Aiutera’ il ritiro dell’energia fossile, secondo gli accordi sull’ambiente?
«Ci vorra’ tempo. L’80% dell’energia oggi viene dal fossile. Se in Europa il fossile diminuisce, in Africa e in Asia continuerà a crescere, pensi all’India che costruisce impianti per 60 miliardi di dollari per la distribuzione del gas».

Eppure ci sono alternative...
«Si parla di possibilità importanti con l’Idrogeno. Ma ci vorranno anni. Quindi i carburanti fossili saranno con noi per qualche decennio».

L'Europa si sarà pure svegliata, ma La Repubblica, principale sponsor della "transizione energetica" accelerata e del futuro dell'Italia affidato a... pale eoliche e pannelli fotovoltaici, continua a dormire beata, mentre il Paese affonda nella miseria per opera (anche) sua.

 

 

 

Il Parlamento della Polonia ha votato una risoluzione per sospendere il meccanismo dei diritti CO2 dell'Unione europea.

Una notiziola piccina picciò, che per trovarla sulla stampa di oggi bisogna usare il microscopio.

L'abbiamo scovata en passant nell'articolo di Paolo Annoni sul Sussidiario.

Salvo errore (ma mi piacerebbe essere smentito) nessun giornalista italiano ha riportato la notizia. Annoni fa un altro mestiere. Non credo che ai giornalisti professionisti la cosa sia sfuggita. Molto semplicemente, come da almeno una dozzina d'anni, si sono condannati all'autocensura per timore dell'impopolarità e del dilagante conformismo green, così tradendo la loro stessa funzione professionale, essenziale in una democrazia. Oppure, peggio ancora, non si sono resi conto delle sue conseguenze.

Le implicazioni politiche della decisione dei polacchi, che si sono ritrovati da un giorno all'altro i carri armati dei loro vecchi padroni russi sull'uscio di casa, sono enormi. Primum vivere deinde farneticare di transizione energetica. La diga dell'European Green Deal, voluto della sciagurata Von der Leyen e dalla sua altrettanto sciagurata commissione Ue, mostra la prima crepa. E che crepa! Chi ci legge sa che il meccanismo dei diritti CO2 ha fatto deflagrare i prezzi di gas ed elettricità nella primavera scorsa. Il sistema Ets, escogitato in sede COP ONU, è stato adottato solo dall’Unione europea, che si vuole proporre come modello per il resto del mondo nella soluzione del problema del riscaldamento globale coprendo l'Europa di pale eoliche e pannelli fotovoltaici. Ed in effetti un modello lo è diventato, ma un modello da evitare con cura, dopo la crisi energetica auto-inflitta e la guerra che questa ha contribuito a fomentare.

Anche in Italia si iniziano ad udire i primi (timidi) scricchiolii. Ieri, al consiglio generale della Confindustria, il presidente Bonomi ha sollecitato il governo a chiedere alla Ue di sospendere temporaneamente il sistema ETS "visto che oggi la speculazione finanziaria fa salire il costo della CO2" ed a rivedere molti aspetti del piano Ue Fit for 55.

Finora nessuna risposta è giunta dal governo e neppure si è colto alcun segnale di resipiscenza in Parlamento. Nelle parole di Annoni nel suo articolo di oggi:

"Pur di salvare una transizione energetica su cui si cominciano a nutrire sempre più dubbi si condanna un Paese a subire costi da brividi."

Non c'è nessun bisogno di riportare altri brani: l'articolo di Annoni, che non ama certo le edulcorazioni buoniste di moda, consiglio di leggervelo tutto in linea. Non vi renderà certo felici - la profezia del quarto sigillo dell'Apocalissi di Giovanni sembra concretizzarsi - ma di sicuro più consapevoli di alcuni problemini che vengono sottaciuti dalla politica e dall'informazione italiana.

Un altro consiglio, di più vasta portata: seguite gli articoli di Annoni sul Sussidiario e provate a ritrovare, con una facile ricerca con Google, i suoi articoli degli ultimi mesi. Rimarrete meravigliati della sua preveggenza. Ma non è Nostradamus. Molto semplicemente conosce la logica dei numeri e le lezioni della storia, e sa che ad una azione segue una reazione, che non può essere modificata dalla retorica buonista della globalizzazione felice dei nostri giornaloni e dei grandi network televisivi.

 

 

 

 

 

“La proposta di nuovi 60 GW di rinnovabili avanzata da Elettricità Futura venerdì scorso non spiega come i vantaggi delle rinnovabili, che promettono di installare in pochi mesi, sarebbero poi trasferiti al consumatore, visto che nel meccanismo di mercato attualmente in vigore tutta la rendita infra-marginale resterebbe comunque nei bilanci dei produttori... anche i nuovi 60 GW sarebbero poi scambiati in un mercato inadatto a gestire in concorrenza, e dunque teso a sovra remunerare, le fonti rinnovabili che vorrebbero installare. Con questi presupposti l'assunto più rinnovabili bollette più basse, purtroppo, non è vero”.

La proposta non spiega neppure, aggiungiamo noi, come questa ulteriore massa aggiuntiva di impianti eolici e fotovoltaici (pari esattamente al massimo potenziale elettrico mai richiesto in Italia ed al doppio dell'abnorme potenziale eolico e fotovoltaico già installato) sarebbe in grado di aumentare la sicurezza energetica del Paese, che rimarrebbe comunque vincolato a 60 GW di impianti a turbo gas, che dovrebbero fungere da tampone, duplicando gli impianti delle inaffidabili rinnovabili.

Chi ha fatto questa dichiarazione, di puro buon senso, per replicare alla pretesa di Elettricità Futura (associata a Confindustria ed ormai egemonizzata dai produttori di rinnovabili, resi onnipotenti dagli incentivi sibaritici ottenuti negli anni passati e che vengono ancora vergognosamente elargiti nonostante i pazzeschi prezzi correnti dell'elettricità), onde evitare di caricare gli utenti italiani di altri costi schiaccianti e soprattutto di scempiare il territorio italiano con un mare di pale eoliche e di pannelli solari? Le associazioni ambientaliste e di tutela del paesaggio? Macchè: è stato il Tavolo della domanda, raggruppamento dei maggiori consumatori industriali di energia aderenti a Confindustria.

Lo apprendiamo da un articolo della stampa specializzata, nel silenzio degli altri giornali, che non hanno ritenuto opportuno assumersi la responsabilità di prendere a pernacchie questa folle proposta di Elettricità Futura, e - soprattutto - nel consueto silenzio delle associazioni ambientaliste, che manco si rendono conto di che razza di disastro comporterebbero questi numeri per il territorio italiano. Nessuna di esse, a quanto ci risulta, ha ritenuto opportuno sollevare obiezioni.

I consumatori di Confindustria fanno anche amaramente rilevare come:

"il 40% della generazione già oggi rinnovabile non stia portando alcun elemento di calmieramento della bolletta, visto che il prezzo dell'energia è integralmente una proxy del costo di produzione di una centrale a gas naturale e ciò determina un'utilità solo per i bilanci delle imprese produttrici". 

A questo proposito, il Tavolo precisa che i luculliani bilanci del 2021, in pubblicazione proprio in queste settimane, "sono solo una piccola anticipazione dei bilanci 2022".

Il comunicato si conclude deprecando aspramente

"...la straordinarietà della situazione in cui ci troviamo , che rappresenta il grave fallimento dell'idea di mercato dell'energia che l'Europa (per gravi errori strategici che purtroppo si stanno palesando oggi nel peggiore dei modi) e il Paese (per un troppo esasperato tentativo di mantenere l'attuale status quo) hanno costruito negli anni".

Non vogliamo tornare su un tema già trattato (Operai e padroni contro la transizione accelerata) dalla Rete della Resistenza sui Crinali, ma questa è un'ulteriore occasione per rilevare amaramente che, per beffardo paradosso, la maggior garanzia per la difesa del paesaggio e dell'ambiente italiano da uno tsunami di pale e pannelli risiede negli imprenditori (o almeno quelli che non parteciperanno alla scorpacciata del Pnrr) e nei sindacati.

Le rinnovabili non sono parte della soluzione dell'attuale drammatica contingenza, come gabellava ieri il ministro Cingolani: le rinnovabili sono il problema. Lo hanno innescato, dando l'illusione di poter rinunciare ai combustibili fossili e lo fanno peggiorare quanto più si insiste su di esse.

Per "fare in fretta" e "mettere a terra" gli impianti del Pnrr è stata persino modificata la Costituzione, indebolendo la già flebile difesa del paesaggio incorporata dall'articolo 9, tra gli applausi delle ingenue associazioni della stessa coalizione nata proprio col nome e a tutela dell'articolo 9, che si è fatta infinocchiare, more solito, dalla spregiudicata Legambiente.

Ribadiamo che, dopo che il disastro si sarà appalesato agli italiani in tutta la sua gravità, oltre a licenziare come responsabili i politici, i giornalisti e i cattedratici che hanno sostenuto la natura "alternativa" delle rinnovabili e con essa la follia della "transizione energetica", gli italiani dovranno sottoporre a severo giudizio anche l'operato delle associazioni ambientaliste, soppesando le responsabilità di ciascuna di esse. In politica, e perciò anche nella politica per l'ambiente, l'ingenuità non è un'attenuante.

 

 

 

 

"La transizione non è una sola. Non si coglie un obiettivo trascurando gli altri. Non si arriva, per esempio, alla neutralità delle emissioni con costi sociali troppo elevati, penalizzando lo sviluppo." E soprattutto, ci permettiamo di aggiungere noi, penalizzando i nostri territori, il nostro ambiente, i nostri paesaggi e con essi la percezione stessa dell'Italia e finanche la priorità dei valori dell'esistere.

E' tempo di guerra e anche la corazzata Corriere della Sera oggi spara un titolo a nove colonne, in prima pagina dell'inserto L'Economia, con un cannone di grosso calibro (Ferruccio De Bortoli) contro "gli sbagli del passato" che "ci faranno rinviare scelte decisive" in materia di "transizione e i suoi costi".

Proponiamo di seguito qualche assaggio del lungo e complesso articolo di De Bortoli (i grassetti sono nostri), accompagnato da qualche nostra nota a margine, consigliando di comperare il Corriere in edicola per leggerselo tutto, assieme agli altri pezzi pubblicati oggi sullo stesso tema:

"Salvate il soldato gas. Quando c'è una guerra conta averla l'energia, non sceglierla. La transizione può attendere, le emissioni non contano... Si è passati in pochi mesi (in appena poche settimane, in realtà. Ndr) da una discussione - che ora ci appare remota - nella quale lo si voleva escludere dalle fonti su cui investire, all'affermazione del metano come arma strategica irrinunciabile."

Il di solito compassato De Bortoli è un fiume in piena:

"Ma saremmo ipocriti se addossassimo all'invasione russa dell'Ucraina tutte le colpe di questa frenata improvvisa nella transizione ecologica. Già prima del blitz di Putin, nella percezione della classe dirigente e dell'opinione pubblica in generale, il pianeta poteva riscaldarsi ancora un po' se si trattava di assicurare le forniture di gas e avere combustibili fossili a prezzi non stellari. La paura più forte era ed è quella di rimanere al freddo, non di aumentare le emissioni di gas serra o di ridurle in misura insufficiente... L'emergenza ambientale si è spostata un po' più in là. Le rinnovabili possono attendere se c'è il caro bollette, affrontato anche togliendo loro le risorse derivanti dai certificati ambientali e messi per disincentivare le produzioni inquinanti."

Segue nell'articolo di il solito pistolotto di prammatica, del tutto incongruo con quanto affermato in precedenza e che lascia sconcertato il lettore, sugli "ostacoli burocratici e locali" ai progetti (anche se, e questo è un primo indizio di qualcosa che sta cambiando, la parola "rinnovabile" non viene neppure nominata), ostacoli che impedirebbero di raggiungere anzitempo (ma perchè anzitempo?) gli obiettivi al 2030. Fortunatamente era solo una frase di circostanza, un atto dovuto sappiamo a chi. Il bello viene proprio adesso:

"La domanda non eludibile è: sono progetti seri ed economicamente autonomi o presuppongono, nel calcolo del costo di produzione, l'attesa di qualche forma di sussidio? E poi c'è un dilemma ecologico ed estetico che si fa fatica ad ammettere."

In realtà non si fa affatto fatica ad ammetterlo. La Rete della Resistenza sui Crinali è da una dozzina d'anni che lo ammette, lo proclama e lo grida, e qualcuno, come Rosa Filippini, Oreste Rutigliano, che aveva coinvolto nella lotta il compianto Carlo Ripa di Meana, Carlo Alberto Pinelli e tanti altri tra i più bei nomi della tutela dell'ambiente e del paesaggio italiano, da una ventina. Al contrario, sono stati il Corriere della Sera e gli altri giornaloni (e le TV) che hanno diffuso la falsa narrazione delle Fer elettriche "senza dilemmi" per ipotesi, al guinzaglio della sgangherata vulgata diffusa da Legambiente, ed osteggiata dalla gran parte delle altre associazioni più rispettate, riunitesi proprio per denunciare la natura irrimediabile di questi "dilemmi" nella Coalizione Articolo 9. A proposito dell'articolo 9, De Bortoli scrive:

"L'ambiente è stato giustamente tutelato e messo in Costituzione. Evviva. Ma se vogliamo veramente spingere sulle rinnovabili, il paesaggio un po' ne dovrà soffrire. O crediamo che pale e pannelli siano invisibili?"

Trascuriamo la contraddizione logica con il ragionamento precedente e la caduta di stile di De Bortoli, che fa proprio il nuovo slogan pubblicitario "E se per salvare il paesaggio un po' lo cambiassimo?", della campagna marketing della Edison per l'installazione indiscriminata degli impianti eolici, apparso con grande spazio in prima pagina proprio del Corriere della Sera (e di altri giornaloni) pochi giorni fa, e procediamo:

"Mentre le quotazioni... salgono... non assistiamo a manifestazioni di massa contro il riscaldamento climatico, nemmeno tra gli studenti che hanno altri problemi contingenti."

E di problemi ne avranno ancor di più quando la miseria, indotta dalle scellerate politiche energetiche europee degli ultimi anni, si unirà alla consapevolezza che il mostruoso debito pubblico italiano (a cui circa la metà del "Next Generation Fund" si sommerà) è stato fatto, sotto il velo di ipocrite argomentazioni buoniste, ai loro danni, ovvero per essere ripagato da essi stessi in un incombente futuro, sempre ammesso che in futuro riescano a trovare un lavoro. In quel momento, alcuni loro eroi (ed eroine) di oggi verranno maledetti.   

 

 

         

 

"Demonizzare petrolio e metano ha portato alla situazione attuale... Se non altro per il fatto che petrolio e metano sono parte essenziale della transizione energetica, se si rammenta che le rinnovabili abbisognano oltremodo di minerali estratti grazie a e materiali prodotti con gli idrocarburi, alcuni dei quali le rinnovabili proprio non riescono a produrre."

Unico studioso di chiara fama, il professor Alberto Clò, che abbina una lunghissima carriera accademica all'esperienza governativa, ha il coraggio di dire ciò che solo noi della Rete della Resistenza sui Crinali andavamo sostenendo da una dozzina d'anni: la "transizione energetica" voluta dalle irresponsabili COP ONU e dall'Unione Europea (che, sola in tutto il mondo, ne ha seguito ed applicato le tesi), basata sulle "rinnovabili" elettriche e sull'abbandono accelerato degli idrocarburi, ha scoperchiato il vaso di Pandora.

E' stata l'esplosione dei costi del gas, causati da almeno una decina anni di scarsi investimenti nel convincimento che non ne avremmo avuto più bisogno, a fornire a Putin le risorse finanziarie per fare la guerra ed a ricattare gli stolti governi europei, che si sono volontariamente stretti al collo la corda che li soffocherà, e non viceversa, come adesso vorrebbero gabellare quegli stessi governi, i media mainstream e l'onnipotente lobby delle rinnovabili, per potere piantare dappertutto altre pale e pannelli, che richiederanno per l'eternità il backup delle centrali a gas. La crisi del gas, presto tramutatasi nel decollo verticale dei prezzi dell'elettricità in Europa, è cominciata nella primavera del 2021, ben prima della riduzione dei flussi di metano dalla Russia. Essa ha avuto il suo innesco quando l'Ue ha deciso di rendere vincolante per legge la volontà politica di trasformare entro il 2050 l'Europa nel "primo continente climaticamente neutro", in omaggio ai desiderata della "Piccola Greta" (e di chi ha creato questo fenomeno mediatico).   

Clò, di fronte al sovvenir del vero (da lui messo in conto almeno dal 2008, quando aveva sentito il dovere di scrivere il libro "Il rebus energetico" per ammonire sull'incapacità del mercato di garantire sufficienti investimenti per la sicurezza energetica) oggi perde le staffe di fronte all'ipocrisia dell'Unione Europea (e perde pure il suo tradizionale aplomb):

"Mi sembra che l’Unione vada sempre più credendo alle proprie bugie. Ad iniziare dal convincimento che la transizione energetica abbia ormai spazzato via sia il metano che il petrolio, che invece soddisfano il 60% dei suoi fabbisogni primari di energia, cinque volte il contributo delle sempre-crescenti rinnovabili... Totalmente fuori rotta rispetto allo scenario net-zero contribuendo a renderlo sempre più irrealistico."

Ma se all'UE riserva questi termini durissimi per lui inconsueti, all'AIE va pure peggio: 

"La bassa spare capacity si deve in buona parte all’irresponsabile posizione dell’Agenzia Internazionale dell’Energia di Parigi che dopo aver sproloquiato su “no new investment in oil&gas ever again” ha avuto la sfrontatezza nei giorni scorsi di ammonire sui rischi prodotti da bassi livelli degli investimenti nella ricerca di nuovi giacimenti! A dire di Moody’s, se si vogliono evitare shock di prezzi del petrolio bisognerebbe aumentarli del 50% a circa 550 miliardi di dollari l’anno. Con prezzi, altrimenti, che si porterebbero a 150-200 dollari al barile."

Fino a pochi mesi, cioè fino all'esplosione dei prezzi del gas e dell'elettricità, Clò, nelle sue critiche alla monocultura delle Fer elettriche (allora purtroppo più ironiche che animose come sono - giustamente -  quelle di oggi), era di fatto un isolato persino nella Rivista Energia di cui è ispiratore e di cui è stato fondatore assieme a Romano Prodi. A proposito di Prodi, sarebbe opportuno che anche l'ex presidente della commissione UE su questo argomento modificasse i suoi abituali toni curiali, ma soprattutto che si facesse interprete delle stesse tesi di Clò. Nella facile disponibilità a buon mercato delle fonti energetiche c'è in gioco non solo il destino economico dell'Europa, ma la sua stessa civiltà.

 

 

Proprio mentre ieri mattina nella nostra rubrica elogiavamo il coraggio del professor Tabarelli nell'avere nominato sulla stampa la censuratissima parola C (Carbone), nella sua informativa urgente alla Camera sul conflitto in Ucraina, Draghi affermava che, se serve per colmare eventuali mancanze, si userà pure il carbone. L'affermazione è stata accolta in aula da uno scroscio di applausi liberatori simile a quello riservato a Fantozzi quando aveva osato dire al cineforum aziendale che cosa pensava davvero della corazzata Kotiomkin. Ancora più denso di significati è stato il silenzio dei parlamentari che ha accompagnato l'altra affermazione, quella per un maggiore sviluppo delle fonti rinnovabili. Le emergenze, come al solito, accelerano le prese di consapevolezza sulle politiche sbagliate.

E dunque, oggi non ci sono esitazioni su quale articolo segnalare in edicola: quello di Claudio Antonelli, che raccomandiamo di leggere integralmente, anche per una serie di considerazioni di natura geopolitica che vengono obnubilate da tutti i principali giornali italiani, acquistando La Verità in edicola oppure dal suo sito web.

Si potrà così leggere anche l'articolo del direttore Maurizio Belpietro dal titolo "Putin ci porta il carbone" ("Il nostro premier parla apertamente di riaprire le vecchie centrali: la drammatica realtà distrugge i sogni folli della transizione ecologica").

Qui ci limiteremo a proporre i due passaggi dell'articolo di Antonelli che più direttamente ci riguardano:

"Lo choc della guerra in Ucraina - e lo diciamo con il sommo rispetto per i morti - qualcosa di buono l'ha portato. Putin sta demolendo la transizione ecologica sognata, desiderata e imposta dall'Unione europea. A parte qualche estremista verde e qualche rappresentante Ue che nei giorni scorsi han spiegato che per contrastare Putin ci vogliono più rinnovabili, la guerra ha aperto gli occhi a chi si ostinava a rimanere in scia a Bruxelles. Ieri, nella sua informativa alla Camera, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha stravolto completamente le dichiarazioni energetiche che hanno caratterizzato il suo governo fin dall'inizio."

Nelle stesse ore aumentavano le pressioni delle lobby dei rinnovabilisti, culminate nella incredibile richiesta di Elettricità Futura (associata a Confindustria) di ulteriori semplificazioni per "sbloccare" una produzione (sic) da rinnovabili di altri 60 GW (equivalente al massimo storico del potenziale elettrico richiesto in Italia) nei prossimi 3 anni. La richiesta è stata veicolata (senza neppure una piccola traccia di ironia) da tutti i giornaloni, a cominciare dal Sole 24 Ore che parla senza vergogna, immemore dei disastri già provocati all'economia italiana, (e senza molta originalità) di "far salire, e anche di parecchio, l'asticella". Le pressioni su Draghi sono violentissime. "Resta il fatto, ha perciò assicurato Draghi in Parlamento, che "la risposta più valida nel lungo periodo sta nel procedere spediti, come stiamo facendo, nella direzione di un maggior sviluppo delle fonti rinnovabili, anche e soprattutto con una maggiore semplificazione nelle procedure per l'installazione degli impianti"

Leggiamo che cosa ne pensa Antonelli nel suo articolo sulla Verità:

"La frase ci auguriamo sia di circostanza. Senza la bandiera del green quest'anno potremo dire addio ai soldi del Pnrr. Ma la realtà è tutt'altra. I costi delle rinnovabili sono insostenibili per le imprese che per giunta necessitano di fonti stabili e immagazzinabili. Le rinnovabili hanno questo ulteriore problema che si chiama stoccaggio."

Siamo dunque a fine corsa per la transizione energetica? La notizia sulla Repubblica di oggi che la Germania chiede più tempo per passare ai motori elettrici ci conferma che l'emergenza della guerra ha destato un flusso di consapevolezza finora tenuto compresso dal conformismo dominante. La Ue, proprio su pressioni tedesche, aveva fissato la fine dei motori termici al 2035: adesso Berlino e Parigi ci dicono che intendono puntare sulla benzina sintetica. Bye bye a Greta e a tutte le gretine? Speriamo di sì. Bentornati nel mondo reale.

 

 

 

 

 
 
 
Massimamente difficile oggi, per comprensibili motivi, scegliere l’articolo del giorno per la nostra rubrica. Gli spunti a dimostrazione della validità delle nostre tesi di questi anni contro la politica energetica basata sulle pale eoliche sono innumerevoli e ci imbarazza doverne scegliere uno solo, trascurando tutte le altre tardive ammissioni di errori (ancora non ben focalizzati) che arrivano anche dai giornali mainstream.
Abbiamo optato per questa intervista realizzata da Pietro De Leo sul Tempo (presente in forma ridotta anche sul sito web del quotidiano romano) al professor Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, che ammette che “ci troviamo di fronte ad una situazione disastrosa”. Abbiamo ritenuto l’intervista più efficace alla nostra causa anche rispetto all’articolo scritto da Tabarelli stesso, annunciato sulla prima pagina del Sole 24 Ore di oggi.
 
Tabarelli, che già in un’intervista di un mese fa al Foglio aveva ammesso come “una sostituzione completa tra fonti fossili e rinnovabili non sia realizzabile neanche nel lungo periodo”, oggi  viola un altro tabù:
 
"Nell’immediato dobbiamo cominciare a cercare molto più gas qui da noi e utilizzare da subito più carbone. In prospettiva, pensare anche a costruire delle centrali con le dighe, con l’idroelettrico".
 
L’innominabile carbone, più spregevole del già spregevole metano! Ebbene sì: primum vivere, deinde far fughino il venerdì mattina. Tabarelli riconosce dunque implicitamente che la caratteristica irrinunciabile per un sistema energetico è la programmabilità delle fonti. Ma questo non gli è bastato. Il professore, rispondendo ad un’altra domanda dell’intervistatore, si è voluto togliere un altro sassolino dalla scarpa:
 
Quanto conta un certo entusiasmo ideologico verso la transizione ecologica su tutto questo?
"Tantissimo, ma ovviamente non è l’unica ragione per questo stato di cose... Poi, ovviamente, si è inserito in tutto questo la cultura ambientalista della facile transizione motivata dal terrore del cambiamento climatico. Tra l’altro, con questi prezzi si consuma meno e si inquina meno. Saranno contenti adesso. Ricordo, peraltro, che c’è gente che ha vinto le elezioni dicendo di bloccare le trivelle e che il gas sarebbe arrivato lo stesso".
 
Bisogna riconoscere, ad onor del vero, che le colpe del disastro energetico, che oltre tutto ha fornito graziosamente a Putin soldi senza fine dagli europei, non devono essere addossate tutte a quelli che hanno vinto le ultime elezioni e che vantano la fede mistica nelle rinnovabili salvifiche come una delle cinque stelle del loro firmamento ideologico. Anche quelli che le ultime elezioni le hanno perse (ma che sono comunque tornati al governo per vie traverse...) quando governavano nella scorsa legislatura hanno seguito la sciagurata agenda energetica dettata loro da Legambiente.
 
Ora aspettiamo che Tabarelli completi il suo outing, anche perchè entro breve lo dovrà fare per forza, di fronte all’evidenza. Non deve continuare ad affermare:
 
"Chi è che può essere contro le fonti rinnovabili? Nessuno. Ma in questo momento siamo in stato di necessità".
 
Deve ammettere quello che pensa e che pensiamo anche noi da quel dì, e cioè che far funzionare l’Italia con pale e pannelli è un’idea da matti e serve solo a distribuire i soldi degli utenti ai nuovi oligarchi delle rinnovabili ed a ritardare la soluzione, ammesso che si riesca a trovarla, del problema dei cambiamenti climatici.
 
 

L'articolo del giorno

Parchi eolici nell'Appenino

Mappa interattiva delle installazioni proposte ed esistenti