In Sardegna il coinvolgimento dell'opinione pubblica contro l'eolico ha superato il punto di non ritorno. Per la prima volta una star internazionale del cinema, Caterina Murino, la Bond girl di Casino Royale, ha avuto il coraggio di assumere una posizione politicamente scorretta contro il Pensiero Unico Globalista, in difesa della propria terra e della propria gente. La prova provata della rivolta sarda contro le soperchierie dell'eolico è arrivata con il clamoroso successo della raccolta firme organizzata da tutte le amministrazioni locali per sostenere la proposta di legge di iniziativa popolare denominata "Pratobello '24".

 

 

La rivolta dei territori. Non può evitare di chiamarla così nemmeno la Staffetta Quotidiana, nell'editoriale del 2 agosto, nonostante nella sua home page sia ricomparso da qualche mese l'inquietante logo di sponsorizzazione dell'Anev:

 

"C'è un fremito in queste settimane nel mondo delle rinnovabili: è partito il conto alla rovescia dei 180 giorni entro i quali le Regioni dovranno legiferare sulle aree idonee. La rivolta dei territori, se così vogliamo chiamarla, nasce da una carenza di politica e di programmazione. Più che guardare a improbabili modelli, restiamo sul pezzo. La soluzione per uscire dall'ingorgo, come ai tempi dei tumulti per il pane, è una: adelante, Pedro, con juicio, si puedes."

 

Esempio preclaro di "rivolta dei territori" contro le prevaricazioni delle "rinnovabili" e dell'eolico in particolare è la Sardegna. Con una rapida ricerca su Google si possono trovare, sebbene fino a poco tempo fa solo sulla stampa sarda, infiniti casi di sollevazioni popolari contro le soperchierie degli speculatori dell'energia "pulita", che ritengono di essere i Salvatori del Pianeta e, come tali, onnipotenti.

In particolare si è distinto, in questa rivolta sarda di cittadini e pubblici amministratori locali uniti contro simili prepotenze baronali, il paese di Orgosolo. La partecipazione popolare è stata tale e tanta da non poter essere ignorata neppure dai "giornaloni" del continente. Leggiamo dall'articolo di Gianfranco Locci sulla Stampa del 3 agosto "Sardegna contro l'eolico" lo spontaneo ma efficacissimo sfogo di un pastore del luogo:

 

"Orgosolo è come se fosse un grande albergo. Accogliamo i turisti, sveliamo il nostro magnifico paesaggio. Ebbene, non credo proprio che possa sorgere una "porcilaia" accanto a un grande albergo. Questo è il paragone che viene da fare. Gli impianti eolici avrebbero lo stesso impatto di una porcilaia a ridosso di una bella struttura ricettiva."

 

"Una porcilaia"... Difficile dargli torto. Altrove (anche in Emilia-Romagna, dove solo adesso qualche politico di spicco comincia a rendersi conto della sottovalutazione del problema eolico) gli italiani fin dall'inizio sono stati troppo carini con l'invasione eolica. Adesso pagano le conseguenze di questa loro condiscendenza. I sardi, invece, non ci vogliono stare.

Il 7 agosto scorso il governo italiano ha impugnato la moratoria recentemente proclamata dalla Regione Sardegna, guidata dalla neo presidente Todde, sulle rinnovabili.

Così facendo, in Sardegna - per la prima volta in Italia - il coinvolgimento dell'opinione pubblica contro l'eolico ha superato il punto di non ritorno. Gli altri italiani se ne sono resi conto leggendo l'articolo di Alberto Pinna sul Corriere della Sera del 9 agosto "Eolico in Sardegna, si accende lo scontro. Confindustria col governo: «Avanti»".

Per la prima volta una star internazionale del cinema, Caterina Murino, la Bond girl di Casino Royale, ha avuto il coraggio di assumere una posizione politicamente scorretta contro il Pensiero Unico Globalista, in difesa della propria terra e della propria gente. Leggiamo dal Corriere:

 

«Ha ragione Todde. Non ci opponiamo all’energia pulita, ma è pazzesco che si violenti e si distrugga la natura che noi sardi siamo riusciti a salvaguardare per secoli». Caterina Murino... parla da pasionaria: «Nessuno ha il diritto di rovinare il nostro mare, i nuraghi, le domus de janas, di distruggere le terre dei pastori. Non diciamo no alle pale eoliche, ma vogliamo che le mettano dove non fanno danni: che cosa perderebbero? Niente, in Sardegna c’è vento quasi dappertutto». L’attrice si è schierata in prima linea, era a Oristano fra i dimostranti che cercavano di impedire il trasferimento dal porto di uno stock di pale eoliche arrivate dalla Cina. «Siamo un movimento pacifico, gli agenti ci hanno detto: ”Avete ragione”. Ma non siamo disposti a subire questa follia. A me si spezza il cuore quando so che a una decina di chilometri da Carloforte e Calasetta, il mare del Sulcis, dove ho trascorso l’infanzia, potrebbe essere invaso da un campo di altissimi aeromotori».

 

Tutte argomentazioni da Rete della Resistenza sui Crinali. Continuare con il muro di gomma fin qui alzato da governi romani, televisioni nazionali e giornaloni non sarà più possibile.

La prova provata è arrivata con il clamoroso successo della raccolta firme per sostenere la proposta di legge di iniziativa popolare denominata "Pratobello '24": "Proposta di legge urbanistica della Regione Autonoma della Sardegna – Norme urbanistiche in applicazione dell’articolo 3, lettera f, dello Statuto Autonomo della Sardegna (Legge Costituzionale 3 del 26 febbraio del 1948) – disposizioni normative urbanistiche relative all’insediamento di impianti fotovoltaici industriali a terra e eolici terrestri con recepimento di principi e obblighi di tutela e valorizzazione contenuti in programmi sovranazionali, nazionali e regionali”.

Leggiamo la notizia (ignorata da tutta la stampa nazionale) dall'articolo di Lorenzo Piras sull'Unione Sarda del 10 agosto "Contro l’assalto eolico: raggiunte a tempo di record le 10mila firme per la legge “Pratobello 24:

 

"I comitati contro l’eolico confermano che le diecimila firme necessarie per portare la legge di Pratobello all’attenzione e poi, eventualmente, all’approvazione, del Consiglio regionale, sono state raccolte a tempo di record. Ma la tensione non si abbassa: il traguardo da centrare il 16 settembre è ora quello delle cinquantamila firme."

 

E' stata una vittoria popolare ottenuta grazie all'impegno organizzativo che ha coinvolto tutte le amministrazioni locali della Sardegna, da Cagliari fino ai più piccoli Comuni dell'isola.

Vedremo gli sviluppi dello scontro.

Intanto, nel nostro piccolo, noi resistenti sui crinali dell'Alto Appennino possiamo firmare su Change.org la petizione on-line "Si all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica!" promossa dal Gruppo di intervento giuridico (GrIG).

Infine una divertente (o spudorata?) curiosità dell'ultimo minuto. Ricordate che cosa scrivevo in conclusione del mio ultimo post sul sito web della RRC sull'outing contro l'eolico in Romagna di Angelo Bonelli?

 

"Adesso arrivano le parole di condanna pure di Angelo Bonelli. Insomma: pochissimi sono rimasti a difendere l'eolico senza se e senza ma, come quei giapponesi restati per decenni a difendere gli isolotti nel Pacifico dopo la fine della guerra. Oltre ai nostri amici dell'Anev, resistono i soliti tre immarcescibili moschettieri dell'eolico bello e salvifico (in ubiqua rappresentanza della Trimurti ambientalista Legambiente, WWF e Greenpeace, ormai da molti anni sembiante di un'unica teofania eolica). Che ne pensano di cotanta pervicacia nell'impalare l'Italia i soci e gli attivisti di quelle altrimenti benemerite associazioni?"

 

Benissimo. A conferma della nostra tesi - ed a proposito di Adelante Pedro... sin juicio - oggi leggiamo sull'inserto Venerdì de La Repubblica (imperituro "media partner" italiano dell'eolico taumaturgico), nell'articolo di Roberto Giovannini "Che aria tira in Sardegna", le parole (talmente improvvide da sembrare uno scherzo) pronunciate proprio della moschettiera della suddetta Trimurti ambientalista:

 

"... secondo Maria Grazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del Wwf Italia, dietro (all'assalto eolico alla Sardegna. NdR) c'è altro. "In Sardegna di rinnovabili in realtà ce ne sono pochissime", spiega numeri alla mano: "Tra il 2012 e il 2022 sono stati realizzati effettivamente solo 100 MW di eolico. In tutta la regione ci sono solo 500 MW di Fer. "L'assalto eolico" non esiste: è un allarme creato a tavolino per nascondere il vero assalto contro le rinnovabili e difendere gli interessi economici delle industrie inquinanti, carbone e gas."

 

Adiosu, WWF, a si biri cun saludi.

 

Alberto Cuppini

Maurizio Ricci su Affari & Finanza: "Il Grande Balzo all'Indietro, nella battaglia sul clima, si respira nei palazzi dei governi e nelle aule dei Parlamenti, ma si consuma nelle stanze dei consigli di amministrazione, dove le scadenze ultimative per il contenimento delle emissioni al 2025 o al 2030 vengono quietamente spostate al 2035, al 2040 o, semplicemente, accantonate."

 

"La lunga serie di industriali, politici, banchieri pronti, in questi anni, ad annunciare, con rullo di tamburi, la volontà di lanciare il cuore oltre l’ostacolo nella battaglia per il clima, ha sempre avuto un retrogusto un po’ stucchevole, come le parate di lustrini. Ai buoni sentimenti, quando sono così onnipresenti, è difficile credere e il puzzo di retorica fine a se stessa si sente da lontano. Ma, quando la retorica scompare, il segnale è bruttissimo: se l'immaginario e la coscienza collettiva non sentono più il bisogno di pagare, anche solo per pubblicità, omaggio ad un obiettivo comune, vuol dire che il vento è girato e navigare contro vento, per chi alla battaglia per il clima continua a credere, sarà doppiamente difficile. Le prove del vento contrario sono nella cronaca di tutti i giorni... gilet gialli... prezzo del diesel... trattori in marcia su Bruxelles... rivolta delle caldaie in Germania (le pompe di calore rese obbligatorie, i cui costi esorbitanti, nel silenzio omertoso dei media italiani, all'inizio di quest'anno avevano portato Alternative für Deutschland al 24% nei sondaggi elettorali. NdR), sono la conferma di una politica ambientale che, inevitabilmente, comincia a incidere sulla realtà. Ma il risultato è stato un mutamento di clima psicologico che sta consentendo a industriali e banchieri di archiviare o dilazionare, senza troppo chiasso e anche senza polemiche, gli stessi obiettivi che fino a ieri, sembravano irrinunciabili."

E' una citazione di un post della Rete della Resistenza sui Crinali? No. E' un articolo di Maurizio Ricci de La Repubblica, annunciato sulla prima pagina di Affari & Finanza di questa settimana: "Dai palazzi dei governi ai cda: il grande balzo all’indietro nella battaglia sul clima".

Ricci, per La Repubblica targata Agnelli, è una specie di Grillo Parlante (e con articoli come questo rischia di fare la stessa fine). Già ci eravamo occupati di lui nella prima parte del nostro "Diario dei trenta giorni che sconvolsero l'Europa in una rassegna stampa" del 25 ottobre 2021 (a testimonianza che la crisi del prezzo dell'energia ha provocato l'aggressione all'Ucraina, nel febbraio 2022, e non viceversa, come i giornali e le TV adesso ci vorrebbero far credere) dal titolo "Altro che bla bla bla. Il treno dell'European Green Deal è partito!", per il suo articolo rivelatore del 20 settembre 2021 intitolato "Per il green deal è già l'ora della resa dei conti", che vi invitiamo a rileggere con la massima attenzione. Dopo quell'articolo, forse non a caso, Maurizio Ricci, per quasi tre anni, non si è più occupato della questione su La Repubblica.

Ma leggiamo che cosa ha scritto stavolta il Grillo Parlante Ricci:

"Il Grande Balzo all'Indietro, nella battaglia sul clima, si respira nei palazzi dei governi e nelle aule dei Parlamenti, ma si consuma nelle stanze dei consigli di amministrazione, dove le scadenze ultimative per il contenimento delle emissioni al 2025 o al 2030 vengono quietamente spostate al 2035, al 2040 o, semplicemente, accantonate. Sono i grandi nomi che dettano la linea.... La ritirata è generalizzata e lo provano, anzitutto, i tentativi di dare fiato e sostanza all'economia verde, fornendo gli strumenti finanziari, che si stanno sgonfiando, uno dopo l'altro... L'ambiente non è più un must, a cui sacrificare altre esigenze e opportunità."

Niente di nuovo, per noi. Ma questa volta a scriverlo è, per l'appunto, La Repubblica. Non che La Repubblica (un tempo il giornale più venduto d'Italia ma che ormai, non a caso, in edicola vende meno di 70 mila copie al giorno) sia l'Ipse dixit. Tutt'altro. Ma La Repubblica, in questi anni, è stato il giornale più ortodosso nella correttezza politica green e il principale media sponsor (adesso pare che si debba dire così) dell'eolico salvifico e immacolato. Ciò nonostante, la realtà sta travolgendo i sogni perfino dei rinnovabilisti più accaniti. I loro castelli di carta stanno crollando e neppure La Repubblica può fare finta di niente.

Ma più che "una politica ambientale che, inevitabilmente, comincia a incidere sulla realtà", come scrive Ricci, è piuttosto la realtà delle costosissime e inaffidabili fonti di energia green non continue e non modulabili che comincia a incidere, inevitabilmente, sulla politica ambientale.

L'ultimo giapponese rimasto a difendere l'isolotto della politica fondata sulle rinnovabili non programmabili è la Von der Leyen.

Avvisate anche lei che il vento è cambiato, vi scongiuro, prima che a riportarla sulla Terra ci pensino la deindustrializzazione esplosiva dell'Europa ed i risultati di AfD (in attesa di qualcosa di peggio) alle elezioni federali del prossimo anno in Germania.

 

Alberto Cuppini

Il governo tedesco, con la rivoluzione del sostegno pubblico alle fonti rinnovabili, riconosce implicitamente i disastri commessi puntando tutto sul 100% rinnovabile a qualsiasi costo. Conclude Sergio Giraldo sulla Verità: "Dunque, uscita dal carbone posticipata, nuovi impianti a gas, centrali a idrogeno sì ma meno del previsto (e più tardi), meno incentivi alle rinnovabili. Dopo i disastri degli anni passati sul gas, ora le retromarce del governo tedesco sulla questione energetica cominciano a essere davvero tante". Un'ennesima prova della cattiva politica UE per il contenimento delle emissioni clima-alteranti globali e della narrazione volutamente distorta della "transizione energetica" europea.

 

A proposito di clima impazzito... Venerdì scorso è caduto un fulmine a ciel sereno su chi in Italia non legge la stampa tedesca. Da un articolo di Sergio Giraldo su La Verità del 12 luglio, dal titolo "La Germania deve fare economia: tagli agli incentivi per le rinnovabili":

 

"La Germania ci ripensa e modifica il sistema di incentivi green. Il governo tedesco la scorsa settimana ha annunciato un cambiamento radicale nell’incentivazione delle fonti rinnovabili. Dopo decenni di Energiewende, che in Germania garantisce ai produttori di energia eolica e fotovoltaica un prezzo elevato per 20 anni per l’elettricità immessa nella rete, il governo di Olaf Scholz si prepara a una rivoluzione. Il sostegno all’espansione delle fonti rinnovabili «deve essere trasformato in sussidi per i costi di investimento», afferma il governo, «per consentire ai segnali di prezzo di avere un effetto privo di distorsioni». Si tratta di un cambiamento enorme, perché prende atto della effettiva distorsione provocata sul mercato da tariffe incentivate di ritiro dell’energia che prescindono dall’andamento del mercato stesso".

 

Il seguito di questo articolo della Verità andrebbe meglio apprezzato previa lettura dell'articolo di Giovanni Brussato "Nel mix energetico del futuro l'eolico sarà inutile", pubblicato sull'ultimo numero de L'Astrolabio, sulla costruzione (alla fine risultata inevitabile come da noi previsto da anni) di nuove centrali elettriche a gas in funzione di backup alle rinnovabili anche in Germania.

Ciò premesso, ora possiamo riprendere qualche altro passaggio dell'articolo di Giraldo:

"Per i detrattori, la mossa del governo avrà l’effetto di scoraggiare gli investimenti in eolico e solare, mettendo a rischio il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione."

 

In realtà, la maggiore rivoluzione consiste proprio nel riconoscimento, finalmente anche da parte del governo tedesco, che "gli obiettivi di decarbonizzazione" fissati dai burocrati europei non sono un Assoluto a cui tutto sacrificare, a prescindere dalla loro (finora inutile) efficacia.

Continua Giraldo:

 

"Il progetto del governo tedesco arriva dopo che in Germania si sono manifestate due esigenze imprescindibili. La prima è il vincolo del bilancio pubblico, su cui gli incentivi alle rinnovabili pesano per 17 miliardi all’anno. L’altro è la necessità di stabilizzare la rete. Infatti, il piano prevede anche un altro punto importante: la costruzione di nuove centrali elettriche a gas. La tanto propagandata corsa al 100% rinnovabile, infatti, non può fare a meno di potenza elettrica che abbia due caratteristiche. Una è quella di sostituire il pessimo carbone, senza il quale il sistema elettrico tedesco non sta in piedi e che è ancora usatissimo in Germania. L’altra è quella di dare stabilità alla rete elettrica, nel senso di dotarla di potenza elettrica che possa entrare in funzione rapidamente per integrare gli sbalzi provocati dai profili di produzione rinnovabile. Solo gli impianti a gas, oggi, dispongono di queste caratteristiche... Contrariamente ai piani, però, tali impianti non dovranno per forza essere pronti per funzionare a idrogeno."

 

Questa notizia bomba della retromarcia del governo tedesco, da cui si possono intuire conseguenze esiziali per l'eolico (come i "detrattori" - chiamati così nell'articolo - hanno fatto rilevare), in Italia per il momento è stata diffusa solo dalla Verità. Credo di avere già scritto due o tre (mila) volte  sul sito web della Rete della Resistenza sui Crinali che questo silenzio omertoso della stampa e delle televisioni sui limiti delle rinnovabili (e non solo. Anche su molte altre incongruenze dell'ideologia globalista), oltre ad essere un pericolo per la democrazia, è quanto meno imbarazzante per i giornalisti se non addirittura per l'onestà intellettuale di un'intera categoria professionale italiana. Ora, noi non siamo complottisti, ma lo spettro di un Deep State che governerebbe i governanti manovrando l’economia e la comunicazione appare sempre più incombente.

Alle nostre stesse conclusioni (sia sulla cattiva politica UE per il contenimento delle emissioni clima-alteranti globali che sulla narrazione volutamente distorta della "transizione energetica" europea) è pervenuto il professor Alberto Clò, già ministro dell'Industria, nel suo ultimo post, pubblicato anch'esso venerdì scorso, sul sito web della Rivista Energia, dal titolo "Realtà e illusioni della transizione energetica: i numeri del Statistical Review 2024", che sottotitola "Più delle narrazioni e degli scenari, come sta andando la transizione energetica ce lo dicono i numeri a consuntivo, come quelli pubblicati dal Statistical Review of World Energy. E i numeri ci dicono che la transizione energetica non sta andando come narrato e auspicato".

Leggiamo il passaggio conclusivo dell'articolo di Clò:

 

"Per correggere una traiettoria fuori controllo bisognerebbe, primo, prendere atto degli errori che si stanno compiendo, ad iniziare dalla distribuzione geografica degli investimenti, che si dovrebbero realizzare soprattutto nei paesi non avanzati che sono interamente responsabili dell’aumento delle emissioni globali. Continuare ad investire là dove le emissioni sono massimamente calate – nei paesi avanzati – è poco efficiente e molto costoso per le economie. Secondo, avere consapevolezza che non è alzando l’asticella degli obiettivi ed allungandone l’orizzonte temporale che se ne facilita il raggiungimento. I tempi della decarbonizzazione sono altri da quelli sinora auspicati e ritenuti fattibili. Meglio prenderne realisticamente atto e intervenire con azioni che siano più razionali, efficaci, pragmatiche. Insistere a narrare le cose come si vorrebbe andassero e non come effettivamente vanno è inutilmente consolatorio."

 

Ma torniamo all'articolo di Giraldo. Questa la sua conclusione:

 

"Dunque, uscita dal carbone posticipata, nuovi impianti a gas, centrali a idrogeno sì ma meno del previsto (e più tardi), meno incentivi alle rinnovabili. Dopo i disastri degli anni passati sul gas, ora le retromarce del governo tedesco sulla questione energetica cominciano a essere davvero tante".

 

Naturalmente, per la sopravvivenza dell'eolico in Germania dopo la modifica del sistema incentivante, molto dipenderà dall'entità dei "sussidi per i costi di investimento". Ma è evidente che, per i rinnovabilisti tedeschi, le Karamellen sono finite.

 

Alberto Cuppini

 

 

Chicco Testa: "Più che contestare cifre chiaramente fuori da ragionevoli prospettive vale la pena di cercare di capire come sia possibile che persone del tutto ragionevoli ed esperte che siedono nei ministeri e nei centri di ricerca pubblici possano produrre cifre tanto lunari. Purtroppo la spiegazione è molto semplice: ce lo chiede l'Europa."

 

Scegliendo fior da fiore, segnaliamo qualche articolo fuori dal coro tra le decine di inutili (e ipocriti) commenti che oggi sono stati pubblicati sul nuovo piano energetico (PNIEC) appena inviato a Bruxelles.

Cominciamo dal migliore, quello di Chicco Testa su Il Foglio, che dovrete correre ad acquistare in edicola. Oppure, se non fate in tempo, lo potrete leggere on-line in abbonamento sul sito web del Foglio. Si tratta di "Così il Green deal condanna l'Italia a perseguire obiettivi irraggiungibili", che esordisce in modo eloquente:

"Gli obbiettivi del precedente piano non sono stati realizzati perché chiaramente irrealistici... i nuovi obbiettivi stabiliti per il 2030 sono altrettanto e forse ancor più chiaramente irrealizzabili. Non alcuni, ma tutti".

Non si tratta di una grande novità. Dell'irrealtà del precedente PNIEC avevamo già parlato noi stessi durante l'audizione alla Camera nel 2019:

"Tutti i numeri del PNIEC afferenti ai costi vengono dati a braccio e con la massima superficialità."

Nella nostra analisi di cinque anni fa (qui il documento integrale allora consegnato alla Commissione Attività produttive) eravamo stati facili profeti.

Prosegue Testa nel suo articolo di oggi (il grassetto è nostro):

"I consumi di energia primaria dovrebbero scendere del 30% in 6 anni. Ipotesi possibile solo se si manifestasse una crisi tipo '29 accompagnata da una pandemia di alcuni anni. Quindi più che contestare cifre chiaramente fuori da ragionevoli prospettive vale la pena di cercare di capire come sia possibile che persone del tutto ragionevoli ed esperte che siedono nei ministeri e nei centri di ricerca pubblici possano produrre cifre tanto lunari. Purtroppo la spiegazione è molto semplice: ce lo chiede l'Europa... Quindi la domanda diventa: "E' possibile che a Bruxelles nessuno si sia reso conto che gli obbiettivi decisi in quella sede non fossero tecnicamente realizzabili?... Ma questa è la storia di come è stato costruito il Green deal nella scorsa legislatura europea, con il risultato, fra l'altro, di avere ringalluzzito tutte le destre sovraniste."

Una parziale risposta a questa domanda sulla sciatteria degli uffici di Bruxelles si può trovare nella conclusione dell'articolo di Sergio Giraldo "L'Occidente si svena per il green. Gli altri continuano a inquinare" su La Verità del 27 giugno:

"... un "investimento" senza alcun senso, se l'obiettivo è la decarbonizzazione... Se invece l'obiettivo di tutto questo è il trasferimento di ricchezza verso il portafoglio di qualcuno, ha perfettamente senso."

Vorremmo che fosse (solo) questo. Paolo Annoni scende più a fondo nell'articolo su Il Sussidiario di oggi dal titolo "Dall’euro al green, le scelte che aumentano la crisi dell’Ue":

"Chi paga per il rilancio europeo dentro i binari strettissimi di una transizione green che nessun altro vuole pagare, in uno scenario di lungo periodo inflattivo ed evitando, tra l’altro, tagli al welfare potenzialmente destabilizzanti?... Ci sono tutti gli elementi per dipingere una storia di crisi interna europea... Mentre montano i problemi l’Europa non sembra rendersi conto, fino in fondo, di quello che accade. Unica tra i Paesi industrializzati rimane impegnata in una costosa transizione green che gli altri hanno deciso di non potersi permettere sia perché si stanno ristrutturando i commerci e le catene di fornitura, sia perché bisogna preservare ogni goccia di spazio fiscale per il welfare e i redditi delle famiglie. L’Italia ha inviato all’Unione europea il suo piano energetico con tassi di sviluppo delle rinnovabili mai visti, a forza di lauti incentivi, che nei prossimi anni non risolveranno il problema del prezzo dell’elettricità come dimostra il caso tedesco. Il 20% del prezzo dell’elettricità che pagano le famiglie italiane deriva dalla tassa sulla CO2 europea; le famiglie italiane se la possono ancora permettere? Per quanto?"

Nel suo articolo di oggi, Chicco Testa individua quello che, a nostro avviso, è il problema principale dell'Europa:

"Il problema è però anche di tipo cognitivo. Una specie di distopia collettiva che ci fa credere, parlare e commentare un mondo che non esiste e che condanna il Green deal a fallire per evidente contrasto con la realtà dei fatti."

Credere in un mondo che non esiste (e non solo in materia di energia) non è mai il miglior abbrivio per la politica.

Testa giunge alla stessa conclusione di Annoni, rispondendo anche alla sua domanda retorica "Per quanto":

"Ma fino a quando non si deciderà di fare conti realistici basati sulle tecnologie e le risorse disponibili, compreso il tempo, continueremo a vivere in un mondo immaginario. Noi, in Italia e in Europa. Gli altri intanto vanno per la loro strada."

il solito Giraldo è l'unico a far notare, nel suo articolo di oggi sulla Verità "Fonti rinnovabili e auto elettriche: passo falso nel Piano energia e clima" (che sottotitola "Gli obiettivi dell'esecutivo segnalati a Bruxelles sono irraggiungibili e troppo invasivi"), che nel PNIEC c'è un'affermazione non propriamente irrilevante (specie se scritta dal governo di suo pugno su un documento ufficiale mandato alle maestrine di Bruxelles) ma da tutti gli altri giornali ignorata:

"sarà necessario un sostanziale mutamento negli stili di vita".

Che si traduce, tanto per parlarci chiaro, che gli italiani dovranno ridurre i livelli di consumo ed il proprio tenore di vita.

"La cosa non appare molto rassicurante", chiosa Giraldo.

Siamo d'accordo con lui. 

 

Alberto Cuppini

 

 

"Rosa Filippini ha sottolineato l'assenza agli Stati generali dei politici nazionali, contrapposta ai numerosi interventi dei politici locali. Tuttavia, la presenza di questi politici locali delle “aree interne”, e ancora di più delle comunità che rappresentano, dev'essere ben presente nella mente delle segreterie nazionali che si preparano alle elezioni europee."

 

Abbiamo fatto i complimenti agli organizzatori della manifestazione degli Stati Generali contro l'eolico e il fotovoltaico a terra, per il successo ottenuto grazie al ciclopico lavoro da loro svolto. Adesso un complimento lo dobbiamo fare pure alla Staffetta Quotidiana, e non solo per l'efficienza dimostrata (la sera stessa la relazione degli interventi era già in home page sul sito web della Staffetta) ma anche per la capacità di analisi dimostrata dal cronista (e pure di sintesi: avevano preso la parola una quarantina di relatori!).

Invitiamo perciò chi non lo avesse già letto a recuperare dal sito web della Staffetta Quotidiana l'articolo siglato S.P. dal titolo "Se le contestazioni locali portano più voti di Legambiente", di cui riportiamo due brevi passaggi, a vantaggio di chi non è abbonato (ma molti dovrebbero) alla Staffetta:

“Ci consola che Elly Schlein abbia detto - sottovoce, da una grotta a Nuoro, ignorata da tutti i giornali - che è ora di mettere fine alla speculazione di eolico e fotovoltaico”, ha detto in apertura del convegno il consigliere di Italia Nostra, Oreste Rutigliano. Anche la fondatrice di Amici della Terra, Rosa Filippini, ha detto di aver apprezzato le recenti posizioni della segretaria del PD, “che pure in passato aveva espresso idee diverse”.

Il tempismo degli Stati generali è particolarmente azzeccato anche perché precede di pochi giorni la data delle elezioni europee, che coincide con il voto per i sindaci di diversi comuni. Il convegno ha quindi offerto uno spaccato delle “aree interne” che si preparano a questo doppio appuntamento elettorale. Questa “Italia minore” è, infatti, quella dove si concentrano i grandi impianti eolici e fotovoltaici. Impianti spesso avversati dalle comunità locali.

...

Amministratori locali venuti oggi a Roma per esprimere la loro contrarietà all'”assalto” degli impianti eolici e fotovoltaici nei loro territori. Amministratori e attivisti di lungo corso che non hanno problemi a denunciare l'assenza, in questa battaglia contro le rinnovabili, delle storiche sigle dell'ambientalismo italiano, a partire da Legambiente “che organizza i tour per vedere la bellezza dei parchi eolici: un'assurdità.

Rosa Filippini ha sottolineato l'assenza agli Stati generali dei politici nazionali, contrapposta ai numerosi interventi dei politici locali. Tuttavia, la presenza di questi politici locali delle “aree interne”, e ancora di più delle comunità che rappresentano, dev'essere ben presente nella mente delle segreterie nazionali che si preparano alle elezioni europee."

 

Due parole a proposito del perchè anche le associazioni ambientaliste nostre amiche dovrebbero abbonarsi alla Staffetta Quotidiana.

Già era stato fatto rilevare di recente come "una testata giornalistica con un punto di vista molto diverso dal nostro – e, tuttavia, con una redazione connotata da onestà intellettuale – giunga a porre le stesse questioni".

Già la Staffetta era stato il solo quotidiano italiano a riprendere il lancio dell'ANSA sul recentissimo contrordine della Schlein a Nuoro "Assalto eolico non è transizione energetica".

Ed ora questa attenzione dedicata alla manifestazione romana di Coalizione articolo 9.

Posto che tutti questi articoli non faranno piacere a molti sponsor della Staffetta ed al Mainstream, si deve dedurre che qualcun altro, con un target di lettori ben diverso dal nostro, è arrivato alle nostre stesse conclusioni: non si può continuare, pena inenarrabili disastri, a perseverare con la follia rinnovabilista.

I segnali si stanno moltiplicando, non solo in campo giornalistico, e stanno diventando una prova che, contro la peste eolica, eravamo nel giusto ab ovo. Ora attendiamo anche il giudizio delle urne di tutt'Europa.

 

Alberto Cuppini

 

Annoni: "Il consumo di suolo delle rinnovabili è un multiplo delle tecnologie tradizionali e in un Paese piccolo con poche pianure e densamente abitato come l’Italia comporta criticità “estetiche”. La capacità eolica, dato l’incremento del costo delle turbine, non è redditizia. Inoltre, i calcoli sulla convenienza della produzione elettrica intermittente spesso non includono una criticità ineludibile: le rinnovabili esigono il mantenimento di una struttura sostitutiva che intervenga quando non c’è il sole o il vento. Lo sviluppo delle rinnovabili senza una base di produzione elettrica costante espone l’Italia a una volatilità dei prezzi dell’elettricità che non è sostenibile per l’industria".

 

Oggi, per la nostra rubrica "L'articolo del giorno", abbiamo scritto il post di presentazione più breve della storia.

L'articolo in questione è quello di Paolo Annoni, pubblicato sul Sussidiario del 9 maggio, Rinnovabili, ecco perché l’Italia non potrà mai diventare come la Spagna, scritto sulla scia della gran cagnara mediatica, aizzata dai finora onnipotenti speculatori delle rinnovabili e dai loro sodali, dopo la pubblicazione del "Decreto Lollobrigida", teso a vietare l’installazione (definita "selvaggia" dallo stesso ministro) di impianti fotovoltaici a terra nei terreni a uso agricolo.

Difficile riuscire a spiegare tante cose sulle criticità delle "rinnovabili" intermittenti in così poco spazio come fa Annoni in questo suo pezzo. Gli si potrebbe fare qualche pulce, come ad esempio la scelta della Spagna (dove in Borsa è appena scoppiata la bolla dell'energia green) come esempio virtuoso, ma vogliamo evitare di essere pignoli.

Leggetevi perciò tutto l'articolo con attenzione, da cima a fondo, dal sito web del Sussidiario.

E, se lo riterrete meritevole, diffondetelo urbi et orbi.

 

Alberto Cuppini

Il ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin "apre alla «nuova energia nucleare», come «parte del mix per dare quella continuità che le rinnovabili non sono in grado di fornire». Anche perché, sostiene il ministro, «non si può pensare di riempire il Paese di pannelli fotovoltaici e pale eoliche ovunque» perché c’è un paesaggio da difendere."

 

Nel titolo la cosa più importante. Leggiamo, dall'articolo di Claudia Luise sulla Stampa di Torino di oggi lunedì 29 aprile "Gli industriali spingono per il nucleare. Pichetto: “Troppi pannelli e pale eoliche, che il ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin

"apre alla «nuova energia nucleare», come «parte del mix per dare quella continuità che le rinnovabili non sono in grado di fornire»... Anche perché, sostiene il ministro, «non si può pensare di riempire il Paese di pannelli fotovoltaici e pale eoliche ovunque» perché c’è un paesaggio da difendere.

Idea che rafforza pure il viceministro all’Ambiente e Sicurezza Energetica, Vannia Gava: «Occorre superare l’ideologia con un’agenda rinnovata, in cui la competitività dell’industria torni ad essere la priorità».

Renato Mazzoncini (A2A) sottolinea come in un mercato che «con le rinnovabili si è sovradimensionato bisogna fare in modo che eventuali nuovi investimenti compreso il nucleare non si cannibalizzino l’uno con l’altro»."

Un bel cambio di direzione, non c'è che dire.

Ma ancora più significativa l'affermazione (ultimo capoverso) della "rinnovabilista" Emma Marcegaglia (grande sponsor di Garrone per la presidenza della Confindustria) che parla di

"contenimento dei prezzi dell’energia, dal sostegno alla ricerca «senza ideologismi» all’esigenza di una neutralità tecnologica."

Evidentemente tutta questa gente comincia a pensarla come noi resistenti sui crinali e come Paolo Annoni sul Sussidiario:

"Si stanno ponendo le condizioni per una deindustrializzazione a tappe forzate dell’Italia, via prezzi dell’elettricità, che nessuna classe imprenditoriale, per quanto capace, può disinnescare".

Magari si sarebbe dovuto pensarci un po' prima...

Persino più duro, oggi, l'altro ex presidente della Confindustria Antonio D'Amato, che vi avevo recentemente segnalato per un altro articolo di suo (?) pugno sul Foglio, nell'intervista rilasciata a Laura Della Pasqua della Verità "Dietro la linea green della Ue le ingerenze opache delle Ong", da leggere tutta (o almeno la prima metà, fino a quando parla delle "ingerenze improprie" delle Ong). Per invogliarvi all'acquisto del quotidiano o all'abbonamento sul web, ecco un assaggio:

"Negli ultimi 15 anni, ma in particolare nel corso della legislatura che si sta adesso chiudendo, si è andato sempre più rafforzando un vero e proprio processo di deindustrializzazione dell'Europa. Negli ultimi cinque anni l'ideologia del Green deal ha fortemente accentuato questa deriva, perseguendo il mito della cosiddetta decrescita felice, minando la competitività del sistema economico e industriale europeo e mettendo a serio rischio sia la tenuta sociale sia la stessa sostenibilità ambientale... La quantità di iper-regolazione e la contraddittorietà ed erraticità delle legislazioni europee hanno creato un clima di incertezza che ha sempre più paralizzato, se non addirittura disincentivato, gli investimenti produttivi... Il vento politico nei diversi Paesi europei è cambiato e l'onda della demagogia e dell'estremismo ambientale si infrange contro l'evidenza dei danni prodotti... Resta, però, da affrontare per intero la gran quantità di scorie legislative e ideologiche accumulate in questi anni. C'è anche da far luce sull'ingerenza impropria di quelle organizzazioni non governative che, in maniera non trasparente e fortemente ideologizzata, hanno condizionato i processi legislativi creando le distorsioni a cui abbiamo assistito in particolare in quest'ultima legislatura."

Tutto questo a conferma del concetto recentemente espresso da Ferruccio De Bortoli:

"Green Deal europeo rimasto politicamente orfano. Nessuna grande forza politica lo rivendica in campagna elettorale nel timore di perdere consensi."

Chi parla (con favore) di Green Deal prima delle imminenti elezioni europee muore.

 

Alberto Cuppini

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